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Le Università italiane si stanno svuotando


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Fuga dalle università 60 mila studenti in meno

L’UNIVERSITÀ italiana si sta svuotando. Proprio mentre la crisi dovrebbe stimolare, come nel resto dei Paesi Ocse, un incremento degli investimenti in istruzione, dato che costa meno studiare quando non c’è lavoro, dunque il tempo dedicato allo studio non viene sottratto ad attività che potrebbero generare un reddito.

Calano studenti e docenti, nonostante il nostro Paese sia già il fanalino di coda nell’area Ocse nella percentuale di trentenni con una laurea.
I dati diffusi ieri dal Cun (Consiglio universitario nazionale) sulle iscrizioni alle università italiane confermano che negli ultimi 10 anni l’università italiana ha perso circa 50.000 iscritti, un sesto di coloro che si iscrivevano all’università nel 2003-4. È un fenomeno che avevamo da tempo denunciato su queste colonne e che non può essere attribuito alla demografia. Non c’è stata, infatti, una diminuzione delle coorti in uscita dalla scuola secondaria negli ultimi 5 anni. Al contrario, il calo è iniziato quando il numero di diplomati stava crescendo e non è solo il numero assoluto di immatricolazioni, ma anche il rapporto fra immatricolazioni e persone con 19 anni di età ad essersi fortemente ridotto negli ultimi anni, dopo essere cresciuto quasi ininterrottamente nel Dopoguerra ed essere raddoppiato dal 1980 al 2005.
Non è neanche colpa delle tasse universitarie. Le entrate contributive per studente sarebbero addirittura diminuite in termini reali negli ultimi anni secondo i dati raccolti dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario. E poi c’è un tetto alla tasse di iscrizione che, almeno in linea di principio, non può essere superato neanche da atenei strangolati dai tagli dei trasferimenti statali. Sono calate, comunque, le borse di studio. Al Sud in molte regioni solo il 10 per cento degli aventi diritto riesce ad ottenere i fondi per il diritto allo studio. Sono state le prime spese ad essere tagliate dopo il calo dei trasferimenti statali a riprova del fatto che ovunque nell’amministrazione pubblica, al centro come nella periferia, i giovani non contano nulla.

È un calo annunciato, per certi aspetti attivamente perseguito. Da anni i governi investono sempre meno nell’istruzione. Addirittura nel piano 2020 elaborato dal governo Berlusconi due anni fa si poneva l’obiettivo di tenere saldamente i livelli di istruzione terziaria del nostro Paese, da qui al 2020, al di sotto di quelli della Romania, l’ultimo paese dell’Unione in quanto a percentuale di laureati sulla popolazione. È un disinvestimento in istruzione, dunque, attivamente ricercato, pianificato. Lo stesso governo Monti ha ignorato l’università italiana, abbiamo avuto un ministro ombra, che si è ben guardato dal decidere, rinunciando anche alle proprie prerogative. Ad esempio, nella gestione dei fondi per la ricerca nell’università, si è preferito dare ancora più potere alle baronie accademiche, abdicando al compito di fare graduatorie dei progetti di ricerca a livello nazionale, dove i condizionamenti di gruppi di potere locali sono meno forti.

Il degrado dell’università italiana non è solo una questione di risorse. È soprattutto una questione di incentivi distorti. Si aspettano fondi ministeriali che non arrivano mai in tempo e su cui comunque non si può certo pianificare, dato che le regole cambiano di continuo. Non si possono alzare le tasse e competere per attrarre studenti. Non si può neanche sperare di attrarre una quota sensibilmente più alta dei fondi di finanziamento ordinario, potenziando e migliorando la ricerca accademica.

L’università italiana non ha così saputo rispondere alla sfida dei trienni, quei corsi brevi che avevano creato in molti giovani l’aspettativa di poter acquisire in un arco di tempo non troppo lungo un titolo di studio immediatamente spendibile sul mercato. Come documentato da Daniele Checchi, l’introduzione dei trienni ha creato come una bolla nelle iscrizioni, che è scoppiata non appena ci si è resi conto che i trienni erano solo una tappa intermedia in un percorso di studio più lungo, volto almeno ad acquisire la laurea magistrale.

