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La storia non raccontata dell'accordo Fatah/Hamas.


fasal75
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La storia non raccontata dell’accordo che ha provocato uno shock in Medio Oriente

08/05/2011 Di Robert Fisk

Fonte: The Indipendent

Incontri segreti tra gli intermediari palestinesi, i funzionari dei servizi segreti egiziani, il Ministro degli esteri della Turchia, il presidente palestinese Mamoud Abbas e il capo di Hamas Khaled Meshaal (questi ha chiesto un viaggio sotto copertura a Damasco e un giro alla città ribelle di Deera) che ha portato all’unità palestinese che ha dato così fastidio al governo israeliano e a quello statunitense. Fatah e Hamas in maggio hanno messo fine a quattro anni di conflitto con un accordo che è fondamentale per la richiesta palestinese di diventare uno stato.

Una serie di lettere dettagliate, accettate da entrambe le fazioni, e del quale The Indipendent ha le copie, mostrano davvero come sono state complessi i negoziati; anche Hamas ha cercato, e ha ricevuto l’appoggio del presidente siriano Bachar al-Assad, del vice presidente del paese Farouk al-Sharaa e del suo ministro degli esteri, Walid Moallem. Uno dei risultati è stato un accordo fatto da Meshaal di mettere fine al lancio di razzi da Gaza contro Israele – dal momento che la resistenza avrebbe il diritto di agire soltanto se ci fosse uno stato- e l’accordo che un futuro stato palestinese sarebbe basato sui confini di Israele del 1967.

“Senza la buona volontà delle due parti, l’aiuto degli Egiziani e l’accettazione dei Siriani il desiderio della Palestina di diventare unita dopo l’inizio della Primavera araba, non avremmo potuto fare questo accordo”, mi ha detto uno dei principale intermediari, il settantacinquenne Munib Masri. E’ stato Masri che ha aiutato a costituire un “Forum Palestinese” formato da indipendenti, dopo che l’Autorità Palestinese dominata da Fatah e Hamas si sono divise in seguito alla straordinaria vittoria di Hamas nelle elezioni del 2006. “Pensavo che le divisioni che si erano aperte potessero essere una catastrofe e per quattro anni siamo andati e tornati tra le varie parti,” ha detto Masri. “Abu Mazen (Mahmoud Abbas è il suo vero nome) mi ha chiesto svariate volte di mediare. Abbiamo fatto incontri in Cisgiordania. Avevano gente di Gaza. Tutti partecipavano. Avevano molto potenziale.”

In tre anni vari membri del Forum Palestinese hanno fatto più di 12 viaggi a Damasco, al Cairo, a Gaza e in Europa e molte iniziative sono state rifiutate. Masri e i suoi colleghi trattavano direttamente con il Primo ministro di Hamas, Hanniyeh, a Gaza. Hanno ripreso la cosiddetta “iniziativa dello scambio di prigionieri” di Marwan Barghouti, un importante leader di Fatah in una prigione israeliana; poi, col vento della rivoluzione in Tunisia e in Egitto, la gioventù palestinese il 15 marzo ha chiesto l’unità e la fine della rivalità tra Fatah e Hamas. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si era sempre rifiutato di parlare con Abbas col pretesto che i Palestinesi non erano uniti. Il 16, in un discorso ha detto che stava “pensando di andare a Gaza.” Masri, che era presente, si è messo in piedi su una sedia e ha applaudito.

“Pensavo che Hamas avrebbe risposto in modo positivo”, ricorda. “Ma nei primi due o tre giorni dopo il discorso di Abbas, hanno dato una risposta piuttosto negativa. Abbas voleva un’elezione immediata e nessun dialogo e Hamas non lo aveva apprezzato.” Abbas se ne andò a Parigi e a Mosca a tenere il broncio, secondo alcuni dei suoi associati. Il Forum palestinese, però, non si è arreso.

