Notifiche
Cancella tutti

Una scuola senza pagelle nè voti si può

Pagina 1 / 2

Salvathor
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1182
Topic starter  

Di Gregorio Romeo
http://www.huffingtonpost.it

Non è un’utopia ma ciò che prova a realizzare ogni giorno in classe Ferdinando Ciani, 58 anni, professore di matematica e scienze della scuola media Manzoni di Pesaro. Oltre a svolgere l’attività di docente, Ciani coordina il “Gruppo di ricerca sulla pedagogia del Gratuito”, movimento di insegnanti e genitori nato con lo scopo di promuovere una nuova didattica: “In alternativa alla scuola del Profitto” spiega il professore.

Il punto di partenza di Ciani e del suo gruppo - di cui si è appena concluso il primo convegno nazionale e che si ispira alla lezione di don Milani- è semplice: “La scuola è sempre più simile a un’azienda, una fabbrica di alunni le cui performance sono valutate come si farebbe con dei prodotti commerciali. Per noi, invece, l’educazione è una cosa diversa, parte dalla relazione e non si misura con dei parametri numerici”. In concreto, la prima cosa da abolire nella scuola del gratuito sono i giudizi tranchant. Ciani, nella sua classe, lo ha già fatto, proponendo agli studenti di sostituire i voti con delle “lettere” colloquiali che analizzano verifiche e interrogazioni senza esprimere valutazioni numeriche.

“In questo modo i ragazzi non patiscono lo stress del voto, evitano la competizione e abbandonano l’ansia da prestazione rispetto ai genitori. Solo così è possibile trovare le motivazioni profonde per lo studio, apprendendo di più e meglio” sostiene Ciani, che poi aggiunge: “Certo, lavorando ancora nel quadro della scuola del profitto, purtroppo alla fine dell’anno sono costretto a mettere i voti in pagella”. Ma è una prassi a cui il professore rinuncerebbe molto volentieri, così come rinuncerebbe a tutte quelle prove – a partire dai test Invalsi– che valutano gli alunni con medie e griglie matematiche molto precise: “Si tratta di strumenti obsoleti, incapaci di leggere la realtà e che puntano all’efficientismo – attacca Ciani – senza considerare il percorso soggettivo di ogni studente”.

Sempre nel suo istituto, d’accordo con tutti i professori di scienze della scuola, Ciani ha anche fatto scegliere agli studenti il manuale che avrebbero usato nel corso dell’anno, distribuendo tra i ragazzi i libri proposti dalle case editrici e lasciando loro la possibilità di votare il testo preferito: “La scuola ha il dovere di responsabilizzare gli alunni. L’obiettivo dell’istruzione, in fin dei conti, è quello di formare dei cittadini, facendo comprendere ai ragazzi il valore della scelta e della partecipazione. In altre parole, il compito dei professori è quello di insegnare la democrazia”.

Anche se non mancano le critiche contro un approccio pedagogico definito dai detrattori buonista e inefficace, le idee alla base della scuola del gratuito stanno progressivamente diffondendosi, soprattutto nei sistemi d’istruzione scandinavi. Ma il dibattito è aperto anche altrove, ad esempio in Francia, dove qualche anno fa un manifesto favorevole all’abolizione dei voti - firmato da educatori, artisti e politici - ha innescato un vivace confronto.

Primo firmatario di quell’appello, il celebre scrittore e insegnante (con un passato da studente somaro) Daniel Pennac, autore della più feroce critica mai espressa al sistema dei voti in classe: “Il Voto, la malattia infantile dell'educazione. Il voto è la sorgente della paura preventiva, quella che ci portiamo dietro e che non se ne va più. Il voto è la valutazione. E’ il giudizio. E’ il sospetto che si annida dentro l'alunno, dentro il maestro. Il voto è la vergogna dell'essere somaro. E genera la vergogna dei genitori. E’ la vergogna e la resa di un insegnante. E’ per ultimo la resa di un’intera società. Che finisce solo per preoccuparsi dell'identità, dell'immagine. Di un fantasma”.

