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Espulsa a mia insaputa:sulla Shalabayeva Alfano come Scajola


helios
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Espulsa a mia insaputa: sulla Shalabayeva Alfano come Scajola
Ora si è scoperto che la moglie del dissidente kazako è stata deportata senza che il governo fosse informato. M5s e Sel chiedono le dimissioni del ministro.
Desk2
venerdì 12 luglio 2013 21:45

Il Ministero dell'Interno angelino Alfano revocherà il provvedimento di espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente politico del Kazakistan Mukhtar Ablyazov, criticando duramente quei funzionari che non hanno informato l'Esecutivo del provvedimento che ha riportato ad Astana la donna e sua figlia. Un modo per blindare il ministro dell'Interno Angelino Alfano e salvaguardare la maggioranza di governo. "La signora Alma Shalabayeva - si legge in una nota di Palazzo Chigi - potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione".

Movimento 5 Stelle e Sinistra ecologia e libertà hanno subito preso una prosizione netta in merito alla faccenda preannunciando mozioni di sfiducia nei confronti di Alfano. M5s presenterà la richiesta in Senato, hanno spiegato fonti del Movimento, mentre Sel dovrebbe farlo alla Camera. "Noi saremo sempre dalla parte della tutela dei diritti umani e riteniamo che un Paese civile debba tutelarli come primo compito, per questo il gruppo parlamentare di Sel chiede le dimissioni del ministro dell'interno Alfano e per questo intendiamo presentare una mozione di sfiducia individuale nei suoi confronti", ha spiegato Gennaro Migliore, capogruppo di Sel a Montecitorio.

I firmatari della mozione di M5s per sfiduciare Alfano sono, secondo quanto si apprende, Mario Giarrusso, Nicola Morra e Lorenzo Battisti. "Per primi il 5 giugno al Senato con Mario Giarrusso - spiega una nota del gruppo parlamentare di M5S del Senato - abbiamo denunciato lo scandalo del rapimento-espulsione di Alma Shalabayeva e sua figlia ed abbiamo chiesto chiarezza. La revoca dell'espulsione e' una vittoria dei diritti umani. Proprio questa mattina al Senato il M5s ha incontrato le associazioni internazionali che si battono per i diritti umani in Kazakistan e i legali che seguono la Shalabayeva. Benissimo la revoca dell'espulsione ma ora serve far chiarezza su quanto accaduto, un episodio ancora pieno di ombre oscure".

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=46688&typeb=0&Espulsa-a-mia-insaputa-sulla-Shalabayeva-Alfano-come-Scajola


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viviana
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Lettura molto utile (lo e sempre) 😆
Sterminate quelle bestie
di Sven Lindqvist


L'autore prende le mosse da una frase pronunciata da Kurtz in "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad: "Sterminate tutti i bruti", ovvero i 'selvaggi', le popolazioni ...

8) neri, gialli, ...


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viviana
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😆 tu devi aver votato per SEL !!! La Boldrini?
😀 la UNCHR rimane sempre un altra agenzia ONU nullafaccente per nullafaccenti !


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yakoviev
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Il Corriere parla del coinvolgimento in questa storia anche del Ministero degli Esteri , che fu avvisato dell'imminente operazione con un fax. Non conosco bene nè Nazarbayev nè Ablyazov, ma qualcuno chieda le dimissioni della Bonino, qualsiasi motivo va bene!


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viviana
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Fra Usa e Kazakhstan, se l’Italia non capisce la nuova guerra fredda
13 - 07 - 2013 Mimmo Pesce
L'affaire Kazakhstan va sempre più delineandosi come un intrigo internazionale bello e buono in cui tutti vincono qualcosa e l'Italia paga per tutti.

Sorpresa! Nel magico mondo delle spie non ci sono solo i bit e la battaglia per il loro controllo. I “vecchi” metodi resistono sempre ed è difficile che potranno essere del tutto soppiantati dall’elettronica. Quanto accaduto sul suolo italiano nelle settimane passate è un buon esempio, da quel che si può intuire mettendo insieme le tessere pubbliche del mosaico, di un ritorno alla tanto amata e da qualcuno rimpianta guerra fredda.

