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Syriza? Paga per la sua ambiguità


ioparlo
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«Il leader di Syriza in questi giorni ha eluso il problema. Egli cioè ha evitato di ammettere che, a quel punto, sarebbe stato costretto ad affrontare la crisi abbandonando la moneta unica europea e mettendo in discussione, se necessario, anche il mercato unico dei capitali e delle merci».

Syriza, il principale partito della sinistra, ha perso le elezioni politiche in Grecia.
La prima, vera occasione per lanciare un preciso messaggio politico sulla insostenibilità dell’attuale Unione monetaria europea è dunque andata perduta. Di conseguenza, a meno di sorprese, l’agonia della moneta unica è destinata a prolungarsi, e con essa anche le sofferenze dei paesi periferici e dei gruppi sociali maggiormente colpiti dalla crisi economica.

Perché Syriza ha perso? La tesi prevalente è che il partito si sarebbe presentato all’elettorato con un programma troppo “radicale”. Questo programma, come è noto, si basava sull’intenzione di ripudiare il “memorandum” imposto dalla Commissione europea, dalla Bce e dal Fmi e di esigere la rinegoziazione di tutte le intese sul finanziamento del debito della Grecia.

A pensarci bene, tuttavia, non è affatto scontato che Syriza abbia pagato per la sua “radicalità”.

E’ infatti possibile che Syriza sia stata sconfitta per un motivo ben diverso, consistente nel fatto che alla richiesta di rinegoziare le condizioni del prestito estero ha affiancato l’annuncio di volere restare nell’euro.

Questa posizione, come è noto, è stata esplicitata con nettezza dal leader di Syriza, Alexis Tsipras, nella lettera dal titolo I will keep Greece in the eurozone, pubblicata sul Financial Times il 12 giugno scorso.

Il problema della posizione di Tsipras è che era palesemente contraddittoria. Essa ha messo in evidenza l’incapacità dei vertici di Syriza di affrontare in modo esplicito le possibili conseguenze derivanti da un eventuale fallimento della richiesta di rinegoziazione del debito. Cosa avrebbe fatto Tsipras se la Germania e le autorità europee si fossero limitate a proporre delle revisioni marginali degli accordi e avessero rifiutato di avviare una profonda rinegoziazione del debito?

Il leader di Syriza in questi giorni ha eluso il problema. Egli cioè ha evitato di ammettere che, a quel punto, sarebbe stato costretto ad affrontare la crisi abbandonando la moneta unica europea e mettendo in discussione, se necessario, anche il mercato unico dei capitali e delle merci. Numerosi elettori greci potrebbero aver percepito questa ambiguità, questa incapacità di Syriza di elaborare una sequenza di azioni successive logicamente sensata e politicamente credibile. I pochi punti di distacco dal partito rivale, Nuova Democrazia, potrebbero spiegarsi in questi termini anziché rinviando alle ipotesi di eccessiva radicalità che sicuramente prevarranno nei commenti dei prossimi giorni.

L’ambiguità tuttavia non costituisce un limite della sola Syriza. Lo stesso appello a suo favore promosso da Etienne Balibar e Rossana Rossanda conteneva analoghi elementi di opacità e indefinitezza.

In termini per molti versi analoghi, anche gli appelli dei movimenti no-debito hanno fino ad oggi evitato di chiarire che un eventuale ripudio non concordato porrebbe immediatamente il problema della copertura del disavanzo verso l’estero e quindi richiederebbe l’abbandono dell’euro e/o una limitazione della libera circolazione di capitali e merci.

Per non parlare delle sinistre europee, che sembrano in troppi casi pronte a immolare i rispettivi elettori sull’altare di una incondizionata fedeltà all’euro e al mercato unico e che dunque non riescono a far di meglio che diffondere generici appelli alla solidarietà europea.

A quanto parte, insomma, siamo al cospetto di una ulteriore variante di quel “liberoscambismo di sinistra” che imperversa da oltre un trentennio tra gli eredi più o meno diretti del movimento operaio, e che abbiamo cercato di esaminare criticamente nel libro L’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa.

Ad ogni modo, indipendentemente dalle decisioni degli elettori greci, l’attuale assetto dell’Unione monetaria europea resta tecnicamente insostenibile. I nodi del divario tra tassi d’interesse e tassi di crescita del reddito torneranno presto al pettine in molti paesi europei, e non potranno certo essere risolti tramite correttivi marginali degli accordi di prestito o attraverso garanzie bancarie europee.

Pertanto, in assenza di significativi cambiamenti nell’assetto della politica economica europea, l’attacco speculativo finale contro la zona euro potrà essere rinviato, ma non scongiurato. La questione che resta in sospeso è dunque una: con le sinistre paralizzate, a chi toccherà gestire un eventuale tracollo della moneta unica?

* Fonte: emilianoibrancaccio.it

tratto da

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2089grecia


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radisol
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Vero che l'ambiguità di fondo di Syriza sull'euro esiste.

Ma è anche vero che i comunisti del KKE che invece erano schierati inequivocabilmente in senso anti-euro .... hanno preso si e no un quarto dei voti di Syriza ...

Il che fa pensare che l'ambiguità invece elettoralmente pagava .... semplicemente non è bastata ... e questo a causa dell'allucinante sistema elettorale greco che regala ben 50 deputati in più al primo partito ... Nuova Democrazia che ha preso solo il 30% dei voti rispetto al 27% di Syriza ...

Del resto, credo che l'ambiguità di Syriza fosse anche molto relativa ... se si rifiuta senza se e senza ma il famoso "memorandum" della Ue, l'uscita dall' Europa monetaria è la logica inevitabile conseguenza ....


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Giancarlo54
Famed Member
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Vero che l'ambiguità di fondo di Syriza sull'euro esiste.

Ma è anche vero che i comunisti del KKE che invece erano schierati inequivocabilmente in senso anti-euro .... hanno preso si e no un quarto dei voti di Syriza ...

Il che fa pensare che l'ambiguità invece elettoralmente pagava .... semplicemente non è bastata ... e questo a causa dell'allucinante sistema elettorale greco che regala ben 50 deputati in più al primo partito ... Nuova Democrazia che ha preso solo il 30% dei voti rispetto al 27% di Syriza ...

Del resto, credo che l'ambiguità di Syriza fosse anche molto relativa ... se si rifiuta senza se e senza ma il famoso "memorandum" della Ue, l'uscita dall' Europa monetaria è la logica inevitabile conseguenza ....

Allucinante?
E quello francese che .....regala....al FN 3 (dicasi TRE) deputati a fronte del 14% di voti espressi, come vogliamo chiamarlo? Oppure quello va bene?


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dana74
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eh no Giancarlo la repubblica francese ha partorito il nuovo eroe Hollande ....tutto il resto passa in secondo piano 😀

mi...e noi la chiamiamo porcellum la nostra...allucinante quella francese....

@ radisol non dimenticare lo scherzo che i democratici e rispettosi attivisti di Syriza hanno combinato al KKE.

Hanno creato un falso sito KKE che invitava a votare Syriza per oltre un mese è stato attivo e le proteste del KKE sono state ignorate.


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dana74
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alla faccia dell'egalité e fraternité......

Francia. Elezioni legislative: vincono i socialisti ma prevalgono iniquità e astensionismo

Vince la coalizione di sinistra capitanata dai socialisti conquistando 343 seggi. La destra ne ottiene 229. Il Fronte Nazionale solo 3

Sebastiano Caputo

Un mese esatto dopo le elezioni presidenziali francesi, si concludono anche quelle legislative. Stessi risultati, stesse sorprese, ma rimangono tanti dubbi sulla legittimità della nuova Assemblea Nazionale. Perché come vuole la ripartizione dei seggi su base maggioritaria, per l’ennesima volta in quarant’anni di Quinta Repubblica, saranno la sinistra - il partito socialista - e la destra – l’Unione per un Movimento Popolare - a spartirsi i 577 seggi in palio al Palais Bourbon. Con qualche differenza però, poiché rispetto agli altri anni, di voci fuori dal coro ce ne sarà più di una. La notizia principalmente sbandierata dai media omologati è che stando ai dati ufficiali pubblicati ieri dal ministero dell’Interno per la Francia metropolitana e territori d’Oltremare, dopo 17 anni di governatorato di centro-destra, François Hollande, eletto con il 52 per cento dei consensi alle presidenziali contro Nicolas Sarkozy, si è imposto erede indiscusso del mitterandismo portando il Partito Socialista e i suoi alleati (il Front de Gauche, i Verdi e indipendenti) al Parlamento con una maggioranza assoluta, vale a dire 343 seggi. Mentre il raggruppamento di destra - composto dall’Unione per un Movimento Popolare e i partiti satelliti di centro - si è affermato seconda forza del Paese, conquistando 229 poltrone.
La contro-notizia è che nonostante l’ostracismo - mediatico e istituzionale -, gli uomini e i partiti fuori dallo status quo politico che vige in Francia da quando Charles De Gaulle lasciò il potere, sono riusciti, per la prima volta, a raccogliere almeno le briciole di un sistema maggioritario che ha lasciato fuori dall’Assemblea Nazionale milioni di francesi. Un sistema maggioritario lontano dall’equità e dalla rappresentatività reale, perché oltre al fatto di far incrementare il numero di astenuti (durante queste elezioni legislative è stato pari al 43, 7 per cento), imponendo all’elettore di scegliere tra i due grandi partiti del Paese (“tra la peste e il colera”), non ha permesso al Fronte Nazionale di Marine Le Pen - il quale aveva ottenuto il 18 per cento dei consensi un mese fa alle presidenziali - e ad altri partiti minori di avere una rappresentanza parlamentate proporzionale al numero di elettori. Nonostante alle presidenziali un francese su cinque abbia votato Front National, le elezioni di ieri hanno sancito il ritorno del partito al Parlamento, ma con soli 3 deputati (per 6,5 milioni di frontisti). La leader del Fn è stata sconfitta nella circoscrizione di Hénin-Beaumont con il 49,89 per cento dei voti - risultato per il quale è già stato presentato un ricorso perché la Le Pen sarebbe stata distaccata dalla socialista di soli 116 voti -, mentre la nipote di Jean-Marie Le Pen, la 22enne Marion Maréchal-Le Pen (figlia della sorella di Marine e da oggi la più giovane paramentare di tutti i tempi in Francia) è stata eletta e come lei anche l’ex socialista Gilbert Collard e il presidente della Ligue du Sud, Jacques Bompard. Aldilà della legge sulla ripartizione dei seggi, il risultato del partito sovranista è spaventoso se si considera il programma elettorale articolato su una retorica anti-mondialista (uscita dall’euro, rinegoziazione dei trattati europei, limitazione radicale dei poteri delle istituzioni soprannazionali e critica della politica estera americana) e anti-islamista (fine dell’immigrazione e abolizione del fondamentalismo islamico in Francia).
A strappare un seggio è anche stato Nicolas Dupont Aignan ideatore e presidente del partito neo-gollista Débout la République, che nell’Essonne, la sua circoscrizione, ha ottenuto il 61,5 per cento riconfermandosi sindaco e deputato per la seconda volta consecutiva. La sue dichiarazioni all’Assemblea Nazionale non sono mai passate inosservate, come quando ha chiesto ai suoi avversari di votare a favore della riconquista della sovranità nazionale attraverso la rinegoziazione dei trattati che reggono la comunità europea e la nazionalizzazione della Banca di Francia. Oppure come quando ha chiesto ai cittadini di non permettere la creazione dell’ “Esm”, il cosiddetto Fondo salva-Stati, imposto dall’Unione Europea. Queste voci sono in estrema minoranza, tuttavia potrebbero proporre una riforma elettorale che instauri un sistema proporzionale invece dell’attuale maggioritario. Ci sono troppi astenuti come ci sono troppi elettori tenuti fuori dalle mura del Palais Bourbon, in un Paese, la Francia, che i benpensanti amano chiamare “la terre de la liberté, de l’égalité et de la fraternité”.

19 Giugno 2012 1200 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=15514


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radisol
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Il sistema francese è senz'altro uno dei peggiori sistemi elettorali esistenti .... con l'unica esplicita esigenza della governabilità come valore ultimo a tutti i costi ...

Che poi somiglia molto all'originario maggioritario alla Segni senza però la correzione proporzionale del 25% .... ed è più o meno il sistema con cui Berlusconi vinse nel 1994 senza nemmeno il 30% dei voti ... e dovette comprarsi Tremonti, Buttiglione e la moglie di Enzo Tortora, eletti in altre liste, per avere la maggioranza al Senato ....

Rimane il fatto che i 50 deputati regalati al primo partito, qualunque sia la sua percentuale ( legge peraltro fatta con la Grecia già in piena crisi economica ), è cosa che le supera veramente tutte ...

Non sapevo nulla del sito falso del KKE .... ma non ho motivo di dubitare che la cosa corrisponda a verità ...

Quello che è certo è che un'alleanza Siryza - KKE, con quel sistema elettorale, avrebbe stravinto ....

Ma la sinistra, soprattutto quella comunista "tradizionale" ( e sia Siryza, in senso togliattian/berlingueriano, sia il KKE, in senso vetero - stalinista, rientrano ampiamente nella categoria), è famosa per i suicidi in nome del settarismo ....

Comunque è anche vero che governare in Grecia sarà difficilissimo anche per chi ha vinto le elezioni ....

E non escludo nemmeno che, dalle parti di Siryza, quando hanno saputo di aver perso, possano anche aver fatto un sospiro di sollievo ....


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Giancarlo54
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A parte la "diatriba" sui sistemi elettorali (qui dico e la chiudo qui, il sistema elettorale più giusto è quello proporzionale senza nessun sbarramento), concordo con quanto ha scritto Radisol. Non mi sembra che Syriza sia stata sconfitta o che abbia pagato la sua non chiarezza sull'euro. Ha perso ma di pochissimo e ha ottenuto un ottimo risultato. Non farei come gli antifa in servizio permanente effettivo che esultano per il meno 0,03% di Alba Dorata. I greci, volenti o nolenti, hanno scelto, con Nuova democrazia e Syriza, per restare nell'euro. Prendiamone atto e non inventiamoci astruse analisi.


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yehwanor
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Hanno creato un falso sito KKE che invitava a votare Syriza per oltre un mese è stato attivo e le proteste del KKE sono state ignorate.


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