Alexander Yakovliev
 
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Alexander Yakovliev

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Sano materialismo storico?
......Sarebbe un po' come un neonato allevato da scimmie che cresce, si comporta da scimmia, si accoppia con una scimmia e genera scimmie?
Qualcuno non credera' nella possibilita' dell'evoluzione dell'uomo ma qualcun altro a sua volta non scherza mica nelle teoria involutiva.....

“… ciò che gli individui sono, dipende dunque dalle condizioni materiali della loro produzione … la produzione delle idee, delle rappresentazioni della coscienza è in primo luogo direttamente intrecciata alla attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini … sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee ecc., ma uomini reali condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono (ndr: uomini, cioè, condizionati dai “rapporti sociali di produzione”) … “gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali (ndr: “rapporti sociali di produzione”) trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero” (marx – l’ideologia tedesca)

Questa qua sopra è roba da scimmie?
Bene, invece cosa ci offrono in cambio le "non scimmie" ?

La monetarista MMT? Che non intacca minimamente i “rapporti sociali di produzione”? Per cui “tu non sei un cazzo e io so io!” diceva Sordi nel marchese del grillo … “schiavo eri e schiavo tornerai” mi permetto di parafrasare!

La “decrescita”?
“… pur non rifacendosi al marxismo, le teorie decresciste sono pienamente dentro l’orizzonte dello sviluppo delle forze produttive. Il fatto di considerarlo negativo invece che positivo non cambia in nulla l’impostazione sostanziale, che dimentica opportunamente, e opportunisticamente,
il problema della trasformazione dei rapporti sociali … mettendo così in bella evidenza la vera natura di simili tesi, non a caso sostenute(e finanziate) in molti casi da grandi gruppi capitalistici tipo quelli rappresentati da Al Gore o Soros e altri personaggi simili” (La Grassa) (detto per inciso, del teorico La Grassa condivido molte cose ma non la sua pretesa di ridurre la storia a storia del conflitto tra dominanti. Condivido anche il suo abbandono dell’idea che la “classe operaia” abbia funzione di palingenesi rivoluzionaria, funzione che preferisco assegnare al “popolo” nel suo insieme composto di classe operaia, lavoratori salariati in genere, disoccupati, precari, ceti medi in via d’impoverimento, piccole imprese, parte dei lavoratori autonomi e forse – ma ripeto forse - anche a settori imprenditoriali d’avanguardia).

I viaggi nei tempi medioevali con i Fini”? … vabbè sogniamo pure per rilassarci!

Il “sovranismo” di un Blondet (quello che vorrebbe amputare il Sud d’italia) o di qualche Ida Magli che si sogna stalin anche di notte o di qualche nostalgico di chi si masturbava la bocca nei suoi proclami a piazza venezia? Ma quale "sovranismo" hanno mai avuto i popoli? Questo è il vero "sovranismo" che interessa a marx e al sottoscritto.

” l’operaio sociale e le moltitudini desideranti” di un Tony Negri ?

Oppure vogliamo andare a lezione di qualche recente premio nobel per l’economia che … gioca?

Ebbene, se questo è quello che ci offrono le "non scimmie" allora preferisco stare tra le scimmie … alla poetica e simpatica Giovina lascio invece Osho o i “giovani-hegheliani” se preferisce:

“… Poiché secondo la loro fantasia le relazioni fra gli uomini, ogni loro fare e agire, i loro vincoli e i loro impedimenti sono prodotti della loro coscienza, i giovani hegeliani coerentemente chiedono agli uomini, come postulato morale, di sostituire alla loro coscienza attuale la coscienza umana e di sbarazzarsi così dei loro impedimenti. Questa richiesta, di modificare la coscienza, conduce all’altra richiesta, di interpretare diversamente ciò che esiste, ossia di riconoscerlo mediante una diversa interpretazione . Nonostante le loro frasi che, secondo loro, “scuotono il mondo”, gli ideologi giovani hegeliani sono i più grandi conservatori … (marx – l’ideologia tedesca)


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Tonguessy
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Questa richiesta, di modificare la coscienza, conduce all’altra richiesta, di interpretare diversamente ciò che esiste, ossia di riconoscerlo mediante una diversa interpretazione .

