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Storia di Crocetta e dei suoi cari Crede che la Regione sia


Eshin
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Conferma la Monterosso condannata dalla Corte dei conti, non si costituisce contro Tutino, difende Ingroia. La doppia morale del presidente.

PALERMO – C'è condanna e condanna. C'è indagine e indagine. Soprattutto per chi crede che la Regione sia cosa sua. Proprietà privata, un comodo appartamento per sé e per i suoi cari. Il presidente della Regione Crocetta ha rinnovato per cinque anni il contratto del Segretario generale Patrizia Monterosso. Ignorando un po' di cose. Il fatto che si tratta di un esterno, ad esempio, quando tanti dipendenti interni potrebbero ricoprire quel ruolo. Ma ancor di più, una condanna della Corte dei conti, divenuta definitiva, per un danno all'erario da 1,3 milioni causato dagli extrabudget della Formazione. Un settore, quello che per anni la Monterosso ha guidato in qualità di dirigente generale, che ha trascinato la burocrate anche in una vicenda dai risvolti penali. Il 7 luglio è prevista la prima udienza per l'esame della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pm palermitani: l'accusa è quella di un mega-peculato da 11 milioni. Legato, in qualche modo, alla storia che ha portato già alla condanna contabile. Il 13 luglio, invece, sarebbe “scaduto” il precedente rapporto di lavoro: la nomina, cioè, voluta dall'ex governatore Lombardo.

Crocetta ha quindi seguito le ombre del suo predecessore. E la sua scelta “ricadrà” anche sulle spalle del presidente che verrà. Il prossimo governatore, insomma, troverà già Patrizia Monterosso sulla poltrona di “dirigente dei dirigenti”. E revocare un contratto di quel tipo sarebbe – nel caso in cui ci fosse l'intenzione – molto oneroso.

Il presidente, quindi, prima che fosse troppo tardi, ha deciso di “mettere in sicurezza” la sua più stretta collaboratrice. Anche, ad esempio, dalle norme della legge Madia che avrebbero impedito, una volta recepito il testo nell'Isola, la nomina di dirigenti con condanne contabili. Per non parlare dell'eventualità del rinvio a giudizio. E così, Patrizia Monterosso è salva. Simbolo di quel cerchio magico che si è via via ristretto, ma che ha rappresentato in maniera chiarissima, le contraddizioni della “morale crocettiana”, di quel concetto di legalità applicato spesso “a saltare” e a convenienza. Quello per cui la legge va applicata se riguarda i nemici, solo interpretata se invece tocca gli amici. E per cui si convocano giunte per snocciolare costituzioni di parte civile per questo o quel delinquentuccio di paese annidato nelle pieghe della Regione, e allo stesso modo si riunisce l'esecutivo per “salvare”, promuovere, tutelare amici e fedelissimi.

E del resto, di pochissimi giorni fa è il caso che riguarda Matteo Tutino. C'era persino il parere dell'Avvocato dello Stato ad accompagnare la proposta dell'assessore alla Salute Baldo Gucciardi. Anche l'Avvocatura, insomma, aveva dato il via libera alla costituzione di parte civile nei confronti dell'ex primario Matteo Tutino. La stessa avvocatura che il presidente Crocetta ha utilizzato a più riprese come foglia di fico per altre vicende. Grazie a quei pareri, ad esempio, stoppò per mesi la nomina di due manager della Sanità troppo vicini all'area del Pd nemica in quei giorni. O ad esempio, sempre grazie a un parere dell'avvocatura avallò – condividendo con lui la storia processuale – la scelta di Ingroia di assumere a Sicilia e-servizi gli ex dipendenti del socio privato.

