Notifiche
Cancella tutti

servono 600 milioni di posti di lavoro


dana74
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14340
Topic starter  

Il mondo ha bisogno di 600 milioni di nuovi posti di lavoro

Stephanie Kelton

Tradotto da Alba Canelli
Editato da Curzio Bettio

L'Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) ha appena pubblicato un equilibrato rapporto sulla crisi galoppante in atto nei mercati del lavoro mondiali. Abbiamo iniziato il 2011 con 900 milioni di lavoratori poveri, che guadagnano meno di 2 dollari al giorno, e altri disoccupati fino a 1,1 miliardi di persone - una su tre della forza lavoro globale. Alla sovrabbondanza degli attuali 200 milioni di disoccupati, i mercati del lavoro globale vedranno aggiungersi ogni anno, in media, quaranta milioni di nuove persone in cerca di lavoro. Ciò significa che sarà necessario creare 400 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio per evitare un ulteriore aumento della disoccupazione. Per dare lavoro a tutti coloro che vogliono lavorare, il mondo ha bisogno di 600 milioni di nuovi posti di lavoro.
Preoccupa, comunque, il rallentamento della crescita globale, il che significa che ai mercati mondiali del lavoro risulterà difficile tenere il passo con la crescita della forza lavoro, figuriamoci recuperare il terreno perduto. Nel 2011, la crescita globale è rallentata dal 5,1% al 4%, e il FMI avverte di un ulteriore rallentamento dal 2012.
Il rapporto ILO mette in guardia che anche un modesto rallentamento nel 2012, vale a dire di 0,2 punti percentuali, significherebbe 1,7 milioni di disoccupati in più entro il 2013.
Il rapporto fa luce anche sull’impatto che le politiche fiscali troppo rigide hanno avuto sulla crescita e sull’occupazione, a partire dai programmi di austerità distruttiva di posti di lavoro che sono diventati così comuni nell’Eurozona.
Altrove, in nazioni con politiche ad ampio margine di manovra, i governi hanno perso il loro forte desiderio compulsivo alla fiscalità, dato che l’accresciuta insicurezza e la fiducia abbattuta dei consumatori mantengono debole la domanda del settore privato.

Analiticamente, il rapporto inizia con una nota importante, con l’analisi che utilizza l’approccio al “bilancio settoriale”, così essenziale al quadro della moderna teoria monetaria (MMT).
Il rapporto evidenzia le (negative) implicazioni che hanno per il risparmio privato le restrizioni portate ai bilanci pubblici.
Purtroppo, gli autori del rapporto non riescono ad afferrare abbastanza l’essenza della MMT e quindi sviluppare un’analisi del tutto convincente, in particolare quando si tratta di distinguere tra coloro che emettono moneta e gli utilizzatori della moneta.
Di conseguenza, il rapporto si conclude con una fiacca ricetta politica per affrontare “l’urgente sfida della creazione di 600.000 mila posti di lavoro produttivi nel prossimo decennio.

Di seguito sono riportati alcuni stralci (il grassetto è mio) per far comprendere le conclusioni principali dello studio.

“Anche se solo pochi paesi si trovano ad affrontare gravi sfide fiscali ed economiche a lungo termine, la verità è che l’economia globale si è indebolita rapidamente nella misura in cui l’incertezza si sta diffondendo al di là delle economie avanzate. Di conseguenza, l’economia mondiale si è spostata ancora più lontano dal percorso tendenziale del periodo prima della crisi, e nella congiuntura attuale, anche un “double dip” (1) rimane una possibilità concreta.

“È sempre più evidente un circolo vizioso innescatosi tra il mercato del lavoro e la macro-economia, in particolare nelle economie sviluppate: l’alto livello di disoccupazione e la bassa crescita dei salari stanno riducendo la domanda di beni e servizi, fattore che ulteriormente deteriora la fiducia delle imprese e aumenta le loro esitazioni in materia di investimenti e assunzioni.
Rompere questo ciclo negativo è essenziale affinché possa mettere radici una ripresa sostenibile.
In gran parte del mondo in via di sviluppo, tali aumenti di produttività sostenibile richiedono un’accelerata trasformazione strutturale – un passaggio verso attività a più alto valore aggiunto, con un progressivo abbandono di una agricoltura di sussistenza come principale fonte di occupazione e riduzione della dipendenza dai volatili mercati delle materie prime come fonte di rimesse dalle esportazioni.

