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Usa, armi nella base di Diego Garcia per attaccare l'Iran


Mari
 Mari
Famed Member
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Usa, armi nella base di Diego Garcia per attaccare l'Iran

Si tratterebbe di ordigni "bunker-buster" in partenza dalla California verso l'isola dell'Oceano Indiano

Centinaia di bombe statunitensi "bunker-buster" sarebbero state inviate dalla California all'isola britannica di Diego Garcia nell'Oceano Indiano in previsione di un eventuale attacco all'Iran. Secondo l'Herald Scotland, il governo Usa avrebbe sottoscritto un accordo a gennaio per trasportare nell'isola dieci containers carichi di ordigni ad alta penetrazione, in grado di colpire obiettivi in profondità.

L'isola Diego Garcia è possedimento britannico, ma dal 1971 è utilizzata come base militare dagli Usa. Alla Superior Maritime Services, società di navigazione della Florida, saranno pagati 700mila dollari per il trasporto del materiale. Secondo Dan Plesch, direttore del Centre for International Studies and Diplomacy di Londra, i bombardieri Usa sarebbero così in grado di distruggere 10mila obiettivi iraniani nel giro di poche ore.

Altri osservatori britannici ritengono che gli Usa e il Foreign Office di Londra dovrebbero chiarire le reali intenzioni nell'utilizzo della base al largo dell'India, dalla quale erano già partiti bombardieri Usa verso l'Iraq nel 1991 e nel 2003. Il dipartimento della Difesa di Washington non ha commentato la notizia.

16/03/2010
http://it.peacereporter.net/articolo/20778/Usa%2C+armi+nella+base+di+Diego+Garcia+per+attaccare+l%27Iran


Citazione
Anonymous
Illustrious Member
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io sto ancora aspettando cosa sta facendo la russia...e perchè come risposta non fornisce gli s300 ..in un modo o nell'altro o tramite la cina..
non vorrei che si siano accordati per la spartizione dell'Iran..
ossia invece di uno scontro USA-Russia se gli Usa invadessero l'Iran
che potrebbe portare ad uno scontro atomico,ecco che Russia ed USA si accordano per una spartizione in aree di ingerenza..dopotutto gli USA e la Russia fanno cosi' da sempre,sia nella spartizione dell'Europa sia nella guerra fredda
sia tra iran ed iraq ..
sempre per evitare una guerra totale..
però bisogna dire che gli USA stanno forzando troppo la mano..

infatti il confine tra USA e Russia era il confine tra Iran ed Iraq..
rispettivamente armati da russia ed usa
oggi se gli usa invadessero esplicitamente l'iran(e non tramite l'iraq)
e la russia non facesse nulla sarebbe un segno cmq dell'avanzamento usa nonostate le terribili difficoltà finanziarie..
anzi la sola spartizione dell'iran in zone di influenza vorrebbe cmq significare uno sconfinamento degli USA
senza contare che oltre alla russia c'è anche la cina che non intende minimamente arretrare..

poi cina e russia sembrano in disaccordo ,almeno dalle notizie che i media occidentali quasi sempre filtrati ci fanno arrivare..ma di fatto sono legati da un patto di reciproca assistenza in caso di guerra,lo SCO
per cui notizie secondo cui la russia non porrebbe il veto a sanzioni ONU e non si opporrebbe ad una guerra unilaterale NATO sono secondo me notizie destituite di fondamento e fatte girare (un pò come la morte del presidente georgiano e l'invasione russa) per dipingere la Cina come il cattivo che apoggia l'Iran anche mettendosi contro la russia..

