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USA: come gli psicologi sovvertono i movimenti democratici


fasal75
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http://znetitaly.altervista.org/art/7938

di Bruce E. Levine – ZMagazine, Ottobre 2012

Negli anni ’80, da laureando in psicologia clinica mi era risultato chiaro che la professione psicologica verteva sempre più sul soddisfare le necessità della “struttura del potere” per conservare lo status quo in modo tale da far guadagnare agli psicologi posizione sociale, prestigio e altri compensi.

La professione psicologica negli anni ’70 non era per nulla perfetta. C’era una forza predominante di comportamentisti manipolatori e maniaci del controllo che raggiungevano l’orgasmo condizionando le persone come se si fosse trattato di topi in un labirinto. Comunque c’era anche una forza significativa composta da persone come Erich Fromm, che ritenevano che una società autoritaria e non democratica producesse alienazione e che essa fosse la causa di problemi emotivi. Fromm era preoccupato per il fatto che i professionisti della salute mentale aiutavano le persone ad adattarsi alla società senza riflettere su quanto disumanizzante era diventata tale società. All’epoca Fromm non era una figura emarginata; le sue idee erano prese sul serio. Aveva pubblicato libri al vertice delle classifiche di vendita ed era apparso sulla televisione nazionale.

Tuttavia quando io conseguii il mio dottorato, nel 1985, da un programma di psicologia clinica approvato dall’Associazione Psicologica Statunitense (APA), persone come Fromm erano fortemente emarginate. All’epoca il centro dell’attenzione era la competizione riguardo a quale trattamento avrebbe riportato più in fretta la gente alla catena di montaggio. I vincitori che emersero – molto più grazie alla propaganda che alla scienza – furono i terapisti cognitivo-comportamentali in psicologia e psichiatria biochimica. A metà degli anni ’80 la psichiatria stava cominciando a essere annessa dalle industrie farmaceutiche e stava creando quello che oggi abbiamo, un “complesso industriale psichiatrico-farmaceutico”. Sempre più emarginata era l’idea che il trattamento consistente nel manipolare e curare medicalmente persone alienate perché si adeguassero a questa competizione sfrenata, e dunque conservante lo status quo, fosse un atto politico, problematico per chi avesse a cuore la democrazia.

La mia ritirata tattica

Dopo la laurea mi fu chiaro che la psicologia clinica accademica e il mondo dei reparti psichiatrici, degli ospedali e quello clinico istituzionale convenzionale mi avrebbero depresso, danneggiato e inasprito più di quanto io sarei riuscito a intaccarli con una riforma, così feci la mia ‘ritirata tattica’ nella pratica privata. Solo molti anni dopo, alla fine degli anni ’90, cominciai a rivolgermi al pubblico, scrivendo articoli e libri, concedendo interviste ai media e tenendo conferenze sui problemi della professione della salute mentale.

Una delle motivazioni principali per esprimermi pubblicamente fu che ero imbarazzato dalla piega presa dalla mia professione e che volevo prenderne le distanze. Ricordo di aver pensato, in modo semiserio, che quando tutti quei ragazzi che avevano difficoltà ad adattarsi a contesti disumanizzanti e che venivano sempre più riempiti di medicine – dapprima con gli psicostimolanti e poi con gli antidepressivi e antipsicotici – fossero cresciuti e si fossero resi conto di cos’era accaduto loro, si sarebbero arrabbiati più che un po’. Se mai ci fosse stata una rivoluzione e fosse assomigliata alla Rivoluzione Francese, allora sotto la ghigliottina invece delle teste dei re, delle regine e dei preti, ci sarebbero state le teste degli strizzacervelli, e io pensavo che se avessi parlato fuori dai denti, forse sarei stato risparmiato.

Nel corso degli anni ho scoperto un pugno di altri psicologi – e persino alcuni psichiatri coraggiosi – che anch’essi si esprimevano con franchezza contro la psicologia e la psichiatria convenzionali. Molti di loro avevano pagato il caro prezzo professionale dell’emarginazione. Ho anche incontrato autori di psicologia di cui i professionisti tradizionali della salute mentale normalmente non discutevano, ma che io ho rispettato. Uno di tali autori/attivisti della psicologia è stato Ignacio Martin-Barò, uno psicologo sociale e sacerdote di El Salvador che rese popolare l’espressione “psicologia della liberazione” e che fu alla fine assassinato nel 1989 da uno squadrone della morte salvadoregno addestrato negli Stati Uniti. Un’osservazione di Martin-Barò a proposito della psicologia statunitense era che “al fine di ottenere una posizione e un rango sociali ha mercanteggiato il modo in cui avrebbe contribuito alle necessità della struttura di potere consolidata.” Lo possiamo vedere in molti modi.

Soddisfare i bisogni della struttura del potere

A livello evidente possiamo vedere gli psicologi all’opera per soddisfare i bisogni della struttura del potere, in cambio della posizione e del rango sociali, nelle recenti politiche dell’Associazione Psicologica Statunitense (APA). Per molti anni l’APA ha non solo giustificato ma in realtà ha plaudito l’assistenza degli psicologi agli interrogatori/torture a Guantánamo e altrove. Quando si è scoperto che gli psicologi collaboravano con l’esercito statunitense e con la CIA per sviluppare metodi brutali d’interrogatorio, l’APA ha messo insieme un gruppo di lavoro nel 2005 per esaminare il tema e ha concluso che gli psicologi svolgevano “un ruolo prezioso ed etico” nell’assistere l’esercito. Nel 2007 un Consiglio dei Rappresentanti dell’APA ha confermato questa politica votando in numero schiacciante per rigettare una misura che avrebbe vietato ai membri dell’APA di partecipare a interrogatori violenti di detenuti. Si è dovuti arrivare al 2008 perché i membri dell’APA votassero a favore del divieto di consulenze negli interrogatori.

In cima a questo iceberg ci sono gli sforzi dello psicologo accademico forse più famoso degli Stati Uniti, che è anche un ex presidente dell’APA, un uomo che un tempo ha prodotto del lavoro valido nel campo dell’incapacità acquisita. Ovviamente sto parlando di Martin Seligman, che più di recente è stato consulente del programma dell’esercito USA ‘Comprehensive Soldiers Fitness’ [adeguatezza complessiva del soldato] e ciò non soltanto in cambio di posizione e rango sociali bensì di diversi milioni di dollari per il suo Centro di Psicologia Positiva dell’Università della Pennsylvania, secondo il Philadelphia Inquirer, che ha citato l’affermazione di Seligman: “Ci stiamo occupando della creazione di un esercito indomabile.”

Per offrirvi un esempio di come la psicologia positiva è utilizzata in questo programma di ‘Comprehensive Soldier Fitness’, in un gioco di ruolo a un sergente è chiesto di guidare i suoi uomini esausti in una nuova missione difficile e il sergente è inizialmente arrabbiato e dice: “Non è giusto”. Ma nel gioco di ruolo egli è ‘rieducato’ a rielaborare l’ordine come complimento, concludendo: “Forse lo chiedono a noi perché sanno che siamo i più affidabili.”

Questo tipo di “ricontestualizzazione positiva” e l’uso della psicologia e della psichiatria per manipolare e curare medicalmente le persone (un soldato statunitense su sei assume almeno un medicinale psichiatrico, molti in zona di combattimento) in modo di adeguarsi a contesti disumanizzanti ha interessato molti pensatori critici per molto tempo, da Aldous Huxley in ‘Brave New World’ [Il mondo nuovo] a Erich Fromm in ‘The Sane Society’ [La società sana] a, più recentemente, Barbara Ehrenreich in ‘Bright-Sided’ [‘Dal lato positivo’ o ‘Gli ottimisti’ – non risulterebbe tradotto in italiano – n.d.t.].

Come gli psicologi sovvertono i movimenti democratici

Una delle aree principali che
mi preoccupano è la quotidiana etichettatura degli anti-autoritari come persone affette da patologie o malattie. Ciò è molto allarmante perché gli anti-autoritari sono assolutamente vitali per la democrazia e per i movimenti democratici. Voglio parlare di come la cosa viene condotta, ma prima permettetemi di definire l’autoritarismo e l’anti-autoritarismo.

L’autoritarismo è l’obbedienza cieca all’autorità. Gli autoritari al comando pretendono obbedienza cieca e gli autoritari subordinati si prestano a tale obbedienza cieca. Per contro, gli anti-autoritari mettono in discussione la legittimità di un’autorità, prima di prenderla sul serio. L’autorità sa o no di cosa sta parlando? Dice la verità o mente? Si cura di quelli che la prendono sul serio o li sfrutta? E se gli anti-autoritari giudicano illegittima un’autorità, allora la contestano e vi si oppongono. Considerando gli anti-autoritari dei malati e ‘trattandoli’, gli psicologi e altri professionisti della salute mentale li escludono dai ‘campi delle battaglie per la democrazia’.

Ho cominciato a riflettere su questo problema degli psicologici che trattano gli anti-autoritari da malati quando frequentavo il corso di laurea agli inizi degli anni ’80. Negli anni ’70 – quando i professionisti della salute mentale progredivano anziché regredire – la psichiatria, in risposta alle pressioni degli attivisti omosessuali, cancellò l’omosessualità come malattia mentale dalla sua Bibbia Diagnostica, il DSM. Ma il 1980 è stato un anno triste; è morto Erich Fromm e Ronald Reagan è diventato presidente e nel 1980, il mio secondo anno all’università, è stato pubblicato il DSM III.

Il DSM III includeva un grande ampliamente delle sindromi psichiatriche, con un numero molto maggiore di diagnosi riguardanti bambini e adolescenti e io notai immediatamente che il DSM definiva patologie la testardaggine, la ribellione e l’anti-autoritarismo. Alcune di queste nuove diagnosi trasformavano la ribellione in patologia in modo sottile, ma una diagnosi la definiva malattia di brutto: “disturbo oppositivo provocatorio” (ODD).

I bambini ODD non fanno nulla d’illegale. I bambini ODD non sono i bambini che una volta erano definiti “delinquenti minorili”; quella è una “sindrome comportamentale”. Piuttosto, i sintomi ufficiali dell’ODD includono: “disobbedisce spesso attivamente o rifiuta di conformarsi alle richieste o ai ruoli degli adulti” e “litiga spesso con gli adulti”.

Quando scoprii l’ODD dissi ad alcuni dei miei professori che già provavo qualche imbarazzo nei confronti della professione ma che a quel punto ero imbarazzato davvero: gli psicologi non si rendevano conto che praticamente tutti i grandi attivisti statunitensi, da Saul Alinsky a Harriet Tubman, a grandi artisti a scienziati-attivisti come Albert Einstein sarebbero stati diagnosticati come ODD? In risposta mi diagnosticarono come uno con “problemi con l’autorità”. Io ho decisamente problemi con le autorità che non sanno di cosa diavolo vanno parlando. Quello fu un altro motivo per cui mi ritirai dal mondo della professione della salute mentale.

Anti-autoritari

Mi diedi così alla pratica privata dove ho ricevuto molti adolescenti con diagnosi di ODD mandati da me da colleghi che si trovavano a disagio con questo tipo di ragazzi. Nel lavorare con questi ragazzi ho scoperto non solo che la maggior parte di loro mi piace, ma ho provato anche rispetto per la maggior parte di loro perché erano davvero coraggiosi. Non rispettano le autorità che considerano illegittime e, la maggior parte delle volte, mi sono trovato d’accordo con le loro valutazioni. Se rispettano un’autorità non sono detestabili e di solito invocano gli adulti che possono rispettare e che li rispettano sinceramente. Non solo questi ragazzi non sono mentalmente malati; molti di loro sono quelli che io considero la speranza della nazione.

Nel corso degli anni ho lavorato non solo con adolescenti ODD, ma anche con adulti cui erano state diagnosticate depressioni, sindromi d’ansietà e abusi di medicinali e con sopravvissuti alla psichiatria cui in precedenza erano state diagnosticate varie psicosi. Quel che è impossibile ignorare è quanti individui diagnosticati come affetti da disturbi mentali sono essenzialmente degli anti-autoritari. Si è trattato di un esercito potenzialmente vasto di attivisti anti-autoritari che i professionisti della salute mentale stanno escludendo da terreno del confronto democratico convincendoli che la loro depressione, ansia e rabbia sono la conseguenza del loro disturbo mentale e non, in parte, conseguenza della sofferenza derivante dal vivere in contesti disumanizzanti.

Quest’anno, in precedenza, ho scritto un articolo per AlterNet intitolato “Avremmo sedato anche Einstein?” riguardo al motivo per cui agli anti-autoritari sono diagnosticati disturbi mentali. Ho ricevuto un grande riscontro, comprese email da persone, cui erano state diagnosticate depressioni e disturbi dell’ansietà, che si sono identificare positivamente con questa particolare frase: “Spesso la sofferenza maggiore nelle loro vite, che ne alimenta l’ansia e/o la depressione, è la paura che il loro dispregio nei confronti delle autorità illegittime possa ridurli a essere emarginati finanziariamente e socialmente, ma essi temono anche che il sottomettersi a simili autorità illegittime provocherebbe la loro morte esistenziale.”

Così, nel corso degli anni, sono diventato sempre più sicuro che esista un grande gruppo di attivisti anti-autoritari che sono sedati dalla professione della salute mentale e sono esclusi dal terreno di confronto democratico. Penso che questa sia uno degli importanti motivi per cui il numero degli statunitensi attivamente impegnati nei movimenti democratici è così basso.

L’inevitabile scelta politica degli psicologi

Se si guarda alla storia della civilizzazione gerarchica, la realtà è che ci sono sempre state strutture di potere. C’è stata la struttura dominante di potere della combinazione della monarchia con la chiesa. Oggi, negli Stati Uniti e in molte altre nazioni, la struttura di potere dominante è il dominio delle industrie: le mega-imprese, l’élite dei ricchi e i loro collaboratori politici.

Tutte le strutture di potere nella storia hanno cercato di usare gruppi di persone, specialmente tra i cosiddetti professionisti, che controllino la popolazione affinché non si ribelli contro le ingiustizie. Le strutture di potere hanno utilizzato il clero ed è per questo che il clero interessato alla giustizia sociale e imbarazzato per la propria professione ha creato la “teologia della liberazione”. Le strutture di potere hanno certamente usato la polizia e l’esercito, come è stato fatto in tutta la storia statunitense per cercare di spezzare il movimento sindacale USA. La struttura del potere statunitense utilizza ora i professionisti della salute mentale per manipolare e trattare le persone affinché si adattino e si conformino e mantengano così lo status quo, indipendentemente da quanto folle lo status quo sia diventato.

Dunque i professionisti della salute mentale hanno una scelta. Possono soddisfare le necessità della struttura del potere concentrandosi solo sull’adattarsi e conformarsi a quella che io credo sia una società statunitense sempre più folle. Con ‘folle’ intendo molteplici guerre insensate che gli statunitensi non sanno neppure perché stiamo combattendo. Con ‘folle’ intendo le industrie carcerarie a fini di lucro, come la Correction Corporation of America, che acquistano carceri dallo stato e pretendono in cambio la garanzia del 90% di occupanti (questo è davvero successo recentemente nel mio stato, l’Ohio). E così via.

I professionisti della salute mentale possono agire in modo molto diverso. I clinici possono riconoscere che molti dei loro clienti, cui sono state diagnosticate depressioni, sindromi d
a ansietà e abusi di farmaci non sono sostanzialmente malati biochimicamente, bensì sono essenzialmente anti-autoritari. Non sono tutti anti-autoritari, ma molti lo sono. E che i comportamenti autodistruttivi sono alimentati da una varietà di sofferenze che costituiscono l’impatto diretto e indiretto di autorità illegittime a ogni tipo di livello sulle vite delle persone. E che agli anti-autoritari sofferenti può essere proposta l’idea che nella storia molti – famosi e non così famosi, da Buddha a Malcom X – hanno trasformato la loro sofferenza e i loro comportamenti autodistruttivi in comportamenti costruttivi attraverso l’arte, la spiritualità e l’attivismo.

Una volta che gli anti-autoritari si vedano confermati il loro anti-autoritarismo e la loro sofferenza e si sentano più integri, è probabile che divengano più sicuri e stiano meno sulla difensiva. E’ lì che comincia il vero divertimento; con il passare al livello successivo possiamo imparare ad andare reciprocamente d’accordo. Quando gli anti-autoritari avranno riconquistato le proprie energie per combattere contro il dominio delle industrie e imparare ad andare reciprocamente d’accordo, potremo davvero conquistare qualcosa di simile alla democrazia negli Stati Uniti.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/how-psychologists-subvert-democratic-movements-by-bruce-e-levine

Originale: Z Magazine

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0


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Santos-Dumont
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 168
 

Molto interessante e ben scritto/tradotto. Grazie. 🙂


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MM
 MM
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1555
 

Su gran parte dell'analisi compiuta mi dico d'accordo e direi che è brillante. Ad esempio su questo:

***...I professionisti della salute mentale possono agire in modo molto diverso. I clinici possono riconoscere che molti dei loro clienti, cui sono state diagnosticate depressioni, sindromi da ansietà e abusi di farmaci non sono sostanzialmente malati biochimicamente, bensì sono essenzialmente anti-autoritari. Non sono tutti anti-autoritari, ma molti lo sono. E che i comportamenti autodistruttivi sono alimentati da una varietà di sofferenze che costituiscono l’impatto diretto e indiretto di autorità illegittime a ogni tipo di livello sulle vite delle persone. E che agli anti-autoritari sofferenti può essere proposta l’idea che nella storia molti – famosi e non così famosi, da Buddha a Malcom X – hanno trasformato la loro sofferenza e i loro comportamenti autodistruttivi in comportamenti costruttivi attraverso l’arte, la spiritualità e l’attivismo....

Riuscire a guidare o canalizzare le energie di questi soggetti verso una direzione positiva, costruttiva e non distruttiva, è quanto deve essere attuato.
Le condizioni cliniche di disturbo di ansia, attacchi di panico, depressione, non appartengono però ai soli anti-autoritari e non tutti gli anti-autoritari soffrono di questi disturbi.
Soprattutto in riferimento alla immagine posta in testa al messaggio, cioè alla sindrome definita come ADHD o Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività, sarebbe un gran bene non sottostimare la influenza che alcune sostanze, ad esempio le cosiddette esorfine o peptidi bioattivi (ci si riferisce prevalentemente a glutomorfina e casomorfina, da glutine e caseina), esercitano sulla biochimica neurocerebrale e immunitaria di questi soggetti ai quali sovente anche una sola dieta priva di questi componenti consente notevoli cambiamenti in senso positivo.
(Senza stare ora a parlare di vaccini, metalli pesanti e quant'altro).

Anche queste sostanze, in realtà, esercitano quella che può essere senza dubbio definita una "autorità illegittima" sul corpo dell'individuo, sui bambini in modo particolare, portando ad un disquilibrio cronico di molti processi chimici che andranno a ripercuotersi gravemente sulle strutture e sulle funzioni della immunità e della neurotrasmissione e sulle funzioni ed espressioni psichiche, mentali, emotive correlate o collegate.

D'altra parte, così come esistono malattie autoimmuni "fisiche" in cui il corpo o una parte di esso distrugge se stesso o una parte di esso (un meccanismo quindi di distruzione o "autodistruttivo" in termini fisici), è plausibile affermare che esistono malattie psichiche o, per meglio dire, condizioni mentali o sia pure psicologiche, emotive, di autoimmunità psichica in cui esiste la stessa tendenza distruttiva a livelli diversi.

Molti di questi disturbi andrebbero in realtà assegnati al campo della autoimmunità (immunologia) almeno quanto sono assegnati al campo della psichiatria e psicologia, comunque non meno.


