Critica alla ragion fossile, e anche un po' nucleare
ll presidente di Nomisma Energia considera “irrealistico e fantasioso” il programma energetico del M5S che punta alla decarbonizzazione dell’economia italiana e considera addirittura un ritorno al nucleare. Silvestrini: "sue esternazioni con gli occhi rivolti al passato". Invece va progettata una “Energiewende” italiana.
Gianni Silvestrini
04 aprile 2017
da qualenergia.it
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Mentre il mondo vive un esplosivo sviluppo delle energie rinnovabili c’è chi rema contro la storia, come Trump che si illude di ridare un futuro al carbone, destinato invece ad un inevitabile declino.
Nel nostro piccolo in Italia siamo costretti invece a leggere su Repubblica e Corriere le esternazioni con gli occhi rivolti al passato di Davide Tabarelli.
Il presidente di Nomisma Energia considera “irrealistico e fantasioso” il programma energetico dei 5 Stelle che punta alla decarbonizzazione dell’economia, ironizza sulla mobilità elettrica, si scaglia contro gli incentivi di cui godono le rinnovabili. Chiede di puntare sulle fossili nostrane e arriva ad auspicare un ritorno al nucleare, citando spudoratamente la centrale francese di Flamanville, senza dire che i suoi costi sono schizzati da 3,3 a 9 miliardi di euro e che la sua entrata in funzione viene continuamente rimandata.
Consigliamo a Tabarelli di analizzare con attenzione gli ambiziosi programmi per liberarsi dai fossili predisposti da un numero crescente di realtà, dalla Svezia alla Danimarca, dalla Francia alla Germania, dalla Svizzera alla California.
Sul richiamo al nucleare stendiamo un velo pietoso, dopo il fallimento di questi giorni della Westinghouse negli Stati Uniti e la grave crisi che ha colpito la francese Areva.
Tornando all’Italia, occorre avere una visione di lungo periodo e accompagnarla con scelte coerenti per accelerare la transizione energetica. E questo non sempre succede: si vedano le molte opposizioni locali alla realizzazione di impianti rinnovabili.
Oggi le straordinarie opportunità derivanti dal drastico calo dei prezzi di tecnologie “clean” rendono possibile e interessante anche dal punto di vista economico e occupazionale una “Energiewende” italiana.
Dalla riqualificazione energetica “spinta” del patrimonio edilizio, al rilancio del fotovoltaico attraverso la rimozione di assurde limitazioni, dalla mobilità elettrica da incentivare ad una rivisitazione dell’agricoltura e alla cura dei boschi. Ed evitando, infine, investimenti rischiosi o addirittura inutili in uno scenario climatico.
Un rischio concreto, considerata la bulimica attrazione del governo verso un numero crescente di nuovi gasdotti.
Gianni Silvestrini
04 aprile 2017