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Ungheria la vittoria che fa rosicare


dana74
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le sinistre a parole predicano tanto contro l'austerity e la troika, questo perché devono attirare voti PER POI BUTTARLI al secchio e FINGERE DI ESSERE CONTRO

in questo articolo, nonostante si parli del trionfo della destra in Ungheria, dice che c'è stata cmq una flessione nei voti e che questo successo è dovuto al rafforzamento del potere da parte di Orban, "castigando" la "democrazia".

Il dramma è che Orban ha fatto sul serio contro il FMI e la finanza, il che non va bene. Va bene solo far finta, come operazioni alla Tsipras.

Non vengono minimamente menzionate GLI ATTI CONCRETI CONTRO LA FINANZA IN FAVORE DEL POPOLO.

Ungheria, il trionfo della destra
di Michele Paris

A guidare il governo ungherese per i prossimi quattro anni saranno come ampiamente previsto ancora una volta il primo ministro in carica, Viktor Orbán, e il suo partito di destra Fidesz, premiati per la seconda volta consecutiva nelle elezioni parlamentari andate in scena domenica. Nonostante la flessione fatta segnare rispetto al voto di quattro anni fa, il partito al potere potrà contare nuovamente su una maggioranza di ferro, risultato di politiche di stampo populista e nazionalista con un’indiscutibile impronta autoritaria.

Il dato più eclatante della consultazione appena conclusa nel paese mitteleuropeo è l’assoluto predominio delle forze di destra ed estrema destra in Parlamento, rappresentate da Fidesz, dai suoi alleati di governo Cristiano-Democratici e dalla formazione neo-fascista Jobbik. Questi tre partiti, se i risultati non ancora definitivi dovessero essere confermati, controlleranno ben 156 seggi sui 199 totali, vale a dire oltre il 78% dell’assemblea legislativa.

Jobbik, in particolare, ha fatto segnare un risultato senza precedenti, accaparrandosi il 20,54% dei consensi espressi, cioè quasi 4 punti percentuali in più del 2010, e 23 seggi. Secondo la Reuters, quella di Jobbik sarebbe la migliore prestazione elettorale nazionale di sempre per un partito di estrema destra in Europa, superiore anche al 20,5% ottenuto lo scorso anno dal Partito della Libertà Austriaco.

Se possibile, l’affermazione di Jobbik sposterà così l’asse politico a Budapest ancora più a destra, come conferma d’altra parte la collaborazione spesso registrata negli ultimi quattro anni tra il partito ultra-nazionalista e anti-semita, guidato dal 35enne Gábor Vona, e la maggioranza di governo.

Fidesz, da parte sua, potrebbe conservare i due terzi dei seggi dell’Assemblea Nazionale che consentirebbero al partito del premier di modificare a piacimento la Costituzione. Già nel precedente mandato, Orbán e il suo partito hanno approvato una nuova discussa carta costituzionale, in virtù della quale, tra l’altro, il Parlamento magiaro è passato da 386 a 199 seggi.

La quota dei voti conquistati domenica da Fidesz, in ogni caso, si è attestata al 44,5%, traducendosi in 133 seggi, appena sufficienti cioè a mantenere l’attuale supermaggioranza. Secondo i media ungheresi, tuttavia, l’esito del voto in cinque distretti elettorali a Budapest e nella città orientale di Miskolc appare ancora incerto e la perdita da parte di Fidesz di anche una sola di queste sfide potrebbe costargli la maggioranza dei due terzi in Parlamento.

Pur mettendo a segno quella che risulta a tutti gli effetti una vittoria schiacciante sui propri rivali, Fidesz ha comunque perso l’8% rispetto a quattro anni fa, corrispondente a 800 mila voti persi. Il relativo arretramento del partito di Orbán era stato in qualche modo annunciato dai sondaggi degli ultimi anni che indicavano come la maggioranza degli elettori ungheresi fosse scontenta del governo in carica.