Infine anche se gli USA e la Nato(quindi trascinandosi dietro l'UE)invadessero l'iran e la russia rispondesse invadendo la georgia o pure altri stati vicini bloccando tutti i corridoi aerei,schierando carrarmati ai confini della polonia ..
tutto questo non varrebbe manco 1/100 di quello che simbolicamente significa un attacco all'Iran visto che possiede i più immensi giacimenti di petrolio e gas del mondo(insieme alla russia)e che simbolicamente rappresenta l'intero islam..

quindi o la russia si fa sentire forte e chiaro oppure gli usa in mancanza di una reazione di forza che ha tenuto il mondo senza la guerra per 50anni porterà a pericolose danze sul burrone.. visto che gli USA calcheranno la mano credendosi cmq ancora i più forti e questo potrebbe portare a reazioni inconsulte da parte sia di russi che di cinesi ...da cui difficilmente ci salveremmo visto che la NATO ossia l'UE diverrebbe terreno di ritorsione militare ed atomica di russi e cinesi...
quindi trascinati formalmente in guerra dai padroni delle elite ci ritroverremmo potenzialmente bombardati mentre andiamo a vedere una partita senza sapere da dove vengono quelle bombe..

tale è la coglionaggine e l'idiozia a cui sono ridotti gli odierni popoli che non si rendono manco conto che gli USA che entrano in guerra significa che la Nato entra in guerra(visto che la nato è comandata dagli usa)e quindi che l'europa entra in guerra(visto che l'europa fa parte della nato)e quindi che l'Italia mentre si occupa delle puttane di berlusconi e dei suoi processi,entra in guerra..

ciao

ciao


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Mari
 Mari
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
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La Russia firma contratti/accordi:

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=23050

😉


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RobertoG
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
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Isolano,via di qui

LA STORIA

Nell'atollo di Diego Garcia vivevano duemila persone. Negli anni Sessanta vennero deportate a Mauritius per far posto a una base militare Usa. Oggi un grande reporter ricostruisce la loro battaglia
.

di John Pilger

Olivier Bancoult il portavoce degli ex abitanti di Diego Garcia Diego Garcia è una colonia britannica a metà strada tra Asia e Africa che fa parte, assieme ad altre 63 isole, dell'arcipelago corallino delle Chagos, un paradiso terrestre incastonato nel mezzo dell'Oceano Indiano, regno incontrastato della bellezza e, un tempo, della pace. Ma la sua storia recente è così sconvolgente da suonare incredibile. Ci sono infatti crimini e tragedie di fronte ai quali appare subito evidente come, per certi Paesi, la democrazia sia solo una facciata, come il vento giri sempre a favore dei potenti e sino a che punto i governi siano pronti a mentire. Diego Garcia ne è la prova.
I telegiornali degli ultimi anni, di tanto in tanto, hanno citato l'isola a margine di due guerre: "I B-52 e i bombardieri Stealth che hanno preso parte al raid americano sull'Iraq (o sull'Afghanistan) sono decollati la scorsa notte dalla base di Diego Garcia, un'isola disabitata nell'Oceano Indiano". È proprio l'aggettivo "disabitata" che dà la misura degli orrori perpetrati qui e sanciti negli anni '70 dal Ministero della Difesa inglese con un'epica menzogna: "Dai nostri archivi non risulta nessuna evacuazione".
I primi insediamenti umani sull'isola risalgono alla fine del XVIII secolo; allora a Diego Garcia risiedeva una pacifica comunità creola, all'incirca due- mila persone sparse in una manciata di villaggi con una scuola, un ospedale, una chiesa, una prigione, la ferrovia, il porto e una piantagione di palme per la produzione di copra. Guardando un documentario girato da alcuni missionari negli anni '60 capisco perché tutti, alle Chagos, la definiscano un paradiso: una sequenza sgranata mostra i cani dell'isola che danno la caccia ai pesci nella placida laguna bordata di palme.
L'idillio ebbe fine nel 1961, con l'arrivo di un sottoammiraglio della marina americana che delimitò il sito di quella che oggi è una delle più grandi basi navali degli Stati Uniti. Adesso a Diego Garcia sono stanziati oltre duemila soldati e sono ancorate 30 navi da guerra; ci sono una discarica di scorie nucleari, una stazione di satelliti-spia, diversi centri commerciali, svariati bar e un campo da golf. Gli americani la chiamano "Camp Justice".
Nel corso degli anni '60 il governo laburista inglese guidato da Harold Wilson operò in gran segreto con due amministrazioni statunitensi per "spazzare" e "disinfettare" le isole - sono proprio questi i termini che compaiono nei documenti americani. I file recentemente emersi dai National Archives di Washington e dal Public Record Office di Londra sono un agghiacciante condensato di menzogne fin troppo familiari a chi ha indagato sui pretesti e sulle false dichiarazioni rilasciate a proposito dell'ultima guerra contro l'Iraq.
Per togliere di mezzo la popolazione di Diego Garcia il Foreign Office si inventò che gli isolani erano semplici lavoratori a contratto che si trovavano lì solo temporaneamente e che potevano/dovevano essere "restituiti" a Mauritius, a 1600 chilometri di distanza. In realtà molte famiglie abitavano già lì da almeno cinque generazioni: a provarlo sarebbe bastato un giro per i cimiteri dell'isola. "L'obiettivo", scrive un funzionario del Foreign Office nel gennaio 1966, "è trasformarli da abitanti... a residenti temporanei, visitatori di passaggio".
Dai documenti ufficiali emergono prepotenza e brutalità di proporzioni spaventose. Nell'agosto 1966 Sir Paul Gore-Booth, sottosegretario permanente al Foreign Office, scrive: "Dobbiamo adottare la linea dura. L'importante è fare nostro quell'ammasso di roccia. Gli unici indigeni che resteranno, alla fine, saranno i gabbiani". A piè pagina una nota scritta a mano da DH Greenhill, futuro barone, ribadisce il concetto: "Si tratta di togliere di mezzo un paio di Tarzan o di Venerdì...". In un documento eloquentemente intitolato Portare avanti la finzione, un altro funzionario britannico esorta i colleghi a riclassificare gli abitanti dell'isola come "popolazione fluttuante" e a "stabilire le regole man mano che si procede".
Non un rimorso, non una preoccupazione per le vittime dell'operazione. Solo un funzionario teme di essere scoperto e definisce "piuttosto inadeguata" la pratica per cui "dichiariamo, più o meno falsamente, che delle persone abitano in un posto diverso da quello in cui effettivamente risiedono". Dai documenti emerge senz'ombra di dubbio che l'operazione fu approvata dal Primo ministro inglese e da almeno tre ministri di Gabinetto.
In un primo tempo le autorità tentano di convincere gli abitanti ad andarsene con l'inganno e l'intimidazione; ad alcuni isolani che si erano recati a Mauritius per cure mediche urgenti, viene impedito il rientro. Mentre gli americani sbarcano in massa e cominciano a costruire la futura base navale, Sir Bruce Greatbatch, il governatore delle Seychelles cui era stato affidato il compito di "epurare" Diego Garcia, ordina l'uccisione di tutti i cani dell'isola - animali domestici, non randagi. I militari ne rastrellano un migliaio e li sopprimono con il gas di scarico delle camionette. "Li hanno chiusi in una fornace dove lavorava della gente", ricorda la sessantenne Lizette Tallatte. "Li hanno portati via sotto i nostri occhi, e i bambini urlavano e piangevano".
Gli isolani, spaventati dal crudele avvertimento, si lasciano caricare sulle navi; a ciascuno è consentito portare con sé solo una valigia. I mobili, le case, la loro vita rimangono lì, a Diego Garcia.
Durante la travagliata navigazione, i cavalli della società proprietaria della manifattura di copra viaggiano sul ponte, mentre donne e bambini vengono costretti a dormire nella stiva - la nave trasporta un carico di guano.
Arrivati alle Seychelles i deportati vengono condotti in marcia fino alla prigione, in cima a una collina, dove vengono tenuti segregati fino alla partenza per Mauritius. Giunti a destinazione, vengono scaricati in fretta e furia sulla banchina del porto, come fossero merce senza valore.
I primi mesi dell'esilio sono una lotta continua per la sopravvivenza. Suicidi e morti infantili sono all'ordine del giorno. Lizette ha perso due figli e si ricorda ancora che cosa le disse il dottore all'epoca: "Io non posso curare la tristezza". Rita Bancoult, oggi 79enne, ha perso due figlie e un figlio; quando suo marito ha capito che non sarebbero mai più potuti tornare a casa, racconta, è morto di crepacuore. Disoccupazione, droga e prostituzione, mali sconosciuti a Diego Garcia, una volta a Mauritius minano il corpo e lo spirito dei deportati. Dovranno trascorrere più di dieci anni prima che il governo britannico si degni di concedere un risarcimento: 5400 sterline a testa. Per la maggior parte, una cifra insufficiente anche solo a saldare i debiti.