Il caso Snowden è solo la punta di un iceberg che è tornato a dividere Stati Uniti e Russia (con Cina e Paesi Mercosur). La vicenda del dissidente kazako, nonché mega truffatore presunto, potrebbe infatti essere spiegata anche in questo mutato contesto geopolitico. Gli indizi disseminati dopo la cosiddetta “rendition” della moglie e della figlia, farebbero pensare che Ablyazov abbia trovato riparo se non fisicamente negli Stati Uniti (a New York) comunque sotto l’ombrello diplomatico americano.

D’altronde, a parte il giallo sulla catena di comando del Viminale (che pure non è poca cosa), il vero mistero dell’operazione condotta da polizia italiana su segnalazione delle autorità kazake non sta nell’arresto e nel rimpatrio di Alma Salabayeva e della piccola Alua ma nella mancata cattura del miliardario fuggito da Astana. Ablyazov era in Italia, a Roma. L’intelligence inglese lo aveva avvisato che a Londra era stato individuato e che correva il rischio di finire vittima di qualche ‘incidente’ e che il governo di Sua Maestà non avrebbe potuto proteggerlo.

Di qui, con o senza tappe intermedie, giunge nel nostro Paese e anche qui viene scovato dagli uomini che gli danno la caccia. Scatta la segnalazione agli Interni – con modalità che sono oggetto di accertamento da parte del capo della Polizia – e in effetti gli uomini della Digos ne riscontrano la presenza, confermata peraltro dalla memory card della macchina fotografica prelevata durante la perquisizione nella casa di Casal Palocco dove alloggiava da un anno la moglie. Il blitz scatta prestissimo, così presto da far sorgere sospetti, ma – colpo di scena – Ablyazov non c’è. Vengono identificati il fratello, la moglie e la figlia e quello che accade dopo è stato raccontato per filo e per segno in questi ultimi giorni.

Quello che non è stato spiegato è chi ha avvisato il dissidente dell’imminente operazione della Ps italiana e come abbia fatto a fuggire facendo perdere, almeno apparentemente, le sue tracce. Le persone bloccate dalla Digos nei pressi della villa e dichiaratisi ingaggiati da una agenzia di sicurezza israeliana potrebbero essere state non le uniche anomalie di questa che va sempre più delineandosi come un intrigo internazionale bello e buono in cui tutti vincono qualcosa e l’Italia paga per tutti.

Usa e Inghilterra hanno protetto Ablyazov ed hanno per le mani il simbolo di un caso di diritti umani violati in uno dei più rilevanti satelliti della Russia tutto petrolio e gas di Putin. Il Kazakhstan ha in consegna la moglie e la figlia del dissidente ed è assai improbabile che le riconsegnerà alle autorità italiane (e comunque la trattiva sarà fatta direttamente con gli emissari di Ablyazov, verosimilmente americani). Il nostro Paese non è stato capace, dal punto di vista kazako, di arrestare l’uomo su cui comunque pendeva un mandato dell’Interpol e neppure capace, dal punto di vista anglosassone, di proteggere i suoi familiari che ha invece fatto rimpatriare.

In tutto questo abbiamo avuto la capacità di consentire il montaggio di uno scandalo narrato con gravità superiore alla evidenza pur meschina dei fatti. Mentre ad Est ed Ovest tornano a srotolare un filo poco visibile ma molto spinato, noi che siamo geograficamente centrali ci divertiamo a passeggiarci su, sul filo spinato. A piedi nudi ovviamente.

