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Moby Prince:la tragedia 21 anni fa


helios
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LIVORNO - Sono passati 21 anni da quel 10 aprile 1991, quando 140 persone persero la vita nel rogo della Moby Prince, la nave passeggeri che entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada di Livorno. E la città toscana ricorda quel tragico incidente con una serie di eventi «per non dimenticare». «Abbiamo un dovere fondamentale che è quello di cercare di mantenere una partecipazione della città e di tutte le città a questa tragedia per molti motivi, perché ancora abbiamo bisogno di una verità. Una verità che non darà sollievo a chi ha perduto un proprio caro che comunque dia dignità alle istituzioni in relazione a quelle che sono le richieste dei cittadini», ha detto il sindaco Alessandro Cosimi.

Le celebrazioni. In occasione delle celebrazioni viene proiettato in anteprima nazionale il film documentario «Vent'anni. Storia privata del Moby Prince», di Francesco Sanna. Protagonisti della pellicola sono quattro familiari delle vittime: Loris Rispoli, Angelo Chessa, Giacomo Sini e Mauro Filippeddu. Previsto anche un corteo fino al porto per il lancio delle rose in mare. Alla cerimonia, sarà presente anche il comune di Grosseto a testimonianza della tragedia della Costa Concordia.

Le indagini. Una storia giudiziaria travagliata, quella della Moby Prince, con vari processi che si sono alternati negli anni. Immediatamente dopo la collisione, la Procura di Livorno apre un fascicolo per omissione di soccorso e omicidio colposo. Il processo di primo grado inizia il 29 novembre 1995. Gli imputati sono 4: il terzo ufficiale di coperta dell'Agip Abruzzo Valentino Rolla, accusato di omicidio colposo plurimo e incendio colposo; Angelo Cedro, comandante in seconda della Capitaneria di Porto e l'ufficiale di guardia Lorenzo Checcacci, accusati di omicidio colposo plurimo per non avere attivato i soccorsi con tempestività; Gianluigi Spartano, marinaio di leva, imputato per omicidio colposo per non aver trasmesso la richiesta di soccorso. In istruttoria il giudice per le indagini preliminari, sulla base di quanto presentato da due commissioni di inchiesta, decide di archiviare le posizioni dell'armatore di Navarma, Achille Onorato, e del comandante dell'Agip Abruzzo, Renato Superina.

La sentenza. Il processo si conclude due anni dopo: la sentenza viene pronunciata nella notte tra il 31 ottobre e il 1º novembre 1997. Tutti gli imputati furono assolti perché «il fatto non sussiste». La sentenza verrà poi parzialmente riformata in appello: la terza sezione penale di Firenze dichiara il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Il 5 febbraio 1999 la III Sezione della Corte d'Appello di Firenze dichiara di «non doversi procedere nei confronti del Rolla in ordine ai reati ascrittigli perchè estinti per intervenuta prescrizione». I giudici di Firenze aggiungono tuttavia in sentenza che «non si può non rilevare, che l'inchiesta sommaria della Capitaneria, che per alcuni versi è la più importante perché interviene nell'immediatezza del fatto ed è in qualche modo in grado di indirizzare i successivi accertamenti e di influire sulle stesse indagini penali, può essere condotta da alcuni dei possibili responsabili del disastro». Nel novembre 1997, alcuni parlamentari proposero una nuova commissione parlamentare d'inchiesta.

La manomissione del timone. Contemporaneamente al processo principale, nell'allora Pretura vennero giudicate due posizioni stralciate: quella del nostromo Ciro Di Lauro, che si autoaccusò della manomissione, sulla carcassa del traghetto, di un pezzo del timone, e quella del tecnico alle manutenzioni di Navarma, Pasquale D'Orsi, chiamato in causa da Di Lauro. I due erano accusati di frode processuale, per aver modificato le condizioni del luogo del delitto, ovvero per aver orientato diversamente la leva del timone in sala macchine da manuale ad automatico, nel tentativo di addossare l'intera responsabilità al comando del Moby Prince. Nel corso di una udienza, Ciro Di Lauro confessò di aver manomesso il timone. Ma il pretore di Livorno assolse entrambi gli imputati per «difetto di punibilità». Il pretore di Livorno, pur concordando con il pm sulle responsabilità degli imputati, non ritiene punibili gli stessi, poiché pure essendo accertata la manomissione, quest'ultima non ha tratto in inganno i periti saliti succesivamente a bordo e quindi, seppur deprecabile, non è punibile penalmente. La sentenza verrà confermata sia dal processo di appello sia in Cassazione.

