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16 gennaio contro le guerre,i diversi appelli


marcopa
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Il 16 gennaio 2016 saranno 25 anni dall' inizio della prima guerra del Golfo contro l'Iraq. Il primo appello alla mobilitazione è arrivato dalla Piattaforma Eurostop-No Unione Europea, No Euro, No Nato ed è stato annunciato nell' assemblea a Roma del 21 novembre.

Riporto di seguito l'appello definitivo della piattaforma Eurostop, al quale si aggiunge un appello del Comitato No Guerra No Nato, e un diverso testo del comitato promotore romano della manifestazione del 16 gennaio, che partirà da Piazza dell' Esquilino alle 14.00.

Spero che il dibattito sul tema aumenti la partecipazione e l' eco di questa giornata di mobilitazione, e, nel mio piccolo, proporrei

una giornata di discussione in tuttr le scuole superiori italiane e in tutte le Università su questi "Venticinque anni di guerre"

Marcopa

25 ANNI DI GUERRA VI SEMBRANO POCHI

20 dicembre 2015S

A tutte e tutti coloro che rifiutano la guerra gli interventi militari il commercio delle armi

Il 16 gennaio 2016 saranno esattamente 25 anni dai primi bombardamenti USA nella prima guerra d’Iraq, con i quali si è dato avvio a quella terza guerra mondiale a pezzi di cui ha parlato Papa Francesco. Questa guerra giustificata per esportare la democrazia e combattere il terrorismo è invece cresciuta su se stessa trascinando tutto il mondo in un piano inclinato che non pare avere fine.
La guerra non è la risposta al terrorismo, che invece alimenta, ma viene generata da sporchi interessi per sporchi affari, dallo scontro sulle fonti energetiche, dai conflitti di potenza, dalla vendita delle armi.
Tutto questo mentre dilagano e si accrescono ingiustizia sociale, miseria, fame, emarginazione e oppressione, neocolonialismo, che fanatismo e terrorismo usano per i loro progetti reazionari.

L’Isis è una creatura dell’Occidente e degli attuali regimi turco e saudita forse sfuggita di mano ai creatori, e dietro la guerra al Califfato dilaga lo scontro tra sunniti e sciti in tutto il Medio Oriente, scontro che se non fermato può davvero portare ad un conflitto di proporzioni devastanti.
Intanto restano irrisolte, anzi si aggravano le due principali ingiustizie del Medio Oriente, la negazione del diritto al popolo palestinese di avere un suo libero stato e l’oppressione e divisione analoga verso il popolo curdo.

Dopo 25 anni di disastri della guerra sarebbe ragionevole dire basta, invece dopo le stragi terroriste di Parigi si vuole portare l’Europa ad una furia bellicista che porterà solo nuovi danni e nuovi lutti.
C’è un legame oramai evidente tra la grande crisi economica e la guerra. Per questo la guerra ha molte facce e molti fronti, inclusi quelli che stanno portando allo stato d’emergenza e alla restrizione della democrazia in molti paesi.
Spesso la risposta bellica agli attentati ha fini elettorali interni ai paesi. Così si adottano misure autoritarie e liberticide che colpiscono al cuore le democrazie europee, già piegate da anni di politiche di austerità e di controriforme autoritarie. Lo stato di emergenza in Francia non colpisce il terrorismo ma i diritti civili e sociali, e prefigura gli orrori di una Guantanamo europea .
L’Unione Europea che impone politiche di massacro sociale nel nome della riduzione del debito, ora autorizza a superare i vincoli del rigore per le spese di guerra. Un ospedale non si può costruire in deficit, ma un carro armato sì. E, mentre i migranti sono vittime delle “nostre guerre”, la politica di guerra li usa per alimentare lo spirito securitario e xenofobo che colpisce migranti quanto ogni forma di dissenso.

In Italia da tempo i governi violano l’articolo 11 della Costituzione e il nostro paese è sempre più coinvolto nella guerra, con la vendita di armi alle monarchie reazionarie del Golfo, con le truppe in Afghanistan, con l’invio di 450 militari italiani in Iraq a difesa di interessi privati, con l’annuncio dell’invio di migliaia di soldati in Libia.

Bisogna dire basta alla guerra e alle politiche di guerra, che stanno trascinando il mondo sul piano inclinato che porta al disastro finale.

BISOGNA FINALMENTE RISPETTARE L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE, L’ITALIA RIPUDI LA GUERRA E LE POLITICHE NEOCOLONIALI.
ESSERE NEUTRALI NELLA GUERRA E CONTRO LA GUERRA È IL SOLO MODO DI AGIRE PER FAR FINIRE LA GUERRA

VOGLIAMO:

-Il ritiro immediato delle truppe e l’annullamento di tutte le missioni militari italiane in scenari di guerra. La cancellazione dell’acquisto degli F35 il taglio delle spese militari la fine dello sporco commercio delle armi.