... dissidente kazako,
http://www.formiche.net/2013/07/12/affaire-kazakhstan-il-governo-e-la-toppa-che-apre-un-altro-buco/
... Il caso Snowden
http://www.formiche.net/2013/07/12/la-passione-di-snowden-per-la-russia/


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helios
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Il Corriere parla del coinvolgimento in questa storia anche del Ministero degli Esteri , che fu avvisato dell'imminente operazione con un fax. Non conosco bene nè Nazarbayev nè Ablyazov, ma qualcuno chieda le dimissioni della Bonino, qualsiasi motivo va bene!

in realtà fu solo Alfano che decise il tutto dopo che aver ricevuto ordini

.......
Sarà difficile spiegare ai nostri partner europei e internazionali come sia stato possibile confezionare il «pasticcio kazako». La nota che è stata diffusa ieri al termine del vertice a Palazzo Chigi in pratica autoassolve il livello politico.

Nessuno dei ministri competenti, compreso il titolare dell'Interno, Angelino Alfano, sarebbe stato messo al corrente delle operazioni che hanno portato all'espulsione di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, 6 anni, moglie e figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Ne uscirebbero molto male, stando alle ultime ricostruzioni, gli apparati dello Stato, gli alti gradi dei ministeri degli Interni e degli Esteri.
Il problema è che le cancellerie europee e organismi come l'Alto commissario dell'Onu per i rifugiati non fanno troppi distinguo: sono abituati ad attribuire la paternità degli atti giuridico-diplomatici direttamente al potere politico di un Paese. E dunque questo si aspettano sempre anche da uno Stato pienamente democratico come l'Italia.

Le prime reazioni negli ambienti europei sono state di sconcerto, mentre la stampa internazionale, con il quotidiano inglese Financial Times in testa, ha subito accusato l'Italia di aver voluto compiacere il presidente autocrate del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, 73 anni, padrone di un Paese ricco di petrolio. E in effetti, quand'anche si sarà dimostrata la complet Nei due giorni in cui è maturato l'ordine di espulsione di Alma Shalabayeva, l'ambasciatore del Kazakistan, Andrian Yelemessov, ha svolto un insolito ruolo di suggeritore, esercitando forti pressioni sulla polizia italiana. Fin troppo facile l'accusa che le organizzazioni umanitarie, parte dell'opinione pubblica europea rinfacceranno al governo italiano. Nazarbaev è un amico personale di Silvio Berlusconi e partner d'affari dell'Eni: ha chiesto un favore e lo ha ottenuto. Certo, il «favore», in realtà è un mandato di cattura spiccato dalle autorità giudiziarie di Kazakistan, Russia e Ucraina riversato nel bollettino delle ricerche Interpol. Nessuno, però, negli organi di polizia incaricati di eseguire la cattura si è posto il problema di approfondire il dossier Ablyazov. Anzi, le informazioni per localizzarlo sono venute dall'ambasciata del Kazakistan, che lo ha definito un pericoloso latitante, scortato da uomini armati.

Ora sarà difficile spiegare perché funzionari collaudati come quelli italiani non abbiano sentito il bisogno di fare una verifica. Non stiamo parlando di chissà quali manovre di intelligence . Sarebbe bastato cliccare il nome Ablyazov su Google per scoprire che il Regno Unito gli aveva concesso asilo politico già nel 2009. Da lì poi, con una semplice telefonata a Londra, gli stessi funzionari avrebbero saputo che la «metropolitan police» già nel gennaio 2011 aveva inviato al dissidente kazako un avviso «di pericolo imminente».
Ma le fonti di imbarazzo non finiscono qui. Rimane da chiarire perché le autorità italiane abbiano deciso di procedere all'espulsione della moglie e della bambina con una velocità che non viene riservata (giustamente) neanche ai boss più pericolosi. In quei giorni di fine maggio gli svarioni, i controlli superficiali si sono susseguiti rimbalzando tra gli uffici della Farnesina e del ministero dell'Interno.La donna fermata era in preda al panico e sicuramente ha alimentato la confusione, mostrando una serie di documenti di varia provenienza. Motivo in più per congedare l'ambasciatore kazako e prendersi tutto il tempo necessario per studiare la vicenda.

