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Iraq-3 mozioni al voto nelle commissioni riunite


marcopa
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Finita la riunione delle quattro commissioni congiunte (Esteri e Difesa del Senato e Esteri e Difesa della Camera)

Saranno ora messe ai voti 3 mozioni, una dei quattro presidenti delle commissioni, una di SeL e una del Movimento 5 Stelle.

La votazione però si svolgerà non per l' insieme della quattro commissioni, ma divisa nelle singole commissioni (o unendo insieme le due del Senato e le due della Camera, scusate ma questo dettaglio non sono riuscito a sentirlo).

Il 4 settembre l' aula della Camera inizierà a discutere la conversione in legge del decreto per il rifinanziamento delle missioni militari all' estero, conversione che dovrà concludersi entro il 1 ottobre, nel provvedimento sarà inserito un emendamento relativo alla cessione delle armi italiane all' autorità regionale del Kurdistan, cessione che avverrà tramite il governo centrale iracheno.


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marcopa
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SeL:

No armi ai curdi, il rischio è la divisione dell'Iraq»

L'invio di armi ai combattenti curdo-iracheni che si contrappongono all'offensiva delle milizie radicali islamiche accentua i rischi di divisione del Paese e in ogni caso potrebbe essere decisa solo attraverso un pieno coinvolgimento del Parlamento e non, come sta accadendo oggi, attraverso una informativa alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.

M5S: «Armi ai curdi? Come in Libia, poi non si sa che fine faranno»

ROMA - L'invio di armi ai combattenti curdo-iracheni che si contrappongono all'offensiva delle milizie radicali islamiche accentua i rischi di divisione del Paese e in ogni caso potrebbe essere decisa solo attraverso un pieno coinvolgimento del Parlamento e non, come sta accadendo oggi, attraverso una informativa alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. E' questo il contenuto della risoluzione presentata in occasione della seduta comune delle commissioni dai gruppi parlamentari di Sinistra Ecologia e libertà.

Sel condanna «le persecuzioni ed atrocità commesse dai miliziani ISIS verso le popolazioni civili», sottolineando «l'urgenza di una forte iniziativa internazionale nell'ambito delle Nazioni Unite per la protezione dei civili» ma boccia l'annunciata intenzione del Governo di armare i «peshmerga» curdi, iniziativa che «rischia di accelerare il processo di divisione dell'Iraq, e di rafforzare un progetto di Kurdistan iracheno indipendente, con conseguente ulteriore destabilizzazione in tutta l'area».

In ogni caso, Sel ritiene che «la decisione rispetto all'invio di armi da parte del governo italiano debba essere sottoposta ad una discussione circostanziata ed accurata del Parlamento e non ad una semplice informativa ex-post in Commissione, nonché all'approvazione di un atto specifico che autorizzi la cessione di armamenti compatibilmente con le prescrizioni ed i criteri fissati dalla legge 185/90».

Per questo, la risoluzione parlamentare presentata da Sel si conclude con la bocciatura della proposta del Governo di inviare armi alle milizie curde e propone di coinvolgere le Nazioni Unite per inviare una forza di interposizione e di attivare «in quanto presidente di turno dell'Unione Europea la convocazione di una conferenza che veda coinvolti tutti paesi della regione, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Turchia in primis, al fine di mettere a punto un approccio regionale alla crisi ed isolare economicamente e politicamente ISIS e le forze jihadiste».


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marcopa
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«Armi ai curdi? Come in Libia, poi non si sa che fine faranno»

Un Movimento 5 stelle «fortemente imbarazzato» dalle comunicazioni dei Ministri degli Esteri Federica Mogherini e della Difesa Roberta Pinotti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato riunite a Montecitorio in seduta comune.

ROMA - Un Movimento 5 stelle «fortemente imbarazzato» dalle comunicazioni dei ministri degli Esteri Federica Mogherini e della Difesa Roberta Pinotti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato riunite a Montecitorio in seduta comune. E' il senso dell'intervento in commissione del deputato toscano Massimo Artini, che ha sottolineato come il ministro Mogherini «ha detto che la situazione è completamente diversa dal passato, che lo sconvolgimento politico coinvolge praticamente tutto il Medio Oriente, ma il problema è che stiamo agendo come negli scorsi dieci anni».