La riapertura dell'inchiesta. Nel 2006 la Procura di Livorno, su richiesta dei figli del comandante Chessa, decise di riaprire un filone d'inchiesta sul disastro del traghetto. Nel 2009, l'associazione dei familiari delle vittime presieduta dai Chessa, in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiede a questi di farsi portavoce presso il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, della richiesta di rendere pubblici i tracciati radar, le immagini satellitari, o altro materiale in possesso delle autorità americane della rada del porto di Livorno durante le ore del disastro del Moby Prince. Nell'aprile 2009, l'onorevole Ermete Realacci presentò una nuova interrogazione parlamentare riguardo al coinvolgimento di altre navi, in particolar modo imbarcazioni militari americane presenti la notte della tragedia nel porto di Livorno e riguardo alla presenza mai accertata definitivamente dei tracciati radar e delle comunicazioni radio registrate a Camp Darby. L'istanza di riapertura delle indagini per appurare le reali responsabilità venne presentata dal legale dei figli del Comandante Chessa. Con maggiore attenzione era stato chiesto di occuparsi della questione del traffico illecito di armi e della presenza di navi militari o comunque navi al di fuori del controllo della Capitaneria di Porto, che possano essere causa o una delle concause del disastro.

Archiviazione. Nel 2006, l'ipotesi di trovare immagini satellitari della sciagura prese di nuovo corpo dopo il ritrovamento di alcune bobine di immagini negli uffici della Procura di Livorno. Nel giugno del 2009, a seguito delle indagini riaperte dalla procura, viene sentito nuovamente come persona informata sui fatti il mozzo di bordo Alessio Bertrand, unico sopravvissuto al rogo. Nel luglio del 2009, su richiesta della magistratura, sono state eseguite scandagliature della zona di porto in cui è avvenuto lo scontro. Il 5 maggio 2010 è stata presentata dalla Procura della Repubblica di Livorno e accolta dal Gip di Livorno la richiesta di archiviazione in merito al nuovo processo richiesto dai figli del comandante Chessa. Secondo i magistrati incaricati le ricostruzioni proposte dai Chessa sono risultate fantasiose e non rispondenti in alcun modo alla veridicità dei fatti ormai ampiamente ricostruiti.

Errore umano. L'anno scorso è stata archiviata dalla procura livornese anche l'inchiesta-bis, aperta su istanza dell'avvocato Carlo Palermo, che prospettava un complesso scenario di operazioni militari segrete e illegali che avrebbero determinato l'incidente e compromesso i soccorsi. Indizi che non hanno trovato riscontri secondo i magistrati livornesi che hanno concluso le indagini, affermando che l'incidente fu provocato da un errore umano, dalla presenza della nebbia e da una nave, il Moby Prince, che navigava in pessime condizioni di sicurezza.
Martedì 10 Aprile 2012 - 16:50 Ultimo aggiornamento: 18:26

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=190404&sez=HOME_INITALIA


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Luca Martinelli
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purtroppo per i depistatori quella sera la nebbia non c'era. Occorre un'altra bufala, questa non regge.


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terzaposizione
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Ennesima strage causata dal servilismo italiano all'alleato (padronato) USA.


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helios
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purtroppo per i depistatori quella sera la nebbia non c'era. Occorre un'altra bufala, questa non regge.

quella sera non c'era nebbia, non c'era nessuno che guardava la partita in televisione perchè non c'era nemmeno il televisore.... dovrebbero smetterla di continuare a riportare le falsità. Almeno per quelle 140 persone bruciate vive la dovrebbero smettere una volta per tutte.
Non ci sono solo le tasse a cui pensare in questo paese.Ci sono stragi, gente morta e persone che ancora soffrono per quelle perdite.

Più che una altra bufala occorre rispetto per le persone morte e per i famigliari di quelle persone morte che vorrebbero un minimo di giustizia
dallo stato italiano. E non importa a chi è prono dopo tutti quei morti.

L'anno scorso è stata archiviata dalla procura livornese anche l'inchiesta-bis, aperta su istanza dell'avvocato Carlo Palermo, che prospettava un complesso scenario di operazioni militari segrete e illegali che avrebbero determinato l'incidente e compromesso i soccorsi.

il complesso scenario non è tanto lontano da camp derby.
Lo scenario invece è stato trasferito nel porto di Livorno che non è un porto militare.
I nostri mari sembrano 'terra' di nessuno a quanto pare, considerato quello che è successo alla costa concordia (nessuno della guardia costiera sapeva dove era la nave) possiamo dire che i controlli mancano del tutto.Quando poi ci sono di mezzo i militari nemmeno i 140 morti del moby prince sono sufficienti per delle indagini 'serie'.


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terzaposizione
Prominent Member
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Perdona la puntualizzazione Helios : delle 140 vittime circa 80/90 sono morte per aver respirato monossido quindi dopo ore di attesa dei soccorsi, quindi lasciati deliberatamente ad agonizzare.


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helios
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Perdona la puntualizzazione Helios : delle 140 vittime circa 80/90 sono morte per aver respirato monossido quindi dopo ore di attesa dei soccorsi, quindi lasciati deliberatamente ad agonizzare.

hai fatto bene a puntualizzare. E questo rende il tutto assai macabro e ribadisce la volontà di non fare nulla per salvare almeno qualche persona sul traghetto. Quelli che hanno voluto questo abbiano ciò che gli spetta.


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