“Abbiamo scritto un documento nel quale dicevamo che avremmo incontrato gli Egiziani per congratularci con loro per la rivoluzione. Abbiamo quindi avuto due incontri con il capo dei servizi segreti egiziani Khaled Orabi – il padre di Orabi era un generale dell’esercito all’epoca di re Farouk – e abbiamo incontrato Mohamed Ibrahim, funzionario di un dipartimento dei servizi segreti.” Il padre di Ibrahim era diventato famoso nella guerra del 1973 quando aveva catturato il più alto ufficiale israeliano nel Sinai. La delegazione incontrò anche i rappresentanti di Ibrahim, Nadr Asser e Yassir Azawi.

Sette persone di ogni parte della Palestina erano i componenti del gruppo al Cairo. Questi sono i nomi che entreranno nei futuri libri di storia palestinesi. Dalla Cisgiordania veniva il Dottor Hanna Nasser (a capo dell’Università Bir Zeit e del Comitato centrale elettorale palestinese); il Dottor Mamdhou Aker (a capo della società dei diritti umani); Mahdi Abdul-Hadi (presidente di una società politica di Gerusalemme); Hanni Masri (un analista politico): Iyad Masrouji (uomo di affari nel ramo farmaceutico); Hazem Quasmeh (dirige una ONG) e lo stesso Munib Masri.

La parte di Gaza era rappresentata da EyadvSarraj (in quell’occasione non è potuto andare al Cairo perché era ammalato); Maamoun Abu Shahla (membro del Consiglio della Banca palestinese); Faysal Shawa (uomo d’affari e proprietario terriero); Mohsen Abu Ramadan (scrittore); Rajah Sourani (capo dei Diritti umani arabi che non è andato al Cairo); “Abu Hassan” (membro della jihad islamica che è stato inviato da Sarraj); Sharhabil Al-Zaim (un avvocato di Gaza).

“Questi uomini hanno passato del tempo con i vertici della polizia segreta egiziana (la mukhabarat) ricorda Masri. “Li abbiamo incontrati il 10 aprile ma abbiamo mandato un documento prima di arrivare al Cairo e questo è stato l’elemento che ha reso importante l’incontro. A Gaza c’erano due “parti” diverse. E abbiamo quindi parlato della micro-situazione, dei cittadini di Gaza che erano nella “prigione” di Gaza, abbiamo parlato dei diritti umani, del blocco egiziano, della dignità. Shawa diceva: “Sentiamo di non avere dignità e sentiamo che è colpa nostra”. Nadr Asr, membro dei servizi segreti ha detto: ”Cambieremo tutto questo.”

“Alle 7 di sera siamo ritornati e abbiamo incontrato di nuovo Khaled Orabi. Gli ho detto: “Guarda, ho bisogno questo da te. Ti piace la nuova iniziativa, una proposta che è vantaggiosa per tutti? La pratica palestinese è ancora ‘calda’ al Cairo? Ha risposto. “E’ un po’ lungo, ma ci piace. Potete fare pressioni su Fatah e Hamas per farli entrare? Lavoreremo con voi, comunque. Andate a parlare con Fatah e Hamas e trattate questa situazione come un argomento riservato.” Ci siamo dichiarati d’accordo e abbiamo incontrato Amr Moussa (adesso è un candidato alla presidenza dell’Egitto post rivoluzione) nella sede della Lega Araba. All’inizio è stato molto cauto, ma il giorno dopo il gruppo di Amr Moussa era molto positivo. Abbiamo detto:”dategli una possibilità; abbiamo detto che la Lega araba era stata creata per la Palestina e che aveva un grosso ruolo a Gerusalemme.”

La delegazione ha poi incontrato Nabil al-Arabi presso il Ministero degli esteri egiziano. “Al-Arabi ha detto:” Posso far entrare il ministro degli esteri turco che per caso si trova in Egitto?” Quindi abbiamo parlato tutti insieme dell’iniziativa. Abbiamo notato lo stretto legame che c’era tra il ministro degli esteri e quello dei servizi segreti e così abbiamo scoperto che il “nuovo” Egitto aveva molta confidenza - parlavano davanti ai turchi; volevano (volevano è scritto in corsivo) parlare da vanti ai Turchi. Abbiamo quindi accettato che avremmo parlato tutti insieme e io sono tornato ad Amman con gli altri alle 9 di sera.”