Ma non è finita: il governo di Tony Blair si è rivelato, per molti versi, ancora più spietato di quelli che l'hanno preceduto.
Nel 2000, infatti, gli isolani hanno vinto la causa intentata contro il governo britannico: con una decisione storica l'Alta Corte inglese ha sancito l'illiceità della loro espulsione. Purtroppo la gioia per la vittoria ha avuto vita breve. A poche ore dalla lettura del verdetto, il Foreign Office ha fatto sapere che i deportati non sarebbero comunque potuti tornare a Diego Garcia, in ragione di un "trattato" con Washington - in realtà un accordo segreto stipulato all'insaputa del Parlamento e del Congresso.
In alternativa al reimpatrio viene avviato uno "studio di fattibilità" volto a stabili
re se fosse possibile trasferire gli ex-abitanti di Diego Garcia su un'altra isola dell'arcipelago - studio che il professor David Stoddart, autorità mondiale in materia, ha liquidato come "privo di valore" e "fumo negli occhi". Lo "studio" (per redigere il quale non un solo isolano è stato consultato) ha concluso che l'arcipelago sta "affondando". Fosse vero, forse sarebbe il caso di dirlo agli americani che sull'isola stanno ampliando le proprie strutture militari.
La storia non è ancora finita. Nel 2003, il governo di Londra si è appellato all'Alta Corte. In quell'occasione gli isolani si son visti negare il diritto a qualsivoglia risarcimento. Durante l'udienza, con il beneplacito dei giudici, l'avvocato del governo britannico ha attaccato e umiliato senza freni - e senza che nessuno lo abbia ricondotto all'ordine - le persone chiamate a testimoniare per la parte avversa, mentre il giudice Ousley parlava di "noi" come se Alta Corte e Foreign Office fossero una cosa sola.
Nel giugno scorso, sempre nel tentativo di ribaltare il verdetto del 2000, favorevole agli isolani, il governo britannico è arrivato persino ad appellarsi a un diritto arcaico come la "prerogativa regale" e ha emanato un decreto che vieta per sempre agli isolani di fare ritorno a casa. A Diego Garcia.
Sotto la guida dell'agguerrito Olivier Bancoult (di mestiere elettricista), e con il supporto legale del tenace avvocato londinese Richard Gifford, i deportati di Diego Garcia ora hanno deciso di giocarsi le loro ultime carte. Hanno spedito una lettera (datata 20 settembre 2004) alla Corte europea per i diritti dell'uomo: chiedono semplicemente giustizia.
Hanno fatto sapere che, se necessario, si rivolgeranno anche alla Corte penale internazionale. Secondo l'articolo 7 dello Statuto di questa Corte, infatti, "la deportazione o il trasferimento forzato di una popolazione... tramite espulsione o altro mezzo coercitivo" è un crimine contro l'umanità.
"Gli abitanti delle Chagos", ha dichiarato Bancoult, "non hanno nessuna intenzione di continuare a subìre in silenzio e lasciare che il crimine di cui sono stati vittime rimanga impunito. Il mondo sta cambiando e, costi quel che costi, alla fine saremo noi a vincere".


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