Sanità e affari, una relazione pericolosa che si fa sempre più stretta, fino al punto che il più potente gruppo di ospedali privati in Italia è pronto a quotarsi in borsa. Si tratta del gruppo San Donato, gigante della sanità privata fondato alla fine degli anni ‘50, controllato dalla famiglia Rotelli, di cui è presidente l’ex ministro Angelino Alfano, e che vanta ben 56 strutture in tutta Italia, tra cui 21 ospedali come il San Raffaele, il policlinico San Donato, l’istituto ortopedico Galeazzi, oltre 5mila posti letto e più di 7700 medici alle proprie dipendenze.
L’intenzione era già nota da 2021, ma lo sbarco in borsa era stato rimandato per via dell’emergenza Covid. Nelle ultime settimane la corsa però è ripartita: lo scorso 9 gennaio il Sole 24 Ore ha annunciato che la famiglia Rotelli, che controlla il 100% del gruppo, stava per affidare alla banca d’affari Morgan Stanley il mandato esplorativo per la cessione del 20% delle quote “tramite la cessione a un partner, oppure mediante la quotazione a Piazza Affari”.
Alcuni giorni fa Rai Lombardia ha invece rivelato che il pacchetto azionario pronto ad essere ceduto sarebbe del 40%, e che alla proprietà sarebbero pervenute manifestazioni di interesse da parte di due fondi sovrani di Abu Dabi e di altri fondi del Qatar. Sempre secondo le indiscrezioni rivelate dalla Rai, la firma dei contratti sarebbe prevista per aprile, subito dopo il vaglio tecnico degli advisor. Attraverso la cessione il gruppo conterebbe di raccogliere tra i 3 e i 4 miliardi di euro per allargare i propri investimenti.
Solo la scorsa estate il gruppo San Donato aveva messo un colpo grosso, acquisendo il 70% dell’American Heart of Poland (AHoP), il principale fornitore di cure cardiovascolari in Europa e uno dei primi tre fornitori di servizi sanitari privati in Polonia. Negli scorsi anni inoltre il gruppo San Donato aveva costruito 4 ospedali a Bassora e uno a Baghdad, aveva preso in carico la gestione di un ospedale al Cairo e a Tripoli e firmato un contratto di consulenza con il governo dell’Arabia Saudita per la riforma del sistema sanitario del Paese.
Dimensioni e giri d’affari da capogiro che fanno somigliare il gruppo a una multinazionale della sanità, una prassi che negli Stati Uniti è ormai consolidata, con diverse società private del campo sanitario quotate in borsa che sovrappongono la rincorsa al profitto con la cura dei pazienti.
Tuttavia in Italia esiste già un gruppo sanitario privato quotato, è la Garofalo Heath Care, che, come dichiarato nel suo sito, vanta 2500 posti letto, 50mila ricoveri l’anno e 5500 tra dipendenti e collaboratori. In borsa ormai dal 2018, il prezzo delle sue azioni è salito di circa un euro tra il 2023 e il 2024. Pare che a nessuno venga il sospetto che per gli amministratori di queste società la priorità possa diventare la presentazione dei bilanci e la crescita del prezzo delle azioni invece che la salute e la cura dei pazienti che vi si rivolgono.
un recap sulla pietosa situazione italiana anche sono dati al 2019
Gli ospedali e le cliniche in Italia sono 1.003
Dal 2010 chiusi 158 nosocomi. In Sicilia il 74,14% sono strutture private
Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) si avvale di 1.003 tra ospedali e cliniche di cui 557, pari al 55,53%, appartengono al settore pubblico. Nel 2010 il totale degli istituti di cura, sia pubblici che privati, era di 1.165 questo vuol dire che in undici anni ne sono stati chiusi 158, pari al 15,75% del totale degli ospedali e cliniche. Un taglio che ha impattato maggiormente il settore pubblico e il Sud Italia. Nel grafico in apertura la distribuzione pubblico-privato degli ospedali e delle cliniche in Italia nelle 40 città nelle quali sono presenti almeno 4 strutture ospedaliere. Al Nord c’è una palese predominanza del pubblico, mentre al Centro e al Sud del privato, con la Sicilia che presenta il più marcato sbilanciamento a favore di cliniche e ospedali privati. In Sicilia su un totale di 58 strutture il 74,14% è privato, di contro a Milano la sanità pubblica rappresenta invece il 67,74% delle strutture. Troviamo invece una quasi perfetta distribuzione tra pubblico e privato a Roma dove su 61 ospedali e cliniche presenti 30 sono pubbliche e 31 private.
Posti letto in ospedali e cliniche, ne sono stati tagliati 43.471
Per quanto riguarda i posti letto in Italia la disponibilità, per 1.000 abitanti, è di 3,2. Un valore notevolmente inferiore alla media Ue pari a 5,3. La disponibilità di posti letto, sbilanciata a livello regionale, vede il Sud con 2,4 posti letto per 1000 abitanti e il Nord con 3,4. In dieci anni tra pubblico e privato sono stati tagliati 43.471 letti tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. A rendere più impattante sulla sanità la diminuzione di cliniche e ospedali in Italia, con la relativa mancanza di posti letto, è il dato sulle dimissioni ospedaliere. L’Italia è infatti il terzo Paese Ue, dopo Olanda e Portogallo, con il più basso tasso di dimissioni. Per contro, la durata media della degenza ospedaliera in Italia è leggermente aumentata ed è superiore agli altri Paesi, 8 giorni a fronte di una media Ue di 7,4.
Sanità: le famiglie spendono il 7,8% in più rispetto alla Ue
I tagli a sfavore della sanità pubblica hanno comportato un aumento delle spese sanitarie delle famiglie. Dal 20,5% del 2010 al 2019 la spesa sanitaria è aumentata del 2,7% arrivando a rappresentare il 23,2% della spesa diretta delle famiglie. Una percentuale superiore di 7,8 punti percentuali rispetto alla media Ue pari al 15,4%. A gravare economicamente di più sulle famiglie è l’assistenza specialistica ambulatoriale, quella relativa alla diagnostica, che rappresenta il 45% del totale. Subito dopo vengono i farmaci non rimborsabili che costituiscono il 30% della spese sanitaria per nucleo famigliare. In Italia la percentuale di famiglie soggette a spese mediche elevate è dell’8%.
Medici di base, dal 2010 perse 3.450 unità
Dal 2010 al 2019 in Italia gli ospedali e le cliniche pubbliche hanno registrato una perdita di personale sanitario del -6,5% pari a 42.380 unità tra medici e infermieri. I medici sono passati dai 107.448 del 2010 ai 102.316 del 2019, una perdita di 5.132 unità, mentre gli infermieri sono passati da 263.803 a 256.429, risultato 7.374 infermieri in meno. Il trend decrescente dei dipendenti pubblici riguarda anche i medici convenzionati: i medici di famiglia dai 45.878 che erano nel 2010 sono diventati 42.428 nel 2019, una perdita di 3.450 medici di base. Il calo, anche se minore, riguarda anche i pediatri -310 unità in 10 anni. Diminuiscono anche i medici di continuità assistenziale, l’ex guardia medica, dai 12.104 che erano nel 2010 sono diventati 11.512 nel 2019, una perdita di 592 medici per la prima assistenza.
I dati si riferiscono al: 2010-2019
Ultimo aggiornamento: giugno 2022
Fonte: Eurostat – Ministero della Salute