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Hyde
 Hyde
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 29
 

Articolo veramente serio e ispirato. Peccato che si debba andar a pescare in USA per leggere un po' di saggezza e di coraggio. Per molti motivi mi riconosco in ciò che è riportato nel post, e vorrei lasciare qualche commento; ora devo andare a lavorare, per cercare di aiutare i miei pazienti ad alzare la testa piuttosto che a farcisi rovistare dentro da me o dalle ipotesi scientifiche del momento sciorinate da automi professionaliformati in serie. Lo faccio tutti i giorni, e la solitudine che ne consegue è un prezzo indubbiamente da pagare.
Se qualcuno è ineressato, scriverei più tardi, e per leggere occorrerà cercare un po' indietro nei forum, visto che i post si susseguono velocissimi.
Grazie, e scusate se non ce la farò; comunque penso che valga la pena di soffermarsi su questi argomenti.


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Hyde
 Hyde
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 29
 

L’articolo a me sembra buono, e chi se ne frega del mio parere.

Preferisco commentare MM. Se posso permettermi, mi pare che tu creda ciecamente alla fantascienza ufficiale e, se posso azzardare un’ipotesi, direi che non hai esperienza di clinica (cioè di casi concreti). Non so, magari sei giovane e studi tanto, ma ci vogliono decenni per esercitare le proprie facoltà critiche su quanto è insegnato, specialmente oggi. Ci si accorge – con notevole fatica nel ridimensionarsi - che le teorie sono teorie, cioè tentativi di mettere in qualche ordine la molteplicità, il che può forse essere utile alla nostra mente e alla nostra pratica (quindi anche al nostro lavoro retribuito e alla nostra identità professionale, quindi sociale), ma non è la conoscenza e non è la pratica. Più tardi si sviluppa il coraggio di intuire che le teorie non sono scienza pura, e ancora più tardi che la scienza pura non esiste, che le sue cosiddette applicazioni nascono prima della teoria, e che le teorie sono prodotti culturali generati ed impiegati per sostenere un’ideologia, che a sua volta sostiene un’organizzazione sociale (che oggi si vorrebbe identificare con il mercato globale) e i poteri che la regolano.

Ma più si cammina, più ci si accorge che la mappa non è il territorio. Più parliamo di recettori, neurotrasmettitori, sinapsi, scienze cognitive, più ci allontaniamo dalla percezione e dalla comunicazione della sofferenza, o comunque dei vissuti. Un medico (o un operatore sanitario in genere) non può dimenticare che ogni paziente soffre nel proprio modo e tenta di condividere col medico il proprio disagio. Anzi, qualcuno non soffre mica tanto finché non si preoccupa per causa di una diagnosi peregrina (come quelle psichiatriche: ADHD, DOC, DAP, PTSD…) o di un parametro fuori dai valori normali, magari enfatizzato da un medico che sta compiendo uno studio statistico su chissà quale prevenzione di malattie che devono esistere per giustificare il finanziamento del suo istituto universitario (o qualcosa di più prosaico).

Che sovente una dieta faccia gli effetti che dici (positivi, che significa?), è una fantasia. Glutomorfina e casomorfina? Ma figurati. In quanti casi hai potuto disporre di rilevazioni sui pazienti? Disquilibri, funzioni immunitarie, neurotrasmissione? In una trentina d’anni di lavoro non ho mai visto un solo dato empirico o un solo evento, clinico o esistenziale, riferibile a questi concetti.
Ho visto invece migliaia di persone liberarsi quanto basta per consentirsi di andare incontro a cambiamenti – che ne so se positivi, distruttivi, buoni o cattivi – con crescente meraviglia per le possibilità degli esseri umani di attingere a forze interiori, culturali e relazionali senza che nessuno spieghi proprio niente, ma scoprendo in sé e fuori di sé possibilità sconosciute (anche al medico). Anzi, visto che il mio lavoro mi permette di accompagnare qualcuno per un tratto della sua (e della mia) vita, sono sempre più propenso ad ascoltare (e magari commentare), piuttosto che a pilotare e a prescrivere.
La mia morale, che col tempo si è accordata con la mia etica, mi dice di intervenire guidato rigidamente da considerazioni biochimiche e biologiche soltanto con pazienti evidentemente lesi biologicamente e con inequivocabili grossolane alterazioni funzionali cerebrali (di solito al Pronto Soccorso, per intenderci); e in questi casi non servono a niente le elucubrazioni pseudoneurobiologiche, serve invece mettersi d’accordo con altri medici su come far ripartire la macchina, non su edificanti progetti di benessere, pensiero positivo, integrazione, crescita, autocontrollo.
Poi viene la psichiatria, che per me vuol dire aiutare il paziente a trovare la porta d’uscita dalla medicina, quindi dalla psichiatria stessa. Troppo comodo adagiarsi sul bisogno del paziente di affidarsi ad una figura preparata e magari capace di fare miracoli. La dipendenza dal medico è una questione transferale, c’è sempre all’inizio, ma bisogna scioglierla al più presto senza compiacimenti (e senza paura di perdere un cliente perché gli chiediamo di guardare in faccia la realtà – Cosa che di fatto capita abbastanza spesso. Amen).

