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Diktat Ikea, 107 senza lavoro


Tao
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Illustrious Member
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Una strategia della tensione per mettere i lavoratori in appalto uno contro l’altro. Messa in pratica nel giorno di una manifestazione organizzata da Cobas e giovani della sinistra sociale piacentina, con centinaia di facchini e movimentatori di merce a chiedere di non essere discriminati, di rispettare il contratto nazionale, e di riprendere le trattative. Con in piazza, pacificamente, gli egiziani che lavorano per conto di Ikea, insieme ad altri immigrati di cui il gigantesco polo logistico Le Mose ha estremo bisogno per funzionare. Lavoratori scesi in corteo anche con le loro famiglie. Però si è fatto di tutto per alimentare lo scontro. Con una notizia bomba fatta scoppiare di buon mattino: 107 posti di lavoro in meno a Le Mose. Una notizia lanciata dal Consorzio Cgs e dalle sue cooperative San Martino, Cristall ed Euroservizi. Quelle coinvolte nella vertenza sindacale con i facchini, che denunciano le preferenze nell’impiego – alcuni fanno gli straordinari, altri sindacalizzati non superano i 400 euro al mese – e chiedono il ritorno al lavoro dei compagni sospesi, fra i quali ben nove sono iscritti al sindacato di base.
«Abbiamo ricevuto dalla direzione di Ikea – c’è scritto in un comunicato incendiario del consorzio Cgs – a seguito della situazione di blocco violento e prolungato nei propri impianti logistici, il riposizionato dei volumi a partire da domani. La conseguenza diretta e immediata è che 107 persone saranno costrette a dover rinunciare al proprio posto di lavoro». Ma il comunicato di Ikea Italia dice altre cose. «La progressiva riduzione dell’attività della piattaforma logistica di Piacenza – fa sapere la multinazionale – è valutata con estrema attenzione dalla casa madre, dove si stanno predisponendo ipotesi di scenari alternativi nel sistema di approvvigionamento delle merci». In realtà Ikea vuole incontrare i sindacati confederali. Oggi. Per discutere con Filt Cgil & c. di quanto sta accadendo. Nel pomeriggio arriva una nuova precisazione: «Sarà attuata da lunedì prossimo la parziale riduzione di volumi di merce movimentati sul polo Ikea di Piacenza. Una misura temporanea che permarrà con il permanere del blocco agli accessi, e terminerà al cessare del blocco».

Che si volesse alimentare lo scontro si era capito già lunedì sera al tavolo di trattativa in Provincia. L’obiettivo era quello di far rientrare al lavoro a Le Mose i facchini sospesi, e far ripartire le attività. Dopo due settimane di blocchi, spesso caricati dalle forze dell’ordine fino alle durissime manganellate di venerdì scorso, i Cobas erano pronti ad affidare alla Direzione provinciale del lavoro la decisione sul contenzioso sulla gestione discriminatoria degli orari di lavoro. Ma il Consorzio Cgs non ha accettato: i lavoratori sospesi dovevano andarsene dal polo logistico. Punto e basta. Quanto al sindacato di base, ancora una volta veniva a galla la discriminazione: «Ci hanno chiesto di stracciare la tessera dei Cobas, solo così saremmo tornati al lavoro».

In corteo per il centro di Piacenza anche Aldo Milani, segretario del sindacato di base: «La minaccia di lasciare a casa altri 107 lavoratori è una boutade, non possono farlo e lo sanno benissimo». In piazza anche Rifondazione comunista, con i suoi attivisti piacentini e con lo stesso segretario emiliano Nando Mainardi. Tutti concordi nell’osservare una dato di fatto: «Qui in gioco non c’è solo il destino dei 12 facchini sospesi, ma la possibilità di esercitare i propri diritti sindacali. Chi lo ha fatto, all’interno dell’appalto di Ikea, ha pagato vedendosi decurtati i turni di lavoro e quindi la busta paga. Un ricatto inaccettabile».

Chiara Ricci
Fonte: www.ilmanifesto.it
8.11.2012


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