I nostri funzionari avrebbero capito che si poteva concedere alla signora Shalabayeva una forma di «protezione sussidiaria», come previsto dalle norme europee. Non solo. La Corte europea dei diritti dell'uomo, sede a Strasburgo, ha vietato la riconsegna al Kazakistan anche di spietati criminali (fosse anche un nuovo Jack lo Squartatore), ma perseguiti per motivi politici. A maggior ragione, dunque, non si capisce chi (e perché) abbia avuto tanta fretta di spedire in quello stesso Paese le due donne. Scelte ed errori gravi che hanno già danneggiato la reputazione internazionale dell'Italia.
13 luglio 2013 | 8:35

http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_13/caso-dissidente_53d3fe52-eb85-11e2-8187-31118fc65ff2.shtml


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helios
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il fatto quotidiano parla di un fax invitato al ministero degli esteri:

Kazakistan, spunta un fax inviato dalla Farnesina. Appello dell’esule a Letta
Il messaggio dimostrerebbe che il ministero degli Esteri era al corrente di quanto stava accadendo alla moglie e alla figlia del dissidente kazako, ma nessuno avrebbe avvisato Alfano. Intanto Letta non nasconde la rabbia: "Ora qualcuno deve pagare". E il rifugiato scrive al premier: "Grazie, ma la mia famiglia non potrà più lasciare il Paese"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 luglio 2013
Kazakistan, spunta un fax inviato dalla Farnesina. Appello dell’esule a Letta

E’ sempre più fitto il mistero sul blitz con cui sono state espulse alla fine di maggio la moglie e la figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Un fax inviato dal Cerimoniale della Farnesina all’ufficio Immigrazione della questura di Roma, che chiedeva conferma del fatto che la donna godesse dell’immunità diplomatica, dimostrerebbe infatti che il ministero degli Esteri era al corrente di quanto stava accadendo.

Ma il ministero nega. “Il fax del 29 maggio alla questura di Roma si limitava a rispondere se Alma Shalabayeva avesse o no copertura diplomatica e non poteva collegare la signora al marito rifugiato politico in Gb”, affermano fonti della Farnesina alle agenzie di stampa, ribadendo che il ministero non era al corrente del provvedimento di espatrio e sottolineando che un collegamento era impossibile in quanto la Farnesina “non ha alcun accesso a nessun tipo di data-base dei cittadini stranieri in Italia”.

Il ministero, sempre secondo fonti interne, si è attivato subito per aiutare la signora Alma Shalabayeva, una volta appreso del provvedimento di rimpatrio forzato in Kazakistan disposto nei suoi confronti e di cui non era stata messa a conoscenza. Fonti del Viminale affermano intanto che è attesa ”tra 2-3 giorni per essere discussa la prossima settimana” la relazione del capo della polizia Alessandro Pansa sul caso.

I riflettori sono ora sulla Farnesina. Il primo fax in questione, secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, è stato inviato dal dirigente dell’ufficio Immigrazione, Maurizio Improta, al Cerimoniale della Farnesina, dopo che la signora, fermata dagli uomini della Digos e accusata di avere il passaporto falso, ha detto di avere l’immunità diplomatica. La risposta è arrivata poche ore dopo, con un messaggio firmato dall’addetto Daniele Sfregola secondo cui la signora non godeva di alcuna immunità. Il ministero degli Esteri sembra quindi aver svolto ricerche sul nome della donna, moglie di un rifugiato politico.

A sollecitare l’arresto di Ablyazov per una serie di truffe sarebbe stata l’Interpol, con una nota in cui precisava che l’uomo era “armato e pericoloso”. Dopo il blitz della Digos, dove non è stato trovato il dissidente ma soltanto la moglie e la figlia, il questore Fulvio Della Rocca ha informato subito l’Interpol su quanto accaduto. Ma nessuno si sarebbe preoccupato di avvisare il vertice della polizia e dunque il ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Restano quindi ancora molti interrogativi su quanto accaduto tra il 28 e il 31 maggio. Al punto che il premier Enrico Letta, spiega Repubblica, detta la linea ai ministri, chiusi nel suo studio a palazzo Chigi da mezzogiorno fino alle cinque della sera, spiegando che “da questa vicenda ne possiamo uscire soltanto adottando una politica di total disclosure, di trasparenza assoluta”. Letta ha poi alzato lo sguardo verso il capo della Polizia, senza nascondere la sua rabbia. “Ora qualcuno deve pagare”, ha detto. “Se è vero che Angelino non sapeva, qualcuno della struttura ne risponderà”. Qualche provvedimento sarà preso, insomma, forse quella del capo dell’Immigrazione o del prefetto di Roma o del Questore o del capo della Digos.

