Stavolta è andata bene. Alla fine, dopo mesi di polemiche, il Movimento 5 Stelle voterà per abrogare il reato di immigrazione clandestina. A deciderlo sono stati ieri gli attivisti dal movimento chiamati da Beppe Grillo a pronunciarsi nel merito attraverso un referendum in rete deciso all’ultimo minuto dal leader e dal suo socio Roberto Casaleggio. Scarsa l’affluenza al voto: su 80.383 iscritti al M5S e certificati al 30 giugno 2013, hanno votato solo in 24.932 dei quali 15.839 a favore dell’abrogazione del reato e 9.093 per i suo mantenimento. «Con l’abrogazione si mantiene comunque il procedimento amministrativo di espulsione che sanziona coloro che violano le norme sull’ingresso e il soggiorno nello Stato», ha ricordato Grillo al termine della consultazione.
Per le modalità in cui è stata presa, ad appena 24 ore dal voto al Senato e senza la dovuta informazione in Rete, la decisione di indire il referendum riaccende le polemiche all’interno del M5S. «E adesso chi dice che la democrazia a cinque stelle non esiste, è in malafede!» commenta la sentarice Elena Fattori. Ma i dissidenti criticano il modo in cui i vertici del movimento usano il web. «La vita delle persone non è un videogioco, né una battuta da condividere sui social media» attacca su Facebook il senatore Franco Campanella, convinto che il web venga ormai usato come «un’arma per gestire la vita di più di 150 parlamentari» e chiudendo con un invito perentorio: «Togliamo quella pistola a Casaleggio!».
L’occasione per tornare su reato di clandestinità l’ha offerta la legge sulle depenalizzazioni in discussione da oggi al Senato. A ottobre lo stesso argomento aveva giù spaccato il M5S, quando due senatori, Andrea Cioffi e Maurizio Buccarella, riuscirono a far approvare un emendamento che abrogava il reato di clandestinità ma vennero stoppati da Grillo, che li obbligò a ritirarlo. In quell’occasione l’assemblea dei parlamentari si schierò a favore dell’abrogazione del reato, contro la volontà di Grillo e Casaleggio. La questione è restata però sospesa fino a ieri quando, ad appena 24 ore dall’inizio delle discussione a palazzo Madama della legge ce contiene anche il reato di clandestinità, il leader ha deciso di consultare la rete. E lo ha fatto facendo apparire all’improvviso un post sul blog: «Sarà votata in Senato la legge sulle depenalizzazioni che ha al suo interno la disposizione che abolisce il reato di clandestinità», è il messaggio apparso ieri mattina e con cui si invitavano gli attivisti a votare «dalle 10 alle 17».
Molti parlamentari hanno saputo del consultazione a urne già aperte con una mail che li invitava a partecipare al voto, oppure ricevendo una telefonata dallo staff di Grillo. «Mi è stata inviata una mail alle 10,10 e l’ho vista alle 10.54», spiega Campanella. «Non è così che va gestita la democrazia interna». Infuriato per come sono andate le cose anche un altro senatore, Lorenzo Battista: «Penso che sia giunto il momento di dire basta a questa gestione del blog/portale/sistema operativo (chiamatele come vi piace)», afferma. Sulla stessa linea anche il senatore Fabrizio Bocchino: «Questi temi non possono essere liquidati con votazioni frettolose», scrive anche lui si Facebook ricordando come avesse già espresso perplessità quando sembrava che la decisione dovesse essere presa nell’arco di un week end. «Ma così è andata peggio — prosegue — Non abbiamo avuto neanche il week end, ma la comunicazione è arrivata a sorpresa il giorno prima». Le critiche riguardano anche l’orario indicato per il voto: dalle 10 alle 17, quando le persone sono al lavoro e non tutte possono avere a disposizione un computer. Perché limitare il tempo in maniera così stringente? E’ quello che si chiede anche Louis Alberto Orellana, un’altra delle voci critiche storiche del Movimento: «Nell’assemblea di giovedì — ricorda — ci era stato detto che a breve ci sarebbe stato il sondaggio che sarebbe potuto e dovuto partire venerdì 10 e durare, magari, fino al 13 gennaio. Gli iscritti avrebbero avuto quattro giorni per votare. Perché non si è fatto?». Orellana avanza un «dubbio»: «Si tratta di totale incapacità di gestire temi legislativi importanti da parte di u gruppo anonimo di persone probabilmente assunte per altre mansioni e ora riciclate senza un’adeguata preparazione a gestire temi così importanti?».
In effetti, mentre il voto procede, tra gli attivisti regna la confusione. Più di uno chiede chiarimenti su cosa significa l’eventuale abolizione del reato di clandestinità: «Se si toglie il reato — scrive ad esempio Tino P. — va da sé che praticamente chiunque può entrare e non mostrare nessun documento, nessun passaporto né altro».
Sullo sfondo c’è però anche un altro problema: il numero di attivisti che hanno partecipato al voto. Il risultato sarà «vincolante sul voto che il gruppo parlamentare del Senato dovrà esprimere sul reato di clandestinità», chiarisce Grillo sul blog. Alle ultime elezioni politiche il M5S ha preso quasi 9 milioni di voti. A votare ieri sono stati poco meno di 25 mila attivisti. Possono i parlamentari obbedire a una minoranza così risicata? «Il M5S è un fenomeno troppo serio per essere gestito in questo modo», conclude Campanella.
Carlo Lania
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.01.2014
Per quanto riguarda la scarsa affluenza al voto vale la regola del referendum senza quorum, decide la maggioranza dei votanti.
Campanella non ha del tutto torto: la decisione di un referendum in rete dovrebbe essere presa dagli iscritti stessi. Su proposta di qualcuno, che può essere anche un parlamentare visto che anche lui è iscritto, si vota in rete se fare il referendum. Poi, se viene approvata questa decisione, si passa alla votazione effettiva. È lo stesso meccanismo dei recall americani.
Questo atto di “stoppare” da parte del duo Grillo/Casaleggio ha un duplice aspetto:
il primo aspetto che considero un atto responsabile, in quanto, essendo i parlamentari del M5S considerati al servizio dei propri iscritti, questi hanno poco spazio di iniziativa propria. Avrebbero dovuto prima agire come descritto sopra e poi presentare, in caso di approvazione degli iscritti, la loro proposta di legge.
Il secondo aspetto di questa vicenda, che è meno rassicurante è che non siano stati gli iscritti a fermare i propri parlamentari, ma il proprietario del marchi M5S. A quanto sembra non esiste un meccanismo che parta dagli iscritti per richiedere una messa ai voti di una proposta di legge.
Anche se essere proprietario del marchio porta indubbiamente a dei vantaggi in mancanza di regole certe, come si è dimostrato per le liste M5S in Sardegna.
No caro Lania, il numero dei votanti non è un problema, questa è la democrazia diretta. Non capisco perché devi criticare un atto di democrazia diretta, di partecipazione all’amministrazione della cosa pubblica che in nessun altro partito è possibile. Se il cittadino vuole partecipare e decidere, come avevano deciso per il nome del presidente della repubblica, allora si iscrive e può chiedere ai suoi parlamentari di procedere nel conseguimento delle finalità che gli iscritti insieme si sono preposti. Ed è ciò che i parlamentari devono fare. Devono obbedire perché sono al servizio di chi li ha nominati e messi nelle liste per essere votati.
Vi ricordate Di Maio come ripeteva durante le votazioni per il presidente delle repubblica che loro sostenevano Rodotà perché così chiedevano gli iscritti? Ecco, questo è il senso, essere al servizio.
Se poi molti milioni di votanti non si iscrivono, questo è affar loro: si vede che non sono interessati a prendere decisioni in comune, a partecipare all’amministrazione della cosa pubblica. Forse pensano di ottenere di più andando in piazza indignati o sfogandosi sui social networks.
Ciò che è serio non è di per se il M5S, ma l’abbozzo di democrazia diretta che sta cercando di applicare.
Non rimane altro che fondare nuovi movimenti con regole di democrazia diretta ben definiti, movimenti non diretti da detentori di marchi registrati, ma dagli iscritti stessi.
