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Oro alla patria


Anonymous
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ORO ALLA PATRIA

DI GIANLUCA BIFOLCHI
Mappe di Subecumene

E’ da un po’ che il settimanale MF-Milano Finanza insiste con una sua idea per rimettere a posto la crisi italiana del debito sovrano. Con il 10% della ricchezza liquida che c’è nel nostro paese si potrebbero comprare tutte le nuove emissioni di titoli di stato che il Tesoro fa per rinnovare quelli in scadenza. Questo in breve riporterebbe in mani italiane il 50% attuale del nostro debito che risiede oltrefrontiera. Giacché la speculazione è alimentata soprattutto da operatori stranieri il nostro debito sovrano diventerebbe così veramente sovrano, cioè fuori tiro rispetto alle manovre ordite all’estero. Checché ne dicono le agenzie di rating i nostri titoli sarebbero in questo caso da tripla A, e ‘Italia diventerebbe un paese come il Giappone che, a dispetto dell’enorme debito pubblico e delle difficoltà del dopo terremoto, continua a emettere i titoli più richiesti del mondo dopo quelli svizzeri.

Ammetto che mi sembra una buona idea. Ma vediamola più da vicino.

Quante possibilità ci sono che quelli che comprano case e yacht e li intestano a società off-shore per nasconderli al fisco italiano avvertirebbero un impulso patriottico a usare le proprie fortune private per sostenere l’immagine e la sostanza della solvibilità del nostro stato? Abbiamo un governo che ha fatto il pieno dei voti alle elezioni politiche anche per la tacita intesa col suo elettorato su un fisco più distratto (e infatti quasi tutte le norme sulla tracciabilità varate dal precedente governo furono subito abolite dal nuovo). Stamattina, poi, ho visto un servizio del TG che diceva che la disponibilità di cassette di sicurezza delle banche della Svizzera italiana è esaurita e che è molto difficile soddisfare le nuove richieste. La ragione? Sembrerebbe che tutto il denaro che è rientrato in Italia con lo scudo fiscale — alla ridicola penale del 5% — sia di nuovo in Svizzera sotto forma di pacchi di banconote in attesa che passi la bufera. Reputo azzardato aspettarsi un soccorso per il debito italiano da parte di costoro.

In secondo luogo — e per fare un considerazione più generale — veniamo da anni di predicazione del verbo neoliberista che insegna: a) che in economia non c’è comportamento razionale se non quello del tutto allineato ai responsi del mercato; b) che il mercato è fatto di microdecisioni in cui quello che fa Caio non ha alcuna relazione con quello che fa Sempronio. Pertanto, assumendo che il catechismo neoliberista abbia messo radici profonde, c’è poco da sperare in comportamenti collettivi dei risparmiatori e degli investitori istituzionali italiani che seguano non la bussola dell’interesse particolare ma quella dell’interesse nazionale.

In terzo luogo, l’appello a dare “oro alla patria” — benché stavolta con restituzione garantita dal demanio dello stato e con ottimi rendimenti — verrebbe da una classe politica che mangia in Parlamento presso una mensa degna della guida Michelin ma con un listino prezzi da catering aziendale. Il precario che si trova lontano da casa e che per la pausa pranzo va al baretto dell’angolo spende più di un senatore, e di certo non mangia orata alla griglia. C’è un fondamentale problema di credibilità in chi emette il messaggio perché gli italiani lo prendano sul serio su una faccenda che riguarda i loro risparmi. Il problema si chiama mancanza di leadership: non ci piace che dei pagliacci ci dicano quello che dobbiamo fare.

E’ un’idea sbagliata quella di difendere il debito pubblico italiano con i nostri soldi? Forse no, ma io conterei solo sui piccoli risparmiatori. Per il resto mi affiderei alle politiche economiche tradizionali che non prevedono processi preventivi di persuasione dei cittadini, per i quali non ci sono né le condizioni né gli strumenti.

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Fonte: Oro alla patria

13.08.2011


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