Il gruppo tornò in Cisgiordania a riferire- “eravamo molto contenti- non avevamo mai avuto prima questo stato d’animo” e a comunicare a Azzam Ahmed (il capo di Fatah per la riconciliazione) che intendevano appoggiare l’iniziativa di Mahmoud Abbas per Gaza. Abbiamo avuto sette importanti incontri in Palestina per mettere al corrente tutti i gruppi di lì e gli indipendenti. Abbas ci aveva già dato un decreto
presidenziale. Ho parlato al telefono con Khaled Meshaal (il capo di Hamas che vive a Damasco) che mi disse:” Abu Mazen (Abbas) è d’accordo su questo?” Gli ho risposto che non era questo il problema. Sono andato a Damasco il giorno dopo insieme ad Hanna Nasser, Mahdi Abdul Hadi e Hanni Masri. A causa di tutto i disordini che c’erano in Siria, abbiamo dovuto fare una deviazione per evitare Deraa. Avevo un buon rapporto con Meshaal che mi disse di aver letto il documento e che ne era valsa la pena.”

Era un segno della reciproca sfiducia esistente tra Hamas e Abbas il fatto che entrambi fossero attenti alle reciproche reazioni riguardo all’niziativa prima di decidersi. “Meshaal mi ha detto: “Che cosa ha detto Abu Mazen (Abbas)?” Mi sono messo a ridere e ho risposto:”Mi fai sempre questa domanda ma che cosa vuoi tu (tu in corsivo)? Abbiamo incontrato i colleghi di Meshaal: Abu Marzouk, Izzat Rishiq e Abu Abdu Rahman. Abbiamo esaminato il documento per sei ore e mezzo. L’unica cosa che non abbiamo ottenuto da Meshaal è stata che il governo si debba fare in base a un accordo. Gli abbiamo detto che il governo deve essere di unità nazionale, con l’accordo che dovremmo essere in grado di fare le elezioni e di togliere l’embargo a Gaza e di ricostruire questa città, che dobbiamo rispettare la legge internazionale, la Carta dell’ONU e le risoluzioni dell’ONU. Ci ha chiesto tre o quattro giorni. Era d’accordo che la resistenza deve avvenire soltanto “nell’interesse nazionale del paese” – dovrebbe essere “aqlaqi”, cioè etica. Non ci dovranno essere più attacchi con i razzi contro i civili. In altre parole, nessun altro attacco di razzi da parte di Gaza.”

Meshaal ha detto a Masri e ai suoi amici che aveva incontrato il presidente della Siria Bashar Assad, il suo vice presidente Sharaa e il ministro degli esteri siriano Moallem. “Ha detto che voleva il loro appoggio, ma l’ultima parola è stata del popolo palestinese. Eravamo molto contenti e abbiamo detto: “C’è una piccola apertura.” Meshaal ha detto: “Non vi deluderemo.” Abbiamo detto che avremmo comunicato tutto a Fatah e agli indipendenti in Cisgiordania e agli Egiziani. In Cisgiordania Fatah la chiamava “l’iniziativa di Hamas” ma noi dicevamo che non era vero, che era un’iniziativa di tutti. Due giorni dopo Meshaal ci disse che aveva parlato con la polizia segreta egiziana e che a loro piacevano le nostre offerte.”

I colloqui avevano avuto buon esito. Meshhal si era persuaso a mandare al Cairo due dei suoi uomini più importanti. Il gruppo di Masri sperava che Abbas avrebbe fatto la stessa cosa. Quattro uomini, due per ogni parte, sono andati in Egitto il 22 aprile. Un anno prima, quando c’era stato un blocco tra le due parti in Egitto: il regime di Mubarak aveva tentato di porre tra di loro ulteriori ostacoli. Mashaal aveva avuto un incontro infruttuoso alla Mecca con Omar Sulieman, il factotum dei servizi segreti e il migliore amico di Israele nel mondo arabo. Suleiman effettivamente lavorava per gli Israeliani. Ora tutto era completamente cambiato.

