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Arrigoni - I cadaveri putrescenti divorati dai cani


Tao
 Tao
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Dante non avrebbe saputo immaginare gironi così infernali come le corsie dei dannati negli ospedali di Jabalia. La legge del contrappasso qui è applicata al rovescio. Tanto più innocente è la vittima tanto meno viene risparmiata dal martirio delle bombe. Al Kamal Odwan, all' Al Auda, le piastrelle in ceramica dei pronti soccorsi sono sempre belle lustre, gli inservienti hanno sempre un gran da fare a ripulirle dal sangue che gronda dall'incessante via vai di barelle cariche di corpi massacrati. Iyad Mutawwaq stava camminando per strada quando una bomba ha aperto uno squarcio in un edificio poco distante.

Insieme ad altri passanti si era precipitato per prestare i soccorsi, mentre un secondo ordigno colpiva il palazzo, uccidendo un padre di 9 figli, due fratelli, e un altro passante che al pari di Iyad era corso sul posto per aiutare i feriti. La solita storia ripetuta, dieci, cento volte. La tecnica preferita di ogni terrorismo ricalcata alla perfezione dall'esercito di Tsahal. Si lancia un bomba, si attendo i soccorsi, si ribombardano feriti e soccorsi. Per Iyad queste sono bombe americane ma portano l'autografo anche di Mubarack , il dittatore egiziano che qui Gaza fa concorrenza ad Olmert in capacità di catalizzare livore.
Dietro il letto di Iyad, un anziano con le braccia ingessate sta disteso con gli occhi fissi al soffitto, non proferisce più parola, mi dicono abbia perso tutto, famiglia e casa. Fissa le crepe di un intonaco che cade a pezzi come per cercare una risposta alla disfatta della sua esistenza. Khaled ha lavorato 25 anni in Israele, prima dell'ultima intifada. Come gratifica Tel Aviv non gli ha concesso una pensione, ma una serie di missili aria-terra sulla sua casa; presenta ferite su tutto il corpo da schegge di esplosivo. Gli chiedo dove andrà a vivere una volta dimesso dall'ospedale. Mi risponde dove sta ora la sua famiglia: per strada. Come la sua, numerose famiglie non sanno più dove rifugiarsi.

I più fortunati hanno trovato ospitalità da parenti e conoscenti, come abbiamo verificato, ma si può definire vita lo stipare un centinaio di persone in due appartamenti di 3 stanze ciascuno? Due bombe sull'abitazione di Ahmed Jaber hanno messo in fuga la sua famiglia, ma troppo tardi. Una terza esplosione ha sepolto sotto le macerie 7 suoi familiari, e anche due bambini di 8 e 9 anni suoi vicini di casa. Dice «ci hanno fatto fare un salto all'indietro nel 1948. Questo è il supplizio per il nostro attaccamento alla patria. Possono staccarmi le braccia e la gambe dal tronco, ma non mi lasceranno mai abbandonare la mia terra». Un dottore mi prende in disparte e mi confida che la figlia di 7 anni di Ahmed è arrivata in pezzi, stava contenuta in una minuscola scatola di cartone. Non hanno avuto il coraggio di riferirglielo per non deteriorare le sue già precarie condizioni di salute. In serata anche a Iyad hanno portato via il telefono per non fargli pervenire cattive notizie. Un tank ha centrato la casa della sorella, decapitandola. Alla fine la nostra imbarcazione del Free Gaza Movement non è giunta al porto di Gaza. A 100 miglia dalla meta designata, in acque internazionali, sono stati intercettati da 4 navi da guerra israeliane, disposte a far fuoco e ammazzare il nostro carico di dottori, infermieri e attivisti per i diritti umani. Nessuno deve osare ostacolare la mattanza di civili che continua ininterrottamente da 3 settimane. A est di Jabilia, dinnanzi al confine, testimoni oculari parlano di decine di corpi in putrefazione per le strade, le loro carni putrescenti sono divorate dai cani. Ci sono anche centinaia di persone impossibilitate a muoversi, diverse ferite; le ambulanze non possono sopraggiungere nell'area perché ovunque ci sono cecchini che sparano. I palestinesi sono esausti di schiattare nell'indifferenza generale, e diversi accusano anche croce rossa internazionale e Onu di non fare abbastanza. Di non ottemperare in pieno al loro dovere, di non rischiare la loro vita per salvarne centinaia di altre. Andremo noi dell'Internationl Solidarity Movement (Ism), a piedi, con delle barelle, laddove l'umanità ha oltrepassato i suoi confini e si è eclissata.

I soloni coi culi di pietra poggiati nei salotti buoni della politica discettano di strategie belliche e di guerra contro Hamas, mentre qua ci stanno letteralmente massacrando. Bombardano gli ospedali, e c'è chi ancora si pronuncia sul diritto di Israele all'autodifesa. In qualsiasi stato che si definisce minimante civile, l'autodifesa è proporzionale all'offesa. In questi 20 giorni abbiamo contato 1075 vittime palestinesi, l'85% civili, più di 5000 feriti, dei quali più della metà sono minori di 18 anni. 303 i bambini orrendamente trucidati. Fortunatamente solo 4 vittime civili israeliane. Come a dire che per Israele il giusto bagno di sangue per vendicare ognuno dei suoi civili ammazzati, è quello di sterminarne almeno 250 della parte avversa. Ditemi se vuoi che se questa sproporzione fra difesa e offesa non vi riporta agli eccidi compiuti come rappresaglia nelle pagine più nere della storia moderna europea.

Ma veniamo al punto, di legittima difesa si tratta? Ai Marco Travaglio, ai Piero Ostellino, ai Pierluigi Battista e agli Angelo Panebianco, che insistono con la loro solfa imputando ad Hamas la responsabilità di questo genocidio in quanto trasgressore della tregua fra Israele e Palestina, vorrei ricordare la posizione delle Nazioni Unite. Il professor Richard Falk, relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha espresso idee chiare in proposito: Israele ha di fatto rotto la tregua in novembre sterminando bellamente 17 palestinesi. Nel mese di novembre si erano registrate zero vittime israeliane, zero vittime come in ottobre, come nel mese precedente e quello precedente ancora. Lo ha ricordato recentemente anche il premio Nobel ed ex presidente Usa Jimmy Carter. Dispiace, che giornalisti come Travaglio, su cui riponevamo la nostra stima perché estremo baluardo di una informazione libera e quanto più possibile veritiera, si siano messi l'elmetto dell'esercito israeliano e intrattengono le masse dinnanzi al tubo catodico dilettandosi nello sport più di moda da queste parti, il tiro a segno sugli infanti.

Batto i tasti in un ufficio dell'agenzia di stampa Ramattan, attorno i reporters palestinesi vestono giubbotti antiproiettili ed elmetti. Non tornano ne stanno per recarsi dinnanzi ai carri armati, siedono semplicemente davanti ai loro computer. Due piani più sopra gli uffici della Reuters sono stati appena colpiti da un razzo, due feriti gravi. Quasi tutti i piani dello stabile sono vuoti al momento, sono rimasti i giornalisti più eroici, questo inferno in qualche modo deve continuare a essere raccontato. Poco prima l'esercito israeliano aveva rassicurato la Reuters di non evacuare, di restare negli uffici perchè sicuri. Stamane bombardato e distrutto anche l'edificio delle Nazioni Unite, stabile messo in piedi anche coi soldi del governo italiano.
Berlusconi, esisti? Diversi i morti e feriti. John Ging, capo dell'Unrwa, agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi, testimone oculare, parla chiaramente di bombe al fosforo bianco. Nel quartiere Tal el Hawa di Gaza city, un'ala dell'ospedale Al Quds è in fiamme, imprigionata dentro insieme ad una quarantina fra medici e infermieri e un centinaio di pazienti anche Leila, nostra compagna dell'Ism. Ci ha raccontato per telefono le loro ultime drammatiche ore.
Un carro armato è dinnanzi all'ospedale e cecchini sono ovunque, sparano a qualsiasi cosa si muova. Tutt'attorno la distruzione, nella notte hanno osservato dalle loro finestre un edificio colpito dalle bombe incendiarsi, e udito le urla di terrore di intere famiglie, di bimbi, implorare aiuto. Non hanno potuto muoversi e impotenti, hanno osservato quei corpi arsi dal fuoco riversarsi in strada e ridursi in cenere. L'inferno si è rivoltato e al suo centro nel cuore di Gaza, noi siamo i dannati di un odio inumano. Restiamo umani.

Vittorio Arrigoni
Fonte: www.ilmanifesto.it/ Link;: http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090116/pagina/01/pezzo/239595/
16.01.2009


Citazione
WONGA
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PER CHI VOLESSE CONTRIBUIRE AD AIUTARE I PALESTINESI UN APPELLO CON ALCUNI RAGGUAGLI:Distrutta clinica Caritas a Gaza Caritas Internationalis ha lanciato un appello di emergenza in risposta sulla crisi umanitaria di Gaza. L’appello giunge dopo che un aereo israeliano, nella giornata di venerdì 9 gennaio ha distrutto una delle sei cliniche di Caritas Gerusalemme a Gaza. La clinica, nel distretto Al Maghazi nella zona centrale di Gaza, è stata completamente rasa al suolo dalle bombe che hanno devastato anche quattro case, mentre almeno altre venti abitazioni cricostanti sono state danneggiate dall’esplosione. Siccome tutte le famiglie avevano già evacuato la zona trasferendosi in alcune scuole del distretto, non ci sono stati feriti. Con il suo appello, Caritas Gerusalemme chiede di sostenere il servizio medico fornito attraverso i suoi cinque centri rimanenti, i quattro ospedali di Gaza e un ambulatorio mobile. Inoltre, promuove la raccolta di cibo, coperte, strumenti per l’igiene, fondi economici per le popolazioni colpite dalla crisi. I destinatari dell’intervento sono circa 4.000 famiglie. La situazione è sempre più difficile: sono quasi finite le scorte di medicinali, cibo e coperte, mentre la possibilità di portare aiuti umanitari resta estremamente complessa. La rete Caritas cerca di proseguire gli interventi in atto approfittando delle ore di tregua. Lo staff di Caritas Gerusalemme, aiutato da gruppi di volontari, lavora senza riposo, in piena emergenza per dare sostegno a circa 25.000 persone, alloggiate in locali di fortuna nel quartiere di Shati camp, nella periferia di Gaza. Le loro case sono distrutte, manca il pane perché in gran parte delle panetterie i forni non funzionano, di notte fa freddo, il sistema fognario è gravemente danneggiato, le immondizie si accumulano, l’aria è resa irrespirabile dalla polvere e dai bombardamenti. I servizi sanitari sono ovviamente al collasso, bambini, disabili, donne incinte restano privi di assistenza. Fr. Manuel Mussallam, parroco di Gaza, ha detto lunedì 12 gennaio, durante una telefonata con Beit Hanoun: “Qui c’è una paura estrema ovunque, le bombe che Israele sta lanciando cadono sulle persone e sulle case, giorno e notte si sente dappertutto il pianto dei bambini. Le persone qui non riescono a dormire. Hanno perso tutto. 70.000 persone vivono nelle scuole e soffrono il freddo. Chi non è riuscito a rifugiarsi nelle scuole vive in bagno o nei sottoscala per paura di essere ferito dai vetri che si rompono per lo scoppio delle bombe. Non c’è acqua.” COSA PUOI FARE TU Per sostenere gli interventi della rete Caritas, causale EMERGENZA MEDIORIENTE si possono inviare offerte a Caritas Ambrosiana tramite: - donazione diretta presso l'Ufficio Raccolta Fondi in via San Bernardino, 4 a Milano (orari: dal lunedì al giovedì dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 14.30 alle ore 17.30 e il venerdì dalle ore 9.30 alle ore 12.30) - conto corrente postale n. 13576228 intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS(CAUSALE:CRISI MEDIORIENTE) - conto corrente bancario n. 578 - Cin P, ABI 03512, Cab 01602 presso l'ag. 1 di Milano del Credito Artigiano e intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS(CAUSALE CRISI MEDIORIENTE) IBAN: IT16 P 0351201602000000000578 - tramite carte di credito: donazione telefonica chiamando il numero 02.76.037.324 in orari di ufficio (vedi sopra)


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