-La fine degli interventi militari, dei bombardamenti, dell’ingerenza esterna e dell’ipocrita esportazione della democrazia. Invece della concorrenza tra i bombardieri è necessario un confronto politico che porti ad un accordo tra tutti gli stati coinvolti nella guerra in Medio Oriente, Solo così si isola è sconfigge il terrorismo Isis.

-La fine della NATO che non ha più alcuna giustificazione se non in una logica perversa di guerra mondiale e in ogni caso l’uscita da essa dell’Italia.

-La fine della politica coloniale d’Israele , la restituzione dei territori occupati a un stato libero di Palestina. L’autodeterminazione per il popolo curdo.

-Accoglienza e dignità per i rifugiati e i migranti.

IL 16 GENNAIO 2016 MANIFESTIAMO CONTRO LA GUERRA E LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA GUERRA PER I DIRITTI DEI POPOLI E PER LA DEMOCRAZIA

25 ANNI DI GUERRA SONO DAVVERO TROPPI ORA BASTA!
PIATTAFORMA SOCIALE EUROSTOP assieme a:

di seguito il corsivo di Francesco Santoianni che critica soprattutto l'assenza di ogni riferimento alla Siria in questo testo

Il 16 contro la guerra. Dicendo cosa?
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Sempre più confusa la preparazione della Giornata contro la Guerra del 16 gennaio che – incredibilmente - non nomina nella sua piattaforma nemmeno dove la guerra si sta svolgendo (Siria e dintorni, per capirci).

Il perché si spiega considerando chi questa Giornata l’ha indetta: la Piattaforma Sociale Eurostop . E cioè l’ultima tappa (le precedenti: Comitato No Debito e Rossa) di un percorso che si direbbe più finalizzato ad assimilare consunte organizzazioni (ad esempio, Sinistra Anticapitalista o PCL) che a far nascere un Movimento degno di questo nome. Non a caso, in tutte le manifestazioni nazionali organizzate finora da questo Cartello, la parola “guerra” - considerando le incredibili posizioni delle suddette organizzazioni - era bandita. Oggi che questo – visto il precipitarsi della situazione internazionale – non è più possibile, il Cartello l’argomento lo affronta rifugiandosi sostanzialmente nel trito “rispetto della Costituzione”, in quattro banalità, e nella solfa dell’”antirazzismo”.

Si, e la Siria? Che succederà – ad esempio - se nei cortei del 16 sventoleranno le bandiere di questo stato, vittima di quattro anni di aggressione (anche italiana)? E che succederà se sventoleranno le bandiere dei “ribelli siriani”? E che succederà se qualche compagno (ad esempio, io) pretenderà di protestare anche contro le criminali sanzioni alla Siria, imposte anche dai governi italiani? Sarebbe il caso – anche per far nascere un grande Movimento contro la Guerra - di confrontarsi pubblicamente, da subito, su questioni come queste. Anche perché - dopo l’appoggio dato da buona parte della “sinistra antagonista” alla “rivolta contro Gheddaffi” (e, quindi alla guerra NATO contro Libia) - questo non è stato ancora fatto. E sono passati, oramai, cinque anni.

Francesco Santoianni

www.francescosantoianni.it


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marcopa
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Gli altri due appelli,
ho finalmente capito che tutti e tre gli appelli
a Roma confluiranno nella manifestazione in partenza da Piazza Esquilino (Via Cavour,vicino alla Stazione Termini)

L'appello del comitato promotore romano della mobilitazione del 16 gennaio. Il 12 assemblea all'università, il 16 corteo da piazza Esquilino:

Il 16 gennaio di venticinque anni fa, l'inizio dei bombardamenti statunitensi sull'Iraq nella prima guerra del Golfo, segnava l'inizio della guerra permanente che oggi sta trascinando il mondo in una pericolosa escalation. Siria, Iraq, Kurdistan, Libia, Palestina, Ucraina sono i teatri al momento più gravi ma tensioni e conflitti si addensano anche in altre aree del pianeta.

Le potenze aderenti alla Nato e le petromonarchie del Golfo in questi trenta anni hanno creato, finanziato, sostenuto e utilizzato gruppi terroristici in vari paesi per destabilizzare, dividere, terrorizzare. Oggi li utilizzano come pretesto per continuare la loro opera devastatrice.

C'è un legame tra la grande crisi economica e la guerra? Si ed è ormai evidente a molti. Per questo la guerra ha molte facce e molti fronti, inclusi quelli che stanno portando allo stato d'emergenza e alla restrizione della democrazia in molti paesi.

C'è un legame tra la guerra e l'eliminazione dei diritti sociali conquistati? Si perché i governi dell'Unione Europea hanno deciso senza battere ciglio che le spese militari e per la sicurezza potevano essere aumentate mentre quelle per la sanità, il lavoro, la scuola, le abitazioni continuano ad essere tagliate.

L'Italia è coinvolta dalla guerra? Si anche se pochi se ne accorgono. L'invio di 450 militari italiani in Iraq, l'ultimatum dato alle fazioni che si contendono la Libia o il boom della vendita di armi italiane all'Arabia Saudita, al Kuwait e ad altri paesi lo confermano.