Il giorno in cui Abbas e Meshaal andavano al Cairo, soltanto i due primi ministri rivali non ci andarono, Fayad e Hanniyeh. Hamas era d’accordo che nei quattro anni passati Israele si era impossessato di altro territorio di Gerusalemme e che aveva costruito molti altri insediamenti nella Cisgiordania occupata. Meshaal si arrabbiava al pensiero che non lo avrebbero lasciato parlare dal podio insieme agli altri – in quel caso, lui e Hamas erano d’accordo sul confine del 1967, di fatto riconoscendo l’esistenza di Israele, sul riferimento alla “resistenza” e di dare ad Abbas più tempo per i negoziati.

Se Hamas fosse al governo, dovrebbe riconoscere lo Stato di Israele. Se, invece questo non accadesse, non riconoscerebbero niente. “Non è giusto dire:’Hamas deve fare così e così’,” dice Masri. “La resistenza deve essere anche reciproca. Ma fino a quando non farà parte del governo palestinese, Hamas è soltanto un partito politico e può dire ciò che vuole. L’America, quindi, dovrebbe essere preparata a vedere che Hamas invecchierà prima di formare il governo. Quel governo rispetterà le risoluzioni dell’ONU e la legge internazionale. Deve essere reciproca. Entrambe le parti si sono rese conto che potrebbero perder l’occasione fornita dalla Primavera araba. Non sono stato io a farlo, è stata un insieme di molti sforzi. Se non fosse stato per l’Egitto e la disponibilità dei due gruppi palestinesi, questo evento non si sarebbe verificato.” Nel periodo seguente all’accordo, chi è fedele ad Hamas e Abbas è stato d’accordo a smettere di arrestare membri di ciascuna fazione.

La storia segreta dell’unità palestinese è stata ora svelata. La reazione del primo ministro israeliano Netanyahu a questa notizia – si era in origine rifiutato di negoziare con i palestinesi perché erano divisi – è stata di dire che non avrebbe parlato con Abbas se Hamas fosse entrata nel governo palestinese. Il presidente Obama di fatto ha scartato l’iniziativa per l’unità palestinese. Ma i confini del 1967 significano che Hamas accetta Israele e l’iniziativa di “resistenza” significa la fine dei razzi di Gaza contro Israele. La legge internazionale e le risoluzioni dell’ONU significano che la pace non può essere completata e che non si può creare uno stato palestinese. Questa, almeno, è l’opinione di entrambe le parti palestinesi. Il mondo sarà in attesa di vedere se Israele rifiuterà di nuovo tutto.

Profilo: Munib Masri

La famiglia Masri è stata per tutta la vita nella resistenza palestinese. Da piccolo Munib Rashid Masri, appartenente a una famiglia palestinese di mercanti molto rispettata ha dimostrato contro il dominio britannico in Palestina e contro i piani per la creazione di Israele.

Tre dei suoi figli hanno combattuto con l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) nel Libano meridionale durante l’invasione israeliana del 1982. “Tutta la nostra famiglia pensa che sia nostro compito riprenderci la Palestina”, dice. “ho dato tutta la mia vita alla Palestina.”

E’ stato presentato a Yasser Arafat nel 1963 da un deputato dell’OLP, Abu Jihad- Khalil al-Wazzir, ucciso in seguito dagli israeliani a Tunisi, e ha aiutato a contrabbandare soldi e passaporti per la guerriglia, ma aveva buoni rapporti con il re Hussein di Giordania.

Con il permesso di Arafat, è divenuto in breve tempo il Ministro non pagato dei lavori pubblici della Giordania dopo il crollo delle forze palestinesi nel Settembre Nero del 1970; ha ricostruito uno dei più grandi campi profughi palestinesi in Giordania quando sono finiti gli scontri. Molto dopo, ha rifiutato tre volte di diventare il primo ministro di Arafat.

Popola firma degli accordi di Oslo, del 1993, Masri ha incoraggiato 15 uomini di affari palestinesi – lui era uno di questi- a creare una compagnia di 200 milioni di dollari che si chiama Padico.

La compagnia di investimenti è ora valutata 1 miliardo e mezzo di dollari e gestisce telecomunicazioni, attività turistiche e un mercato azionario, responsabile del benessere del 27% dell’economia palestinese e di 450.000 Palestinesi.

Domanda e Risposta (D e R) Gli avvenimenti che hanno portato alla storica stretta di mano

D: Come è avvenuta la divisione?

R: La spaccatura tra Fatah e Hamas, noto tra i Palestinesi come “Wakesh”, che vuol dire rovina o umiliazione, è venuta fuori quando Hamas ha vinto con la maggioranza assoluta nelle elezioni del 2006. Hamas si presentava con una piattaforma di riforme e raccoglieva un vasto appoggio grazie ai suoi programmi sociali. La rabbia per la corruzione all’interno di Fatah, e la frustrazione per la mancanza di progressi riguardo al processo di pace da parte del presidente Mahmoud Abbas, hanno contribuito a spingerli verso la vittoria. Il risultato
delle elezioni sbalordì gli Stati Uniti e i funzionari israeliani, che avevano ripetutamente detto che non avrebbero lavorato con un’Autorità Palestinese di cui faceva parte Hamas e che portava a sanzioni e al boicottaggio guidato dall’Occidente. Le forze di sicurezza, ancora sotto il controllo di Fatah, si rifiutavano di prendere ordini dal governo mentre gli Stati Uniti continuavano a finanziare Fatah. Nel 2007 le due fazioni formarono per breve tempo un governo di unità che però cadde quando degli uomini armati e mascherati comparvero invasero le strade di Gaza. Fu annunciato uno stato di emergenza e il presidente Abbas ha destituito il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh che però continuava a esercitare la sua carica in un nuovo governo di emergenza in Cisgiordania. Hamas prendeva il controllo di Gaza, mentre Fatah manteneva la Cisgiordania, causando di fatto una rottura poiché entrambe le fazioni si scambiavano accuse sulla legalità dei reciproci governi.

D: Quale è stato l’impatto di questa rottura sul processo di pace?

R: La rottura tra Hamas e Fatah ha effettivamente sospeso il processo di pace dato che Israele si rifiutava di negoziare con una dirigenza palestinese divisa che era stata costretta a concentrarsi sul mettere in ordine le proprie cose. Tuttavia, con l’unione delle due fazioni, le prospettive di pace non sono necessariamente più positive. I “documenti palestinesi”, dispacci diplomatici che sono trapelati ad Al Jazeera in Gennaio, mostrano che Abbas aveva offerto concessioni di vasta portata durante dei colloqui con il governo Ehud Olmert, ma inutilmente. E’ improbabile che concessioni così favorevoli per Israele la porteranno di nuovo al tavolo delle trattative nel caso che Hamas vi trovasse posto. Il primo ministro israeliano Bejamin Netanyahu, che aveva usato la rottura tra le due fazioni come motivo per non trattare, adesso dice che non parlerà con Abbas se Hamas farà parte del governo palestinese.

D: Quali erano i dettagli dell’accordo?

R: A Gaza tante persone sono scese nelle strade per festeggiare il patto di mediazione egiziano, firmato il 4 maggio, che ha messo fine a quattro anni di aspra rivalità. Il leader di Hamas Khaled Meshaal ha detto di essere pronto a “pagare qualsiasi prezzo” per far riconciliare le due fazioni. Il patto prevedeva un governo provvisorio con il compito di preparare le elezioni parlamentari e presidenziali. L’Egitto ha costituito un comitato per supervisionare il patto, ma il governo unitario ha una strada irta di difficoltà davanti a sé, con potenziali trabocchetti riguardanti il modo di integrare l’ala militare di Hamas nei servizi di sicurezza. Per anni l’Egitto ha promosso al Cairo colloqui per la riconciliazione, ma senza risultati. E’ stato il rinnovato vigore prodotto dalla Primavera araba che ha finalmente portato alla storica stretta di mano.

Amanda Loveday Morris (giornalista inglese, n.d.t.)

DA: Z Net – Lo spirito della resistenza vive

Traduzione di Maria Chiara Starace


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