Secondo molti osservatori e i leader dell’opposizione, il successo di Fidesz sarebbe perciò dovuto in larga misura alle nuove norme restrittive fissate dal governo per regolare la campagna elettorale. Tra le misure più contestate vi è quella che proibisce a partiti e candidati di trasmettere spot elettorali sui media privati, anche se ciò è consentito al governo, così che i messaggi trasmessi si risolvono di fatto in slogan a favore del partito al potere.

L’altro fattore decisivo nella permanenza al governo di Orbán e nell’ulteriore avanzata dell’estrema destra ungherese è lo stato comatoso dell’opposizione di centro-sinistra. Il partito principale è quello socialista (MSZP), presentatosi agli elettori in una coalizione con altre formazioni minori, ed ha raccolto appena il 26% dei voti che gli garantiranno 38 seggi.

Prevedibilmente, il suo leader e candidato premier - Attila Mesterházy - ha evitato qualsiasi autocritica nel dopo voto, attribuendo l’intera responsabilità della débacle del suo partito al clima anti-democratico instaurato nel paese da Orbán.

L’MSZP, in realtà, ha gettato le basi dei propri insuccessi elettorali alla guida di vari governi dopo la caduta del regime stalinista che hanno messo in atto una serie di devastanti “riforme” di libero mercato segnate da austerity e privatizzazioni selvagge. L’ultima esperienza di governo dei socialisti ungheresi è stata tra il 2002 e il 2010, segnata da scandali di corruzione e dal dissesto finanziario e che quattro anni fa si chiuse nel trionfo elettorale di Fidesz con oltre il 52% dei consensi.

L’arrivo al potere di Orbán e del suo partito nel 2010 è stato seguito dalla già ricordata approvazione di una nuova Costituzione che ha finito per indebolire sensibilmente i meccanismi di controllo sui poteri dell’esecutivo. Inoltre, il governo di destra ha ridotto l’autorità della Corte Costituzionale, ampliato la propria influenza sul potere giudiziario e introdotto una nuova legge sui mezzi di informazione, esposti a pesanti sanzioni e sottoposti ad un’agenzia governativa presieduta da fedelissimi del premier.

Orbán è poi ricorso a un mix di populismo e nazionalismo economico, suscitando frequentemente le critiche dell’Unione Europea e degli “investitori” internazionali. Ciò è accaduto soprattutto in occasione della nazionalizzazione dei fondi pensione privati, le cui risorse sono state utilizzate per coprire i buchi del deficit pubblico.

Il governo ha cercato anche di penalizzare banche e compagnie straniere operanti in Ungheria per favorire il capitalismo indigeno, una strategia apparsa evidente da una popolare iniziativa che ha monopolizzato la campagna elettorale di Fidesz: la riduzione delle tariffe energetiche.

Pressoché in concomitanza con il declino dei livelli di gradimento del governo, Orbán aveva infatti annunciato un piano per abbassare dapprima del 10% e successivamente del 20% le bollette di acqua, energia elettrica e gas degli ungheresi. I fornitori di questi servizi - in gran parte compagnie straniere - sono stati obbligati inoltre a comunicare ai loro clienti la cifra risparmiata mensilmente, facendo quindi della misura uno strumento di propaganda per il governo.

Le stesse compagnie hanno poi contribuito a risollevare le sorti dell’esecutivo avviando un procedimento legale per bloccare la riduzione delle tariffe. Orbán ha abilmente sfruttato questa mossa per fare un appello alla popolazione ungherese e lanciare una sorta di referendum informale che ha fatto risalire le quotazioni di Fidesz a pochi mesi dall’appuntamento con le urne.

Questa vicenda - assieme al vuoto totale che caratterizza la sinistra ungherese - aiuta a spiegare il livello di consenso raccolto nel paese da Orbán nonostante il risentimento diffuso nei confronti soprattutto dei risvolti più autoritari della sua azione di governo. Come ha scritto il sito web di informazione indipendente politics.hu, cioè, il primo ministro conservatore ha deciso di “interpretare il ruolo di martire patriota in lotta contro forze straniere ostili”, facendo leva sulle “insicurezze di molti ungheresi in merito al ra
pporto con paesi europei più potenti”.

Le conseguenze rovinose prospettate da un processo di integrazione forzata con l’Unione Europea e la più che giustificata ostilità della popolazione verso partiti politici - come quello socialista - responsabili del drammatico declino delle condizioni di vita degli ultimi due decenni continuano quindi a offrire ampi spazi di manovra alla destra nazionalista ungherese, sia nella sua incarnazione estremista (Jobbik) che relativamente moderata (Fidesz), consentendo a Viktor Orbán di rafforzare ancor più le proprie basi di potere nel prossimo futuro dopo l’agevole bis elettorale appena messo a segno.
http://www.altrenotizie.org/esteri/5949-ungheria-il-trionfo-della-destra.html

Insomma, l'estrema destra che in Ukraina instaura un potere pro troika NON VA BENE

Ma quando l'estrema destra in Europa fa qualcosa di concreto e non a parole contro la stessa troika per i paladini del popolo è pure peggio.

In questo articolo ripetono la zolfa delle accuse dell'eurocrazia contro Orban

Nonostante si ribadisca nell'articolo quanto abbia fatto schifo la sinistra asservendo la troika, niente, gli ungheresi sono colpevoli di non aver votato cmq il partito giusto

Esilarante questo passaggio:

"Orbán è poi ricorso a un mix di populismo e nazionalismo economico, suscitando frequentemente le critiche dell’Unione Europea e degli “investitori” internazionali. Ciò è accaduto soprattutto in occasione della nazionalizzazione dei fondi pensione privati, le cui risorse sono state utilizzate per coprire i buchi del deficit pubblico."

Quasi si dispiacciono che Orban abbia indispettito gli "investitori" internazionali? AH ecco il becero nazionalismo che va contrastato...

Ma non sono le sinistre che si fanno portavoce delle istanze contro gli "investitori" ed il mercato?
E se lo fa REALMENTE Orban perché le sinistre in Ungheria come altrove non hanno fatto altro che servire i banchieri, se ne hanno a male.


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dana74
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un ripassino che il Paris omette

"Già il premier, Viktor Orbán, si è infatti distinto, negli anni del suo primo mandato per una forte politica di sovranità dell’Ungheria, non cedendo alle politiche del rigore indicate dalla troika Fmi-Bce-Ue e applicando direttive di controllo della gestione della banca centrale magiara, di tagli fiscali e di agevolazioni sociali (case popolari). Non solo, ma anche la nazionalizzazione dei fondi-pensione privati, l’applicazione di una tassa sulle grandi rendite, e un ammortamento a costi ristretti dei mutui popolari.
Nel suo programma per queste elezioni Fidesz ha promesso una rinazionalizzazione delle società produttive estere insediate in Ungheria, il trasferimento in mani magiare delle quote di controllo delle grandi banche d’affari, manovre sui cambi per mantenere il fiorino (la valuta ungherese) al di fuori delle restrizioni imposte dall’euro, dai vergognosi parametri imposti dagli inventori di Maastricht, del Mes (meccanismo di stabilità europeo) e dell’Erf (fondo di compensazione europeo)."

tratto da http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=23280


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dana74
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Anche in Ungheria trionfa il fronte anti euro!
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=69652

Ungheria al voto: i sondaggi danno l'estrema destra al 47%, il socialisti al 23% e la destra estrema-estrema al 21%
Ha dimezzato i parlamentari, riformato la legge elettorale, nazionalizzato la banca centrale e sbattuto fuori il FMI. Non è il magliaro fiorentino, è Viktor Orban...
di Gianni Fraschetti -

C'è un Paese con un leader giovane che ha già fatto le riforme dove si vota in un unico turno per una Camera sola, con il numero di parlamentari dimezzato rispetto alle precedenti consultazioni e che negli ultimi anni ha svoltato decisamente a destra. E' l'Ungheria. che rinnova oggi, domenica 6 aprile, il suo parlamento.

