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caso Moro:quando Andreotti disse di aver coinvolto Gheddafi


helios
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Caso Moro, quando Andreotti disse
di aver coinvolto Gheddafi e Arafat
ANSA

La rivelazione nel libro di Sassoli e Garofani “Il potere fragile”: nel consiglio dei ministri del 10 maggio 1978, il giorno dopo il ritrovamento del corpo dello statista, l’allora presidente del Consiglio convocò i suoi ministri e si sfogò...

Giulio Andreotti è mancato da pochi giorni e quindi non gli si potrà chiedere nessun approfondimento, ma gli studi sul caso Moro ci regalano l’ennesima rivelazione: nel consiglio dei ministri del 10 maggio 1978, il giorno dopo il ritrovamento del corpo dello statista, l’allora presidente del Consiglio convocò i ministri e si sfogò con loro. “Abbiamo fatto e incoraggiato – disse Andreotti, presiedendo la riunione di palazzo Chigi – molto di più di quello che è apparso per liberare Moro”. E concluse la frase, sibillino, con due nomi che ai ministri avrebbero dovuto far capire tutto: “Intendo le attività Gheddafi e Arafat…”.

Per chi volesse capire meglio il caso Moro, che cosa accadde in Italia in quei giorni e soprattutto che cosa si agitava nelle segrete stanze del potere, è arrivato in libreria un piccolo prezioso volume scritto a quattro mani dall’eurodeputato David Sassoli e dal parlamentare Francesco Saverio Garofani. Due politici del Pd, ma soprattutto due giornalisti. Sassoli come inviato dapprima nei giornali di carta stampata, poi conduttore alla Rai. Garofani direttore del “Popolo” e poi vicedirettore di “Europa”. I due hanno scartabellato una lunga serie di documenti inediti, hanno esaminato i verbali dei consigli dei ministri di quel drammatico 1978 – sia i dattiloscritti, sia le minute scritte in presa diretta dall’allora sottosegretario Franco Evangelisti – che nel frattempo sono stati consegnati all’Archivio di Stato e hanno scritto un libro agile ma interessantissimo (“Il potere fragile”, Fandango) che racconta gli stati d’animo dei ministri, i loro sfoghi, le liti, la frustrazione di chi si trovava all’apice dello Stato e però vedeva all’opera una macchina anchilosata e inefficace.

Ma torniamo ad Andreotti e alla riunione del 10 maggio. Il corpo di Moro è stato appena trovato nel portabagagli della Renault 5, in via Caetani a Roma. Per l’Italia è uno choc. Anche la politica resta tramortita: la Dc è a lutto, il Pci è attraversato da inaspettate inquietudini, il Psi si prepara a dare battaglia. Insomma si profila una tempestosa riunione in Parlamento. Andreotti nel corso della riunione invita tutti a tenere i nervi freddi. Intanto racconta ai ministri che anche il governo, ossia lui e Cossiga, nonostante la facciata, hanno esplorato diverse strade “non ortodosse”. Ecco il contesto entro cui escono i nomi di Gheddafi e di Arafat.

Potrebbe sembrare una bizzarria, parlando di Brigate Rosse e di Aldo Moro, mettere in mezzo due leader arabi. Ma così non è perché all’epoca i fili del terrorismo rosso erano tanti e complicati. Gheddafi era una miniera di soldi a cielo aperto e anche un esaltato che voleva finanziare la rivoluzione mondiale. Arafat, a sua volta, era una personalità indiscussa per la sinistra del mondo intero e inoltre era il capo militare di una organizzazione quale l’Olp che aveva contatti con l’Eta in Spagna, con l’Ira in Irlanda, con le Raf in Germania e anche con le Br in Italia. Se poi certi contatti non li aveva lui personalmente, altri contatti li avevano i gruppi palestinesi marxisti, quale ad esempio l’Fplp di George Habbash, che avevano una loro autonomia d’azione, ma riconoscevano pur sempre l’Olp come casa madre. A sovrintendere il tutto, infine, magari a distanza, senza troppo apparire, c’era poi il Kgb sovietico che si serviva dei servizi segreti di tutto il Patto di Varsavia.

In questo quadro magmatico, il governo Andreotti evidentemente giocò la sua partita. Si sa che ebbero un ruolo due agenti segreti italiani di nome Fulvio Martini e Stefano Giovannone: avevano contatti con il mondo arabo e con gli jugoslavi, li usarono. Ma di queste trattative non si doveva parlare e mai s’è parlato. Anche quel laconico accenno a Gheddafi e ad Arafat forse a Giulio Andreotti sembrò un azzardo. Tant’è che le sue parole, riportate nella minuta scritta a penna, furono persino cancellate dal verbale ufficiale.

http://www.lastampa.it/2013/06/13/italia/politica/caso-moro-quando-andreotti-disse-di-aver-coinvolto-gheddafi-e-arafat-nVKPhQ0RazNPKD1GusscPP/pagina.html


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ireneo
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Cioè Andreotti avrebbe contattato 2 che non centravano nulla........praticamente la confessione che ha fatto di tutto per evitare sbocchi positivi.


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helios
Illustrious Member
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Cioè Andreotti avrebbe contattato 2 che non centravano nulla........praticamente la confessione che ha fatto di tutto per evitare sbocchi positivi.

forse li ha contattati prima che la sig.ra Moro andasse con un aereo privato a parlare con dei leader del nordafrica (su indicazioni scritte dal marito nelle lettere che arrivavano dal 'carcere')


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terzaposizione
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Poteva rimanere a Roma, zona Magliana per sapere ndò stava Moro.


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