Nel caso di Tutino, no. Quel parere è stato tenuto nel cassetto. E la proposta di Gucciardi neutralizzata, pensate un po', proprio il giorno dopo. Quello in cui la giunta di governo si scoprì garantista, appunto. E decise che va bene costituirsi, ma solo in caso di rinvio a giudizio. Non era quello il momento, per Tutino, finora solo indagato. Insieme – e non è un fatto secondario – a Giacomo Sampieri, l'ex commissario di Villa Sofia e tra i manager più vicini al presidente Crocetta. Così vicino da spingere il governatore, nei giorni caldi in cui scoppiò il “bubbone” dell'azienda ospedaliera, a convincere il commissario a dimettersi. Una mossa utile a consentire a Sampieri – almeno potenzialmente – di rientrare in tempi brevi nella Sanità che conta. Nonostante in quelle ore Lucia Borsellino avesse pensato di revocare l'incarico del commissario, una decisione che avrebbe precluso al manager appunto la possibilità di ricevere altre nomine. Ma l'intervento di Crocetta salvò capre e cavoli.

Un atteggiamento assai diverso da quello tenuto in passato, nei confronti di questo o quell'amministratore, finito sulla gogna del sospetto e spesso uscito pulito, al di là del mascariamento mediatico. Ma la moralità di Crocetta oscilla spesso e volentieri. Usa le indagini come mannaia, se è il caso. In altri, derubrica tutto a “multa”, o poco più. Ne sa qualcosa la presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei conti, Luciana Savagnone. Il magistrato “censurò” il presidente Crocetta che aveva considerato, appunto, una multa la condanna contabile da 1,3 milioni di euro per gli extrabudget nella Formazione inflitta proprio al Segretario generale Patrizia Monterosso. Anzi, nel frattempo la posizione della “dirigente dei dirigenti” è stata premiata prima con la conferma nel cda della nuova pesudo-banca regionale Irfis (“Le inchieste? I dirigenti li valuto io e per me ha lavorato bene”, spiegò Crocetta in conferenza stampa) quindi con la conferma nel ruolo di segretario generale. Scelte condite da difese accorate, nonostante la posizione di Patrizia Monterosso, nel frattempo, si fosse aggravata per un'accusa assai pesante: 11 milioni di peculato sulla Formazione. Accusa condivisa con Anna Rosa Corsello.

La stessa dirigente, anche questa per anni assai vicina al presidente, che Crocetta in qualche modo decise di proteggere in occasione dell'indagine che la vedeva accusata di un altro peculato, per l'utilizzo “disinvolto” dell'auto blu. In quei giorni Crocetta tagliò corto: “La norma regionale prevede al massimo il trasferimento ad altro ufficio, ma in tutti gli uffici esistono auto blu”. E quindi la Corsello rimase tranquillamente dov'era. Fino a quando arrivò la condanna in primo grado, poi un'altra accusa di peculato per i cosiddetti “incarichi aggiuntivi”, quindi, come detto, l'accusa di mega peculato da 11 milioni per la quale i procuratori di Palermo hanno chiesto il processo. A quel punto, Crocetta si era dovuto arrendere alle norme anticorruzione che prevedevano la sospensione obbligatoria del dirigente dal servizio.

Resta da chiedersi come si sarebbe comportato in altri casi. Anche, ad esempio, di fronte a un amministratore che finisce in un procedimento contabile e in un procedimento penale per la stessa accusa: le assunzioni a Sicilia e-Servizi. In quel caso, a dire il vero, insieme ad Antonio Ingroia è accusato lo stesso presidente della Regione. Il giudice ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dai pubblici ministeri. Crocetta, legittimamente, ha parlato di accuse infondate. Ricordando che la scelta di assumere gli oltre 70 dipendenti di Sicilia e-servizi fu presa dopo il parere positivo dell'Avvocato dello Stato. Lo stesso che aveva dato il via libera alla costituzione di parte civile nei confronti degli amici Sampieri e Tutino. Ma in quest'ultimo caso, Crocetta si è scoperto garantista. Perché il presidente fa quello che gli pare. Con le istituzioni e i soldi dei siciliani. Come se la Regione fosse cosa sua.

http://livesicilia.it/2016/07/01/storia-di-crocetta-e-dei-suoi-cari-crede-che-la-regione-sia-cosa-sua_764213/


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