Il presidente del Consiglio ha intanto ricevuto una lettera dal dissidente Mukhtar Ablyazov. “Caro Letta, grazie per questa decisione coraggiosa, ma adesso temo che il regime di Nazarbayev reagirà mandando mia moglie Alma in prigione e la mia bambina Alua all’orfanotrofio”, ha scritto l’oppositore kazako nel messaggio riportato dalla Stampa. “Fino ad oggi ho avuto paura che il governo italiano serrasse i ranghi, negando l’illegittimità di quanto avvenuto, ma non è successo”, ha aggiunto, dicendosi “molto grato al popolo italiano per aver reagito a questa orribile vicenda, per non essere stato insensibile”, anche se “temo che il Kazakistan adesso non lascerà andare Alma e Alua, non potranno lasciare il Paese”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/13/kazakistan-spunta-fax-inviato-dalla-farnesina-e-dissidente-chiede-aiuto-a-letta/654778/


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clack
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Più che autoassolvere, quella nota è un'autoaccusa formidabile, che pone in un'evidenza disarmante tutta l'inadeguatezza a livello civico, etico e istituzionale di una classe dirigente talmente degenerata da essere arrivata al punto di contraddire la sua stessa definizione.
Infatti, invece che dirigere dimostra di essere alla ricerca disperata di un datore di ordini, per quale che sia, cui sottomettersi sotto la spinta irrefrenabile della propria indole, codarda e serva per definizione. Che è vero elemento unificante di personaggi ancora convinti di rendersi distinguibili gli uni dagli altri per il colore dell'uniforme che indossano, ma che sono accomunati proprio da una viltà spinta ai limiti del surreale.


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clack
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Se Letta sapeva, e vuole dimostrare un barlume di dignità, personale ancor prima che istituzionale, deve dimettersi.
Subito.


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helios
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Se Letta sapeva, e vuole dimostrare un barlume di dignità, personale ancor prima che istituzionale, deve dimettersi.
Subito.

quoto, oltretutto Letta non può prendersela con il capo della poliza

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=61215

L'espulsione di moglie e figlia del dissidente Ablyazov è avvenuta alla vigilia dell'insediamento di Pansa negli uffici del ministero guidato da Alfano. L'indagine interna disposta da Letta ha già raccolto le testimonianze dei vertici della Questura di Roma: Giannini (Digos), Improta (Ufficio stranieri), Cortese (Squadra mobile). Che hanno sostenuto di aver eseguito "ordini superiori"

piuttosto dovrebbe andare a ricercare che chi arrivavano gli "ordini superiori" considerato che il capo della polizia in quel momento era vacante.

L’indagine voluta da Enrico Letta, che pare determinato, come annunciato durante il question time del 10 luglio alla Camera, a fare “piena luce” sull’accaduto, ha già acquisito alcune importanti testimonianze, quella di Lamberto Giannini, capo della Digos di Roma, uomo di grande esperienza nella lotta al terrorismo politico, che ha dato il via al blitz di Casal Palocco; quella di Maurizio Improta, capo dell’ufficio immigrazione della Questura e quella di Renato Cortese, poliziotto di primo piano nella lotta alla criminalità organizzata che partecipò anche alla cattura di Bernardo Provenzano. Tre poliziotti “di rango” che hanno avuto un ruolo di primo piano nella vicenda e hanno sostenuto di aver “eseguito ordini superiori”. E, in quei giorni, l’unico che poteva dispensare un ordine del genere, visto anche il singolare momento di passaggio di consegne ai vertici della polizia, era solo il ministro, Angiolino Alfano.