“Anche queste sostanze, in realtà, esercitano quella che può essere senza dubbio definita una "autorità illegittima" sul corpo dell'individuo”. Il dubbio io non ce l’ho sul contrario; una sostanza eserciterebbe un’autorità su un individuo? Piuttosto, non è più sensato interrogarsi sull’autorità esercitata da chi tenta di manipolare un soggetto cosciente attraverso interventi mediati da quelle sostanze, guidati da fanatismi tecnologici che saranno scalzati da altri fanatismi?
Io penso che nessuno abbia il compito morale, etico, deontologico di canalizzare un bel niente. Un compito del genere è politico, e può essere più o meno riconosciuto coscientemente come tale. Per quanto mi riguarda, sto sicuramente facendo politica – intenzionalmente antagonista – quando, invece che propinare diagnosi e farmaci alla moda, provo ad incoraggiare a fidarsi delle proprie facoltà mentali persone che assumono pseudoidentità provvisorie di malato (offerte da medicine ufficiali ma anche alternative, media, testimonial, ecc.) come reazione regressiva di impotenza a fronte di tensioni nelle relazioni importanti e nella vita sociale. Quanti cassintegrati con coniuge precario o studenti senza futuro che si presentano con disturbo da attacchi di panico ho visto? Che faccio, gli prescrivo la paroxetina e l’alprazolam e li vedo una volta al mese per 20 minuti (pratica corrente), o accondiscendo all’onnipresente richiesta di psicoterapia cognitivo-comportamentale per imparare ad adattarsi? Di solito no, anche se me lo chiedono perché l’hanno letto su internet, e poi costa pochissimo. Giuro che le percentuali di “guarigione” in tempi sconosciuti agli studi statistici sono pazzesche, se si riesce a parlare seriamente delle angosce e delle rabbie di cui solitamente si parla in modo sociologico. Proprio della rabbia verso i sindacati venduti, verso le sinistre che tagliano le pensioni, chiudono gli ospedali, fabbricano precari. Non pochi sono praticamente guariti da depressione e ansia cercando di combattere, o per lo meno di cavarsela con meno timori di essere “scorretti” e meno sensi di inettitudine per non riuscire a mantenere la famiglia.

Non sarà probabilmente approvato dall’Ordine dei Medici, ma funziona. Però comporta un grosso disinvestimento della mia figura di dottore e un investimento nella solidarietà attiva.

Se ci mettiamo a dirigere le persone verso comportamenti vagamente “positivi” e “costruttivi”, facciamo del catechismo laico e non siamo "neutrali", bensì formiamo il più ingenuo dei consensi ad un sistema democratico fasullo, che ce ne rendiamo conto o no (meglio se sì). Secondo me anche l’autore del pur onestissimo e lucido articolo si esalta un po’ con la “psicologia della liberazione”; già che ci siamo, si potrebbe puntare alla liberazione dalla psicologia. Senza di cui non si può sperare che chicchessia abbia la forza di liberarsi, unendosi agli altri, di oppressioni reali e condivise.


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