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20/8/1976 - Graziano Mesina guerrigliero ?


radisol
Illustrious Member
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Il 20 agosto 1976 Graziano Mesina, noto come la primula rossa del banditismo sardo, mette a segno una delle sue più clamorose evasioni, fuggendo dal carcere di Lecce assieme ad altri tre detenuti.

Assieme a lui, nell'evasione, si trovano anche Martino Zicchitella e Giuseppe Sofia, entrambi attivisti dei NAP ( Nuclei Armati Proletari) e Maffeo Bellicini, esponente romano del clan dei marsigliesi.

Dopo questa evasione, resa possibile anche dal lavoro che i NAP facevano dall'esterno del carcere per agevolare la fuga dei propri compagni in cella, l'avvocato di Mesina, Giannino Guiso, difensore anche del nucleo storico delle Brigate Rosse, dichiarerà solennemente alla stampa "è morto il bandito Mesina, è nato il guerrigliero", lasciando intendere una sua adesione ai Nap.

In effetti poi questa adesione ai Nap non risulterà, anche se in un primo momento verrà accusato e poi prosciolto per l'attentato del febbraio 1977 a Roma compiuto dagli stessi Nap contro il capo dell'Antiterrorismo Noce ( uno dei soliti improbabilissimi "testimoni oculari" giurava di averlo riconosciuto tra gli attentatori), azione in cui morirà il suo co-evaso Martino Zicchitella.

Però è anche vero che Mesina, arrestato alcuni mesi dopo in Veneto insieme ad un folto gruppo di latitanti sardi, verrà accusato insieme ai suoi corregionali di una serie di attentati avvenuti in quella zona contro caserme dei carabinieri e commissariati di polizia, azioni non propriamente tipiche del normale banditismo comune.

Così come è vero che due dei sardi arrestati in quell'occasione insieme a Mesina, che non avendo grandi pendenze giudiziarie a carico verranno presto scarcerati, saranno poi coinvolti uno nella complessa epopea di Barbagia Rossa e della colonna sarda delle Brigate Rosse ( era il "custode" della grotta di Lula in cui erano state stipate le armi fornite alle BR dai palestinesi di Al Fatah, armi che dovevano servire per una mega-evasione dall'Asinara) ed un altro nelle azioni in continente del gruppo anarco-insurrezionalista denominato Orai.

Insomma, tutto lascia pensare che, sia pure per un breve periodo e fuori dalla sua regione, il sogno di Feltrinelli del "Mesina guerrigliero" ( aveva cercato inutilmente di coinvolgerlo, incontrandolo nella latitanza, in una ipotesi di Gap sardi nei primissimi settanta) tra il 1976 ed il 1977 si sia in qualche modo avverato ...

Graziano Mesina nasce il 4 aprile 1942 da una famiglia di pastori ad Orgosolo, paese che, in particolare alla fine degli anni '60, si distingue per la mobilitazione in difesa del territorio sardo e la forte insofferenza verso la pressione dello Stato.

Fermato per la prima volta all'età di 14 anni perché trovato in possesso di un fucile rubato, Mesina comincia fin da giovanissimo la sua lunga storia di evasioni.

Ad alimentare la sua avversione verso un sistema giudiziario impaziente di mostrare i propri progressi nella lotta al banditismo, e dunque disposto a sorvolare sulla veridicità dei fatti per poter mostrare catture esemplari, vi è l'arresto, nel luglio del 1960, di tre dei suoi fratelli (Giovanni, Pietro e Nicola) per un omicidio che non avevano commesso.

Pochi giorni prima, infatti, era stato rapito e poi ucciso il commerciante Pietrino Crasta e una lettera anonima aveva segnalato alla questura che il cadavere si trovava in un terreno preso in affitto dai Mesina.

Il corpo viene effettivamente ritrovato dove indicato e i tre fratelli vengono condannati a due anni di detenzione per la semplice accusa di occultamento di cadavere, della quale pure non c'era alcuna prova certa; un quarto fratello, Antonio, riesce invece a fuggire e durante la latitanza raccoglie numerose prove ed elementi a favore dell'innocenza sua e degli altri tre Mesina.

Scarcerato all'inizio del 1961, Graziano Mesina torna in carcere nel giro di pochi mesi con l'accusa dell'omicidio di Luigi Mereu, zio di uno degli accusatori nella vicenda Crasta; condannato a sedici anni, si proclama innocente per mancanza di prove.

Il 6 settembre dello stesso anno, dopo essersi fatto ricoverare in ospedale a Nuoro, evade nuovamente scavalcando un davanzale e calandosi lungo un tubo dell'acqua in cui rimane nascosto per tre giorni.

Poche settimane dopo il fratello Giovanni viene ucciso e Graziano Mesina viene nuovamente fermato per aver vendicato il fratello con l'omicidio di Andrea Muscau, ritenuto responsabile dell'assassinio di Giovanni.

Tra il 1963 e il 1965 i tentativi di evasione si susseguono senza sosta tra celle, vagoni in corsa, manicomi, buchi nel pavimento di un treno e scalate di 7 metri di mura carcerarie.

Fermato nel marzo del 1968 ad un controllo della polizia stradale e incarcerato prima a Volterra e poi a Regina Coeli, la lunga serie di fughe clamorose di Mesina si interrompe per otto anni fino a quando, nel 1976, gli giunge la notizia dell'uccisione di un altro fratello, Nicola.

Vedendosi negata ripetutamente la richiesta di rientrare in Sardegna per assistere ai funerali, Mesina scappa nuovamente appunto durante la famosa evasione di gruppo del 20 agosto 1976, resa possibile appunto dalla "copertura esterna" dei Nap.

Grazianeddu Mesina è all'oggi considerato il fautore della rinascita del banditismo sardo, colui che costrinse le autorità, negli anni '60, all'invio sull'isola di reparti speciali di polizia e carabinieri, i cosiddetti baschi blu, che arrivarono ad una vera e propria occupazione militare della Barbagia.

Mesina ha ottenuto la grazia nel novembre del 2004 ma non è ancora potuto rientrare da uomo libero nel paese natio di Orgosolo.


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