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Barbara Spinelli - Con la crisi democrazie a rischio


Tao
 Tao
Illustrious Member
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In un incontro a porte chiuse con i sindacati europei, l’11 giugno, il presidente della Commissione Barroso avrebbe espresso grande inquietudine sul futuro democratico di Paesi minacciati dalla bancarotta come Grecia, Spagna e Portogallo. Secondo il Daily Mail, avrebbe parlato addirittura di possibili tumulti e colpi di Stato. La Commissione europea ha smentito le parole attribuite al proprio Presidente, ma l’allarme non è inverosimile e molti lo condividono.

Al momento, per esempio, l’ansia è intensa in Grecia, dove il governo Papandreou sta attuando un piano risanatore che comporterà vaste fatiche e rinunce. L’ho potuto constatare di persona, parlando qualche settimana fa con il direttore del quotidiano Kathimerini, Alexis Papahelas: «Le misure di austerità, inevitabili e necessarie, sono irrealizzabili senza una democrazia funzionante e una classe politica incorrotta. Ambedue le cose mancano in Grecia, a causa di una storia postbellica caratterizzata da profonda sfiducia verso lo Stato e da una cultura della legalità inesistente». Papahelas non parla di colpi di Stato - l’esperienza, disastrosa, già è stata fatta a Atene fra il ’67 e il ’74 - ma di movimenti populisti, nazionalisti, «anelanti a falsi Messia».

La tentazione che potrebbe farsi strada è quella di considerare la democrazia come un lusso che ci si può permettere in tempi di prosperità, e che bisogna sospendere nelle epoche d’emergenza che sono le crisi. Apparentemente il regime democratico resterebbe al suo posto: la sua natura liberatoria verrebbe anzi esaltata. Ma resterebbe sotto forma impoverita, stravolta: il popolo governerebbe eleggendo il governo, ma tra un voto e l'altro non avrebbe strumenti per vigilare sulle libertà dei governanti. La democrazia verrebbe sconnessa dalla legalità, dai controlli esercitati da istituzioni indipendenti, dalle Costituzioni: tutti questi strumenti degraderebbero a ammennicoli dispensabili, e la libertà sarebbe quella dei governanti.

Gli italiani sanno che l’allergia alla legalità e ai controlli è un fenomeno diffuso anche da noi, oltre che in Grecia. Sanno anche, se guardano in se stessi, che il bavaglio protettore dell’illegalità è qualcosa che molti si mettono davanti alla bocca con le proprie mani, prima che intervengano leggi apposite. In questi giorni si discute delle intercettazioni: converrebbe non dimenticare che una legge assai simile (la legge Mastella) fu approvata quasi all’unanimità dalla Camera, nell’aprile 2007. Che un uomo di sinistra come D’Alema disse, a proposito di giornali da multare: «Voi parlate di multe di 3 mila euro(...) Li dobbiamo chiudere, quei giornali» (Repubblica, 29-07-06).

La crisi in cui viviamo da tre anni mostra una realtà ben diversa. Se si fonda su una educazione complessa alla legalità e non è plebiscitaria (cioè messianica), la democrazia è parte della soluzione, non del problema. La bolla scoppiata nel 2007 era fatta di illusioni tossiche, di un’avidità sfrenata di ricchezza, e anche della mancanza di controlli su illusioni e avidità. Uscirne comporta sicuramente sacrifici ma è in primo luogo una disintossicazione, un ristabilire freni e controlli. Tali rimedi sono possibili solo quando la democrazia coincide con uno Stato di diritto solido, con istituzioni e leggi in cui il cittadino creda. In Grecia, questi ingredienti democratici sono da ricostituire in parallelo con il risanamento delle finanze pubbliche e i sacrifici, e forse prima. Anche in America, non è con un laissez-faire accentuato che si sormontano le difficoltà ma con più stretti controlli sui trasgressori.

È il motivo per cui Grecia e Stati Uniti concentrano l’attenzione sui due elementi che indeboliscono simultaneamente economia e democrazia: da una parte l’impunità di chi interpreta il laissez-faire come licenza di arricchirsi senza regole, dall’altra l’impotenza dello Stato di fronte alle forze del mercato. Abolire l’impunità e restituire credibilità allo Stato sono giudicati componenti essenziali sia della democrazia, sia della prosperità. Difficile ritrovare la prosperità se intere regioni o intere attività economiche sono dominate da forze che sprezzano la legalità, che si organizzano in mafie, o che immaginano di annidarsi in chiuse identità micronazionaliste. La storia dell’Europa dell’Est e della Russia confermano che senza libertà di parola e senza un indiscusso imperio della legge viene meno il controllo, e che senza controllo proliferano gli affaristi e i mafiosi.

In Grecia, la lotta all’impunità è fattore indispensabile della ripresa, ci ha spiegato Papahelas: «La cura vera consiste nell’approvazione, da parte di tutti i politici, di un emendamento costituzionale che annulli l’immunità garantita a ministri o parlamentari passati e presenti, e che porti davanti alle corti o in prigione i truffatori e gli evasori fiscali.

Si tratta di imbarcarsi in un nuovo capitolo della storia: economico, culturale e antropologico». In America vediamo con i nostri occhi quanto sia importante il controllo sulle condotte devianti di chi si sottrae alle regole: l’audizione al Congresso dell’amministratore delegato di British Petroleum, Tony Hayward, è severissima e trasmessa da tutte le tv. Dice ancora Papahelas: «Il vecchio paradigma - quello di uno Stato senza leggi, in cui regnano ruberie e nepotismi - sta precipitando».

Impunità e allergia alla cultura del controllo (esercitato da istituzioni e da mezzi d’informazione) sono radicate anche in Italia, e anche qui la democrazia è vicina al precipizio. Le innumerevoli leggi varate a protezione di singole persone o gruppi di persone, l’arroccamento identitario-etnico di regioni a Nord e a Sud del Paese: questi i mali principali. La stessa proposta di rivedere l’articolo 41 della Costituzione contiene i germi di un’illusione: l’illusione che l’economia ripartirà, se solo si possono iniziare attività senza controlli preventivi. L’illusione che l’eliminazione di tali controlli sia un bene in sé, anche in Paesi privi di cultura della legalità.

La costruzione dell’Europa non è estranea alla degradazione dello stato di diritto in numerosi Paesi membri. Non tanto perché essa ha sottratto agli Stati considerevoli sovranità (sono sovranità chimeriche, nella mondializzazione) ma perché ha ritardato l’ora della verità: quella in cui occorre reagire alla crisi di legittimità con una rifondazione del senso dello Stato, e non con una sua dissoluzione. Se i politici fanno promesse elettorali non mantenibili, se si conducono come dirigenti non imputabili, è inevitabile che i cittadini e i mercati stessi traggano le loro conclusioni non credendo più in nulla: né nell’Europa, né nei propri Stati, né nei piani di risanamento economico.

Non è un caso che si moltiplichino in Europa le condanne della legge italiana sulle intercettazioni (appello dei liberal-democratici del Parlamento europeo, firmato da Guy Verhofstadt, appello dell’Osce e di Reporter senza frontiere). Un’informazione e una giustizia imbavagliate o dissuase minano la democrazia. Reagiscono alla crisi proteggendo il vecchio paradigma dell’avidità senza briglie. Conservano uno status quo che ha già causato catastrofi nell’economia e nelle finanze.

L’esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico è stata paragonata a una guerra. Anche la crisi è una specie di guerra. Se ne può uscire alla maniera di Putin: rafforzando quello che a Mosca viene chiamato il potere verticale, imbrigliando giudici e giornalisti, consentendo a mafie e a segreti ricattatori di agire nell’invisibilità, nell’impunità. Oppure se ne può uscire come l’Europa democratica del dopoguerra: con istituzioni forti, con uno Stato sociale reinventato, con la messa in comune delle vecchie sovranità, con un nuovo patto fra cittadini e autorità pubblica.

Barbara Spinelli
Fonte: www.lastampa.it
Link: http:
//www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7498&ID_sezione=&sezione=
20.06.2010


Citazione
dana74
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 14446
 

quindi la crisi economica mette a repentaglio una democrazia corrotta?
E riguarda solo la Grecia e l'Italia?

Francia, Spagna, Uk, Usa, Germania, Portogallo etc stanno bene le democrazie anche se c'è crisi economica? Sicura Spinelli?
Ma non sarà che è proprio il sistema molto "difettoso" per il popolo?
Ma non sarà che la democrazia di cui si parla è altra cosa di quella applicata?


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sentinella
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Registrato: 3 anni fa
Post: 92
 

Grecia, Spagna, Italia sono anche i paesi europei che hanno subito per molti decenni regimi fascisti in cui la mancanza di una democrazia ha favorito gli interessi di classi che dominavano il paese con l'arroganza, la corruzione, la sopraffazione e l'impunità, dove in galera ci andavano i ladri di polli e gli oppositori politici.
In Germania i criminali di guerra sono stati processati a Norimberga ma i criminali di guerra italiani che hanno decimato con i gas di iprite le popolazioni della Somalia non hanno mai subito un processo.
L'Italia non ha veramente mai ripudiato il proprio passato si è rifatta un look con la resistenza partigiana e avanti con il solito teatrino.
il problema è che non c'è una consapevolezza diffusa di che cosa si deve esigere dalla politica e dai partiti, perchè in fondo la politica ed i partiti sono una cosa lontana e poco seguita. Per questo motivo è troppo limitata l'indignazione pubblica di fronte al rinnovarsi degli scandali e all'impunità della casta. E' opinione diffusa in molte persone che chiunque abbia potere economico e politico debba per forza essere un corrotto ed un impunito. C'é un clima di rassegnazione diffuso, il pessimismo di chi dispera di avere diritto a qualcosa di meglio.
Basta andare in un qualsiasi luogo di lavoro e si vedrà che il comportamento più diffuso non è la collaborazione ma lo schierarsi sempre e comunque dalla parte del più forte sostendendo le ragioni di chi comanda anche contro le ragioni della verità per ricevere dal potente il privilegio che si ottiene semplicemente spalleggiandolo.
Un servilismo abietto che ci fa appartenere oggi ad un padrone, domani a un altro a secondo di come tira il vento, a seconda di qual'è la mano che ci porge il pane.
Perchè non ci rendiamo veramente conto che il pane si può anche guadagnarlo con maggior dignità, si può anche guadagnarlo sporcandosi le mani con la terra ma tenendo alta la testa senza chinarla al primo che passa vestito di piume colorate.


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marcopa
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 8320
 

I rischi per la democrazia possono nascere dalla mancanza di forze della sinistra che indirizzino il disagio sociale verso obiettivi percorribili. Comunque ora piu' che esplosione di disagio sociale mi sembra prevalga la depressione, il subire. C' e' mancanza di una sinistra che rappresenti le fasce sociali piu' deboli in Italia e in Europa. In Italia poi con il bipolarismo degli ultimi 16 anni e' stato un disastro.


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