Bisognerebbe allora partire soprattutto dal progetto dei trienni per frenare lo spopolamento dell’università italiana. Si potrebbe riformarli, soprattutto nelle sedi periferiche, seguendo il modello delle scuole di specializzazione tedesche. Ciascuna università, anche sede periferica, in accordo con un certo numero di imprese locali, potrebbe introdurre un corso di laurea triennale caratterizzato da una presenza simultanea in impresa e in azienda. Metà dei crediti verrebbe acquisito in aula e metà in azienda. Il lavoratore sarebbe impiegato in azienda e seguito da un tutor. Con controlli reciproci fra università e azienda sulla qualità della formazione conferita al lavoratore. Benché retribuito, il lavoratore non avrebbe alcun diritto automatico a entrare in azienda.

In Italia vi sono circa 80 atenei, troppi. Molti di questi non sono in grado di fare ricerca. Non hanno la massa critica per farlo. Ma possono garantire un buon livello di didattica. Ciascuno di questi atenei potrebbe stringere degli accordi con le associazioni di categoria e i sindacati presenti sul territorio. Le imprese che aderiranno all’accordo dovranno soltanto impegnarsi a prendere nella loro forza lavoro un certo numero di iscritti per anno. Si potrebbe così instaurare una specie di federalismo universitario basato sul rapporto impresa locale e università locale, tenendo conto del profilo della domanda di lavoro nelle diverse regioni. Ad esempio, nel Mezzogiorno ci potrebbe essere una specializzazione nell’industria turistica mentre in alcune regioni settentrionali vi sarebbero corsi di apprendistato universitario in meccanica e scienze biomedicali. È una riforma a costo zero, che non richiede risorse aggiuntive rispetto a quelle attualmente disponibili.

Tito Boeri
Fonte: www.repubblica.it
1.02.2013


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eresiarca
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Ma che palle, finora ci sono stati troppi studenti, in troppe facoltà, con troppi professori a non fare un'emerita pippa tutto il giorno!


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Ogopogo
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Da un lato dispiace per questa notizia. Ma c'è anche un rovescio della medaglia, tanto da poter dire: "60.000 cervelli spappolati in meno"


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marzian
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Ma c'è anche un rovescio della medaglia, tanto da poter dire: "60.000 cervelli spappolati in meno"

Amen.


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Kansimba
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Ho 30 anni ho finito un master qualche anno fa. Se la situazione non è cambiata l'uni è un luogo pieno di straccioni mediocri e hipster che vivono di luoghi comuni e nella miseria intellettuale totale. Inutile dire che non li sopportavo nemmeno all'epoca.
Che apporto possono dare persone così alla società? Gente parcheggiata per anni in aule e corridoi a parlare del nulla?


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Kevin
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60 mila studenti italiani che scelgono di andare a studiare all'estero.
Una buona notizia. Ovvio, non una buona notizia per i cialtroni che insegnano.


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Ho 30 anni ho finito un master qualche anno fa. Se la situazione non è cambiata l'uni è un luogo pieno di straccioni mediocri e hipster che vivono di luoghi comuni e nella miseria intellettuale totale. Inutile dire che non li sopportavo nemmeno all'epoca.
Che apporto possono dare persone così alla società? Gente parcheggiata per anni in aule e corridoi a parlare del nulla?

Hai mai lavorato in una fabbrica o in una piccola impresa?Hai mai fatto l’operaio?Hai mai fatto l’impiegato in un ufficio di terz’ordine, in uno studio legale o come assistente amministrativo/finanziario/commerciale affiancando imprenditori e/o dirigenti? Se si, i tuoi colleghi e superiori denotavano un elevato livello culturale, intellettuale e/o di consapevolezza sociale? I ventenni che trovi nelle uni sono così diversi da quelli che trovi nelle fabbriche?

