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Bombe e sesso, una storia italiana


Mari
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Bombe e sesso, una storia italiana
di Gianluca Di Feo

Lo scandalo delle escort di Tarantini irrompe in uno dei gruppi più oscuri del nostro Paese: Finmeccanica. Settore militare, controllato dal Tesoro e trasformato sotto B. in un enorme centro di smistamento di favori e ricatti
(26 settembre 2011)

Il top manager Finmeccanica si lamenta al telefono: "A causa dello scandalo, Erdogan non vuole più vedere Berlusconi". La sacra porta dei nuovi sultani si è chiusa in faccia al califfo di Arcore, tagliando l'azienda italiana fuori dal miglior mercato del momento. Due anni fa Silvio aveva fatto da testimone alle nozze del figlio del collega turco, oggi il Cavaliere è giudicato indecente dal premier che difende i valori islamici e vuole le donne con il capo velato. Un grosso guaio, perché la Turchia è l'ultimo Eden dei produttori d'armi. Lì Finmeccanica si era piazzata in pole position: ha venduto elicotteri da battaglia, satelliti, aerei da sorveglianza marittima, radar, cannoni navali. E altrettanto si sperava di fare nei prossimi anni, con un'operazione di marketing sancita dall'inaugurazione di un nuovo quartiere generale ad Ankara. Il colosso guidato da Pierfrancesco Guarguaglini già pregustava il contratto da 3 miliardi di euro per oltre cento elicotteri da trasporto e gli osservatori internazionali davano per scontata la vittoria di Agusta. Ma un accordo del genere implica un'intesa tra capi di governo: ad aprile, mentre Silvio era alle prese con il Rubygate e le olgettine, i turchi hanno scelto gli americani di Sikorsky. Una sorpresa, che ora trova spiegazione nello sdegno di Erdogan per l'harem di Arcore.

Adesso il destino di Finmeccanica si combatte su tre fronti, sempre più intrecciati: le inchieste giudiziarie, i tagli ai budget militari e la crisi finanziaria. A Piazza Affari lunedì scorso il titolo è piombato nel baratro, ma anche senza considerare questo picco negativo nel 2011 ha comunque perso il 50 per cento, con risultati peggiori degli altri operatori del settore. Quando nel maggio 2008 la holding decise lo sbarco negli Usa, acquistando il gruppo statunitense Drs, si indebitò per quasi 3 miliardi. Una mossa forse azzardata e di sicuro sfortunata, perché scattata poco prima del crollo delle Borse e quindi a prezzi diventati subito fuori mercato. In più oggi l'America guerriera di George W. Bush non esiste più: Obama sta riportando a casa i marines e segando il bilancio del Pentagono, con un accanimento speciale verso le forniture straniere.

Anche l'alleanza strategica con Lockheed è svanita e Finmeccanica fatica a imporre i suoi prodotti migliori, come l'Aw-101 che sarebbe dovuto diventare l'elicottero presidenziale. Stessa storia in Gran Bretagna - secondo "mercato domestico" della holding italiana - dove l'austerity di Cameron colpisce le forze armate e, guarda caso, nel mirino ci sono spesso le branche britanniche di Agusta e Selex. La rivoluzione di Bengasi ha dissolto gli affari in Libia e la gestione disastrosa del caso di Cesare Battisti - il terrorista che ha ottenuto la protezione delle autorità locali - ha spazzato via le ricche gare del piano di riarmo brasiliano.

Dopo lo schiaffo turco, nell'atlante delle nuove potenze restano solo l'India - un arsenale tradizionalmente presidiato da russi, inglesi e francesi - e la remota Cina. E, come conseguenza delle scelte filo-americane del decennio berlusconiano, Finmeccanica è stata esclusa dai programmi europei che guardano al futuro: per gli aerei-robot teleguidati, ad esempio, a giugno è stato siglato un patto con gli israeliani, tecnologicamente avanzati ma invisi a molti acquirenti.

