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Un incubo chiamato Goldman


radisol
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Gli esperti di comunicazione al servizio di Lloyd Blankfein, il chief executive di Goldman Sachs, sono mobilitati per insinuare il dubbio che contro la più potente banca di Wall Street sia in atto una manovra tutta politica. Un colpaccio orchestrato dall’Amministrazione Obama, che userebbe la Securities and Exchange Commission (Sec) per screditare la banca in una fase in cui il governo vuol far passare le sue riforme dei mercati. La prova del complotto politico, sempre secondo Goldman, starebbe nel fatto che la Sec si è spaccata secondo una divisione prettamente partitica. l’accusa di frode a Goldman è stata votata solo dai tre commissari di nomina democratica (inclusa la presidente della Sec, Mary Schapiro) mentre i due repubblicani hanno votato contro. Ma questa difesa si sgretola di fronte al susseguirsi di scandali targati Goldman Sachs, ormai un effetto valanga. L’ultimo conflitto d’interessi clamoroso è stato rivelato in Inghilterra. Un caso di doppio gioco, che ha per protagonisti sempre gli uomini di Blankfein. L’anno scorso la Goldman partecipò al consorzio di collocamento per il rifinanziamento del Lloyds Banking Group, una maxioperazione da 23,5 miliardi di sterline. Ma la Goldman vi prese parte anche, cambiandosi casacca, nel ruolo dell’investitore. E guarda caso, la Goldmancollocatore chiese e ottenne dei cambiamenti nelle condizioni di quel finanziamento, che favorivano chiaramente l’interesse della Goldmaninvestitore. Un altro caso clamoroso in cui l’interesse del cliente è stato calpestato, quando c’era da favorire la stessa Goldman. Un’altra macchia alla sua reputazione, presso la vasta e importante platea dei clienti che finora si fidavano quasi ciecamente di Goldman.
Un’altra brutta storia è l’indagine sull’insider trading che ha al centro il fondo Galleon. In quel caso è un consigliere d’amministrazione di Goldman, Rajat Gupta, a essere indagato: avrebbe fornito informazioni riservate al suo amico ed ex socio d’affari Raj Rajaratnam (capo di Galleon), rilvelandogli in anticipo che Warren Buffett con la sua società Berkshire Hathaway stava per investire 5 miliardi di dollari nel capitale di Goldman Sachs. Un’informazione ghiotta, e saperla in anticipo sui mercati offrì un’opportunità di guadagno per il privilegiato. Naturalmente, si tratta di un reato. Goldman è finita così nella più grande indagine per insider trading che si svolga a Wall Street da una generazione.
La tesi del presunto "accanimento politico della Sec" dunque non regge, visto l’addensarsi di guai su un fronte così vasto. L’accusa di frode mossa dalla Sec riguarda un’altra partita. Si tratta di un complesso titolo derivato – "syntethic collateralized debt obligation", in sigla Cdo – che Goldman nel 2007 piazzò ad alcuni clienti facoltosi tra cui la banca olandese Abn Amro. Dentro quel derivato c’erano titoli di credito verso miriadi di famiglie titolari di mutui subprime. I clienti che abboccarono all’amo di Goldman scommettevano che il mercato immobiliare americano sarebbe continuato a salire. Invece arrivò il crollo, le insolvenze sui mutui subprime si moltiplicarono a catena, e quel particolare derivato (Abacus 2007AC1) precipitò infliggendo grosse perdite a chi lo aveva comprato. Fin qui, nulla di illecito: gli investori come Abn Amro sono – o dovrebbero essere – piuttosto sofisticati. Peggio per loro se fecero la scommessa sbagliata e non videro arrivare la grande crisi del mercato immobiliare. L’atto su cui la Sec ha inchiodato Goldman però è un altro: la banca occultò ai clienti un’informazione essenziale, e cioè che i titoli "insaccati" dentro Abacus li aveva scelti John Paulson, capo di un hedge fund che scommetteva proprio sull’insolvenza di quei debitori. Abacus era stato rimpinzato di titoli particolarmente scadenti da qualcuno che doveva guadagnare proprio dal loro crac. E’ su questa mancata informazione che si regge il castello di accuse contro Goldman Sachs.
Obama ha smentito a più riprese, in modo esplicito, di aver fatto pressione sulla Sec perche "perseguitasse" Goldman Sachs. "La Sec – ha dichiarato il presidente – è un’authority indipendente, non ci consulta sul suo lavoro, né noi veniamo informati in anticipo delle sue indagini". Anche la presidente della Sec Mary Schapiro ha respinto con sdegno quelle insinuazioni: "E’ da una vita che mi occupo di regolazione dei mercati, sotto amministrazioni repubblicane e democratiche, il mio curriculum professionale è sotto gli occhi di tutti, a garanzia della mia autonomia". Quel che è vero, è che nel gennaio 2009 Obama scelse proprio la Schapiro per inaugurare un nuovo corso alla Sec, dopo anni di lassismo e di colpevole latitanza dell’organo di vigilanza. Un andazzo che durava almeno dai tempi del crac Enron, e che aveva trasformato il mastino della Borsa in un cagnolino inoffensivo. Comunque l’attenzione verso Goldman non è una prerogativa esclusiva della Sec. Anche le autorità di vigilanza inglese e tedesca stanno indagano su Abacus, dopo le perdite subite dalle banche di quei paesi.
