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Travaglio e un caso di disinformazione


Bubba
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Tecniche di disinformazione. Come sgretolare il falso

11/10/2006

Dopo la censura di Santoro all'avvocato di Ultimo (non a Ultimo, pero' in tv fa piu' effetto dire che chiama Ultimo in persona) nella puntata/processo che parlava di antimafia, ho pubblicato l'articolo "Santoro e Betulla pari sono", che ha scaturito non poche polemiche sul forum di travaglio, frequantato da persone che stimano e ammirano Travaglio in quanto l'unico che sa parlare di verita'. Messo a conoscenza dell'articolo di censurati, Travaglio ha messo in prima pagina un articolo corredato da dichiarazioni mendaci che di seguito abbiamo sgretolato come un castello di carte. Operazione fin troppo facile per chi la sentenza se l'e' vista tutta, e letti e sentiti TUTTI gli interrogatori ad ogni singolo testimone del processo. Tutti i dubbi che dicono esserci ancora, sono spiegati punto per punto, ma esiste chi non sa o non vuole leggere. A questo punto consigliamo un programma tipo "La pupa e il secchione", non Annozero. Sono decisamente piu' appropriati. Tralasciamo le frasi sprezzanti dette su chi gestisce questo sito dette all'interno di quel forum, adesso con la dovuta calma, ma senza il trono di Annozero, senza risatine sarcastiche e senza il tono saccente, cerchiamo di dare tutte le risposte che pare aleggino ancora nell'aria.
Il grassetto saranno i commenti miei, i caratteri normali sono le parole di Marco Travaglio.

Siccome circolano, su presunti siti "antimafia"

dal momento che non ne parlano altri, si riferisce a censurati.it, che ringrazia per il "presunti"

e nel solito articolo-spazzatura di Lino Jannuzzi sul Giornale, varie fesserie sul processo per la mancata perquisizione del covo di Riina, a carico del generale Mario Mori e del capitano "Ultimo", e sulla puntata di "Annozero" nella quale ho parlato della sentenza penso sia giusto che chi vuole saperne di piu' abbia a disposizione la sentenza del Tribunale di Palermo che ricostruisce l'intera vicenda. Cosi' si vedra' chi dice il falso e chi dice il vero.


sulle fesserie dette, penso che sia sbagliato il soggetto

Qui mi limito, per brevita', a riepilogare i punti fondamentali, emersi dal processo di Palermo concluso il 20 febbraio 2006 con una sentenza che ha assolto Mori e "Ultimo" perche' non c'e' la prova che le loro gravissime omissioni siano state commesse apposta per favorire illecitamente la mafia o qualcun altro.

Non e' esatto. il tribunale [...] Assolve Mori Mario e De Caprio Sergio dalla imputazione loro in concorso ascritta perche' i fatti non costituiscono reato.
Non perche' non e' provato il dolo, ma perche' il fatto non costituisce reato. In Italia funziona cosi': sei innocente fino a prova contraria. Non colpevole fino a prova contraria. A meno che non si voglia fare un processo alle intenzioni, ma qui si apre un altro capitolo. Favoreggiamento = delitto commesso da chi, nel caso in cui sia stato commesso un reato al quale egli non abbia partecipato, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorita', o a sottrarsi ad essa . Ci chiediamo quindi: i giornalisti che IL GIORNO DOPO L'ARRESTO, si sono fatti riprendere in tv davanti al covo nonostante la procura avesse deciso di tenere segreto il posto "bruciando il sito", cosa hanno fatto?
Favoreggiamento? Secondo il vocabolario si, peccato che nessuno faccia il complottista verso i giornalisti in primis e il maggiore Ripollino che ha fatto la soffiata.

Sei mesi prima di arrestare Riina, nell'estate del '92, subito dopo la strage di Capaci e prima di via d'Amelio, l'allora colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, entrambi ai vertici del Ros dei Carabinieri, avviano una trattativa con la mafia tramite l'ex sindaco Vito Ciancimino, condannato per mafia, uomo di Riina e Provenzano, detenuto a Roma (l'hanno raccontato sia Mori, sia De Donno, sia Ciancimino padre, sia Ciancimino figlio).

Cito la sentenza: A Roma, all'indomani della strage di Capaci, il cap. Giuseppe De Donno aveva, difatti, chiesto a Massimo Ciancimino, che aveva conosciuto in occasione delle inchieste da lui stesso avviate sul padre Vito Calogero Ciancimino, di procurargli un incontro con quest'ultimo, al fine di avviare un colloquio che potesse fornire utili informazioni per le indagini in corso, nonche' per la cattura dei latitanti Riina e Provenzano [...]

Scriveva il Ciancimino nel proprio manoscritto, egli avrebbe riferito una proposta "bluff�, secondo cui un noto esponente politico si sarebbe prestato a garantire la salvezza del circuito imprenditoriale di interesse dell'organizzazione, minacciato da "tangentopoli", che pero' non avrebbe avuto alcun seguito. A questo punto il Ciancimino - si legge negli appunti - avrebbe realizzato che NON C'ERANO MARGINI PER ALCUNA TRATTATIVA, alla quale, tra l'altro, neppure "l'ambasciatore" aveva dimostrato vero interesse, per cui decise - come da sua annotazione testuale - di "passare il Rubicone", ovvero intraprendere una reale collaborazione con i carabinieri, proponendo di infiltrarsi nell'organizzazione per conto dello Stato, intenzione che esplicito' ai nominati Mori e De Donno nel corso di un successivo incontro avvenuto a dicembre 1992, chiedendo in cambio che i suoi processi "tutti inventati" si concludessero con esito a lui favorevole ed il rilascio del passaporto. [...]

Immediatamente dopo, il 19.12.92, il Ciancimino venne nuovamente tratto in arresto. (ammazza che trattativona! n.d.r.)

Quando Riina viene a sapere che Mori s'e' fatto avanti, stappa lo champagne:

no, dico, o si fa giornalismo e si parla dei fatti, o si fa gli opinionisti e si parla di opinioni. Il signor Travaglio se sa che Riina stappa lo champagne, pur se metaforicamente, deve essere presente sul posto o qualcuno che l'abbia visto fare, altrimenti sono chiacchiere, non e' giornalismo. Sbaglio?

E' la prova che le stragi pagano. Cosi' alza il tiro per alzare la posta della trattativa. Uccide Borsellino e pianifica gli attentati di Milano, Firenze e Roma, che poi saranno realizzati dai suoi successori, nell'estate del '93, dopo il suo arresto.

La trattativa prosegue anche dopo via d'Amelio, fino al gennaio '93, quando Riina viene catturato a Palermo.

Falso. La trattativa di cui si parla in questo processo, e' morta nel momento in cui non si scende a patti e si arresta Ciancimino. Se ci sono altre trattative, e' utile all'Italia, che qualcuno ci dica quali e fatte da chi. Nomi e cognomi.

Chi abbia segnalato il nascondiglio ai carabinieri, non s'e' mai saputo.

Altra balla. Cito la sentenza "[...] La ricostruzione, coerente e supportata da dati di fatto provati, degli accadimenti relativi allo svuotamento della casa ha consentito di accertare, da una parte, che il complesso di via Bernini fu individuato soltanto grazie alle attivita' investigative del ROS, dall'altra, che la mafia agi' sul "covo" ignorando l'inesistenza del servizio di osservazione ed anzi supponendo che fosse in corso. Questi elementi consentono, pertanto, di escludere che il latitante venne catturato grazie ad una "soffiata" dei suoi sodali sul luogo ove dimorava, non essendo emerso a sostegno di quest'ipotesi alternativa alcun elemento, neppure di natura indiziaria, se non la stessa supposizione, elaborata a posteriori, sui motivi per i quali furono omessi la perquisizione, prima, ed il servizio di osservazione, poi, sul complesso."

Riina pensa di essere stato venduto da Provenzano, ma non c'e' la prova.

Questo e' esatto. Riina lo pensa. Lo pensa perche' non sa come e' avvenuta la sua cattura e fa tutte le congetture possibili

Guardacaso, pero', quelli che prendono Riina sono gli stessi Ros che hanno trattato con Riina e Provenzano tramite Ciancimino, fino al giorno prima.

La trattativa con Ciancimino, non ando' mai in porto, ne e' la prova che subito dopo questo tentativo, ciancimino viene arrestato da Mori.

Questo aiuta a capire quello che succede dopo. Riina viene arrestato alle 8.28 del mattino del 15 gennaio '93. La Procura di Caselli, che e' arrivato a Palermo proprio quel giorno, manda i carabinieri della Territoriale e un pm a perquisire il covo dove Riina viveva latitante, in via Bernini 54 a Palermo. Ma il capitano Ultimo convince i magistrati a bloccare il blitz. Meglio aspettare: Riina e' stato preso lontano dal covo, per strada, i mafiosi potrebbero pensare che il covo non sia stato scoperto e andarci a prelevare la moglie e i quattro figli di Riina, o le carte del boss appena arrestato. Meglio non insospettirli, e arrestare anche quelli. Ottima idea. Naturalmente, per arrestarli, bisogna rimanere appostati davanti al covo o sorvegliarlo con telecamere giorno e notte. Invece, alle 16 dello stesso giorno, i Ros ritirano il camioncino che stazionava li' da giorni

La sorveglianza doveva essere fatta per un periodo lungo, e un camioncino fermo da giorni oltre a destare sospetti agli abitanti del comprensorio, avrebbe seriamente compromesso l'incolumita' del gruppo che faceva sorveglianza. Bisognava staccare e riprendere, cosa non resa possibile perche' il giorno successivo all'arresto, i giornalisti mangia-scoop vanno a via bernini, vanificando tutto il lavoro

e tolgono pure la telecamera nascosta in un lampione che illuminava l'ingresso del complesso residenziale.

la telecamera non era nascosta in un lampione, ma era portatile. Lo stesso capitano Ultimo dichiara (leggi la deposizione spontanea) che non era possibile mettere una telecamera su un palo della luce, perche' avrebbero dovuto chiedere permessi a troppi organi burocratici e una gru su un palo della luce "non passava certamente inosservato" agli occhi di un gruppo di famiglie mafiose che abitavano li'.

Da quel momento il covo resta totalmente incustodito per 15 giorni.

ripeto: IL GIORNO DOPO L'ARRESTO DI RIINA il territorio era bruciato, era necessario far passare un po' di tempo per tranquillizzare i Sansone (che abitavano li') che erano oggetto di indagine investigativa, in modo che riprendessero cosi' le normali attivita' imprenditoriali.

Cosi' i mafiosi che curavano la latitanza di Riina, i fratelli Sansone, hanno tutto il tempo di andare a prendere moglie e figli di Riina e spedirli a Corleone; poi tornano con l'impresa traslochi e portare via tutto; poi tornano con gli imbianchini e i muratori per tinteggiare e ristrutturare l'appartamento, facendo sparire ogni piu' piccola traccia.

I Sansone "ABITAVANO" in via bernini, era logico che andassero subito. Il rischio e' stato calcolato dalla procura, dalla territoriale, dalla magistratura, prima di decidere se il covo poteva aspettare per la perquisizione

E, forse, i documenti che, secondo molti mafiosi pentiti, Riina teneva sempre con se' in cassaforte.

Secondo brusca, Riina non si sentiva piu' tranquillo in quel covo, tant'e' vero che non dormiva neanche piu' li' perche' c'era una situazione di tensione. Sempre secondo Brusca, nell'abitazione precedente (dove invece si sentiva sicuro) i documenti li teneva nascosti in un casale vicino ad un torrente, dentro un barile messo sotto terra. Mi sembra strano che quando sta tranquillo nasconde tutto e quando non dorme piu' la notte lascia i documenti in casa. La registrazione delle dichiarazioni di brusca si trovano (formato audio) al link http://italy.peacelink.org/sanlibero/docs/1319-15095_deposizione_brusca.mp3
e al link http://italy.peacelink.org/sanlibero/docs/1320-15095_brusca_parte_seconda.mp3

rispettivamente prima e seconda parte

A fine gennaio '93, la Procura scopre che i carabinieri sono scappati. Caselli dispone la perquisizione, ma non trova più niente: invece dello Stato, il covo l'ha perquisito la mafia.

http://www.censurati.it/index.php?q=node/3333 questo il link in cui sono pubblicate le foto dopo la perquisizione. Una parte, pero', perche' il fascicolo integrale con le foto scattate dai carabinieri ai tempi dell'arresto e' di 16 pagine. Anche se la pentita Giusy Vitale diceva che e' stato dato fuoco a tutto, pure ai mobili. Si vede che poi hanno comprato quelli nuovi e ce l'hanno messi

I due imputati al processo si difendono dicendo che ci fu un malinteso con la Procura, che mai avrebbero potuto tenere il covo sotto controllo perche' restare li' era poco sicuro, gli uomini erano stanchi, la strada era stretta e comunque il servizio di osservazione e di teleripresa era "impossibile" e "inutile".

I video della sorveglianza sono stati depositati per far vedere la totale inutilita'. Serviva solo a far vedere la gente che entrava e che usciva, ma non conoscendo nessuno, neanche la faccia di Riina, era un po' inutile. Tanto piu' che non si teneva sotto controllo l'abitazione di Riina, ma un comprensorio con svariate decine di appartamenti tutti potenzialmente abitazioni di Riina. Fu questo anche il motivo per cui i Ros si servirono di Baldassarre di Maggio. Per Farsi dire chi, tra le persone che avevano visto, fosse Riina.

Ma queste affermazioni si contraddicono. Se davvero era pericoloso restare li' davanti a osservare e filmare, allora bisognava perquisire subito la casa, prima di andarsene. Cosi', se Riina teneva carte importanti in cassaforte, queste sarebbero in mano allo Stato, anziche' alla mafia.

Anche io mi insospettisco se vedo un camion sempre fermo immobile davanti casa, figuriamoci un mafioso, anzi, qualche famiglia di mafiosi. Evidentemente il "collega" travaglio non ha mai fatto attivita' investigastiva "per strada". Pedinamenti, osservazioni e quant'altro. Si controlla tutto, anche l'ovvio! (Lo dico perche' me ne sono occupata con un'agenzia investigativa per cose molto piu' banali della mafia)

Se invece l'appostamento era ritenuto inutile, chi prese quella decisione meriterebbe una perizia psichiatrica, visto che restando li' i Ros avrebbero avvistato, e dunque catturato, i fratelli Sansone. I quali invece, grazie alla fuga del Ros, poterono agire indisturbati, svuotando e ridipingendo la casa nell'assoluta certezza di non essere visti ne' arrestati.

I Ros si sono dovuti dividere per giorni a causa del persoonale dimezzato, perche' il sostituto procuratore Aliquo', che non intendeva affatto sorvegliare via Bernini, ma Fondo Gelsomino (come aveva capito da Balduccio Di Maggio), disse a Ultimo che si, poteva sorvegliare via Bernini a patto che lo facesse anche per Fondo Gelsomino. Gli uomini hanno fatto turni di sorveglianza fino a 24 ore di fila, quando serviva, con la febbre, senza muoversi e facendo i bisogni dentro una bottiglia di plastica, per evitare che un'uscita dal furgone potesse essere vista da Riina o chi per lui. Magari travaglio facendo queste cose non si stanca, ma qualunque essere umano forse si. (Leggi dichiarazioni del Maresciallo Coldesina).

Insomma: se fosse stato mantenuto l'appostamento o il servizio di osservazione, si sarebbero arrestati dei mafiosi; se si fosse perquisito il covo, si sarebbero sequestrate quelle carte che anche i giudici del tribunale ritengono probabilissimo che Riina nascondesse in casa. Invece non si fece ne' l'una ne' l'altra cosa, e lo Stato rimase con un pugno di mosche in mano.


Sbagliato. Se i giornalisti avessero lasciato lavorare e la territoriale non avesse fatto delle soffiate, e l'arma dei carabinieri non avesse trasferito gli uomini di Ultimo per motivi imprecisati, probabilmente si, l'avrebbero preso qualche mafioso in piu'. Pero' vuoi mettere uno scoop...

Il 20 febbraio 2006 i giudici del Tribunale di Palermo, presidente Raimondo Loforti, a latere Sergio Ziino e Claudia Rosini, assolvono Mori e Ultimo con la sentenza che da oggi e' disponibile integralmente sul sito. Ma scrivono che bene fece la Procura a indagarli, perche' "l'omessa perquisizione e la disattivazione del dispositivo di controllo del capo di Cosa nostra appare condotta astrattamente idonea a integrare non solo il favoreggiamento aggravato, ma il concorso nel reato associativo, ove si dimostrino il dolo e l'efficienza causale". I giudici escludono di avere le prove per condannare i due ufficiali sul piano penale, ma segnalano le loro gravissime responsabilita' disciplinari.

1) "La posizione apicale del Riina ai vertici dell'organizzazione criminale ben poteva far ritenere che lo stesso conservasse nella propria abitazione un archivio rilevante per successive indagini su Cosa nostra. Tenuto conto che la di lui famiglia era rimasta in via Bernini, poteva di certo ipotizzarsi che altri sodali, aventi l'interesse a mettersi in contatto con la stessa, vi si recassero.

Il fatto che il Riina fosse stato trovato, al momento del suo arresto, in possesso di diversi 'pizzini', ovvero di biglietti cartacei contenenti informazioni sugli affari portati avanti dall'organizzazione, con riferimento ad appalti, alle imprese e alle persone coinvolte, costituisce un ulteriore preciso elemento, in questo caso di fatto". Dunque "l'omessa perquisizione della casa e l'abbandono del sito sino ad allora sorvegliato hanno comportato il rischio di devianza delle indagini che, difatti, nella fattispecie si e' pienamente verificato": Mori e Ultimo erano solo distratti, o c'e' dell'altro? E che cosa? Quali documenti conservava Riina che non dovevano finire in mano ai magistrati e che sono rimasti in mano alla mafia di Provenzano? E che uso ne ha fatto, o magari ne sta facendo ancora oggi, Cosa Nostra, magari per ricattare lo Stato o qualche uomo delle istituzioni?

2) La Procura di Palermo accolse la proposta del Ros di rinviare la perquisizione calcolando il rischio di consentire "a Ninetta Bagarella, che vi dimorava, o ai Sansone, che dimoravano in altre ville ma nello stesso comprensorio, di distruggere od occultare la documentazione eventualmente conservata dal Riina... Tale scelta, pero', fu adottata certamente sul presupposto indefettibile che fosse proseguito il servizio di video-sorveglianza sul complesso di via Bernini. Che questa fosse la condizione posta al rinvio della perquisizione, � un dato certo ed acclarato...". Perche' dunque il Ros abbandono' la zona e disattivo' la video-sorveglianza?

3) "Al di la' delle confuse argomentazioni degli imputati, e' indubitabile che la decisione assunta da De Caprio (di andarsene, ndr) era incompatibile con la direttiva di proseguire il controllo e' impartita dall'Autorita' giudiziaria e andava immediatamente comunicata" alla Procura. Che avrebbe subito disposto il blitz. Invece Caselli fu avvertito solo dopo 15 giorni. Perche'?

4) "Il sito... fu abbandonato e nessuna comunicazione fu data agli inquirenti. Questo elemento tuttavia, se certamente idoneo all'insorgere di una responsabilita' disciplinare, perche' riferibile a un'erronea valutazione dei propri spazi di intervento, appare equivoco ai fini della responsabilita' penale". Perche' nessuno ha mai contestato ai due imputati questa evidente responsabilita'? Perche', anzi, Mori dopo quell'errore marchiano fu addirittura promosso dal governo Berlusconi capo del Sisde e confermato dal governo dell'Unione dopo quelle durissime parole dei giudici?

5) Prima della cattura di Rina, "Mori pose in essere un'iniziativa spregiudicata che, nell'intento di scompaginare le fila di Cosa nostra e acquisire informazioni, sorti' invece due effetti diversi e opposti: la collaborazione del Ciancimino" che sperava di dare qualche indicazione utile sul covo di Riina "per alleggerire la propria posizione"; e "la 'devastante' consapevolezza, in capo all'associazione criminale, che le stragi effettivamente 'pagassero' e lo Stato fosse ormai in ginocchio, pronto ad addivenire a patti". Tant'e' che Cosa Nostra, per alzare il prezzo della trattativa, pianifico' le stragi del '93 a Milano, Firenze e Roma. I giudici spiegano che "non e' stato possibile accertare la causale del comportamento degli imputati": cio' perche' hanno omesso di perquisire il covo".

