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Ebrei e Bindi, l'ironia trash del premier


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Ieri L’Espresso e Repubblica postavano sui loro siti web altrettanti filmati imbarazzanti di Silvio Berlusconi. O meglio: certamente fuorionda, certamente realizzati con un telefonino, forse una telecamerina dall’aspetto altrettanto inoffensivo. Il primo video contiene una bestemmia. L’altro, girato in notturna sotto casa di Berlusconi, ha tutti i temi di un normale comizio del premier – di quelli che vanno in onda senza tante storie: giudici, Santoro, partiti. Finisce con una barzelletta su Hitler e la consueta smargiassata: “Una storiella e una ragazza ogni notte”. Sappiamo bene in che modo. Ma questa è un’altra barzelletta.

Tripudio dei siti di La Repubblica e L’Espresso, investiti della medaglia di notizia del giorno. Tripudio dei siti antiberlusconiani, fino all’ultimo account facebook, che si sono spediti e linkati i filmati. Lunghe sequenze di commenti inviperiti da parte dei visitatori dei siti, e su fino ai parlamentari di centro e centrosinistra.

In sottotraccia, riflessioni spicciole sulle potenzialità della tecnologia. Intanto
sembrano tutt’altro che immagini rubate, non candid camera. Berlusconi è perfettamente a suo agio tra le mille riprese private via cellulare o telecamerina che si fanno in queste situazioni, cioè quando passa un vip qualsiasi.
Se il re del cerone e della calza sull’obbiettivo abbia calcolato male, o non sappia che ogni ripresa privata nell’era della Rete è automaticamente una ripresa pubblica, magari è un problema. Ma è un problema suo.

Primo video ( http://www.youtube.com/watch?v=54vY7eEsd30 ), la bestemmia. È una sequenza girata a L’Aquila nel 2009, all’aeroporto militare. Il premier intrattenitore si esibisce in una barzelletta su Rosi Bindi. È il racconto di una festa da ballo preistorica, probabilmente degli anni ’50, dove le coppie si fanno così: «Io dico Margherita, e tu Margherito», spiega Berlusconi agli astanti, piloti e Protezione Civile in divisa. Quando entra nella storiella Rosi Bindi i presenti già cominciano a ridere. «Orchidea», dice Bindi. E il ragazzo: «Orcodio». Berlusconi carica la battuta con un trasporto che raddoppia la risata. È proprio un matto, avranno pensato quelli che gli stavano accanto.

La barzelletta fa ridere? Non fa ridere? Si può dire che non è proprio malaccio? I presenti ridono parecchio. Sono tutti uomini. Non andrà dimenticato che hanno cominciato a ridere molto prima della battuta, e questo fa molto capufficio. È sempre un po’ capufficio Berlusconi quando racconta le barzellette, e questo è un problema. Un problema suo. Ripetiamo la bestemmia perché in molti (specie dalle parti del Pd) sembrano convinti che questa scandalizzerà i cattolici che votano Berlusconi. Può darsi. Ma neppure in questo caso la cosa deporrebbe particolarmente in favore dei cattolici che comunque, prima, l’avevano votato. Se bastasse una barzelletta, ci faremmo la firma.

Una parentesi. Al tg7 dell’altro ieri, suscita un certo interesse il filmato che mostra Maroni ripreso da una telecamera pronunciare le parole «almeno a marzo». Parla di elezioni anticipate. Questa battuta viene enfatizzata dal telegiornale, coprendo con la voce del giornalista tutto l’audio che viene prima e dopo. Ma che succede intanto nel video? Nichi Vendola e Maroni si incontrano fuori dal Parlamento, si salutano, si sorridono, si parlano fitto. Amiconi. Lo ha già notato puntualmente ieri il Fatto. Lo notiamo anche noi qui. Ovunque ci sia una telecamera, cioè ovunque, sei in onda.

Il secondo video ( http://www.youtube.com/watch?v=VJISSTwKebc ), la storiella su Hitler. È ripreso da un telefonino (probabilmente) nascosto subito dietro il primo cerchio di folla. Il sito di Repubblica aggiunge la firma di un freelance, Francesco Cocco, che ci si è trovato, ha visto il trambusto e ha ripreso quel che capitava. È un lungo comizio privato, dedicato alla ventina di ragazzi che tre notti fa sono andati a festeggiare il premier a palazzo Grazioli, il giorno del suo compleanno. Contenti loro. È un comizio in pigiama. Il Cavaliere esibisce quello che nella sua personale iconografia è il vestito da casa: camicia scura, maglione sulle spalle (se la notte non inganna). Monologa. Mescola argomentazioni criptiche sul processo Mills, minacce inquietanti (l’apertura di una commissione d’inchiesta sui giudici, ipse dixit), invettive contro Santoro e altre perle della cosmologia berlusconiane.

Il comizio finisce con una barzelletta su Hitler. Un ebreo dice ad un amico di aver nascosto un ebreo durante il nazismo, e di avergli fatto pagare salata l’ospitalità; di fronte all’aria scandalizzata dell’amico dice: «Dobbiamo dirglielo che Hitler è morto?» La barzelletta fa ridere. Avrebbe potuto essere una di quelle crudeli storielle yiddish. Fa più ridere di quella raccontata poche settimane fa alla festa di Atreju. «Hitler è ancora vivo. I suoi lo vanno a cercare e lo convincono a tornare al potere. Lui accetta, e dice: “Si ma questa volta cattivi… eh?”». Loffia, specie perché raccontata da un signore che si era presentato in camicia nera davanti a un pubblico di ex fascisti, ex An, in crisi di identità, come minimo smarriti.

Però se sostituite Berlusconi a Hitler e l’ambientate nel 2023, magari fa ridere.

Mai sopravvalutare le barzellette. Ma neppure sottovalutarle.

Alberto Piccinini
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/10/articolo/3455/
2.10.2010


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