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Tao
 Tao
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25 APRILE: LA DICHIARAZIONE DEL COMANDANTE MILITARE DELLA RESISTENZA GENERALE RAFFAELE CADORNA CHE NESSUNO RICORDA MA CHE OBAMA RIPRENDE DISERTANDO LA SFILATA DELLA VITTORIA IL 9 MAGGIO A MOSCA

il 25 aprile l’ho sempre vissuto come un giorno di festa: primavera e vacanza a scuola. Crescendo ho capito che aveva due altri aspetti: uno di politica internazionale e uno nazionale.

Sul piano internazionale, il mondo intero la ha vissuto come la fine della Guerra e delle sofferenze, un po come la notizia di Vittorio Veneto che diede il la alla pace anche nel primo conflitto mondiale anche se si trascinò per qualche giorno in Europa e per quattro mesi in Estremo Oriente.Sul piano geopolitico sancì l’egemonia degli Stati Uniti su tutti gli alleati, Inghilterra inclusa. Albion si era coperta di debiti con gli Stati Uniti e vista la sproporzione di forze. emersa in tutta la sua potenza, era escluso che evitasse o ritardasse i pagamenti. Per anni dopo la guerra – e dopo di noi – gli inglesi continuarono col tesseramento alimentare e appena le elezioni lo permisero, rovesciarono il governo Churchill per sostituirlo con il più modesto Clement Atlee.
Tramontava un’epoca e ne sorgeva una nuova destinata a durare fino ai giorni nostri.

Sul piano nazionale, a parte il tripudio per la fine della guerra e le inevitabili conseguenze che portarono alla morte di Claretta Petacci colpevole di troppo amore, la situazione fu subito molto complessa: diversamente dall’ yugoslavo Josip Broz detto Tito che aveva liberato da solo la propria capitale ed aveva costituito un governo proprio, gli italiani avevano una troppo breve esperienza di lotta partigiana ( gli yugoslavi combattevano dal 1941) ed erano riusciti ad impensierire seriamente il Feldmaresciallo Kesserling ( lo ammette nelle sue memorie) solo durante l’inverno del 1944 per attacchi ai rifornimenti e trasferimenti dei reparti e quasi mai in battaglie vere e proprie.

Mentre i titini combattevano unicamente o contro lo straniero, i partigiani italiani combattevano anche contro altri italiani con strascichi inevitabili che ancora avvelenano l’atmosfera nazionale. I fascisti furono i primi secessionisti che bestemmiarono l’Unità nazionale e questo fatto, unito alla scelta demenziale di dichiarare guerra agli USA li rese inagibili per mezzo secolo.

I volontari della libertà, come si chiamavano allora ufficialmente i partigiani, erano comandati da un sistema ” duale” con a capo il generale Raffaele Cadorna – paracadutato nella zona di Verbania-Pallanza e da Luigi Longo che aveva combattuto in Spagna.

Su tutti, un lontano CLN italiano con sede nell’Italia liberata ( dove esisteva un governo “badogliano”riconosciuto dagli alleati) e un CLN alta Italia a Milano che operava clandestinamente.Se a questo groviglio disarmonico si aggiunge il fatto che tutti questi organi comunicavano tra loro attraverso i comandi alleati ( americani, inglesi e francesi) avrete un quadro completo della situazione.

Dopo ventitré anni di partito unico, una guerra persa malamente e le rovine materiali aggiunte a quelle morali, immaginabile l’effervescenza tutta italiana di quanti iniziavano a praticare l’abbeccedario democratico. Ben orientati solo i comunisti che avevano alle spalle dei suggeritori e dei finanziatori, oltre a disporre di un embrione di apparato clandestino risalente all’anteguerra.

L’altra forza costituita era la Monarchia, impossibilitata ad agire comunque date le responsabilità nella scelta della guerra, nella sconfitta e nel doppio gioco praticato verso il regime e la fuga dalla capitale all’atto dell’armistizio con cui di fatto abdicò ad ogni diritto a decidere della sorte della Nazione.

La Chiesa cattolica disponeva di una organizzazione politica embrionale e non ancora in grado di coagulare il consenso anche per i rapporti avuti col fascismo, i patti lateranensi ( che il PCI avrebbe metabolizzato alla Costituente) e i tentativi di mediazione fatti fino all’ultimo.

I comunisti presero l’iniziativa politica di rappresentare la Resistenza ( parola creata da De Gaulle nel 1940) anche perché disponevano di mezzi che altri ebbero solo in un secondo tempo.

Negli anni la celebrazione del 25 aprile ebbe comprensibili momenti di frizione tra fascisti che vivevano il momento come quello della sconfitta ( evidentemente del loro partito perché l’Italia la guerra l’aveva persa da un pezzo), i comunisti che festeggiavano la vittoria ( anche qui del loro partito perché l’Italia non riusci a farsi considerare cobelligerante e subì tutte le conseguenze del trattato di pace come potenza nemica).