Del fax dell’Interpol, che avrebbe dato il via all’operazione, almeno secondo Alfano, si è comunque persa ogni traccia.

Quindi per trovare il colpevole occorre che il governo si dimetta.


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helios
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Caso Kazakistan, ecco le carte della “rendition”: blitz, affido ed espulsione
I pm tentarono di sentire Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako, ma l’ufficio immigrazione rispose: va spedita subito ad Astana. A guardia della villa un carabiniere e un agente della Presidenza del Consiglio
di Davide Vecchi | 12 luglio 2013

Nel primo pomeriggio di venerdì 31 maggio avviene uno scambio tra la procura di Roma e l’ufficio immigrazione della questura: i magistrati vogliono sentire Alma Shalabayeva, su richiesta dei suoi legali, in merito al passaporto ritenuto falso, motivo per cui è indagata ed è quindi suo diritto essere ascoltata a spontanee dichiarazioni. Ma gli agenti rispondono via fax che il documento è contraffatto. Quindi il passaggio è inutile. In realtà si è poi accertato che il passaporto era autentico. Inoltre quel pomeriggio Alma era già in viaggio verso Ciampino dal Cie di Porta Galeria, dove era stata condotta appena due giorni prima.

“Di seguito alle intese telefoniche odierne, con riferimento al sequestro del passaporto diplomatico esibito dalla nominata in oggetto risultato contraffatto, si trasmette la nota del Ministero degli Esteri” del Burundi, “la nota verbale dell’Ambasciata del Kazakistan in Italia relativa alla reale identità della Shalabayeva alias Ayan”. Inoltre, conclude fra l’altro il fax, “la Shalabayeva è nella condizione di essere rimpatriata, unitamente alla figlia minore”. Il fax firmato da Maurizio Improta, capo dell’ufficio immigrazione, è stato ricevuto dall’ufficio del procuratore capo, Giuseppe Pignatone e inviato all’attenzione anche del magistrato Eugenio Albamonte, alle 15.22 del 31 maggio.

La moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, insieme alle figlia Alua di 6 anni, vengono nel frattempo portare a Ciampino.Qui, poco dopo le 18, viene stilato il verbale di affidamento della minore. Un verbale “redatto sottobordo”, in pratica sulla pista ai piedi dell’aereo, si legge nel documento, “alla presenza del console onorario Nurlan Khassern”. La bambina viene affidata “all’ambasciatore del Kazakistan Yerzhan Yessirkepov”. Che prende in consegna le due donne, le fa salire sul jet privato appositamente affittato al mattino alle 11 in Austria dal governo kazako, che lascia Ciampino alle 19 esatte.

La ricostruzione di quanto accaduto quel 31 maggio è solo una piccola parte dell’informativa della Digos allegata agli atti delle indagini sul rimpatrio forzato delle donne che sta mettendo in seria difficoltà il governo di Enrico Letta e in particolare il vicepremier e ministro dell’Interno, Angelino Alfano che sarebbe intervenuto direttamente, su espressa richiesta del regime kazako, senza coinvolgere Palazzo Chigi né il ministero degli Esteri né quello della Giustizia.

I documenti allegati agli atti riguardano il periodo dal 24 maggio in poi. In quella data, infatti, il dissidente Ablyazov viene intercettato, fotografato e filmato nel quartiere dell’Eur a Roma. In compagnia di alcuni familiari a passeggio e a bordo di un monovolume bianco. Per questo la Digos decide di organizzare il blitz nella villa che la famiglia ha affittato a Casal Palocco dove erano arrivate a inizio mese.