Eppure la tesi del complotto contro Goldman ha molti sostenitori. Fa comodo infatti a tutta la comunità di Wall Street: serve a dimostrare che l’Amministrazione Obama nello spingere la riforma delle regole della finanza è animata da propositi punitivi. Riaffiora la caricatura dell’Obama "statalista e socialista" che fu usata contro di lui durante la lunga battaglia sulla riforma della sanità. Quando mercoledì scorso Obama è venuto proprio a Wall Street a difendere le ragioni della riforma, è stato accolto dal New York Post (il tabloid di Rupert Murdoch) con questo titolo: "Presidente, non uccidere la gallina dalle uova d’oro: l’economia di New York è in pericolo se passa la riforma". La U.S. Chamber of Commerce – che è quanto più di vicino a una Confindustria americana – lo stesso giorno ha comprato paginoni di pubblicità su tutti i quotidiani newyorchesi con il messaggio seguente: "Danneggiare Wall Street può dare qualche vantaggio politico di breve termine, ma impedisce le soluzioni giuste". Curiose ambedue le tesi. Che la finanza di Goldman Sachs e compagnia faccia bene alla città di New York, è un dogma simile a quello dell’Ancien Régime: il lusso dei nobili alla corte del Re Sole finiva per distribuire un po’ di ricchezza anche ad altri, come gli artigiani che producevano oggetti pregiati per arredare la reggia di Versailles. C’era però un modo per generare maggiore ricchezza, e ripartirla più equamente, come la storia ha dimostrato in seguito. In quanto alla posizione confindustriale, stupisce perché Wall Street ha creato e sta creando tuttora danni enormi all’economia reale, a tante imprese manifatturiere: prima hanno sofferto lo choc di una recessione provocata dai guasti della finanza, e adesso continuano a subire una penuria di credito. "Le nuove regole che propongo con la riforma – ha precisato Obama rivolto ai banchieri – non devono fare paura a nessuno. A meno che il vostro business model consista nel rapinare l’economia americana".
I capisaldi della riforma che Obama è andato a illustrare a Wall Street sono quattro. Primo: più controlli e trasparenza sugli hedge fund. Secondo: le banche avranno limiti rigorosi nei titoli derivati, e questi ultimi dovranno essere prevalentemente negoziati in Borsa, in modo trasparente. Terzo: sarà creata una nuova authority per la protezione del consumatore di servizi finanziari. Quarto: una tassa sulle banche andrà ad alimentare il fondo per eventuali salvataggi di colossi in crisi, sicché in futuro non debba più essere il contribuente a pagare. All’istituzione di questo fondo si accompagna un nuovo potere per la banca centrale, quello di smembrare un istituto di credito troppo grosso, qualora diventi un pericolo per la stabilità sistemica. A sostegno della posizione di Obama si è schierato implicitamente un documento del Fondo Monetario Internazionale,
che propone di istituire in tutto il mondo una nuova imposta, la Financial Activity Tax, che vada a scremare i profitti delle banche. Questa tassa dovrebbe, secondo il Fmi, "ridurre le dimensioni del settore finanziario", e "mitigare la propensione al rischio".
Per evidenti motivi tattici – perché non vuole vestire i panni dell’aggressore – Obama ha invitato i banchieri a cooperare con la riforma del sistema. "Le nuove regole non sono soltanto nell’interesse del paese, ma anche nell’interesse del settore finanziario". Speriamo che sia vera la prima, non la seconda, ha commentato il premio Nobel dell’Economia Paul Krugman. Interpretando così un comune sentire: per la maggioranza degli americani che hanno sofferto duramente nella recessione, sarebbe ora di vedere una riforma "contro" gli interessi delle banche.

30.4.2010 Federico Rampini

dal suo blog su repubblica.it


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silviu
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Veramente pare che ora anche la procura di New York si stia muovendo...

http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=923570

magari dando a Cuomo l'opportunità di togliersi qulche sassolino di antica data... 😈


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radisol
Illustrious Member
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Ma cos'è davvero Goldman Sachs?

Ripropongo la serie di puntate dedicate a Goldman Sachs pubblicate nel luglio dello scorso anno, una riedizione che reputo necessaria alla luce delle recenti indagini federali su Goldman :

Link : http://diariodellacrisi.blogspot.com/2009/09/ma-cose-davvero-goldman-sachs-versione.html


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