“Ulteriori incrementi dallo sviluppo nel settore dell’istruzione e delle competenze professionali, adeguati sistemi di protezione sociale che garantiscano gli standard elementari di vita ai più vulnerabili, così come un rafforzamento del dialogo tra lavoratori, datori di lavoro e governi: tutto ciò è necessario per assicurare un generale sviluppo costruito su una ripartizione giusta ed equa dei profitti economici.
Le bolle speculative sul mercato degli immobili e su altre attività prima della crisi hanno creato sostanziali distorsioni settoriali, che necessitano di una ristrutturazione e che richiederanno trasformazioni del mondo del lavoro lunghe e costose, sia in un generale ambito economico che all’interno dei singoli paesi.
Per affrontare la recessione prolungata del mercato del lavoro e mettere l’economia mondiale su un percorso di ripresa più sostenibile, diversi cambiamenti politici si rendono necessari.

“In primo luogo, le politiche globali devono essere coordinate con maggiore fermezza.
La spesa pubblica finanziata dal debito, e il contemporaneo lassismo monetario da parte di molte economie avanzate ed emergenti all’inizio della crisi non è più un’opzione praticabile per tutte loro. Infatti, il forte aumento del debito pubblico e le conseguenti preoccupazioni circa la sostenibilità delle finanze pubbliche in alcuni paesi hanno costretto quelli più esposti ad aumentare i premi di rischio del debito sovrano per realizzare una drastica stretta economica.
Tuttavia, gli effetti di ricaduta positivi dalla spesa fiscale dei paesi e dalla creazione di liquidità possono essere notevoli e, se utilizzati in maniera coordinata, potrebbero consentire ai paesi che hanno ancora un margine di manovra di sostenere sia le loro economie sia l’economia globale.
Ciò che occorre ora sono proprio tali misure di finanza pubblica coordinate, per sostenere la domanda aggregata globale e stimolare la creazione di posti di lavoro per il futuro.

“Secondariamente, la riparazione e la regolamentazione più consistente del sistema finanziario, potrebbero ripristinare la credibilità e la fiducia ...

“In terzo luogo, ciò che è più necessario ora è puntare sull’economia reale per sostenere la crescita di posti di lavoro. La particolare preoccupazione dell’ILO resta il fatto che, nonostante le buone dosi di incentivazioni, tali misure non sono riuscite a far rientrare l’aumento di ventisette milioni di disoccupati registrati a partire dall’iniziale impatto della crisi.
Chiaramente, le misure politiche non sono state ben mirate e hanno bisogno di una revisione in termini di efficacia... le politiche che hanno pienamente dimostrato la loro efficacia nello stimolare la creazione di posti di lavoro e nel sostegno dei redditi sono: l’estensione dei sussidi di disoccupazione e i programmi di ripartizione del lavoro, la rivalutazione dei minimi e dei sussidi salariali, così come il potenziamento dei servizi del pubblico impiego, i programmi di opere pubbliche e gli incentivi alle imprese - queste politiche producono un impatto visibile sull’occupazione e sui redditi.

“In quarto luogo, ulteriori misure di sostegno pubblico da sole non saranno sufficienti a promuovere una ripresa sostenibile dell’occupazione. I responsabili politici devono agire con determinazione, e in modo coordinato, per ridurre la paura e l’incertezza che si frappongono agli investimenti privati​​, in modo che il settore privato possa riavviare il motore principale della creazione di occupazione globale.
Gli incentivi alle imprese per investir
e in impianti e macchinari, e quindi per allargare i loro libri paga saranno essenziali per stimolare una ripresa solida e sostenibile nel mondo del lavoro.

“Quinto punto, per essere efficaci, le dosi di incentivazioni supplementari non dovranno mettere a rischio la sostenibilità delle finanze pubbliche, aumentando ulteriormente il debito pubblico. A questo proposito, una spesa pubblica pienamente supportata dagli aumenti delle entrate può ancora fornire uno stimolo all’economia reale, grazie al moltiplicatore del bilancio in pareggio.
In tempi di domanda vacillante, espandere il ruolo dello Stato nella domanda aggregata aiuta a stabilizzare l’economia ed esalta un nuovo impulso, sempre che l’aumento della spesa sia accompagnato da simultanei aumenti delle entrate fiscali.