A carico dell’uomo, maggior oppositore del regime di Nursultan Nazarbayev, c’è un mandato di cattura internazionale. Ma uno, non due: emesso dal Kazakistan. In Gran Bretagna, dove è rifugiato politico da diversi anni, Ablyazov ha una pendenza civile. Nessun mandato di cattura inglese, dunque. Come invece inizialmente era stato fatto trapelare. Gli uomini della Digos decidono di intervenire la notte tra il 28 e il 29 maggio. Nel pomeriggio del 28 effettuano un sopralluogo a Casal Palocco (che nel verbale diventa “Casal Balocco”) per pianificare il blitz e trovano tre persone. Ed ecco un’altra sorpresa che emerge tra gli atti: “D. F. si identifica con una tessera della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, un secondo “mostra un tesserino dei Carabinieri”. Infine i due spiegano “di aver ricevuto incarico da un cittadino israeliano, Forlit, residente in Tel Aviv (…) dove è titolare della società Gadot Information Service”.

Alle 18.10, annotano gli agenti della Digos nell’informativa allegata agli atti, “personale investigativo nota un uomo di 55/60 anni di sesso maschile con un auricolare intento a comunicare con un altro uomo all’interno di un auto posteggiata nei pressi dell’abitazione di via Casal Balocco 3. (…) A richiesta di esibire i documenti il primo, D. F., diceva essere personale polaria e mostra tessera del Consiglio dei Ministri dopo aver tentato di divagare con risibili motivazioni (…) spiega di aver ricevuto incarico dal cittadino israeliano Forlit, dietro pagamento di 5mila euro, di verificare la presenza di una persona”.

La Digos procede alla bonifica della zona: alle 20 ha la certezza che Ablyazov sia all’interno della villa. Rimane un presidio di pochi agenti per verificare che nessuno si allontani da lì. Poi la notte scatta il blitz. E viene arrestato un uomo. Ma è il cognato del dissidente. E anche lui viene condotto al Cie insieme alla moglie di Ablyazov, Alma. Mentre Alua, la bimba di sei anni, viene affidata temporaneamente alla zia che rimane a Casal Palocco. La competenza a questo punto passa dalla Digos, guidata da Lamberto Giannini, agli uomini dell’ufficio immigrazione, a cui capo è Maurizio Improta. Alma entra al Cie poco prima dell’alba del 29 maggio. Dopo appena poche ore il prefetto emette il decreto di espulsione. Lo ricorda lo stesso Improta anche nel fax che invia ai magistrati.

L’ambasciata del Kazakistan invia i documenti relativi alla reale identità della donna solo il giorno successivo, quando ormai Alma è partita, con la figlia, e spedita nelle mani di Nazarbaev accusato ancora ieri da Amnesty International di ingannare la comunità internazionale .

L’organizzazione ha denunciato “l’uso regolare della tortura e dei maltrattamenti in Kazakistan” dove le forze di sicurezza agiscono con impunità e la tortura nei centri di detenzione sia la norma. A questa realtà le autorità italiane hanno affidato Alma e sua figlia.

Oltre alle indagini della Procura, anche la politica ha avviato un’inchiesta. Ieri durante la riunione del Copasir Claudio Fava ha invocato “una risposta di Alfano”. Va svelata, ha aggiunto il deputato di Sel, “la catena di comando di un’operazione opaca nelle forme e grave nel contenuto. Noi vogliamo sapere da Alfano chi ha chiesto al dottor Maurizio Improta di intervenire con modalità inconsuete e con tanta solerzia per espellere le due kazake e chi si è assunto la responsabilità di dare informazioni frettolose e imprecise su un presunto passaporto falso in possesso della donna che invece era autentico”

da Il Fatto Quotidiano del 12 luglio 2013

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/12/caso-kazakistan-ecco-carte-del-rapimento-blitz-affido-ed-espulsione/654596/


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oriundo2006
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Non vorrei aggiungere altro ai commenti che mi precedono, condivisibilissimi e acuti. Posso dire pero' la mia ? Tutto si spiega se proviamo a riunire i fili qua e là sparsi: il Governo italiano è semplicemente l 'espressione' politica esteriore di un governo-ombra Nato che lo 'tutela'. Questo pianifica, decide, ordina, impone: e i ministri 'competenti' ( probabilmente è solo da li', al livello di stabilire chi era il ministro 'competente' che si è dipanata la catena di comando, saltando il Premier il quale se le è presa MA SOLO PER QUESTO SGARBO ) e questi obbediscono, proni e felici di farlo perchè è poi sempre questa struttura-ombra ad assegnare dicasteri, prebende, 'mission' sia oggi che domani ( vedi Frattini ed altri come hanno a cura queste relazioni 'speciali' e come ne sono ricompensati ben oltre le loro inesistenti capacità ). Tuttavia: perchè questa extraordinary rendition è stato fatto nonostante l'ostilità 'occidentale' verso il dittatore kazako ? E' stato fatto un 'piacere' a Berlusconi a futura sua memoria, uno 'scambio' per ragioni politiche interne di 'stabilità' ? Oppure il dissidente stava assumendo un ruolo di 'contestatore' globale ed andava 'fermato' ? Quali interviste aveva rilasciato ultimamente ? Tutto da chiarire, ma secondario ai miei occhi. Quello che appare fondamentale è l'opera di apparati che si muovono all'ombra di violazioni di leggi e 'umanismi' vari eseguendo 'ordini' superiori la cui origine non è coerente con la catena di comando ufficiale e 'democratica'. Un Presidente del Consiglio ancorchè embedded dovrebbe come minimo chiedere la testa del capo dei Servizi, oppure capire, come il buon Letta a sua insaputa si ostina a non comprendere, che non conta assolutamente niente: e trarne le debite conseguenze. Ma se ne avesse le capacità non sarebbe li'.


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helios
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Manca soltanto un tripode con un catino pieno d'acqua - come per Ponzio Pilato - in cui lavarsi pubblicamente le mani sul piazzale del Viminale o della Farnesina: sarebbe l'ultimo atto, purtroppo coerente, della vergognosa figura in cui i ministri Alfano e Bonino hanno sprofondato l'Italia con il caso Ablyazov. La moglie e la figlia del dissidente kazako vengono espulse dall'Italia con una maxioperazione di polizia e rimpatriate a forza su un aereo privatoper essere riconsegnate al pieno controllo e al sicuro ricatto di Nazarbaev. Un satrapo che dall'età sovietica, reprimendo il dissenso, guida quel Paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila.

Basterebbero questa sequenza e questo scenario per imbarazzare qualsiasi governo democratico e arrivare subito alla denuncia di una chiara responsabilità per quanto è avvenuto, con le inevitabili conseguenze. Ma c'è di più. Alfano, vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Interno, ha pubblicamente dichiarato che non sapeva nulla di una vicenda che ha coinvolto 40 uomini in assetto anti-sommossa, il dipartimento di Pubblica Sicurezza, la questura di Roma, il vertice - vacante - della polizia. Un ministro che non è a conoscenza di un'operazione del genere e non controlla le polizie è insieme responsabile di tutto e buono a nulla: deve dunque dimettersi.

C'è ancora di più. Come ha accertato Repubblica, l'operazione è partita da un contatto tra l'ambasciatore kazako a Roma e il capo di Gabinetto del Viminale che ha innescato l'operatività della polizia. Se Alfano era il regista del contatto, o se ne è stato informato, deve dimettersi perché tutto riporta a lui. Se davvero non sapeva, deve dimettersi perché evidentemente la sede è vacante, le burocrazie di sicurezza spadroneggiano ignorando i punti di crisi internazionale, il Paese non è garantito.

Quanto a Bonino, la sua storia è contro il suo presente. Se oggi fosse una semplice dirigente radicale, sempre mobilitata più di chiunque per i diritti umani e le minoranze oppresse, sarebbe già da giorni davanti all'ambasciata kazaka in un sit-in di protesta. Invece difende il "non sapevo" di un governo pilatesco. Parta almeno per il Kazakhstan, chiedendo che Alma e Alua siano restituite al Paese dove avevano scelto di tutelare la loro libertà, confidando nelle democrazie occidentali. E per superare la vergogna di quanto accaduto, porti la notizia - tardiva ma inevitabile - delle dimissioni di Alfano.

(15 luglio 2013)

http://www.repubblica.it/politica/2013/07/15/news/dimissioni_subito-62994846/?ref=HREA-1


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