A colpire l’attenzione basterebbe l’immagine ironica del volto barbuto di Karl Marx disegnato sul corpo d’un panda, tale e quale a quello del Wwf. Un pensatore a rischio di estinzione e tuttavia da salvare? Almeno in parte, sì: parola dell’ Osservatore Romano e della Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista dei gesuiti (le cui bozze, prima della pubblicazione, vengono approvate dalla Segreteria di Stato vaticana) che nel numero appena uscito dedica al filosofo di Treviri un articolo ripreso oggi, con tanto di vignetta, dal quotidiano della Santa Sede. Titolo: «Quel che resta di Marx».
Perché qualcosa, va da sé, resta anche a vent’anni dalla caduta del Muro, ed è bene che resti: «I poteri dittatoriali socialisti hanno sfigurato le concezioni del Marx storico fino a renderle in parte irriconoscibili», nota il padre gesuita tedesco Georg Sans, autore dell’articolo nonché docente di Storia della filosofia contemporanea all’università Gregoriana. «Sarebbe un grossolano errore ritenere che lo spirito che sta dietro l’avvento del comunismo coinvolga in ogni caso Karl Marx». Padre Sans, con piglio filosofico, distingue il pensiero di Marx da quello di Engels, dall’immagine che lo stesso Engels ha dato delle idee dell’amico (formule come «materialismo storico» e «concezione materialista della storia», nota l’autore, sono engelsiane) e infine dal marxismo-leninismo che diventa una «concezione universale della realtà», la «dogmatizzazione» di partito seguita alla rivoluzione d’Ottobre.
È insomma «indispensabile distinguere il Marx del partito comunista e del suo amico Engels» dal vero volto del filosofo di Treviri: «il Marx giovane» dei Manoscritti parigini del 1844 e l’autore del Capitale , e «dare la preminenza all’osservatore critico rispetto al dogmatico rigido». Certo, «nessuno più troverà convincente la concezione materialistica della storia» ed è «troppo riduttiva la visione materialista dell’uomo». Però lo stesso non si può dire delle riflessioni sul «lavoro alienante», né è risolto «il problema dell’origine del plusvalore». Con tutte le correzioni del caso, ad esempio, «proprio se si tiene conto della problematica della globalizzazione, almeno su due punti non gli si possono muovere obiezioni», scrive padre Sans: «L’idea che non corrisponde alla natura dell’uomo intendere il lavoro retribuito come semplice mezzo per assicurarsi l’esistenza fisica» e «il riconoscere che la forma del lavoro, come la spartizione tra povertà e ricchezza, non sono dati naturali, ma l’espressione di strutture create dall’uomo, delle quali egli stesso deve essere reso responsabile » . No, in certe cose «Marx non può ritenersi superato». Per dire: «Non sembra finora contraddetta la tesi marxiana che alla fine è sempre il lavoro reale degli uni quello che crea la ricchezza eccessiva degli altri». Vale la pena riflettere, conclude lo studioso: «Non conviene, oggi come in passato, lasciare semplicemente alla sinistra la critica dell’economia politica di Marx».
Gian Guido Vecchi
Fonte: www.corriere.it
21.10.2009
Chissà perché si vuole sempre rivalutare Marx, che la rivoluzione la teorizzò ma non la fece, e mai si vuole parlare di Lenin, che la rivoluzione la teorizzò e la fece?
guarda caso si vogliono sempre riprendere gli aspetti più inutili dell'analisi marxiana...
Padre Sans poteva risparmiarci l'annosa discussione circa il ruolo dello Stato nelle opere di Marx e Engels e avrebbe semmai potuto sottolineare che IL FILOSOFO FRANCESE LEFEBVRE HA NOTATO, qualche decennio fa, COME STORICAMENTE LASSALLE ABBIA, purtroppo, PREVALSO SU MARX. Come evidenziato da GMRiccardelli, L'Osservatore Romano ha considerato i soli aspetti più ovvi dell'analisi marxiana ........ Civiltà Cattolica è incappata nel classico errore commesso da chi si inoltra, con troppa furia, nel pensiero del filosofo tedesco: è stata confusa la modalità produttiva capitalistica in forma generale con quella che concerne la formazione economico-sociale capitalistica, situazione concreta; Marx, difatti, è tra i pochi che rivendicano e rielaborano la distinzione althusseriana in cui non si sovrappone la teoria con la prassi. In genere si è intenti a trattare la proprietà in senso meramente giuridico, sottintendendendo che essa è quella regolata dal regime del diritto privato, in ambito capitalistico .... Così facendo, QUALSIVOGLIA FORMA PUBBLICA DI PROPRIETÀ È CONSIDERATA ALMENO L'ANTICAMERA DI UNA FORMAZIONE SOCIALE DIFFERENTE, CHE È QUELLA SOCIALISTA. Si identifica il capitalismo con la proprietà privata, ritenendo quella statale caratteristica precipua del socialismo o almeno di una formazione sociale di transizione ad esso ................... Fino ai nostri giorni, le strategie delle forze politiche, di presunta matrice comunista, non si sono spinte oltre la mera rivendicazione dell'intervento pubblico-statale nella sfera economica, intendendo come un'azione intrinsecamente portatrice di istanze socialmente anticapitalistiche. SI RISCHIA DI SEGUIRE ERRATI RITI IDEOLOGICI, RIPRODUCENDOLI, CHE PRECLUDONO UNA SERIA RICONSIDERAZIONE CRITICA DELLE SVARIATE INCONGRUENZE SVILUPPATESI NELLA PRASSI DEI PARTITI COMUNISTI EUROPEI E NEL SOCIALISMO REALE ...................... L'invito di Civiltà Cattolica è evidentemente quello di andare dietro la forma per attingere il significato reale dell'espressione di proprietà ...... La proprietà, in quanto modo dell'appropriazione con controllo d'uso dei prodotti, deve essere sostanziata da un reale potere di disposizione di esercitare sui mezzi produttivi, sul sapere produttivo.
lenin ha fatto una rivoluzione filo oligarchi.
http://reformed-theology.org/html/books/bolshevik_revolution/index.html
Aleksandr Solgenitsin - Due secoli insieme