Alla proclamazione della Repubblica celebrata nella sala della Lupa a Montecitorio da Randolfo Pacciardi allora segretario-rifondatore del PRI ci fu il primo appello alla riappacificazione tra gli italiani, seguito dall’amnistia proclamata dal Ministro di Grazia e Giustizia e segretario del PCI Palmiro Togliatti, ma la maggior parte dei politici del tempo preferì mantenere fuori dal campo chi non si era qualificato per tempo millantando meriti democratici che avevano in pochi. Pochissimi.

poi la storia riprese i suoi diritti, le parti si divisero, i comunisti furono estromessi dal governo di unità nazionale e si rifecero ammazzando un po di avversari politici specie in Romagna e monopolizzando la celebrazione del 25 aprile per default di aspiranti: la DC e le forze di centro perché corteggiavano la borghesia e gli alleati che preferivano far credere che la massa degli italiani avesse combattuto contro il fascismo.

Ho rispolverato una dichiarazione del comandante della Resistenza Raffaele Cadorna rilasciata al “Corriere Lombardo” e che fu ripubblicata da ” Universita 70″ il giornale dei giovani di ” NUOVA REPUBBLICA” in analoga occasione del 1966. La pubblico perché costituisce l’atto di divorzio tra le forze politiche partecipanti alla Resistenza che oggi viene solennizzata nuovamente per evitare la venga egemonizzata da chi è rimasto fuori del governo ” comunista” odierno.

Come ha scritto oggi l’ex segretario del PCI Achille Occhetto sulla sua pagina Facebook a chi gli rimproverava gli odierni governanti come nipotini: ” Renzi non è nipotino del PCI. E’ nipotino della DC.” Come Mattarella, La Boschi, Martina, Alfano e compagnia cantante.Altro che rendere omaggio alla memoria dei caduti. A riprova della giustezza della posizione di Cadorna, l’atteggiamento degli USA. Hanno rifiutato di partecipare alla sfilata della vittoria a Mosca e fatto pressione sugli alleati di un tempo perché evitino di partecipare.

ECCO IL TESTO DEL CORRIERE LOMBARDO

“Intervistato dal Corriere Lombardo sulle ragioni della sua astensione dalle manifestazioni celebrative della Resistenza , il Generale Raffaele Cadorna, già comandante del Corpo Volontari della Libertà, ha dichiarato:

“Non me la sento di fare il propagandista del partito comunista, di avallare il monopolio che esso si è acaparrato della Resistenza.

Stimo Luigi Longo sul piano umano, riconosco le sue capacità di organizzatore , è vero: ma è anche vero che i miei ideali non sono mai stati i suoi, neppure nei giorni in cui combattevamo assieme. Ci dividevano e ci dividono troppe cose.

Se oggi tornassi al suo fianco, mi sembrerebbe di tradire il nome che porto, l’educazione che ho ricevuto e lo stesso concetto di Libertà di cui si continua a parlare tanto.

E’ difficile dire queste cose in Italia. Da noi si corre sempre il rischio di essere fraintesi. Non si discute, di solito, ci si insulta. Ma a me la cosa interessa poco. Per fortuna sono uno dei pochi italiani ai quali non si può certo dare del fascista, perchè tutto il mio passato dimostra il contrario.

Voglio comunque essere molto chiaro e dire fino in fondo quello che penso: la resistenza è s
tata un fatto d’arme e non un fatto politico. Politicamente eravamo uomini di diverse ideologie quando oggi si citano gli ideali della resistenza, a quali ideali ci si riferisce? All’ideale cattolico, a quello comunista, a quello liberale, a quello socialista? Non si può ridurre un patrimonio così ad una vittoria di parte (parola illegibile) una nazione a combattere contro i tedeschi e contro quegli altri italiani che, per colpa o per sventura (val la pena ancora di distinguere dopo tanti anni?) si trovarono accanto a loro.

Il mio è un rifiuto doloroso, perché io so forse meglio di ogni altro quante lacrime e quanto sangue ci è costata quella vittoria.

A questi sacrifici io per primo voglio rendere onore, ma in silenzio, senza clamori.Perché è fuori dubbio che il risultato finale nacque dalla collaborazione di diversi uomini e di diverse correnti di idee. Diciamolo con chiarezza: lo stato che i comunisti sognavano di instaurare nel 1945 non era lo stato democratico di De Nicola e di De Gasperi; era una dittatura di tipo sovietico.

Perché allora continuare a sfilare insieme, a guerra finita, come se si avessero le stesse idee? Perché prolungare l’equivoco di un “accordo” che allora fu solamente un fatto strumentale ?”

Antonio De Martini
Fonte: www.corrirredellacollera.com
25.04.2015


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