Fonte: http://www.huffingtonpost.it/2013/10/09/ferdinando-ciani-pesaro-scuola-senza-voti_n_4068797.html?utm_hp_ref=italy

http://www.infiltrato.it/politica/una-scuola-senza-pagelle-ne-voti-si-puo-e-il-sogno-di-ferdinando-ciani

http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2013/10/una-scuola-senza-pagelle-ne-voti-si-puo.html


Citazione
totalrec
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 87
 

“La scuola ha il dovere di responsabilizzare gli alunni. L’obiettivo dell’istruzione, in fin dei conti, è quello di formare dei cittadini, facendo comprendere ai ragazzi il valore della scelta e della partecipazione. In altre parole, il compito dei professori è quello di insegnare la democrazia”.

Io non so più se queste cialtronate proferite da autentici cialtroni dell'insegnamento mi fanno più ridere o incazzare. Credo più incazzare, ormai. Molto di più.
Sono trent'anni che si sentono echeggiare queste cagate nei salotti degli insigni pedagoghi ed educatori, con i presidi delle scuole che li ripetono a pappagallo come sguatterucci ubbidienti. E per verificare l'efficacia di tali teorie è sufficiente fare una capatina in una qualsiasi delle nostre scuole medie o superiori, di fronte a studenti che non solo non possiedono più alcuna nozione culturale, nemmeno di livello elementare, ma neppure alcuno strumento logico o metodologico per procurarsela. In compenso sanno riempirsi benissimo la bocca di "democrazia", "diritti", "cittadinanza", "partecipazione" ed altre simili troiate che i tanti Ferdinando Ciani fanno ripetere ai miserrimi pargoli come un mantra pecorile.
Questa gentaglia ripugnante ormai non basta più nemmeno maledirla: va tolta di mezzo, senza tanti complimenti, in senso lavorativo, ma possibilmente anche fisico. Solo così nell'arco di - forse - un paio di generazioni si potrà tentare di rimediare ai danni che la loro vaniloquenza da salotto ha prodotto sul futuro della nazione.

(GF)


RispondiCitazione
Pellegrino
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2635
 

"formare dei cittadini", la vecchia idea del falansterio è dura a morire....


RispondiCitazione
Pellegrino
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2635
 

mio figlio lo "formo" io, tu insegnagli a scrivere e far di conto o pensi di essere Piragora??


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

Avevo intenzione di criticare l'articolo di Gregorio Romeo, ma la secca risposta di Freda supera di gran lunga le mie intenzioni.

Corretti i riferimenti a don Milani, che effettivamente formò persone notevoli. Ma il metodo non era l'abolizione del voto, era più orientato all'alternare lavoro con studio, spingeva gli studenti più grandi ad insegnare a quelli piccoli, tentava di mettere assieme scuola e vita.

"Gli esami non finiscono mai" titolava un vecchissimo film. Si possono togliere dalla scuola, ma non spariscono dalla vita. E allora bisogna insegnare ad affrontare l'ansia da stress, non va bene eliminare lo stress e basta.

Concordo in pieno invece con la critica all'Invalsi.
Anche l'idea di far partecipare gli studenti alla scelta dei testi di studio può essere valida.

Con Freda credo di concordare sull'idea di fondo che bisogna smettere di raccontare balle e confrontarsi con la realtà.


RispondiCitazione
stefanodandrea
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 748
 

La scuola deve formare l'Uomo.
E l'uomo nella vita è sottoposto a molte prove. Le interrogazioni, i compiti scritti, gli esami sono prove.
La scuola deve insegnare la sconfitta, ad apprendere dalla sconfitta, a scoprire i propri limiti, a cercare di migliorarli o limarli, a valorizzare il proprio talento.
La scuola ha bisogno del voto, di differenziare, soprattutto ha bisogno di fissare i livelli minimi, senza raggiungere i quali lo studente ripete la classe, anche dieci volte.
Oggi, lo studente che ripeta l'anno non è più il figlio del pastore al quale alludeva Don Milani. Ha potuto frequentare scuole a tempo pieno. Ha genitori diplomati o laureati.
Sottrarre al lavoro in miniera o nei campi i quattordicenni per immergerli nella miniera dello studio, del sacrificio, della noia, della resistenza, della pazienza, dell'amore per l'inutile, così sviluppando qualità che altrimenti restano sopite, dovrebbe essere la funzione della scuola.
Invece oggi la scuola italiana immerge i giovani nel gioco, li fa parlare di cittadinanza e li forma come consumatori, dirigendoli verso il call center.
Studente part time, lavoratore part time.


RispondiCitazione
totalrec
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 87
 

Corretti i riferimenti a don Milani, che effettivamente formò persone notevoli. Ma il metodo non era l'abolizione del voto, era più orientato all'alternare lavoro con studio, spingeva gli studenti più grandi ad insegnare a quelli piccoli, tentava di mettere assieme scuola e vita.

Formò persone notevoli? Diciamo che fece del suo meglio per alfabetizzare, con una sorta di doposcuola rurale, i figli dei contadini di Barbiana, con esiti prevedibilmente altalenanti. Un'opera certamente meritoria, ma del tutto immeritevole della gloria con cui viene citata negli annali della didattica, quasi sempre a sproposito.
Nella scuola di Barbiana alcuni imparavano, altri restavano i somari che erano. La famosa "Lettera a una professoressa" era indirizzata alla povera Vera Spadoni Salvanti, colpevole, agli occhi del parroco, di aver bocciato due sue allievi, non particolarmente brillanti, presentatisi come privatisti. Naturalmente la colpa non era della somaraggine degli studenti usciti dal doposcuola di Don Milani, macché: era invece della società cattiva e dei malvagi borghesi, ripescati dritti dritti, in pieno boom industriale italiano, dalla retorica ottocentesca.
Tra l'altro, quando si cita Don Milani si dimentica sempre di parlare della sua metodologia didattica in classe, che i suoi stessi studenti hanno vivacemente testimoniato. Il prete faceva largo uso di ceffoni e di poderosi calcioni nel culo appioppati agli studenti che si distraevano o disturbavano durante le sue lezioni. E giustamente. Ti viene offerta, su un piatto d'argento, la possibilità di riscattare secoli e secoli di analfabetismo atavico. Se non hai voglia di farne tesoro e vieni a scuola solo per disturbare, tornatene al tuo campicello di fave (agevolato da appropriati incentivi nel fondoschiena) ed evita di disturbare chi desidera imparare. Questa sì è una lezione di Don Milani di cui la moderna pedagogia dovrebbe fare tesoro. Purtroppo nessuno la cita mai.

(GF)


RispondiCitazione
totalrec
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 87
 

"Noi per i casi estremi si adopra anche la frusta.
Non faccia la schizzinosa e lasci stare le teorie dei pedagogisti. Se vuol la frusta gliela porto io, ma butti giù la penna dal registro. La sua penna lascia il segno per un anno. La frusta il giorno dopo non si conosce più.
Gianni per quella sua penna "moderna" e perbenino non leggerà mai un libro in vita sua. Non saprà mai scrivere una lettera decente. Un castigo sproporzionato e crudele".

(Don L. Milani, "Lettera a una professoressa", Einaudi, p. 69)

Come dare torto al buon prete di Barbiana?
Penso anch'io che sostituire le inutili note sul registro con un po' di sane frustate sarebbe un progresso pedagogico incommensurabile.
Se solo i moderni educatori la "Lettera" di Don Milani la leggessero, anziché limitarsi a citarla a cazzo!

(GF)


RispondiCitazione
Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 5039
 

Certo esiste il " metodo Mozart ", e non si può negare che il vecchio Leopold, determinato ad " immergerli nella miniera dello studio, del sacrificio, della noia, della resistenza, della pazienza, dell'amore per l'inutile, così sviluppando qualità che altrimenti restano sopite ", abbia ottenuto ottimi risultati nel senso di produrre un talento al servizio della società, meno successo pare abbia avuto questo metodo nell'intento di " formare l'Uomo ".

Quando ci si sente trascinatori di popoli, fondatori di civiltà o inventori di metodi didattici, sarebbe prudente dirigere la propria attenzione, oltre che verso gli inevitabili vantaggi che i nostri metodi assicurerebbero al prossimo, anche verso i potenziali danni che si potrebbero infliggere, se le proprie idee venissero applicate, sia al famoso "popolo" o "gente" da un lato, sia agli spiriti più alti che si possano immaginare nel caso avessero la ventura di capitare, senza rivelarsi e giovani, alla mercé delle nostre attenzioni.

Tenendo presente che men che raramente la potenzialità latente di un genio o di uno spirito molto elevato si manifesta come un diligente e volenteroso Pierino. Tranne Kant, se insistete a metterlo tra i geni.

Quindi si deve scegliere: sacrificare il popolo e consentire lo sviluppo del potenziale spirito elevato o educare a proposito la gente e condannare all'opacità il potenziale genio. Ad alcuni, molto bravi, riesce di sacrificare il popolo e fiaccare definitivamente il potenziale spirito elevato.

La giungla che pare essersi sviluppata rigogliosa grazie all'apporto di idee dei genitori, graziosamente consultati (!) e alla vivacità creativa dello stuolo di mogli di professionisti che hanno optato per l'insegnamento, essendosi anche laureate in gioventù, anziché "creare" il negozio di oggettistica trendy che sognavano, costituisce solo un colossale incidente di percorso...

P.S. - "...così nell'arco di - forse - un paio di generazioni...", temo che siano oramai irreparabili.


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

Mantengo qualche legame con la scuola (indiretto) e mi risulta che nonostante la scuola continuano ad esserci studenti di valore. Certo saranno uno ogni venti, forse nei casi migliori uno su dieci, ma ci sono ancora.

E la percentuale di studenti che imparano davvero qualcosa non mi sembra diversa da molti anni fa.

E' l'Italia che non funziona. La scuola per fortuna non ha mai funzionato quindi non sta facendo gravi danni.


RispondiCitazione
totalrec
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 87
 

Mantengo qualche legame con la scuola (indiretto) e mi risulta che nonostante la scuola continuano ad esserci studenti di valore. Certo saranno uno ogni venti, forse nei casi migliori uno su dieci, ma ci sono ancora.

E' vero, ci sono ancora e sono pure relativamente numerosi. Ma la frase chiave è "nonostante la scuola".
La scuola infatti fa di tutto per ignorarli, deprimerli, deluderli, disgustarli, frustrare le loro capacità.
Il fulcro del programma didattico di qualunque sezione sono gli alunni disabili, disadattati, scimuniti o criminali, che vengono posti al centro dell'interesse del consiglio di classe. La maggior parte delle discussioni del consiglio è dedicata a loro; la maggior parte dell'attività burocratica che i docenti svolgono è rivolta alla preparazione di PDP e PEI per i meno capaci; le riunioni straordinarie del consiglio sono dedicate agli alunni delinquenti, i quali possono fare ciò che vogliono senza rischiare nulla, visto che raramente si trova in consiglio una maggioranza sufficiente a castigarli come meriterebbero.
Gli alunni bravi e studiosi sono abbandonati a se stessi, avendo la grave colpa di sapersela cavare da soli. Spesso sono odiati dagli insegnanti, i quali, ignoranti come bestie e imbottiti di cretinerie psicopedagogiche, non sopportano di avere in classe alunni che ne sanno più di loro e che, giustamente, li guardano dall'alto in basso.
La scuola, così com'è oggi, andrebbe rasa al suolo con la dinamite e i caterpillar e ricostruita dalle sue rovine per poter ritrovare un senso e uno scopo.
La pubblica impiccagione dei parolai immondi come questo Ciani potrebbe contribuire a dare all'opera di rinnovamento una forte spinta motivazionale.

(GF)


RispondiCitazione
stefanodandrea
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 748
 

@Primadelle sabbie.

Non sono d'accordo perché mi sebra che tu cada in una forma di pensiero bipolare, come destra sinistra, ius soli ius sanguinis, omofobo omofilo, ecc. ecc. Ci sono tante vie di mezzo.

Alle elementari, frequentavo una scuola di periferia, perché così voleva mio padre. In classe i figli di laureati erano 3 (me compreso) su circa 25.

La mia maestra, davvero all'antica (era molto buona - mi telefono' a distanza di diciotto anni per farmi gli auguri per la laurea -ma severa; un'autorità morale, che in rare occasioni ricorreva alla bacchetta), il sabato sulla base delle medie dei voti presi durante la settimana, ci faceva scegliere gli incarichi, muovendo dal primo in classifica; restavano fuori dalla classifica quattro o cinque persone (che ogni tanto riuscivano a turno ad entrare negli ultimi posti: era veramente brava severa e buona la mia maestra! e i male, malissimo fioccavano come i bene e i benissimo, proprio perché era brava severa e buona).

Ebbene, un paio di anni dopo essermi laureato, ebbi modo di riflettere che della mia classe di liceo (per più della metà figli di laureati) si erano laureate a quel tempo cinque persone, mentre della mia classe delle elementari se ne erano laureate dodici (comprese figlie di vedove di operai morti sul lavoro; sorelle di quelli che sarebbero diventati noti spacciatori nella mia adolescenza e sarebbero rimasti fermi alla terza media; e altro). Ed è inutile che dica che la matematica che noi studiavamo alle elementari oggi la studiano alle medie.

Insomma, tra la scuola contemporanea e la scuola spartana o il precettore privato che applica il metodo Mozart ci sono tante vie di mezzo. Ma oggi ciò che occorre è dirigerci dall'altra parte, ossia verso il Metodo Mozart: tornare ad avere il coraggio di dire cosa c'è di utile e di buono nell'estremo oppposto. Poi ci si ferma a metà strada.

A cosa serve lasconfitta? Ad evitare il narcisismo, così diffuso tra i giovani di oggi. Un paio anni fa lessi, sul Corriere della Sera, che gli psichiatri volevano eliminare il narcisismo dal testo che raccoglie le malattie psichiatriche, perché i sintomi erano ormai divenuti "normali". Dirigersi verso il metodo Mozart (o comuqnue un metodo spartano) con la volontà di fermarsi a metà strada, servirebbe anche ad evitare un mondo di "normali malati".

PS Non mi sento come dici tu. Mi sento un semplice combattente; umile, prima di tutto, perché conaspevole della situazione; che si è ritrovato ad ammirare gli jihadisti del nostro risorgimento (perché alcune decine di migliaia di persone tali furono); e che preferisce di gran lunga quegli uomini ai nani che produciamo, che, si badi, non hanno alcuna colpa: i giovani hanno limiti ma non colpe. Perciò, come genitore e come insegnante, mi dedico alla formazione di "jihadisti". E come cittadino mi dedico a tentare di organizzare una forma di critica radicale alla nostra società. Siamo obbligati ad educare i consumatori presuntuosi e deboli, destinati alla schiavitù? Dedicatici tu, se lo credi utile. Io non sono mai stato così sereno, rapito e ottimista come ora. Ti assicuro che il "jihadismo", lungi dall'essere la condizione in cui cade un malato o una persona triste, è la condizione normale dell'uomo felice.


RispondiCitazione
Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 5039
 

@ stefanodandrea

Cerco do evitare il "cosa pensi tu di me, cosa penso io di te", al quale sembri invitarmi, perché lo ritengo terreno minato in genere, benché la conoscenza reciproca sia la base minima di qualsiasi scambio di idee. Ma il mezzo che usiamo ha le sue regole, e se uno parla di come crede di essere non fa che disorientare l'interlocutore.

Nel commento precedente, per non abusare di chi legge, ho evitato di citare il metodo Leonardo, di seguito a quello Mozart. Pare che Leonardo sia stato educato da un giovane parente, essendo suo padre troppo occupato a far denari, che gli parlava del mondo passeggiando per prati e per boschi. Anche in questo caso il risultato é stato discreto per quanto riguarda lo sviluppo del talento, un po' meno brillante, sembra, sul versante della formazione personale.