Ecco, e' questo un ottimo esempio di disinformazione. Ben sapendo, Travaglio, che rare persone andranno mai a leggersi la sentenza integrale di un centinaio di pagine, il giornalista ritiene doveroso trascrivere una parte. Strano pero' che e' solo la parte verbalizzata del PM Ingroia. Le parti che ha scritto il giudice, pero', che ha giustamente (per lui, ma non per la verita') omesso, sono quelle che seguono

Sentenza:

"Accertare se tali documenti effettivamente esistessero, se fossero custoditi all'interno della villa e quale sorte abbiano avuto, non puo' avere alcuna refluenza - ad avviso del Collegio - sulla sussistenza del reato contestato"

"[...] L'associazione criminale, inoltre, si affretto' ad agire, subito dopo la cattura del Riina, nel presupposto che il complesso fosse osservato, mentre come si e' visto cosi' non era, per cui i Sansone, anche se fermati dai carabinieri, avrebbero avuto comunque, in quanto residenti, la giustificazione ad entrarvi."

"[...] Inoltre i collaboratori Brusca e La Barbera hanno riferito come avvenne lo svuotamento e la ristrutturazione della casa, fornendo elementi che logicamente escludono ogni ipotetica connivenza da parte degli imputati."

"[...] Anche le frasi, attribuite dal Giuffre' a Bernardo Provenzano ed a Benedetto Spera, i quali commentando l'accaduto avrebbero detto che "per fortuna" in sede di perquisizione del 2.2.93 i carabinieri non avevano trovato nulla, confermano che lo stesso Provenzano non si aspettava un simile esito e dunque non aveva preso parte alla "trattativa", consegnando il Riina in cambio dell'abbandono del "covo" nelle mani del sodalizio criminale."

"[...] La ricostruzione, coerente e supportata da dati di fatto provati, degli accadimenti relativi allo svuotamento della casa ha consentito di accertare, da una parte, che il complesso di via Bernini fu individuato soltanto grazie alle attivita' investigative del ROS, dall'altra, che la mafia agi' sul "covo" ignorando l'inesistenza del servizio di osservazione ed anzi supponendo che fosse in corso.

Questi elementi consentono, pertanto, di escludere che il latitante venne catturato grazie ad una "soffiata" dei suoi sodali sul luogo ove dimorava, non essendo emerso a sostegno di quest'ipotesi alternativa alcun elemento, neppure di natura indiziaria, se non la stessa supposizione, elaborata a posteriori, sui motivi per i quali furono omessi la perquisizione, prima, ed il servizio di osservazione, poi, sul complesso."

"[...] Appare altresi' coerente con queste conclusioni la circostanza che neppure si verifico' la fine della stagione stragista messa in atto dalla mafia, la quale, anzi, come e' notorio, nel maggio 1993 attento' alla vita del giornalista Maurizio Costanzo e fece esplodere un ordigno a via dei Georgofili a Firenze, nel mese di luglio compi' altri attentati in via Pilastro a Milano, a San Giovanni in Laterano ed a San Giorgio al Velabro a Roma, mentre a novembre pose in essere il fallito attentato allo stadio olimpico di Roma.

Se la cattura del Riina fosse stata il frutto dell'accordo con lo Stato, tramite il quale era stata siglata una sorta di "pax" capace di garantire alle istituzioni il ripristino della vita democratica, sconquassata dagli attentati, ed a "cosa nostra" la prosecuzione, in tutta tranquillita' dei propri affari, sotto una nuova gestione "lato sensu" moderata, non si comprenderebbe perche' l'associazione criminale abbia invece voluto proseguire con tali eclatanti azioni delittuose, colpendo i simboli storico-artistici, culturali e sociali dello Stato, al di fuori del territorio siciliano, in aperta e sfrontata violazione di quel patto appena stipulato"

"[...] Anche i progetti elaborati dal Provenzano di sequestrare od uccidere il cap. De Caprio, di cui hanno riferito in dibattimento, in termini coincidenti, i collaboratori Guglielmini, Cancemi e Ganci, appaiono in aperta contraddizione con la tesi della consegna del Riina al ROS.

Se cosi' fosse avvenuto, il boss non avrebbe avuto alcun interesse alla ricerca del capitano "Ultimo", mentre, da quanto sopra, e' stato accertato che effettivamente si cerco' di individuarlo, tramite un amico del compagno di gioco al tennis. "

"[...] Il Collegio ritiene, infine, di non poter condividere la prospettazione della pubblica accusa che, sulla base di imprecisate "ragioni di Stato", ha chiesto di affermare la penale responsabilita' degli imputati per il reato di favoreggiamento non aggravato, da dichiararsi ormai prescritto.

Tali "ragioni di Stato" non potrebbero che consistere nella "trattativa" di cui sopra intrapresa dal Mori, con la consapevolezza, acquisita successivamente, del De Caprio e, dunque, lungi dall'escludere il dolo della circostanza aggravante varrebbero proprio ad integrarlo, significando che gli imputati avrebbero agito volendo precisamente agevolare "cosa nostra", in ottemperanza al patto stipulato e cio� in esecuzione della controprestazione promessa per la consegna del Riina.

La "ragione di Stato" verrebbe dunque a costituire il movente dell'azione, come tale irrilevante nella fattispecie ex art. 378 C.P., capace non di escludere il dolo specifico ex art. 7 L. n. 203/91, bensi' di svelarlo e renderlo riconoscibile, potendo al piu' rilevare solo come attenuante ove se ne ammettesse la riconducibilita' alle ipotesi di cui all'art. 62 C.P., comunque escluse dal giudizio di comparazione.

La mancanza di prova sull'esistenza di questi "motivi di Stato" che avrebbero spinto gli imputati ad agire, ed anzi la dimostrazione in punto di fatto della loro inesistenza ed incongruenza sul piano logico, per le considerazioni gia' esposte e' considerato, altresi', che la controprestazione promessa avrebbe vanificato tutti gli sforzi investigativi compiuti sino ad allora dagli stessi imputati, anche a rischio della propria incolumita' personale, e lo straordinario risultato appena raggiunto - non consente di ritenere integrato il dolo della fattispecie incriminatrice in nessuna sua forma.

E' palese, infatti, che se vi fu "ragione di Stato" si intese "pagare il prezzo" dell'agevolazione, per il futuro, delle attivita' mafiose, pur di "incassare" l'arresto del Riina, con la piena configurabilita' del favoreggiamento aggravato, ma se non vi fu, gli imputati devono andare esenti da responsabilita' penale.

Appare, difatti, logicamente incongruo, gia' su un piano di formulazione di ipotesi in funzione della verifica della prospettazione accusatoria in ordine alla sussistenza del reato base di favoreggiamento con dolo generico, individuare in soggetti diversi dall'organizzazione criminale nel suo complesso coloro che gli imputati avrebbero inteso agevolare tramite la mancata osservazione del residence di via Bernini, cosi' volendo aiutare individui determinati invece che l'associazione nella sua globalita'.

L'impossibilita', gia' da un punto di vista oggettivo, di discernere i soggetti favoriti (la Bagarella neppure era indagata) dall'associazione mafiosa si ripercuote sul versante soggettivo, apparendo inverosimile che gli ausiliatori abbiano agito non al fine di consentire alla mafia la prosecuzione dei suoi affari, in ossequio al "patto scellerato", ma volendo solo aiutare, nel momento stesso in cui procedevano all'arresto del capo dell'organizzazione, e senza alcuna apparente ragione, determinati affiliati ad eludere le investigazioni o le ricerche.

Ne deriva che, non essendo stata provata la causale del delitto, ne' come "ragione di Stato" ne' come volonta' di agevolare specifici soggetti, diversi dall'organizzazione criminale nella sua globalita', l'ipotesi accusatoria e' rimasta indimostrata, a
rrestandosi al livello di mera possibilita' logica non verificata.

La mancanza di una prova positiva sul dolo di favoreggiamento non puo' essere supplita dall'argomentazione per la quale gli imputati, particolarmente qualificati per esperienza ed abilita' investigative, non potevano non rappresentarsi che l'abbandono del sito avrebbe lasciato gli uomini di "cosa nostra" liberi di penetrare nel cd. covo ed asportare qualsiasi cosa di interesse investigativo e dunque l'hanno voluto nella consapevolezza di agevolare "cosa nostra". Sul versante del momento volitivo del dolo, una simile opzione rischierebbe di configurare un "dolus in re ipsa", ricavato dal solo momento rappresentativo e dalla stessa personalita' degli imputati, dotati di particolare perizia e sapienza nella conduzione delle investigazioni.

Ma, quanto al momento rappresentativo, gia' e' stato precisato che il servizio di osservazione non sarebbe valso ad impedire l'asportazione di eventuale materiale di interesse investigativo, che poteva essere evitata solo con l'immediata perquisizione, quanto alle abilita' soggettive degli imputati, esse non possono valere a ritenere provata una volonta' rispetto all'evento significativo del reato che e' invece rimasta invalidata dall'esame delle possibili spiegazioni alternative.

Ne deriva che il quadro indiziario, composto da elementi gia' di per se' non univoci e discordanti, e' rimasto nella valutazione complessiva di tutte le risultanze acquisite al dibattimento e tenuto conto anche della impossibilita' di accertare la causale della descritta condotta, incoerente e non raccordabile con la narrazione storica della vicenda come ipotizzata dall'accusa e per quanto e' stato possibile ricostruire in dibattimento."

"In conclusione, gli elementi che sono stati acquisiti non consentono ed anzi escludono ogni logica possibilita' di collegare quei contatti intrapresi dal col. Mori con l'arresto del Riina ovvero di affermare che la condotta tenuta dagli imputati nel periodo successivo all'arresto sia stata determinata dalla precisa volonta' di creare le condizioni di fatto affinche' fosse eliminata ogni prova potenzialmente dannosa per l'associazione mafiosa.

Per le pregresse considerazioni, entrambi gli imputati devono essere mandati assolti per difetto dell'elemento psicologico.

P.Q.M.

Assolve Mori Mario e De Caprio Sergio dalla imputazione loro in concorso ascritta perche' i fatti non costituiscono reato.

Dispone che copia del verbale di udienza del 21 ottobre 2005, nelle parti riguardanti le posizioni di Di Matteo Mario Santo e Di Maggio Baldassare, sia trasmessa al Pubblico Ministero in sede per quanto di sua ulteriore competenza e come da sua richiesta."

Ora che il processo penale e' chiuso, forse bisognerebbe chiamare in commissione Antimafia i protagonisti di quei buchi neri (compresi i responsabili del governo Amato che all'epoca reggeva il paese) e pretendere una spiegazione di quel che accadde quel giorno, e soprattutto prima di quel giorno, e dell'eventuale responsabilita' politica di chi autorizzo' la trattativa con la mafia e la mancata perquisizione del covo. E' finita, quella trattativa, oppure dura ancora oggi? I parenti delle vittime delle stragi attendono verita' e giustizia da 12 anni.

Serve una poltrona a qualcuno, forse? Perche' se una commissione serve come e' servita quella della Alpi, mi sa che sono soldi pubblici buttati al vento. Tutte le commissioni di inchiesta non hanno mai chiarito niente. Rimaniamo dell'idea che forse se il PM Ingroia avesse fatto ricorso in appello, sarebbe stato meno dispendioso (per lo stato e per i cittadini che pagano le tasse) un processo in appello che una commissione alla Taormina maniera. In mancanza d'altro pero' c'e sempre la tv. Al limite un filmettino, tanto per gradire, sperando che nessuno sia cosi' curioso da andare a spulciarsi TUTTE le pagine della sentenza, e TUTTE le dichiarazioni fatte al processo. Sicuri di una buona fede a causa di una mancanza di informazione, invitiamo tutti i travaglio boys a rivedere le verita' del loro Guru. Mi voglio augurare che tutte le sentenze citate nei suoi libri non siano state lette come quella di Ultimo. Questo "presunto sito che fa antimafia", come dice Travaglio, sa una cosa che Travaglio non sa. La seconda campana. Ma abbiamo visto ad Annozero, che in fondo quella conta poco. Anche perche' e' stato ormai scritto un libro che dice il contrario.

Post Scriptum: Spero del caso se ne parli ancora. Qualunque cosa sono a disposizione.

Antonella Serafini, contadina

link: http://www.censurati.it/index.php?q=node/3471


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Che spreco di spazio. E sono l'unico ad averlo letto. Sono troppo generoso. <Il silenzio è l'unica cura per i folli ed i disinformatori.


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kutri
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Non conosco il tuo sito e non ho nessuna ragione per dubitare che quello che scrivi sia in buona fede.
Allo stesso modo, penso che il Travaglio giornalista sappia fare molto bene il suo mestiere, mentre sono molto critico sul "personaggio" Travaglio ovvero sull'effetto che continua a fare sulla mente di molte persone, per cui automaticamente ciò che esce dalla sua bocca diventa vangelo (un po' come succede ai seguaci del nostro mister B.)

Mi permetto solo (e vado al dunque) di farti notare che ciò che dici:

Non e' esatto. il tribunale [...] Assolve Mori Mario e De Caprio Sergio dalla imputazione loro in concorso ascritta perche' i fatti non costituiscono reato.
Non perche' non e' provato il dolo, ma perche' il fatto non costituisce reato. In Italia funziona cosi': sei innocente fino a prova contraria. Non colpevole fino a prova contraria. A meno che non si voglia fare un processo alle intenzioni, ma qui si apre un altro capitolo. Favoreggiamento = delitto commesso da chi, nel caso in cui sia stato commesso un reato al quale egli non abbia partecipato, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorita', o a sottrarsi ad essa

è scorretto dal punto di vista tecnico, cioè ha perfettamente ragione travaglio. Il bello è che lo posti più avanti quando citi la sentenza.
Nel diritto penale, in molti casi, non basta che si verifichi la condotta descritta nella fattispecie di reato, (in questo caso l'aiuto alla elusione delle indagini per dei criminali). Occorre, per la stessa sussistenza del reato, quello che viene definito "elemento soggettivo", ossia la reale volontà di perseguire quello scopo con la propria condotta (commissiva od omissiva).
Se manca, semplicemente NON E' REATO, cioè "quel fatto NON COSTITUISCE REATO. In poche parole il fatto non costituisce reato proprio perchè non è provato il dolo. Questo ha scritto travaglio e questo ha scritto il giudice che tu citi!!!

"In conclusione, gli elementi che sono stati acquisiti non consentono ed anzi escludono ogni logica possibilita' di collegare quei contatti intrapresi dal col. Mori con l'arresto del Riina ovvero di affermare che la condotta tenuta dagli imputati nel periodo successivo all'arresto sia stata determinata dalla precisa volonta' di creare le condizioni di fatto affinche' fosse eliminata ogni prova potenzialmente dannosa per l'associazione mafiosa.

Per le pregresse considerazioni, entrambi gli imputati devono essere mandati assolti per difetto dell'elemento psicologico.

Per il resto non aggiungo altro proprio perchè non ho esperienza investigativa e perchè non ho letto le centinaia di pagine della sentenza, ma certo mi viene il dubbio che, se non ti accorgi di queste incongruenze palesi nella tua disamina, forse dovresti rileggere meglio tutte le carte.

[/u]


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katy
 katy
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IO ho visto il video di censurati.it su travaglio e lo trovo esilarante e veritiero


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jake
 jake
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Secondo me Travaglio prima di scrivere si informa su CDC... 😀 😀 😛

Battuta del cavolo...
Sorry!


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Bubba
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Topic starter  

Non conosco il tuo sito e non ho nessuna ragione per dubitare che quello che scrivi sia in buona fede.
Allo stesso modo, penso che il Travaglio giornalista sappia fare molto bene il suo mestiere, mentre sono molto critico sul "personaggio" Travaglio ovvero sull'effetto che continua a fare sulla mente di molte persone, per cui automaticamente ciò che esce dalla sua bocca diventa vangelo (un po' come succede ai seguaci del nostro mister B.)

Mi permetto solo (e vado al dunque) di farti notare che ciò che dici:

Non e' esatto. il tribunale [...] Assolve Mori Mario e De Caprio Sergio dalla imputazione loro in concorso ascritta perche' i fatti non costituiscono reato.
Non perche' non e' provato il dolo, ma perche' il fatto non costituisce reato. In Italia funziona cosi': sei innocente fino a prova contraria. Non colpevole fino a prova contraria. A meno che non si voglia fare un processo alle intenzioni, ma qui si apre un altro capitolo. Favoreggiamento = delitto commesso da chi, nel caso in cui sia stato commesso un reato al quale egli non abbia partecipato, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorita', o a sottrarsi ad essa

è scorretto dal punto di vista tecnico, cioè ha perfettamente ragione travaglio. Il bello è che lo posti più avanti quando citi la sentenza.
Nel diritto penale, in molti casi, non basta che si verifichi la condotta descritta nella fattispecie di reato, (in questo caso l'aiuto alla elusione delle indagini per dei criminali). Occorre, per la stessa sussistenza del reato, quello che viene definito "elemento soggettivo", ossia la reale volontà di perseguire quello scopo con la propria condotta (commissiva od omissiva).
Se manca, semplicemente NON E' REATO, cioè "quel fatto NON COSTITUISCE REATO. In poche parole il fatto non costituisce reato proprio perchè non è provato il dolo. Questo ha scritto travaglio e questo ha scritto il giudice che tu citi!!!

"In conclusione, gli elementi che sono stati acquisiti non consentono ed anzi escludono ogni logica possibilita' di collegare quei contatti intrapresi dal col. Mori con l'arresto del Riina ovvero di affermare che la condotta tenuta dagli imputati nel periodo successivo all'arresto sia stata determinata dalla precisa volonta' di creare le condizioni di fatto affinche' fosse eliminata ogni prova potenzialmente dannosa per l'associazione mafiosa.

Per le pregresse considerazioni, entrambi gli imputati devono essere mandati assolti per difetto dell'elemento psicologico.

Per il resto non aggiungo altro proprio perchè non ho esperienza investigativa e perchè non ho letto le centinaia di pagine della sentenza, ma certo mi viene il dubbio che, se non ti accorgi di queste incongruenze palesi nella tua disamina, forse dovresti rileggere meglio tutte le carte.

[/u]

Non ho scritto io l'articolo, io l'ho solo postato qui.

A parte il fatto che ti concentri su un solo punto che riguarda una questione tecnica e non commenti sul resto che è tanto e negativo per la reputazione di Travaglio (ma cmq fai bene a rimanere scettico non avendo personalmente visto le carte), non sono d'accordo con quanto tu dici.

Lo stesso passo che hai citato tu dice non solo che gli elementi acquisiti "non consentono", ma "anzi escludono" che possano averlo fatto apposta. Il fatto che ci sia "difetto" del dolo è esatto, ma Travaglio omette di dire che i "fatti" hanno portato il giudice ad escludere il dolo. E' proprio nella omissione di Travaglio il punto.
La frase del giudice: "Per le pregresse considerazioni, entrambi gli imputati devono essere mandati assolti per difetto dell'elemento psicologico" , è giusta tecnicamente, ma non esaurisce il giudizio del tribunale. Travaglio ha un gioco facile ad estrapolarla per sostenere la sua tesi e omettendo.

Qui un altro esempio di come sia facile per Travaglio estrapolare da sentenze le frasi che tornano utili a lui:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=17479

A proposito delle "incongruenze" che l'autrice non avrebbe notato e di cui si sarebbe resa colpevole:
Lei dice che si è innocenti fino a prova contraria, che è esatto. Il dolo va provato. Inoltre scrive:
"A meno che non si voglia fare un processo alle intenzioni, ma qui si apre un altro capitolo. Favoreggiamento = delitto commesso da chi, nel caso in cui sia stato commesso un reato al quale egli non abbia partecipato, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorita', o a sottrarsi ad essa"

Cito dal dizionario accluso all'elaboratore testi di Microsoft:
"Fare il processo alle intenzioni, [significato](fig.) giudicare qlcu. basandosi su supposizioni e non sui fatti obiettivi."

Cioè esattamente quello che fa Travaglio, perchè, ricordo con le parole del giudice:
"gli elementi che sono stati acquisiti non consentono ed anzi escludono ogni logica possibilita' di collegare quei contatti intrapresi dal col. Mori con l'arresto del Riina ovvero di affermare che la condotta tenuta dagli imputati nel periodo successivo all'arresto sia stata determinata dalla precisa volonta' di creare le condizioni di fatto affinche' fosse eliminata ogni prova potenzialmente dannosa per l'associazione mafiosa."

Tradotto: i dati di fatto lo escludono.
Le supposizioni di Travaglio (e non solo supposizioni, ma falsità, come la storia della telecamera montata sul lampione e poi disattivata) invece lo immaginano soltanto.


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dana74
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grazie Bubba per averlo postato.

Gli adoratori del santone hanno già ampio spazio altrove dove riunirsi in preghiera per il sionista Travaglio.


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