E' in questo scenario che vanno a inserirsi le inchieste dei magistrati, sempre più convergenti verso i vertici del gruppo: il presidente Guarguaglini e sua moglie Marina Grossi, numero uno di Selex, oltre al direttore centrale Lorenzo Borgogni. Le cronache ne registrano in continuazione: l'ultima è spuntata da Napoli, dove si indaga pure sugli appalti del Sistri ossia la rete tecnologica che doveva vigilare sullo smaltimento dei rifiuti. La lista delle istruttorie è vasta - sono almeno nove - e sembra confermare l'uso della holding, controllata dal Tesoro e quindi sensibile alla politica, come serbatoio di Palazzo Chigi per smistare contratti e favori. I nastri di Gianpaolo Tarantini hanno documentato lo scambio tra processioni di escort - concesse anche a manager del gruppo come il dimissionario Salvatore Mentrangolo - e interventi diretti di Berlusconi sul big boss Guarguaglini. Operazioni quasi sempre rimaste virtuali perché Patrizia D'Addario nella primavera 2009 ha smascherato la liaison Gianpi-Papi.

Ma la via crucis giudiziaria è lunga. Ci sono state le gesta della banda Mockbel, il giro di riciclatori romani legato alla criminalità che era stato accolto negli uffici di Finmeccanica. E una raffica di procedimenti su appalti nostrani, dalla videosorveglianza di Trapani alla sala intercettazioni di Napoli. Anche un ramo collaterale delle acrobazie finanziarie del Madoff dei Parioli, al secolo Gianfranco Lande, si era infilato negli hangar di Alenia, con una misteriosa mediazione nella discussa vendita di super-caccia Eurofighter all'Austria. Ancora più in grande l'attività di Marco Milanese, l'ex ufficiale delle Fiamme Gialle che - stando alle accuse - avrebbe operato per pilotare nomine e distribuire commesse in cambio di mazzette. E qui il livello si alza, perché Milanese era il braccio destro del ministro Giulio Tremonti, ossia l'azionista principe di Finmeccanica. Che secondo le intercettazioni si era mosso per piazzare un suo candidato al vertice del gruppo. In realtà ai piani alti da maggio si è insediata una turbolenta governance duale, con la squadra dell'amministratore delegato Giuseppe Orsi - che "rappresenta" Agusta ossia il business che continua a funzionare - e la vecchia guardia di Guarguaglini impegnati dietro le quinte a contendersi gli uffici chiave. Intanto si cerca di limitare i danni. Si studia la vendita di Ansaldo-Sts e Ansaldo Breda per limare l'indebitamento. E si mette ordine ai doppioni di casa con la fusione Aermacchi-Alenia, entrambi produttori di aerei, che farà chiudere tre impianti e "prepensionare" 1.200 operai.

Finora però sesso, bugie e tape non avevano influito sulla reputazione internazionale del gruppo: beghe di casa nostra, poco rilevanti rispetto ai 18 miliardi di fatturato. Il salto di qualità viene con l'irruzione dei pm napoletani nei traffici di Valter Lavitola, il faccendiere che smistava gli "aiuti umanitari" del premier alla famiglia Tarantini e metteva lo zampino nelle trattative di Finmeccanica: da Panama alla Colombia, dalla Bulgaria al Messico. Nella rete degli ascolti è finito Filippo D'Antoni, genero di Guarguaglini e dirigente di punta della Wass, sigla del gruppo che confeziona siluri e sonar. Ma soprattutto la procura partenopea ha intercettato il direttore commerciale Paolo Pozzessere, il manager chiave di tutti i megacontratti: accordi in cui le spese di mediazione - più o meno lecite - oscillano tra l'1 e il 5 per cento. Sono pagamenti inevitabili nel business bellico: messi in bilancio come attività di lobbying o occultati con fatture di comodo, alla fine vanno sempre nelle tasche di uomini di governo.

Pozzessere si è dimesso dopo la pubblicazione della telefonata in cui discute con Debbie Castaneda, procace ex modella colombiana infuriata per una di queste commissioni milionarie che sarebbe stata scippata da Alejando Agag, intraprendente genero dell'ex premier spagnolo Aznar. E tra tante storie di escort berlusconiane che tengono banco sulla stampa estera, lo sputtanamento del lato oscuro di questi affari di Stato è l'unico a mettere in discussione la credibilità mondiale di Finmeccanica. Un punto di non ritorno, che dovrebbe imporre u
na svolta netta nella gestione dell'ultimo colosso tecnologico italiano.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bombe-e-sesso-una-storia-italiana/2162014


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