Ciao gm,
credo che siamo in generale più in accordo che in disaccordo. E ad ogni modo prefierisco di gran lunga dialogare con chi si è formato un'idea sui propri studi ed esperienze piuttosto che su libri o esperienze (magari pensate solamente) di altri. Ne viene fuori un dialogo sempre trasversale, mai parallelo come quello degli omologati.
Bene, ho un paio di domande se permetti. La prima riguarda la decrescita: secondo te come potrebbe avvenire il decondizionamento "da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono"? Deve avvenire necessariamente attraverso cambiamenti repentini (rivoluzione) o può avvenire anche attraverso cambiamenti graduali (trasformazioni nella direzione di, ad esempio, svuotare il terziario avanzato)?

La seconda domanda è legata alla prima: perchè "interpretare diversamente" deve necessariamente essere un riconoscimento dello status quo? Non potrebbe invece essere l'inizio di un cambio di rotta? In fin dei conti anche il bolscevico (no, non bolshevico) mise in fuga lo zar grazie a questo "interpretare diversamente" i rapporti tra potere e masse. Quindi dove sarebbe la differenza tra bolscevico e decrescista sotto questo punto di vista (lo so, suona un po' irriguardoso ma non farci caso..)?

Infine, questione maggiormente importante: cosa cambia nei rapporti di potere quando questo è organizzato verticalmente, la società strutturata piramidalmente a fasce di importanza crescente con numeri decrescenti di appartenenti che hanno via via un maggiore accesso alle risorse disponibili? Qual'è la differenza insomma tra CIA e KGB, tra Trilateral e Politburo quando questi organi servono a stabilizzare lo status quo indipendentemente dall'ideologia di riferimento e dal dissenso interno, e garantisce loro un'immensa capacità di modificare la capacità di interpretare cui si accennava all'inizio?
Come diceva anche Marx: la cultura dominante è quella della classe dominante, e questo indipendentemente dal fatto che i mezzi di produzione siano o meno in mano ai cittadini.

La mia idea è che una società stratificata piramidale non possa che offrire sempre la stessa faccia, a prescindere come diceva qualcuno. Certo, ci possono essere livelli differenti di insofferenza, come dimostrano recenti statistiche sul livello di nostalgia dei Paesi dell'ex blocco di Varsavia.
Ma siamo sempre su società dove le decisioni (giuste o sbagliate che siano) sono centralizzate. Al contrario società non stratificate non hanno politburo nè celere: ognuno offre il proprio contributo alla società nei tempi e modi che ritiene necessari, senza doversi adeguare ad ordini che magari non condivide.


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Giovina
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Ciao gm.

Innanzi tutto mi scuso con tutti per il malinteso, parlare di scimmie non era un voler dare delle scimmie a qualcuno, quanto il voler sottolineare il nostro meccanismo di pensiero che ripesca solo nel dato la soluzione e la risposta. arrestandosi qui e la’, vietandosi di risalire oltre, non mi riferisco alla storia, proprio col pensare, allo scopo di scoprirne e utilizzarne la sua forza.
Poi se io sono colpevole di offendere figuriamoci chi, sulle scimmie, piu’ scientificamente ha fondato certe sue teorie…ecco, chiedo di essere dichiarata innocente proprio in virtu’ di quel nobile precedente.

Una cosa oggi unisce moltissimi uomini, e’ la constatazione che le capacita’ umane hanno portato a tutto cio’ che ora rifiutiamo, non accettiamo, a tutto cio’ che non riteniamo buono.
Nell’ aspirazione a voler correggere, sanare le ingiustizie, si incorre sempre nello stesso ostacolo, ossia nel voler imputare il fallimento di un postulato politico, religioso, economico, ad una resistenza e forza opposta di altri umani che non lo condividono o effettuano un percorso diverso.

Cosi’ si trasferiscono l’energia e l’entusiasmo nel voler difendere una proposta di parte fino a confezionarla come dogma, e adattare, onde rinforzarla, ogni nostro pensiero ad essa, per poter giustificare il fallimento di questo dogma, giustificare o stato in essere di una praxi da sanare, cronicamente ammalata proprio perche’ mancante la sua potenza di idea, estromessa o resa dipendente, quest' ultima, dalla praxi stessa.
La religione oppiacea e’ stata semplicemente dall’uomo sostituita con altre droghe, nomi diversi ma medesima dipendenza, se ad esse si modella ogni nostra rappresentazione.