Come sostenuto in questo rapporto, i moltiplicatori del pareggio di bilancio possono essere estesi, in particolare nell’attuale contesto di capacità massicciamente sotto-utilizzate e di alti tassi di disoccupazione. Al tempo stesso, la spesa equilibrata da maggiori entrate fiscali assicura che il rischio di bilancio è mantenuto abbastanza basso per soddisfare i mercati dei capitali.

Il rapporto si conclude con la seguente affermazione:

“Allo stesso tempo, una spesa bilanciata da maggiori entrate fiscali assicura che il rischio di bilancio è mantenuto abbastanza basso per soddisfare i mercati dei capitali. I tassi di interesse quindi, non verranno influenzati da tale scelta politica, e consentiranno agli incentivi di sviluppare il loro pieno impatto sull’economia.”

E questo costituisce il mio più grande problema relativo a questo documento: il rapporto non fa alcun tentativo di distinguere i paesi obbligati a soddisfare i mercati dei capitali da quelli che non ne hanno bisogno.
Come chiarisce la MMT (Teoria Monetaria Moderna, N.d.T.), gli Stati che emettono “moneta moderna” (ad esempio, valute a corso forzoso non convertibile) possono aiutare a ristabilire la crescita permettendo ai loro deficit di bilancio di espandersi, fino a quando il settore privato vede salvaguardate le sue posizioni di risparmio netto.
Solo gli Stati che operano con tassi di cambio fissi o altre incarnazioni del gold standard, del sistema aureo, sono costretti a inginocchiarsi davanti ai mercati dei capitali.
Se la gente comprenderà pienamente l’importanza della sovranità monetaria, potrebbe essere portato avanti un programma molto più audace di creazione di posti di lavoro.

N.d.T.
(1) - Riferimento a un andamento dell’economia a W, vale a dire di una ripresa seguita da un altro calo. Il doppio minimo, o double dip, è rappresentato dai due punti di flessione inferiori della W.

http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=6822


Citazione
Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
 

Nel mondo è in corso una guerra. Senza esclusione di colpi. Da una parte abbiamo gli USA e i suoi satelliti. Stampano carta straccia e la impongono al mondo come valuta di scambio grazie alla loro potenza militare e ai pochi scrupoli nell'usarla. Lo stato che consuma e sperpera più risorse al mondo. Poi abbiamo la Cina e i suoi alleati, hanno sottratto lavoro da tutto il mondo grazie alla enorme abbondanza di mano d'opera a bassissimo costo e a un regime autoritario. Ora hanno anche enormi riserve valutarie che possono usare (e usano) per comprare beni in tutti il mondo.
Poi abbiamo l'Europa, che non ha nessuna di queste due armi. Non abbiamo la potenza militare e non abbiamo la competitività della mano d'opera.
Se non ci decidiamo, tutti insieme, di rifondare l'Unione su basi diverse, che mettano al primo posto LA PERSONA E I SUOI DIRITTI (aria, acqua, cibo sano a buon mercato, casa, educazione e sanità, assistenza per i deboli e lavoro dignitoso per tutti) siamo destinati a diventare terzo mondo.
Una rifondazione dell'Unione parte da un modo diverso di gestire e usare la moneta, che deve essere PUBBLICA E SENZA DEBITO, usata a fini sociali. Politiche anche protezionistiche che facciano rientrare il lavoro nelle nostre nazioni. Una forza militare comune che permetta di dire NO ai dei vincitori della seconda guerra mondiale (sono passati ormai 80 anni cazzo!!!!) e di poter fare i nostri interessi a casa nostra.
Se non perseguiamo questi obiettivi siamo fritti, tanto vale emigrare.
E' una guerra, qualcuno vincerà, altri perderanno. Non c'è posto per tutti, mi dispiace. E io sono italiano, ed Europeo, preferisco vinca l?Europa.
Via i magnaccia pagati dai poteri sovranazionali.


RispondiCitazione
Condividi: