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Avatar, New Age e Neospiritualismo


SempreIo
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Avatar, New Age e Neospiritualismo

Avatar, l’ultima fatica del regista pluripremiato James Cameron, ha riscosso un atteso e prevedibile successo planetario, un successo che può ben rientrare nella categoria delle profezie che si auto avverano, a seguito di una massiccia campagna di marketing durata diversi mesi ed una spasmodica attesa alimentata da tutti i media.

La trama del film in sé non presenta tratti originali, e ripercorre un ferreo copione più volte sperimentato nelle produzioni americane: come in Balla coi lupi o in Pocahontas la storia ripercorre le vicende dell’eroe appartenente ad un mondo civilizzato ed aggressivo che dopo essere venuto a contatto con la cultura locale di un territorio di conquista ne rimane affascinato e si unisce ai “buoni selvaggi”, rinnegando la sua precedente identità.

E’ chiaro che la produzione non ha di certo puntato sull’originalità della trama nell’impostazione della storia, dal momento che fin dal primo momento di visione si intuisce chiaramente tutta l’evoluzione degli eventi successivi, compresa la prevedibile storia d’amore tra il protagonista e la bella guerriera “locale”, l’inevitabile scontro tra le due culture e la vittoria finale dei “buoni selvaggi”.
La scarsa originalità del copione passa però in secondo piano in un film del genere, dal momento che tutta l’operazione punta sulla valorizzazione degli effetti speciali, i più sofisticati e spettacolari della storia del cinema, e sulla creazione accurata e coinvolgente di un nuovo mondo alieno ed onirico, il pianeta Pandora, vero protagonista della storia.

In Avatar si narra di avvenimenti che si svolgono in un ipotetico futuro, un futuro in cui il genere umano sta esaurendo le risorse della terra dopo averne devastato l’ecosistema, trovandosi così costretto a ricercare materie prime essenziali per la propria sopravvivenza in pianeti lontani.
Giunta a Pandora, la spedizione dei terrestri ha come risultato la devastazione anche di questo pianeta, una vera e propria invasione che non risparmia nemmeno i nativi alieni, una specie umanoide, visti come un impedimento alla riuscita della missione.
Non si fa fatica nell’individuare nel comportamento degli umani in viaggio su Pandora una allegoria dell’opera delle varie colonizzazioni dei popoli occidentali nel corso della storia, laddove nel corso dei secoli non hanno mai esitato a distruggere e sottomettere le popolazioni locali delle terre che conquistavano, con l’unico scopo di sfruttarne le risorse per ragioni di profitto materiale.

Il messaggio trasmesso dal film è dunque un messaggio forte, un vero e proprio atto di accusa nei confronti dell’arroganza delle colonizzazioni occidentali e del disprezzo dimostrato nei confronti delle culture delle popolazioni locali, sottomesse per fare spazio all’espansione dei conquistatori.
Detto di sfuggita, si potrebbe qui cogliere una certa incongruenza nel trovarsi di fronte ad un’opera squisitamente commerciale, figlia di quella industria cinematografica americana che del profitto ha fatto il suo unico obiettivo, che si pone in maniera “critica” di fronte alla “sete di profitto” dell’uomo occidentale e civilizzato.
In fin dei conti, l’idea di produrre un film commerciale e dispendioso come Avatar, organizzando un viral marketing aggressivo con lo scopo di raggiungere il record di incassi nei botteghini di tutto il mondo, fa proprio parte di quella cultura occidentale-capitalista che il film stesso denuncia.
Gli stessi Na’vi, gli abitanti di Pandora la cui cultura è descritta con ammirazione all’interno della storia, di sicuro non saprebbero che farsene del cinema e di un film come Avatar.

In altre parole, se Cameron e la produzione hollywoodiana del film hanno potuto ottenere incassi stratosferici è proprio grazie al fatto che nel pianeta terra la cultura erede degli occidentali-capitalisti denunciati nel film è preponderante.
Ma questo è solo uno dei piccoli paradossi dei tempi moderni, ed una industria altamente capitalista, come quella di Hollywood, che ottiene cospicui guadagni creando un’opera che denuncia la mentalità capitalista rientra perfettamente nei canoni di totale confusione del mondo contemporaneo.
L’aspetto più importante del film, però, è il messaggio religioso che viene veicolato, un vero e proprio catechismo di massa di quel neospiritualismo che da qualche decennio a questa parte si sta diffondendo quale vero e proprio culto dominante nella società occidentale, e non solo.
Lo stesso pianeta Pandora altro non è se non la fedele trasposizione di Gaia secondo la visione dello scienziato inglese James Lovelock, per anni tra i principali punti di riferimento del movimento New Age.
Secondo tale visione, detta teoria di Gaia, il pianeta terra nel suo complesso consiste in un enorme organismo vivente, in cui ogni creatura vegetale animale e minerale compartecipa nell’equilibrio generale, nello stesso modo in cui un organismo vivente è composto da cellule e tessuti.
L’uomo, in questo scenario, rappresenta solo uno degli elementi che compongono il sistema, ed il suo ruolo assume un carattere più negativo che vitale per l’equilibrio generale, una idea fatta propria dal movimento ambientalista moderno.

In Avatar, quindi, Pandora assume tutte le caratteristiche della Gaia descritta da Lovelock: nel pianeta ogni creatura è interconnessa con tutte le altre, ed il tutto compartecipa nel grande spirito di Eywa, la Dea Madre venerata dal popolo dei Na’vi.
Il culto di una Grande Madre è un altro rimando ai movimenti neospirituali moderni che si rifanno ai culti ctoni del passato, trasfigurandone il senso originario.
A differenza della concezione delle religioni tradizionali, dove la natura viene concepita quale creazione e manifestazione della divinità, questi culti moderni concepiscono la natura come divinità a sé stante, concetto messo in evidenza nel film di Cameron, dove il culto dei nativi è indirizzato direttamente allo spirito di Eywa, una presenza tangibile e concreta di carattere ctonio, terrestre.

Si potrebbe facilmente cadere nell’errore di accomunare la spiritualità descritta nel film con quella di popolazioni che per secoli hanno mantenuto dei culti che riservavano un grande rispetto per la natura e le sue creature, come ad esempio fece la cultura dei nativi americani.
Ma mentre per tali culture il creato meritava venerazione in quanto emanazione di un grande spirito trascendente, identificato principalmente con Manitù, per i Na’vi la Grande Madre consiste nel pianeta stesso.
La differenza è sottile ma sostanziale, e l’incomprensione di tale difformità rappresenta un’altra delle caratteristiche dottrinali dei movimenti neospiritualisti moderni.


Un altro elemento importante all’interno del film è rappresentato dal grande albero all’interno del quale i Na’vi abitano: tale presenza non può infatti che rimandare al simbolismo dell’Axis Mundi, l’albero sacro che per diverse culture del passato era espressione del collegamento tra la realtà celeste e quella terrena.
Chiamato Yggdrasill dai popoli scandinavi e Irminsul dai Germani, la figura dell’albero sacro rivestì una grandissima importanza nella mitologia delle culture precristiane europee, ed una valenza simile si ritrova nella cultura dei nativi del pianeta Pandora.

Si può quindi osservare come in Avatar la filosofia ecologista-new age, così come determinate tematiche mistiche ed esoteriche, trovino un potente veicolo di divulgazione, per mezzo di una riuscitissima operazione di propaganda.
Lo spettatore non può che abbracciare in pieno la visione dei nativi, contrapposta a quella brutale occidentale – materialista, e nello stesso momento per mezzo di un messaggio apparentemente filo-ambientalista
vengono introdotte al grande pubblico tematiche prettamente religiose di carattere ben più profondo.

DA: http://santaruina.splinder.com/post/22196790/Avatar%2C+New+Age+e+Neospiritual


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