La Nato, gli Stati Uniti e l'Unione Europea rendono subalterni i singoli governi e molto spesso ci troviamo coinvolti nelle guerre ancora prima di essersene accorti.

Il 16 gennaio scenderemo in piazza per dire basta con la guerra. Perchè le guerre le fanno i governi ma la gente che muore è sempre la nostra gente, qui e negli altri paesi.

Scendiamo in piazza perché sosteniamo ogni resistenza contro la guerra, perché vogliamo uscire dalla Nato, perché siamo contrari alla guerra contro i poveri e i migranti, perché riteniamo che l'unica guerra che si deve combattere è la guerra contro la miseria.

Martedi 12 gennaio assemblea a Roma (all'università)

Sabato 16 gennaio corteo (partenza ore 14.00 Piazza Esquilino)

(a Milano la manifestazione partirà da Piazza San Babila)

Come e perché il Comitato No Guerra No Nato partecipa alla manifestazione del 16 Gennaio contro la Nato

— Venticinque anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, iniziava nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apriva la fase storica che stiamo vivendo.

Questa guerra, preparata e provocata da Washington, veniva lanciata nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stavano per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Approfittando della crisi del campo avversario, gli Stati Uniti rafforzavano con la guerra la loro presenza militare e influenza politica nell’area strategica del Golfo.
La coalizione occidentale, formata da Washington, inviava nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 % statunitensi, agli ordini di un generale Usa. Per 43 giorni, l’aviazione statunitense e alleata effettuava, con 2800 aerei, oltre 110 mila sortite, sganciando 250 mila bombe, tra cui quelle a grappolo che rilasciavano oltre 10 milioni di submunizioni.

Partecipavano ai bombardamenti, insieme a quelle statunitensi, forze aeree e navali britanniche, francesi, italiane, greche, spagnole, portoghesi, belghe, olandesi, danesi, norvegesi e canadesi. Il 23 febbraio le truppe della coalizione, lanciavano l’offensiva terrestre. Essa terminava il 28 febbraio con un «cessate-il-fuoco temporaneo» proclamato dal presidente Bush.

La guerra del Golfo fu la prima guerra a cui partecipava, sotto comando Usa, la Repubblica italiana, violando l’articolo 11, uno dei principi fondamentali della propria Costituzione. I caccia Tornado dell’aeronautica italiana effettuarono 226 sortite, bombardando gli obiettivi indicati dal comando statunitense.

Nessuno sa con esattezza quanti furono i morti iracheni nella guerra del 1991: sicuramente centinaia di migliaia, per circa la metà civili. Alla guerra seguiva l’embargo, che provocava nella popolazione più vittime della guerra: oltre un milione, tra cui circa la metà bambini.

Subito dopo la guerra del Golfo, gli Stati Uniti lanciavano ad avversari e alleati un inequivocabile messaggio: «Gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana» (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, agosto 1991).

La Nato, pur non partecipando ufficialmente, in quanto tale, alla quella guerra, mise a disposizione le sue forze e le sue strutture. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, il Consiglio Atlantico varava, sulla base della guerra del Golfo, il «nuovo concetto strategico dell'Alleanza». Nello stesso anno in Italia veniva varato il «nuovo modello di difesa» che, stravolgendo nuovamente la Costituzione, indicava quale missione delle forze armate «la tutela degli interessi nazionali ovunque sia necessario».

Nasceva così la strategia che ha guidato le successive guerre sotto comando Usa – contro la Jugoslavia nel 1999, l’Afghanistan nel 2001, l’Iraq nel 2003, la Libia nel 2011, la Siria dal 2013 – accompagnate nello stesso quadro strategico dalle guerre di Israele contro il Libano e Gaza, della Turchia contro i curdi del Pkk, dell’Arabia Saudita contro lo Yemen, dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla strategia Usa/Nato, dall’uso di forze neonaziste per il colpo di stato in Ucraina funzionale alla nuova guerra fredda e al rilancio della corsa agli armamenti nucleari.

Su tale sfondo il Comitato No Guerra No Nato ricorda la guerra del Golfo di 25 anni fa, nel massimo spirito unitario e allo stesso tempo nella massima chiarezza sul significato di tale ricorrenza, chiamando a intensificare la campagna per l’uscita dell’Italia dalla Nato, per una Italia sovrana e neutrale, per la formazione del più ampio fronte interno e internazionale contro il sistema di guerra, per la piena sovranità e indipendenza dei popoli.

Noi non mettiamo tutti sullo stesso piano. Questa guerra viene dall’Occidente. Il terrorismo viene dall’Occidente. La crisi mondiale viene dall’Occidente.

Tutti coloro che hanno firmato l’appello di questo comitato, e che ne condividono l’analisi e gli scopi, sono invitati a partecipare alla manifestazione romana del 16, e alle manifestazioni che verranno realizzate nei centri minori di ogni parte d’Italia, con queste precise posizioni. Noi chiediamo a tutti i cittadini italiani di unirsi a noi nella richiesta di un’Italia neutrale.

Comitato No Guerra No Nato


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