«Abbiamo scelto - ha proseguito l'esponente stellato - di fornire dei materiali (che per altro erano stati sequestrati e dovevano essere distrutti) al Governo dell'Iraq, lo stesso Governo che è a capo dell'esercito iracheno che si è sciolto come un ghiacciolo di fronte all'avanzata dell'Isis. Diamo kalashnikov a un governo incapace di mantenerli, ma gli armamenti leggeri in quella zona non mancano. Spostare armamenti leggeri significa alimentare il mercato nero. Stiamo pensando di agire come con la Libia, fornendo armamenti a non si sa chi e poi non si sa che fine faranno».

Secondo il rappresentante del Movimento 5 stelle, sulla crisi mediorientale «quello che non si capisce è qual è la volontà politica. Non c'è la valutazione della forza curda nella zona, non si parla della parte curda nel Rojava in Siria o nell'area della Turchia».

Artini ha anche criticato l'atteggiamento del Governo in relazione al ruolo del Parlamento, per la scelta di «limitare la discussione così importante alle sole commissioni. Io chiedo - ha aggiunto - che il Governo calendarizzi una informativa e una votazione plenaria da parte dell'assemblea».


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marcopa
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Al Senato le due commissioni, Difesa e esteri hanno votato 27 sì alla mozione governativa e 4 NO

Mentre il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è a Bagdad per la sua missione lampo in Iraq, a Roma le commissioni Esteri e Difesa del Senato hanno approvato con 27 sì e 4 no la risoluzione della maggioranza (a prima firma il pd Giorgio Tonini) per la fornitura di armi al governo iracheno.

Le altre due mozioni, quelle di M5S e Sel contrarie all'invio di armamenti ai peshmerga, non sono state votate perché precluse dall'approvazione della prima.


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radisol
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In effetti, la questione è complessa ...

I kurdi che stanno combattendo, con qualche oggettivo successo sul campo, contro l'Isis non sono i kurdi irakeni "ufficiali", i famosi peshmerga diretti da Talibani ... e da sempre legatissimi agli Usa ed anche ad Israele ...

Sono invece i kurdi turchi del PKK, comunisti ... ed i kurdi siriani che, dopo aver approfittato della debolezza di Assad per promuovere una "repubblica del Kurdistan siriano", si sono poi trovati invece a scontrarsi pesantemente con gli islamisti sunniti dell'Isis sul territorio appunto siriano ... basti, per piegare la clamorosa "alterità" di questi ultimi, pur nella comune avversione al regime di Assad, con l'Isis il fatto che il principale loro battaglione che si è scontrato con gli islamisti prima in Siria e poi in Irak, è formato esclusivamente da donne ...

Entrambe queste realtà hanno ritenuto di convergere ora in Irak e si stanno dimostrando gli unici veri difensori delle popolazioni cristiane ( anche esse comunque di etnia kurda ) assediate dall'Isis ...... anche se indubbiamente in questo aiutati dai bombardamenti dei droni Usa contro le postazioni dell'Isis ... mentre Talibani fa solo chiacchiere ma non è finora minimamente intervenuto nel conflitto sul campo ...

Ora, al di là di una oggettiva convergenza del momento, appare difficile pensare che gli Usa e la stessa Ue vogliano veramente rifornire di armi piccole ( che peraltro sul terreno irakeno proprio non mancano) due realtà guerrigliere così lontane dai loro interessi .... e nel caso del PKK anche a rischio di una destabilizzazione della Turchia, bastione della Nato in Medio Oriente ...

E' invece probabile che queste forniture, se mai ci saranno veramente, finiranno nelle mani dei peshmerga "ufficiali" kurdo/irakeni di Talibani ... magari utilizzati nella fase finale, dopo che il "lavoro sporco" e più pericoloso lo stanno facendo i kurdi di Turchia e Siria ... come esercito "liberatore" e soprattutto "normalizzatore" dell'area ... magari anche in funzione anti-iraniana ed anti-sciita all'interno dell'Irak ...

Tutta questa analisi complessa, sulla quale i media italiani sorvolano alla grande, credo sia indicativa di una squallida ipocrisia rispetto a quanto si sta discutendo anche qui da noi rispetto alla situazione irakena ...

Senza poi dimenticare il dato clamoroso, taciuto anche questo con totale ipocrisia dai media, che anche i combattenti islamisti sunniti dell'Isis operano con armamenti forniti - a suo tempo in funzione anti-Assad - direttamente ... o indirettamente tramite le monarchie saudita e del Qatar, altri bastioni filo-Usa dell'area ... dagli stessi Usa e Ue ....


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radisol
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Sorelle nelle fila delle YPJ: abbiamo trasformato la tragedia in lotta

Martedì 19 Agosto 2014

Tratto da Firat News

Un gran numero di persone del villaggio di Girsor si è rifugiato sul monte Sinjar, quando le bande dell'ISIS hanno attaccato ed occupato la cittadina curda yezida di Sinjar il 3 Agosto.