Ho avuto una maestra identica alla tua, evidentemente più anziana e di una severità difficile da descrivere. Anch'io ho avuto la matematica che dici tu e l'analisi logica come non la ho più ritrovata.
Credo, anzi ne sono sicuro, appartenesse ad una conventicola molto chiusa di cattolici ultra conservatori. Umiliava chi non ci arrivava, atteggiamento che introduceva una dinamica di negatività nei rapporti tra di noi, guidandoci nel giudizio reciproco e privandoci della possibilità essenziale di sbagliare formulandone di nostri, e dare così inizio alla nostra crescita individuale.
Magari sarà stato utile per la Nazione, ma ne dubito.

Ricordi il bosco nella valle sottostante Sparta, dove venivano cacciati gli adolescenti maschi ed abbandonati a se stessi per diversi anni ? Mi pare che questo metodo non abbia dato cattivi risultati.

Il confronto tra una persona intelligente ed una che lo é meno contiene, già di per sé, una sorta di prepotenza che andrebbe sapientemente resa accettabile, onde evitare l'insorgere ed il radicarsi di perversi esiti conflittuali con derive emotive da cui é difficile liberarsi, come puoi constatare guardandoti in giro. Accentuare l'umiliazione serve a scremare i migliori ? Quindi é utile alla Nazione ?

A cosa serve la Nazione se non garantisce la possibilità per cui siamo venuti al mondo, di sviluppare le potenzialità di ciascuno, confrontarci con gli esiti e meditarci sopra affinché possiamo affrontare la tappa successiva che non conosciamo, avendo esaurito le nostre possibilità in questa ?

Vuoi combattere il narcisismo ? Elimina lo sport. E non mi riferisco al calcio più becero ma ...all'atletica. Lo insegnavano i saggi di un'antichità vertiginosa: é il più efficace, tra i metodi per perdere definitivamente un giovane, anche a causa del narcisismo coinvolto. Noi, naturalmente, siamo di tutt'altro avviso...


RispondiCitazione
stefanodandrea
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 748
 

@Primadellesabbie

non avevo parlato di umiliazioni, bensì di sconfitte. E l'educazione alla (possibile) sconfitta è l'opposto della umiliazione. Gioire quando si scoprono i propri limiti, perché è il necessario passaggio per il loro superamento, è un messaggio che l'insegnante deve dare.

Le nostre due maestre, in realtà, non erano simili ma opposte. Grandissima era l'umanità della mia, quasi inesistente, da quanto dici, quella della tua.

Il problema è che "umanità" non significa non pretendere rigore e disciplina: l'umanitàperprincipio non può essere disumana.

Anche la conflittualità ha almeno due profili, uno dei quali ècertamente positivo. Indubbiamente, fino a poco tempo fa, la società era più "conflittuale", a tutti i livelli. Da bambini combattevamo per difendere i territori; combattevamo (e in realtà ai miei tempi già sbeffeggiavamo) i professori, combattevamo contro i genitori o almeno contro il padre. E prima della mia generazione, altre hanno combattuto per scopi collettivi. Nel risorgimento per la Repubblica, che non venne, per l'Unità, che venne, per l'indipendenza, che almeno in parte venne, per la libertà politica, che venne. E nella resistenza si combatté per farla finita con una esperienza che si era rivelata disastrosa e aveva condotto l'Italia ad essere divisa in due.

Il conflitto è altamente formativo. E' un momento necessario della formazione. Ovviamente dal conflitto si può uscire con le ossa rotte ma questa è la vita. Rifuggire dal conflitto per evitare il rischio della grave sconfitta è immorale.

Oggi il luogocomunismo nega anche che, oltre al conflitto di classe, ci sia il conflitto tra stati; nega che ogni trattato internazionale è come un contratto a prestazioni corrispettive, nel quale gli interessi del locatore sono contrapposti a quelli del conduttore e quelli del venditore a quelli del compratore. Invece, il fatto che un popolo e uno stato non si concepiscano più come tali, non toglie che ciò non sia vero per altri popoli e stati, che approfitteranno del popolo ingenuo. Se chiedessimo agli italiani: secondo voi, se l'Italia subisse una secessione nel nord tra dieci anni, ci sarebbe un esponente della elite tedesca o di quella austriaca che sarebbe dispiaciuto, il 50% risponderebbe di si: sono proprio stupiditi (non stupidi ma stupiditi).