Non c’è che dire, con te la scuola ha fallito ma prima della scuola forse hanno fallito altre istituzioni … Perché, ammesso che tu abbia acquisito qualche strumento è evidente che non li sai usare … Ma non ti disperare, ammesso che tu abbia una laurea di II° livello puoi sempre andare a rovinare qualche vita insegnando alle scuole medie superiori o scrivendo sul giornale … O se godi di accreditamenti particolari, magari puoi anche diventare rettore di qualche università … Vedi mai, da rettore a presidente del consiglio dello stato delle banane il salto è breve …

Devi aver fatto un master in qualunquismo con relatore senior Cetto La Qualunque … Azzo, hai ragione, gente parcheggiata per anni in aule, corridoi, blog e forum a parlare del nulla come te ce ne un ginocchio!
Se hai acquisito qualche grammo di consapevolezza, forse è a te stesso che dovresti chiedere che apporto puoi dare alla società e sacrificarti per un mondo migliore (liberandolo dai tuoi commenti si intende!)…

P.s.: ho capito chi sei, ti ho smascherato, sei Vito Lops …


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grillone
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purtroppo in italia la laurea non serve a niente! cioè, serve se hai qualche conoscenza(ci siamo capiti, spero); ma se ce l'hai, allora non hai bisogno della laurea


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Kansimba
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Grazie Nat per aver confermato le mie parole.


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helios
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Credo che bisogna capire dove stanno andando quei giovani che non si iscrivono più all'università cioè che sono costretti a non iscriversi perchè le tasse le hanno aumentate a dismisura e le borse di studio le hanno tolte quasi del tutto (i soliti furbetti,che non ne hanno bisogno, quelli le hanno sempre)

60 mila studenti italiani che scelgono di andare a studiare all'estero.
Una buona notizia. Ovvio, non una buona notizia per i cialtroni che insegnano.

non è una buona notizia. Lo stato si è proposto di salvaguardare l'istruzione di qualunque ordine e grado e non lo fa.
Non è una bella notizia quando il tuo paese di manda da un'altra parte perchè non ha più la capacità di dare un futuro al paese.
I cialtroni che insegnano possono essere chiamati cialtroni solo quando al vertici dello stato non ci saranno politici e parlamentari cialtroni.
A ognuno il suo mestiere. La capacità la possiamo vedere da quello che succede intorno riguardo e giovani che sono il futuro di ogni paese e non un peso morto da mandare altrove.


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Grazie Nat per aver confermato le mie parole.

Di nulla, se ti riferisci al fatto che in giro "c'è pieno di straccioni mediocri", pseudo alternativi, mal istruiti e con una visione ampia quanto un paracarro aggiungo io. Ripeto, ce n'è un ginocchio!.


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Matt-e-Tatty
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Penso a persone come i miei genitori che hanno studiato a delle scuole serali, penso a tutta quella massa di giovani dalle umili origini che sono divenuti professionisti, cose che era da ritenersi fantascienza per i loro genitori.
Da anni sento dire da Ciro o' cozzaro che in Italia ci sono troppi laureati, lo dice anche Mimmo o' monnezzaro che che i gggiovani sbagliano a non volersi sporcar le mani con umili lavori.
Mimmo e Ciro sarebbero andati daccordo con una mia professoressa alle scuole medie che circa un quarto di secolo or sono sosteneva in aula il declino della scuola italiana: non vi era una separazione degli studenti in base alle capacità. La difficoltà secondo questa scienziata era nell'impossibilità legale di dividere i futuri professori, medici e manager da i futuri tornitori, muratori e merdaioli comuni, tentava comunque di individuarli nella sua missione di insegnamento, per esempio informandosi del lavoro/professione svolti dai genitori degli alunni.
Monti, Bersani, Berlosco, Grillo... sono dalla parte di Ciro, di Mimmo e della prof... anche Darwin approva sorridente.
Mi sovviene una discussione di qualche mese fa con la giovane sorella di un amico: lei, terminato il percorso di studi che aveva scelto si faceva vanto di aver trovato un lavoretto malpagato come operaia criticando pesantemente le amiche, che pare, non accettassero di buon grado il destino.
Ragazzina molto sovrappeso era felice in questa sua nuova dimensione, un "padrone simpatico" che la apostrofa amichevolmente con "vitella da latte" e "un quintale di gnocca".
Darwin ha sempre ragione, daltronde, la ragazzina era appena tornata con orgoglio da Predappio, in occasione dell'imperdibile commemorazione dell'anniversario della marcia su Roma!


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