E' la seconda volta, mi sembra, che mi attribuisci simpatie oshiane, posso assicurarti che mi sei piu’ simpatico tu, per quel che di lui so……credo di conoscere piu’ te….

Non sono fautrice del pensiero orientale.
Al contrario: nel senso che sono convinta delle potenzialita’ sue dell’occidente.
Credo che il pensiero occidentale proprio in virtu’ delle sue caratteristiche possa, collegato al suo soggetto vero ( non a quello rappresentato), sviluppare la sua forza generatrice di soluzioni efficaci e permanenti.
Certo oriente affascina, e’ vero, l’occidente, ma bisognerebbe scorgere nel primo sicuramente una sua valenza, buona pero’ per l’orientale stesso, disposto esso interiormente spontaneamente ad accogliere lo spirituale, ma non per l’occidentale che ha perduto memoria, sprofondato nella realta’ materiale cosi’ come possiamo vedere.

Percio’ imitare l’oriente cosi’ come molta moda spiritualista d’oggi vorrebbe, non avvicina alla soluzione piu’ di quanto possa l’essersi votati completamente ad altro pensiero economico o politico nella maniera che l’occidente ha sperimentato e sperimenta.

L’occidente guarda con dolore e sofferenza indietro e intuisce il senso del sacro oggi perduto.
Pero’ paradossalmente ne nega e rifiuta le sorgenti.
Cosa certa chiesa abbia potuto fare secoli fa nel sancire il dualismo anima corpo, evirando lo spirito, cosa abbiamo potuto fare noi tutti quando rimaniamo affascinati nello studiare i grandi filosofi greci ma nello stesso tempo censuriamo nella nostra memoria cosa dava loro tanta forza di pensiero, censuriamo quella che fu la loro sorgente realmente da essi sperimentata, ecco: di tutto cio’ non ci ne rendiamo conto, ma su queste rimozioni e contraddizioni basiamo la nostra nostalgia. Noi desideriamo determinati effetti, godere in essi, ma rifiutiamo la loro sorgente e causa.

Per quanto riguarda Hegel che intui’ il limite e lo stallo del pensiero umano, ma non riusci’ a superarlo, consegnando cosi’ al mondo solo la dialettica di quel limite, dandoti quindi solo in questo senso ragione, posso risponderti che Marx fondo’ la sua dottrina proprio in virtu’ di quell’arresto, codificando cosi’ astrazione, ostacolo, impotenza, proprio quello che esprime la vita dell’uomo, il suo pensare, e sostituendo a esso il suo rispecchiamento, che veramente in tal maniera potremmo definire come escrezione, dalla materia, ossia dal materialismo.
Se l’uomo debba ripartire da zero, da due, da tre, questo e’ da capire.
Se egli debba ricominciare prima dalla “politica”, da “Marx”, da “Hitler”, dai re, dagli intermedi….dall’economia……o da se’ stesso: questo e’ da capire, almeno cosi' io penso.

Un saluto a te e agli altri utenti.
Continuero’ a leggervi tutti con interesse ma ora il materialismo storico mi pretende.

Ne’ e’ mia intenzione disturbare oltre con le mie chiacchiere.

Puo’ darsi che soccombero’ a tutto questo, ossia alla dittatura e alla mia schiavitu’.
Spero di morire da sveglia, in questo tendere forse riusciro’ a sopportare quello che sta per arrivare.


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Anonymous
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Anzitutto, Tonguessy, apprezzo la tua disponibilità vera alla discussione … diversamente da chi pretende solo di pontificare dall’alto di qualche cattedra magari citando a supporto altri … cattedratici.

Riguardo alla tua prima domanda:
Non so bene cosa intendi per “terziario avanzato”. Perciò non sono in grado di rispondere riguardo alla tua ipotesi di “svuotare il terziario avanzato”. Posso solo dire che non c’è dubbio che ci sia stato, specie in Italia (o in Grecia) un rigonfiamento esagerato del “terziario” (intendo dei “servizi”) per ragioni clientelari e per (anche comprensibili) ragioni “assistenziali” specie riguardo al sud e, quindi, uno svuotamento del “terziario” sarebbe indispensabile … sebbene naturalmente questo andrebbe fatto non certo coi metodi “taglienti” che preferisce adottare il capitalismo ma gradualmente e ricollocando opportunamente gli addetti a questi servizi.
Quanto alla possibilità o meno di un cambiamento anche “graduale” (e quindi “pacifico”, come probabilmente tu intendi) dei “rapporti di produzione” di una società capitalistica, mi sembra che Marx almeno inizialmente, nel Manifesto, propendesse per una soluzione inevitabilmente violenta (e di gradualità parlava solo nel senso di appropriazione graduale da parte del proletariato dei mezzi di produzione dopo la presa del potere) … sebbene mi sembra anche che successivamente abbia in parte modificato questa impostazione iniziale non escludendo la possibilità di un passaggio “pacifico” e quindi graduale nel modo che forse tu intendi. Ma credo che ritenesse poco probabile questa possibilità … naturalmente questa è una mia opinione su come la pensasse Marx.
La mia opinione personale, invece, è che tutta la storia, sembra indicare l’impossibilità sostanziale di un cambiamento “pacifico” e graduale dei rapporti di produzione in generale e di quelli capitalistici in particolare. Se penso all’instaurarsi del potere borghese, prima violentemente in Francia o nella stessa America (guerra di indipendenza da parte della borghesia americana, guerra civile tra fazioni avverse della borghesia americana) e poi più o meno pacificamente, ad es. in Inghilterra o in altri paesi, non escluderei la possibilità di un cambiamento in modo pacifico e graduale ma direi che, anche quando il potere borghese si è affermato pacificamente da qualche parte, questo è avvenuto solo dopo rivoluzioni violente da qualche altra. E’ stato , cioè, come se a un certo punto la nobiltà feudataria avesse oramai capito di aver perso la partita e si arrendesse, senza ulteriori spargimenti di sangue, con “l’onore delle armi”.
Analogamente credo che potrebbe avvenire riguardo a una rivoluzione in direzione socialista la quale potrebbe inizialmente affermarsi in modo violento in alcuni o in qualche paese salvo essere poi pacificamente seguita in altri.

Riguardo alla tua seconda domanda:
Tutto il passo di Marx e che ho riportato nel mio commento, naturalmente era diretto contro i giovani-hegeliani non certo contro chi acquista coscienza di una data situazione reale alla quale intende poi ribellarsi per porvi rimedio. Anzi, questa “diversa interpretazione del reale” sicuramente per marx è positiva e addirittura è il primo passo indispensabile per modificare effettivamente la realtà ... non insisteva forse marx sul fatto che fosse necessario che i proletari acquistassero coscienza della loro realtà di “classe” in posizione conflittuale rispetto la classe borghese?
Invece, la critica di Marx ai giovani-hegeliani dipendeva dal fatto che questi, da sostanziali conservatori qual’erano, si preoccupavano non di rivoluzionare la realtà mediante l’azione bensì di conciliare la realtà con lo spirito (o coscienza) e viceversa. In parole povere gli hegeliani, convinti che la realtà fosse un prodotto della coscienza, pretendevano di poter modificare la realtà semplicemente con la battaglia delle idee. Modificando le idee, la coscienza generale, sarebbe cambiata anche la realtà. Questo nel caso in cui la realtà apparisse e fosse più arretrata rispetto a quella che loro potevano invece considerare una coscienza più avanzata.

Nel caso opposto di una coscienza generale più arretrata rispetto alla realtà (ad es. una coscienza ancora legata al vecchio mondo feudale pur in presenza di una realtà più o meno largamente capitalistica) , sempre per conciliare realtà e spirito, chiedevano invece che le idee , cioè la coscienza generale dell’epoca, si adeguasse alla nuova realtà con nuove interpretazioni della stessa in modo, diciamo così, da metabolizzarla, da introiettarla in una diversa e più progredita coscienza. Anche per questa via, quindi, veniva superato il conflitto tra coscienza e realtà.
Ovviamente l’idea di Marx era ben diversa: è nel processo di rivoluzionamento , cioè di modifica dei rapporti sociali di produzione per adeguarli allo sviluppo delle forze produttive, che si modificano man mano anche le coscienze.
E’ evidente che per modificare i “rapporti sociali di produzione” (cioè la fitta rete relazionale tra gli uomini – fatta naturalmente anche e soprattutto di regole - che caratterizza un determinato modo di produzione) è necessario che si precostituisca una originaria nuova coscienza ma, mentre per gli hegeliani o per certe correnti comuniste, sarebbe stata sufficiente questa nuova “idea” o “coscienza” per modificare la realtà, per marx, questa “idea” o nuova coscienza non era certo sufficiente da sola a modificare la realtà (in questo caso i rapporti di produzione) ma era necessaria che essa si traducesse in azione rivoluzionaria. Credo che sia altrettanto importante sottolineare il fatto che non è vero che per Marx solo la realtà produce la coscienza - quasi ci fosse un movimento a senso unico - tant’è che esplicitamente afferma (Marx – l’ ideologia tedesca) che “le circostanze fanno l’uomo non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze” che mi sembra possa essere tradotto con: “la realtà condiziona e plasma l’uomo non meno di quanto l’uomo possa plasmare la realtà” … ma l’uomo può plasmare la realtà non semplicemente con le chiacchiere o la “coscienza” , come pretendevano gli hegeliani e come pretendono gli adepti di Osho o di non so quali altre correnti di pensiero “moderno”, ma con una ben più prosaica attività concreta capace di incidere nella realtà.

Riguardo alla tua terza domanda:
Non illuderti di incastrarmi 😀 costringendomi a dire l’assurdo e cioè che il KGB o il Politburo fossero migliori della Cia o della “trilateral”.
Per fortuna tu nomini anche la Cia mentre altri, monocordi, parlano solo del KGB … e questo è già un gran passo avanti in fatto di obiettività.
Non ho nessun problema a dire che sono d’accordo che non c’è nessuna sostanziale differenza tra Cia e kgb perché entrambi strumenti di potere in mano all’oligarchia americana o russa (formatasi soprattutto a partire da Stalin più che da Lenin). Forse l’unica differenza che potrei individuare sta nel fatto che mentre la Cia è uno strumento di spionaggio esterno e di controllo interno creato da una classe oligarchica capitalistica in funzione antipopolare, il Kgb credo cha almeno in una fase iniziale (non so quando è stato creato in Russia, se già sotto Lenin o a partire da Stalin o addirittura se è stato uno strumento ereditato dallo zarismo anche se probabilmente epurato e modificato dopo la rivoluzione) abbia svolto la funzione che era giusto che svolgesse: la difesa della rivoluzione contro i tentativi di restaurare il potere zarista e capitalistico in Russia.
E’ evidente che quando il partito bolscevico, da partito rivoluzionario cominciò a trasformarsi (spero che mi si concederà di supporre che questa trasformazione sia avvenuta soprattutto a partire da Stalin e anche per gravi contingenze pratiche) in un partito sostanz
ialmente staccato dalle masse e, quindi, in un’oligarchia di potere, anche il Kgb finì essenzialmente col diventare uno strumento in mano a questa oligarchia per il mantenimento del proprio potere. Un potere, però che, a differenza di quello della Cia, si esercitava non tanto contro le masse popolari quanto piuttosto contro fazioni avverse a quelle dominanti all’interno dello stesso partito comunista sovietico o contro fazioni apertamente capitalistiche o nostalgiche dello zarismo o contro settori (es. ceti medi o piccolo borghesi) della cui “fedeltà” al sistema, l’oligarchia russa al potere probabilmente aveva motivo di nutrire sempre forti sospetti.
Tuttavia, l’idea, espressa e caldeggiata da tanti nostri borghesi, che in Russia esistesse un sistema di oppressione generalizzata è un’idea del tutto sballata e strumentale se solo si tiene conto che le grandi masse popolari russe godevano di un trattamento di relativo privilegio rispetto agli stessi ceti medi (tant’è che , ad es. in Cecoslovacchia, si arrivò addirittura a pagare un operaio più di un medico chirurgo). Ceti medi che, in combutta naturalmente anche con forze capitalistiche sempre ben presenti all’interno della società russa, poi sono stati la base di massa essenziale utilizzata per far crollare l’intero castello sovietico nel ’92.
La madre di tutte le successive “primavere”, cioè la “primavera” russa, infatti è stata soprattutto una controrivoluzione dei ceti medi presenti in quella società e non certo un prodotto della ribellione delle masse popolari in senso stretto.
Ecco perché, in qualche altra occasione, ho trovato assurda e solo propagandistica e borghese l’idea espressa da qualcuno anche di CDC secondo cui i “bolscevichi” (o, meglio, il partito comunista sovietico) non abbia mai goduto di un “largo consenso” popolare!
Il consenso popolare, anche largo e maggioritario, ce l’avevano eccome anche gli stalin, i breznev e via dicendo!

Quanto alla tua conclusione e al tuo convincimento che “una società stratificata piramidale non possa che offrire sempre la stessa faccia” non posso non dichiararmi perfettamente e completamente d’accordo.

ciao

P.s. non affronto il problema che forse t’interessa in modo particolare della differenza tra “bolscevichi” e “decrescisti” … mi limito a dire che il “decrescismo” si muove, come dice anche un teorico come La Grassa che ha abbandonato da un pezzo il marxismo, sul piano delle “forze produttive” [sebbene col segno – (meno) anziché + (più)] piuttosto che su quello di un radicale cambiamento dei “rapporti sociali di produzione” e, quindi, ritengo che non abbia alcuna funzione rivoluzionaria diversamente da quella che, almeno nelle intenzioni e in parte nella realtà, ebbero invece lenin e i bolscevichi.


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Iacopo67
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Gm, riguardo al tuo dubbio sul KGB, esso ha operato tra il 1917 e il 1991.
Si è originato in qualche modo dalla Cheka.


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Anonymous
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Gm, riguardo al tuo dubbio sul KGB, esso ha operato tra il 1917 e il 1991.
Si è originato in qualche modo dalla Cheka.

grazie per l'informazione 🙂


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Georgejefferson
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Gm.su quali basi dichiari che i teorici Mmt non mettano in dubbio i rapporti di produzione sociale?Hai letto tutte le loro considerazioni?Per esempio questo teorizza questioni molto sociali....

http://democraziammt.info/site/2012/10/15/lavoro-e-liberta-ora/

Che poi ci siano al suo interno divergenze propositive questo e'comune a tutti i movimenti.Come anche la giusta critica si sottovalutare il dollarocentrismo.

Poi come porteresti il ruolo dello stato?Inesistente?Solo regole e controlli?Proprieta dei mezzi di produzione?Parziale?totale?Puo teoricamente rappresentare gli interessi di tutti in una sua evoluzione parallela all'accrescimento delle masse e istituzione di controlli dei cittadini?Oppure le ritieni utopie e solo l'anarchismo socialista ad autodeterminazione puo avvenire?

Quarda che rispetto le opinioni(di questo sto dibattendo,sul futuro,non dei fatti avvenuti)Non attaccare a prescindere


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Anonymous
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Gm.su quali basi dichiari che i teorici Mmt non mettano in dubbio i rapporti di produzione sociale?Hai letto tutte le loro considerazioni?Per esempio questo teorizza questioni molto sociali.... ecc.

Jefferson, ho letto l’articolo linkato e, pur deludendoti, devo dire che non c’è niente di niente che possa incidere sui “rapporti di produzione capitalistici” che si caratterizzano non per il fatto che i ceti popolari ricevano o non ricevano lavoro, assistenza sociale e quant’altro ma per il fatto che
1) una classe (capitalistica) detiene il potere totale di disporre e decidere in merito all’uso dei mezzi di disposizione

conseguentemente:
2) che una classe (capitalistica) compra (a 4 soldi o a 8 non fa molta differenza) la forza lavoro di chi non dispone d’altro che di quella, per estrarne plusvalore, cioè ricchezza che poi s’intasca la stessa classe capitalistica.

La MMT, per quanto ho capito anche dai dibattiti qua sopra, è nient’altro che una teoria monetaria che s’ispira al vecchio buon keynes per correggere le distorsioni che lui stesso notava nel capitalismo … niente di più e niente di meno. In altri termini, credo che la MMT sia nient’altro che quella teoria aggiornata ai giorni nostri ma che non affronta minimamente il problema di fondo di “chi decide cosa” che è il dato essenziale per definire capitalistico o meno un dato sistema economico politico sociale.

Per quanto riguarda il “ruolo dello Stato” in una società che ci si augura diventi socialista, è più semplice dire cosa NON debba essere piuttosto che quello che debba continuare ad essere.
Perciò, da quanto sopra detto, deriva che esso non deve assolutamente essere il decisore di ultima istanza né sulla disponibilità dei mezzi di produzione né sulla distribuzione della relativa ricchezza prodotta.
In caso contrario inevitabilmente si finirebbe col ricadere nella già sperimentata formazione di una burocrazia e oligarchia di potere che o sostituisce la lotta di classe popolare con la propria azione di lotta, con tutte le conseguenze che ben conosciamo (anche se spesso strumentalmente gonfiate o distorte) in merito, ad es., a lotte interne tra fazioni contrapposte di oligarchi, a “piani quinquennali” calati dall’alto, alla scarsità di beni di consumo spesso anche essenziali ecc. ecc., oppure abbandona anche quel terreno seppur distorto di lotta di classe per trasformarsi in una pura e semplice oligarchia non solo staccata dalle masse ma tutta presa esclusivamente dalla propria sopravvivenza (e questo potrebbe avvenire anche in presenza di un più o meno indotto (o comunque poco entusiasta) largo consenso popolare.
Le decisioni in merito all’uso dei mezzi di produzione e della ricchezza prodotta devono quindi essere prerogativa esclusiva di “organi di potere popolare”.
Questi potranno consistere in organi popolari “cittadini”, oppure anche regionali o, infine, nazionali ma dovranno essere organi eletti direttamente dal popolo e a quello e solo a quello dovranno rispondere.
Non sono certo in grado di tracciare uno schema o mappa di questi “organi di potere popolare” e sarà, spero, il futuro della lotta a deciderlo, ma penso che per il momento sia sufficiente limitarsi a fissare dei “paletti” fermi e inderogabili.
Da qualche altra parte ho anche espresso l’opinione che questi organi dovrebbero sommare in sé anche poteri legislativi e giudiziari al fine di superare quella artificiale divisione borghese dei poteri inventata da chi aveva a cuore che, per quanto possibile, non ci fossero prevaricazioni di una qualche fazione borghese a scapito di altre.
Inoltre ho già anche accennato al fatto che nella loro composizione , oltre naturalmente ai ceti popolari e ceti medi (artigiani, commercianti, insegnanti ecc), ove fosse utile, questi organismi potrebbero vedere al loro interno anche la presenza di “specialisti” o “tecnici” di ceto medio-alto o, aggiungo, addirittura di piccoli e medi capitalisti purché, naturalmente, non fossero quelli tipo monti, per intenderci, cioè responsabili in prima linea del regime classista borghese o comunque con funzioni importanti nell’ambito di quel regime.
Per concludere riguardo all’estensione della proprietà pubblica (che, a scanso di equivoci, preferisco definire “proprietà popolare”) questa dovrebbe riguardare essenzialmente i principali gruppi economici e finanziari detentori delle maggiori ricchezze del paese senza minimamente intaccare né la proprietà, né la gestione privata di piccole e medie industrie … fermo restando che queste dovrebbero essere fermamente tenute al rispetto dei diritti dei lavoratori in esse occupate, i profitti che tali piccoli o medi proprietari ricavassero dalle loro imprese sarebbero intoccabili salvo, naturalmente, in casi particolari di necessità pretendere (da parte non dello stato ma sempre e solo da parte degli organi di potere popolare) che essi possano essere in maggior misura, rispetto alla normalità, utilizzati per particolari e urgenti esigenze sociali.
Non mi sembra che tutto questo sia “utopico” né che comporterebbe alcuna “anarchia”.
Spero di aver risposto esaurientemente alle tue domande.
Ti saluto.


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Anonymous
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a proposito di Wikipedia, forse vale la pena di riportare questo apparso fresco fresco qui su CDC:

DI STEVE J. VAUGHAN
zdnet.com

Dietro le quinte del sito internet, le voci di Wikipedia sono manipolate per denaro, scritte e redatte da persone inadeguate, mentre i veri esperti vengono completamente esclusi.

Wikipedia, sempre meno affidabile ogni giorno che passa
…………
Bambini! Ragazzi! Continuate pure a fare ricerche sballate utilizzando Wikipedia!


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