Anche Laleşin ed Evin provengono dal villaggio di Girsor ed hanno trovato rifugio in Rojava unendosi alle fila delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne) del Curdistan Occidentale dopo aver varcato il confine grazie al corridoio aperto dai guerriglieri dell'HPG ed ai combattenti dell'YPG dopo sette giorni senza acqua e cibo sulle montagne.

Due giovani sorelle, Laleşin ed Evin, dicono di non avere più paura dopo essersi unite alle forze dell'YPJ, e fanno appello alle donne yezide di non permettere alla tragedia che stanno affrontando di divenire il loro destino.

La ventenne Laleşin racconta quanto segue in merito alle difficoltà da loro affrontate sul monte Sinjar:

"Siamo fuggite sul monte Sinjar quando ha attaccato l'ISIS. Nella settimana che vi siamo rimaste, abbiamo riempito i tappi delle bottiglie d'acqua che ci siamo portate dietro e li abbiamo bevuti una ad una. In questo modo almeno ci bagnavamo la gola. Altrimenti saremmo morte. Purtroppo i bambini piccoli e gli anziani non hanno potuto farcela. Le persone bloccate sui monti sono sopravvissute a quella settimana grazie agli alberi da frutto e mangiando le foglie di fico e degli altri alberi. Ciò ha impedito la morte di un numero ancora più alto di persone. Abbiamo distribuito a ciascuno una fetta del pane che siamo riuscite a prendere con noi fuggendo. Non potevamo neppure bere l'acqua che veniva paracadutata perché tutte le bottiglie che venivano lanciate dall'elicottero scoppiavano. Siamo riuscite a malapena a sopravvivere nei sette giorni che abbiamo passato lì."

Poi parla sua sorella Evin (19), di un anno più giovane: "Sotto il sole cocente la pressione sanguigna di mia madre è salita. Non pensavamo che sarebbe sopravvissuta, quando i combattenti dell'HPG sono venuti a salvarci. L'hanno prelevata da lì e l'hanno portata di corsa in ospedale."

Laleşin ed Evin, assieme ad altre quattro giovani donne di Sinjar, si sono unite alle forze delle YPJ a Rojava, che sono riuscite a raggiungere in seguito ad un rischioso viaggio.

"Ci sentiamo più forti ora" - dice Laleşin, che afferma che la loro partecipazione alle YPJ è anche di esempio per tutte le altre donne yezide. Inoltre aggiunge: "La mia stessa madre ci ha affidate alle nostre compagne quando ci siamo unite alle YPJ. E' la prima volta che accade nella comunità yezida, laddove la partecipazione delle donne a simili organizzazioni non viene vista di buon occhio. Tuttavia, la mia famiglia ha anche compreso che questo era il modo di difendere il nostro onore e le nostre terre, e ci ha affidate alle combattenti delle YPJ affinché lottassimo come le altre guerrigliere. Siamo molto felici qui e ci sentiamo molto più forti."

"Siamo qui oggi perché non abbiamo dimenticato i giorni che abbiamo vissuto", afferma Evin riguardo alla ragione per cui si siano unite alle fila della resistenza. Continua a raccontarci di uno scioccante evento a cui hanno assistito mentre erano sul monte Sinjar: "Noi, le donne, dormivamo a turno di notte mentre gli uomini montavano la guardia davanti alla montagna. Avevamo già preso la decisione di prenderci per mano l'un l'altra e lanciarci nel dirupo se l'ISIS ci avesse attaccato. Alcune lo hanno fatto. Circa 40 donne si sono prese per mano e si sono lanciate dalla rupe per non essere catturate dall'ISIS. Vivere non significa nulla per noi se non abbiamo una vita onorevole."

Evin ha evidenziato di aver scelto la strada più onorevole unendosi alle YPJ, ed ha fatto appello a tutte le donne yezide di prendere parte alla lotta.

"Noi, come sorelle, ci siamo unite alle YPJ per vendicarci del nostro fratello assassinato, di migliaia di yezidi massacrati e del rapimento delle donne yezide. Ora siamo in fase di addestramento, e sto contando i giorni che mancano per andare a Sinjar e combattere contro l'ISIS."

Evin ha fatto appello a tutte le donne ed uomini yezidi di unire le forze contro le bande dell'ISIS, ed ha giurato di amplificare la resistenza ai massacri mirati contro il suo popolo.

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/12550-sorelle-nelle-fila-delle-ypj-abbiamo-trasformato-la-tragedia-in-lotta


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