CRESCE L'ESTREMA-ESTREMA DESTRA. Limitando la platea a chi la decisione l'ha già presa, secondo i sondaggi, la forbice tra i primi due partiti si allarga: 47% per Fidesz, il partito di estrema destra di Orban, 23% per la coalizione Összefogás (Unità), che raccoglie socialisti, liberali e parte dei Verdi, tallonata dal 21% di Jobbik la destra estrema- radicale, che si prepara a uno storico sorpasso.
IL GIUDIZIO SU ORBAN. Il modo di condurre il Paese di Orban, in questi quattro anni, ha causato più di un mal di pancia in seno alla UE. Un po' per le ferme posizioni nazionaliste e anti-austerity, ormai ampiamente condivise in maniera trasversale a Paesi e schieramenti politici, e molto per l'eccesso di autoritarismo che gli viene continuamente addebitato.
(© GettyImages) Domenica 6 aprile l'Ungheria è chiamata alle urne per rinnovare il parlamento.

Particolarmente impopolare a Strasburgo l'approvazione della nuova Costituzione con la quale il premier ha affermato di aver completato la «transizione democratica postcomunista».
Poi c'è la nuova legge elettorale, che prevede collegi uninominali a un turno. Un paradiso demmocratico in confronto all'Italicum che non garantisce alcuna appresentatività coerente con il risultato delle urne. Eppure ai burocrati di Bruxelles va bene, il collegio uninominale invece no.
Perplessità sono state espresse anche dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce).
A RISCHIO IL LMP. Con la riforma di Orban viene eletta poco più di metà dell'assemblea nazionale: 106 deputati. I restanti 93 saranno determinati da una quota proporzionale con sbarramento del 5%, che rischia di lasciare fuori il Lmp, acronimo di Lehet más a politika (La politica può essere diversa). Partito nato nel 2009 per denunciare e tentare di arginare la dilagante corruzione, superò il 7% alle politiche del 2010, eleggendo cinque rappresentanti, ma che oggi veleggia, stando ai sondaggi, attorno al 3%.
SOCIALISTI IN DIFFICOLTÀ. Proprio dello scandalo corruzione che li ha travolti prima delle passate elezioni, il Partito socialista (Mszp) e soci pagano ancora le conseguenze.
Alla guida del Dk, altro partito della coalizione di centrosinistra, c'è ancora quel Ferenc Gyurcsany, premier dal 2004 al 2009, che fu registrato nel 2006 mentre asseriva che «il governo mente mattina, pomeriggio e sera».
Ma non è lui, comunque, l'alternativa a Orban.

(© GettyImages) Attila Mesterhazy, presidente dei socialisti ungheresi.

A sfidare il premier è, infatti, Attila Mesterhazy, presidente dei socialisti dal luglio del 2010, economista 40enne e belloccio. Il Renzi locale insomma.
Secondo il suo programma c'è bisogno di un fiorino più forte (negli ultimi quattro anni si è svalutato del 14% nei confronti dell'euro) e di abbassare le imposte sulle banche che il governo ha elevato, così come quelle sull'energia e le telecomunicazioni. Il solito difensore del potere finanziario che Orban sta bastonando senza pietà

IL PIL CRESCE ANCORA. I numeri infatti sono dalla parte del premier ungherese.
Il Prodotto interno lordo nel 2013 è cresciuto dell'1,1% ma nel quarto trimestre ha accelerato al 2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2012.
Nonostante la posizione della UE i tedeschi puntano sul territorio magiaro per produrre, come le tedesche Audi e Mercedes.
L'OMBRA DELLA RUSSIA. Poi ci sono gli accordi con l'amico Vladimir Putin. Il leader di Fidesz è tra i pochissimi in Europa a essere rimasto fedele e ufficialmente amico al presidente della Russia, criticando anche severamente le sanzioni comminate dall'Unione europea a Mosca. Altro motivo di attrito con Bruxelles. Insomma ci sono mille buoni motivi per tifare per lui.
http://informare.over-blog.it/

"gli eccessi di autoritarismo"......certo, non è educato strappare l'osso di bocca dagli "investitori".....non è educato usurpare il potere alla finanza, bisogna chiederglelo per favore e con permesso, alla Tsipras.


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