Un cordiale saluto
Matthias von der Schulenburg
No caro Lania, il numero dei votanti non è un problema, questa è la democrazia diretta.
Eh no caro Matthias, questa non è democrazia diretta, è stuprarne il concetto. Questa semmai si chiama consultazione degli iscritti, attraverso un discutibile metodo verticistico e telematico, come fai giustamente notare.
La democrazia diretta non è l'equivalente di un test Invalsi a crocette, come vuoi far credere.
E comunque anche questo falso simulacro sembra inviso ai vostri due guru, visto che non ha dato il risultato che essi speravano.
Questo atto di “stoppare” da parte del duo Grillo/Casaleggio ha un duplice aspetto:
il primo aspetto che considero un atto responsabile, in quanto, essendo i parlamentari del M5S considerati al servizio dei propri iscritti, questi hanno poco spazio di iniziativa propria.
E' il solito ritornello del vincolo di mandato...
Quando capirete che il vincolo di mandato è la negazione della democrazia sarà già troppo tardi, presumo...
Hai ragione, non è democrazia diretta, è democrazia e basta. Come diceva Norberto Bobbio, ci si riunisce, si discute e si vota ed il 50%+1 dei votanti decide.
È fondamentale nei referendum senza quorum.
Ovvio che fatto come è stato fatto nel M5S è una cosa fatta a metà, perché manca la discussione; i votanti non hanno avuto il tempo di approfondire l’argomento, e, soprattutto, la decisione di votare per il pro o per il contro non è stata presa dagli iscritti, con voto, ma dai due titolari del marchio.
Carissimo, è già troppo tardi, è già time out. Mi spieghi perché nel mondo commerciale e delle imprese, dove si tratta di denaro e potere, il mandato è vincolante, mentre nel mondo pubblico, dove sono 800 miliardi di soldi nostri ad essere gestiti, non deve essere possibile avere un controllo sugli eletti e su ciò che fanno dei nostri soldi?
Se non mi consenti di porre un vincolo di mandato a livello Costituzionale, perché ti disturba averlo a livello di partito? Cosa ti disturba nella possibilità di impegnare un qualsiasi dirigente di partito, ovviamente del tuo partito, su un determinato fine prefissato ?
Cosa ti disturba nel fatto che si possa revocare un parlamentare che non ha agito come aveva promesso di agire quando è stato candidato nelle liste dagli iscritti e che, quindi, sapeva benissimo, quando ha accettato la candidatura, quali fossero i vincoli?
Non siamo più in una democrazia censitaria dove solo gli abbienti avevano il diritto di voto ed il divieto di mandato era comprensibile. Ora che il mandato proviene da un insieme di cittadini, da un movimento o da un partito, perché non vincolare il proprio parlamentare o eletto almeno ai fini principali che un movimento o un’associazione politica-partito si pone?
Quando Di Maio diceva…(vedi sopra), non era forse evidente che fosse vincolato ed avesse accettato questo vincolo?
Se non accetti il solito ritornello del vincolo di mandato, cosa proponi?
L’attuale classe politica si comporta a dir poco in modo strano.
98 miliardi condonati alle lobby delle slot machine, 5 miliardi assegnati ai militari per l’ammodernamento delle armi, oltre a quelli destinati agli F35 e ai 22 destinati al solito budget annuo, e tanto discutere su come ricuperare 1,5 miliardi di mancata IMU , senza parlare dei soldi che hanno preso il volo a causa della corruzione e della concussione a tutti i livelli istituzionali.
Perché ti infastidisce che io voglia porre un vincolo a queste donne e a questi uomini introducendo perlomeno l’americanissima revoca del mandato?
Democrazia vuol dire governo del popolo sovrano. Che sovranità è se posso votare, ma non posso revocare un eletto?
Io so che la democrazia è negata ora, con gli eletti lasciati liberi a razzolare, e di questo ne ho dimostrazione tutti i giorni.
Hai suggerimenti ?
Cosa proponi?
Un cordiale saluto
Matthias