Quindi, senza difendere o promuovere le umiliazioni e senza essere fanatici di sistemi estremi, credo che dobbiamo considerare un dato di partenza comune, pacifico, almeno tra persone come me e te, che questa società lascia giocare i giovani fino a 25 anni (e getta in pasto del gioco e delle scommesse gli adulti!), senza creare le condizioni per quei conflitti che sono necessari allo sviluppo di personalità forti; per poi invitarli ad andare all'estero, tutelarli come consumatori e riservare ad essi un lavoro part time.

Questa società va distrutta e può essere distrutta soltanto se intanto si crea un conflitto tra chi vuole distruggerla e chi vuole difenderla. Ma per volerne la distruzione, bisogna volere il combattimento, avere la disponibilità o vocazione al conflitto. Questa disponibilità o vocazione si crea con l'educazione, non nasce dal nulla.


RispondiCitazione
Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 5039
 

Si, l'attitudine delle maestre era probabilmente diversa. Certo, il termine umiliazione l'ho introdotto io e non tu.

Chiarito questo, ti faccio notare che sia l'inumanità che la tendenza ad umiliare sono moneta corrente nelle persone che, occupando posizioni sociali che evidentemente superano le loro possibilità, vengono travolte dall'ingranaggio che le comprende e dall'ansia di garantirne l'efficenza ed il "buon funzionamento", che dati i loro limiti, non potrà mai essere un "buon funzionamento".

Queste situazioni sono estremamente diffuse in un mondo che sceglie sulla base dell'efficenza.

D'accordo sulla tua visione dell'utilità della preparazione al conflitto. Non posso far a meno di notare, però, che é inutile preparare al conflitto chi non ne preavverta nemmeno lontanamente la problematica, quando verrà il suo momento avrà talmente deformato i principi da capovolgere il risultato della preparazione.
É lo stesso per lo studio di Dante per fare un esempio, la potenzialità dirompente che vi é nascosta viene completamente disinnescata per sempre, insegnandolo (?) a tempo indebito.

Ti lascio al tuo entusiasmo per il Risorgimento 'che il discorso sarebbe lungo e, temo, aspro. A cominciare dalla scelta dei colori dell'ermetismo per il vessillo nazionale che indica con precisione, non solo per il nostro Paese, di quale deviazione siano figlie le storie recenti dei paesi che li hanno adottati.

Il meccanismo dei confronti tra nazioni, lungi dall'idea del "vogliamoci tutti bene", credo abbia bisogno di una premessa che affondi le radici profondamente e a 360 gradi.

Ancora una cosa. I saggi che ti ho citato a proposito del narcisismo hanno anche previsto, in tempi remoti, che questa nostra epoca sarebbe stata caratterizzata, tra l'altro, da una spropositata attenzione alla propria dimensione fisica (pensa alle diete, alle palestre, alla chirurgia plastica, ai cosmetici) e dalla inarrestabile tendenza all'indifferenziazione dopo il danno portato a termine dall'individualismo. Tutto quando della Grecia non c'era ancora nemmeno il sospetto.

Questo per ammonire che non si può accusare chi tenta, forse maldestramente, di amministrare la situazione credendo di poterne arginare le conseguenze secondo i propri pregiudizi, di averla provocata. Lo si può condannare per i più vari motivi, ma non accusare di averla provocata. Questo caso non rientra nemmeno nel: "lo scandalo é necessario, guai a chi desta scandalo".

La distruzione pare che avverrà a prescindere dal nostro interessamento. Chi può, deve cercare di capire cosa deve essere salvato e portarlo dentro di sé, e si tratta di un'impresa che non si porta a compimento guardando indietro, ma facendo attenzione al divenire e cercando di interpretarlo con il massimo impegno di cui siamo capaci.

Grazie per lo scambio.


RispondiCitazione
Pagina 1 / 2
Condividi: