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USA - prime 9 nomine di Trump


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Ecco le prime nove nomine di Trump
Sono state fatte ufficialmente dal transition team del neopresidente - Tra di loro tre donne - I repubblicani spaccati sulla nomina di Romney

Red. Online - 25 novembre 2016

NEW YORK - Ecco le nomine finora fatte ufficialmente dal transition team del neopresidente Usa Donald Trump. Sono nove, tra loro tre donne.

* JEFF SESSIONS, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA - Conosciuto per la sua linea dura sull'immigrazione, Sessions è stato il primo senatore ad appoggiare Trump. In passato la sua nomina a giudice federale è stata bloccata per i suoi commenti razzisti.

* MIKE POMPEO, DIRETTORE CIA - Eletto in Congresso nel 2010, è un sostenitore del supercarcere di Guantanamo, che a suo avviso dovrebbe restare aperto, e un critico severo dell'accordo sul nucleare con l'Iran.

* MICHAEL FLYNN, CONSIGLIERE SICUREZZA NAZIONALE - Generale in pensione è stato fra i primi a sostenere Trump. Critico dell'amministrazione Obama, accusata di essere troppo morbida con il terrorismo, Flynn ha di recente affermato che l'Islam è "un'ideologia politica" che si nasconde "dietro l'essere una religione".

* STEVE BANNON, STRATEGA E CONSIGLIERE - È finora la nomina più controversa. Ritenuto un nazionalista bianco, Bannon è stato alla guida di Breibart News, pubblicazione di ultra destra che ha appoggiato da subito il presidente eletto.

* REINCE PRIEBUS, CAPO STAFF CASA BIANCA - Il presidente del Republican National Committee è stata la scelta più 'sicura' di Trump, quella di apertura all'establishment repubblicano. Il suo ruolo è cruciale soprattutto per i suoi legami con il Congresso.

* NIKKI HALEY, AMBASCIATRICE ONU - È la prima donna entrata in squadra. Governatrice del South Carolina, di origini sikh, è un'abile 'deal maker', ma ha scarsa esperienza in politica internazionale.

* BETSY DEVOS, MINISTRO ISTRUZIONE - Miliardaria e grande finanziatrice della campagna di Trump, DeVos è stata da sempre attivista nel mondo della scuola. Da molti considerata un'esperta.

* KATHLEEN T. MCFARLAND, VICE ALLA SICUREZZA NAZIONALE. Si tratta della terza donna che entra a far parte della squadra del tycoon. 65 anni, ex funzionaria nell'amministrazione Reagan, McFarland è esperta di sicurezza e analista e commentatrice per Fox News.

* DON MCGAHN, CONSULENTE LEGALE CASA BIANCA. Di Atlantic City, patria dei casinò di Trump, è un avvocato che ha fatto parte della commissione federale elettorale fino al 2013.

I repubblicani spaccati sulla nomina di Romney

Trump prende tempo mentre va in scena lo scontro tra le diverse anime che hanno portato alla sua elezione attorno ad una delle nomine più importanti della futura amministrazione americana: la carica di segretario di Stato. Per la quale circola ormai da giorni il nome di Mitt Romney, ex acerrimo nemico di Trump, ma su cui non si riesce a chiudere, causa i malumori espressi in maniera via via più insistente da una base che non si fida di chi ha tentato fino alla fine il tutto e per tutto per sbarrare la strada all'outsider.

Che le ferite non si sarebbero lenite con tanta rapidità lo si metteva in conto, di inusuale c'è però un dibattito diventato pubblico, in cui ognuno dice la sua su decisioni che solitamente vengono prese a porte chiuse.

È ancora una volta un tweet a scatenare la bagarre, non di Donald Trump in questo caso, bensì della sua fidata portavoce Kellyanne Conway, che ha spiegato di essere stata inondata da messaggi di 'lealisti' preoccupati e sbigottiti per l'ipotesi Romney. Quindi il via alle indiscrezioni: tra le più velenose che attribuiscono lo stallo alla presunta richiesta di scuse pubbliche da parte di Romney per i suoi attacchi a Trump come ostacolo alla luce verde per la nomina, e le più 'pacate', secondo le quali il nodo resterebbe la lealtà incerta dell'ex nemico giurato nonché qualche lacuna in termini di esperienza internazionale, almeno di alto livello.

Prende corpo così lo scontro tra fazioni: perché resiste il nome di Rudy Giuliani tra quelli circolati come capo della diplomazia Usa e con una folta schiera di sostenitori. L'ex sindaco di New York gradirebbe, si sa, ma pesano quei rapporti con diversi paesi problematici instaurati attraverso uno studio legale guidato dallo stesso Giuliani con ramificate attività di consulenza (è lo spettro del lobbyismo e del pay-to-play per cui i Clinton, per esempio, hanno pagato un alto prezzo politico). Non manca poi chi al politico 72enne non attribuisce l'energia necessaria per i viaggi, i rapporti, i contatti in giro per il mondo che il compito richiederebbe.

Spunta allora una terza ipotesi con il generale David Petraeus. Lo spessore in questo caso ci sarebbe: è stato comandante delle forze Usa e Nato in Afghanistan prima di assumere l'incarico di direttore della Cia. Dall'Agenzia però fu costretto a dimettersi nel 2012, quando si seppe che aveva condiviso informazioni classificate con la sua biografa, con la quale ha avuto una relazione. Anche il generale gradirebbe, anzi, nei giorni scorsi Petraeus ha avanzato una sorta di autocandidatura per il dipartimento di Stato, che però prende consistenza solo in queste ore e in mezzo allo scontro. Non è escluso nemmeno che la 'terza via' possa materializzarsi altrove se è vero, come riferisce il New York Times, che circolano nomi molto meno noti ma pure comparsi su un'ipotetica lista del transition team: il generale dei Marines John F. Kelly, ex capo del Southern Command, o il senatore Bob Corker del Tennessee.

Trump resta a guardare: oggi ha presentato due nomine per la Casa Bianca, ma a livello di staff. Tra cui Kathleen Troia McFarland, come vice dell'ex generale Michael Flynn già nominato National Security Adviser: 65 anni, ex funzionaria nell'amministrazione Reagan, esperta di sicurezza e commentatrice per Fox News, è la terza donna che entra a far parte della squadra del tycoon, dopo le nomine di Nikki Haley ad ambasciatrice Onu e di Betsy DeVos all'Istruzione. Don McGahn invece, avvocato di Atlantic City patria dei casinò di Trump, è stato nominato consulente legale della Casa Bianca. Per il resto il presidente eletto aspetta e ha già fatto sapere che non intende diffondere altre nomine almeno fino a dopo il weekend.


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