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CH: Giacometti, sono uno scultore mancato


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http://www.gdp.ch/cultura/senza-la-sua-bregaglia-non-sarebbe-giacometti-id105617.html

Cultura - A 50 anni dalla morte
Senza la sua Bregaglia, non sarebbe Giacometti
Il ricordo del grande artista grigionese, l'intervista realizzata nel 1963 nel suo studio e il programma degli eventi in occasione del 50.esimo della sua morte.


(Keystone)

di Dalmazio Ambrosioni - 09 gennaio 2016

Mi ha sempre colpito con un certo fastidio sentir dire che Giacometti non sarebbe stato Giacometti se non fosse andato a Parigi. Se non si fosse scrollato di dosso l'ambiente valligiano, di una valle strana come la Bregaglia, che affonda dopo il Maloja per gradualmente risorgere mentre prosegue verso il sud, dalle montagne al lago. Chi ha frequentato e abitato la Bregaglia, e' salito in Bondasca e agognato le cime o semplicemente le ha guardate (sognate?) dal basso, sa che l'opera di Giacometti e' acuta, irta, ispida, frastagliata, scarnificata e solenne al tempo stesso come quel gruppo di cime tra le piu' belle al mondo.

Viene in mente un quadro di Giovanni Giacometti, il papa', pittore postimpressionista. Forse il suo piu' bello, l'Autoritratto del 1899. Giovanni troneggia al centro del dipinto. Robusto, forte, colorito, lo sguardo dritto e deciso. Come sfondo le montagne innevate della Bregaglia. Sulla sinistra il villaggio, sulla destra un frastagliato filo nero, come un bruco. Se lo guardi con attenzione, meglio con la lente, vedi che quel bruco indolente e' un funerale; si scorgono persino i quattro che reggono la bara nel fondovalle freddo, desolato.

In quell'autoritratto del padre cosi' come nei cadenzati ritorni da Parigi a Stampa dalla mamma Annetta, una nuvola di candidi capelli con quel volto sorridente e lo sguardo morbido e deciso insieme, c'e' la sintesi dell'opera di Alberto. Che ha dovuto andare a Parigi, al centro allora del panorama dell'arte, per tirar fuori quello che aveva dentro, ereditato ed immagazzinato in quella valle cosi' rude ma dolce nel suo direzionarsi verso sud, verso la luce. E infatti quando c'e', il sole pare non tramontare mai fin quando s'adagia giu' all'ultimo taglio di valle mentre le ombre rinsecchiscono e si allungano, i piedi in primo piano s'ingrossano e le teste si affilano mentre si depositano nel paesaggio.

E lui a Parigi nel suo misero, lurido atelier al 46 di rue Hippolyte Maindron, XIV arrondissement, matite colori e sigarette, e tirar fuori immagini secche, affilate e trafitte come la sua valle e un po' anche il suo cuore silenzioso, essenziale come le geografie bregagliotte e come il paesaggio della modernita', di questo culmine della storia che in effetti riconduce, fa riprecipitare alla radice.

Di cosa? Delle esistenze, della vita, del rapporto con se stessi e con gli altri. Ritorna alle prime domande, chi sono io, cosa faccio, cosa rappresento. E nella sua confessata inabilita', riesce a delineare risposte che riprendono il filo delle montagne, il filiforme funerale del grandioso autoritratto del padre, i candidi vaporosi capelli della mamma e le rughe del suo viso scavato come una mappa. In questo silenzioso, profondo, sofferto raccordo nasce un'opera destinata a rimanere unica nella storia dell'arte. Piace in modo strano, ci appare piu' vera che bella, ci entra dentro e non ci lascia tranquilli, ma ci dice anche che si', in quelle opere (sculture, dipinti, disegni, incisioni) ci siamo noi non appena abbiamo l'ardire di guardarci dentro.

E' stato uno dei pochi, forse l'unico a dare risposte sulla scena di quel Novecento che, su questo piano, continua ad esserci contemporaneo. Scrittori, filosofi, drammaturghi ponevano domande e stavano ad aspettare. Alberto Giacometti nella sua presunta inadeguatezza, ha dato risposte. Nel silenzio, nelle notti, solo una flebile lampadina.

"Le mie sculture sono tutte sbagliate"

Un paradosso. Alberto Giacometti che dice e ripete di essere uno scultore mancato. Eppure e' cosi', in quest'intervista televisiva realizzata dall'allora RTSI nel suo atelier di Stampa nel 1963 (forse di Sergio Genni) come nella testimonianza di Giorgio Soavi, che gli era critico ed amico, nel testo introduttivo alla mostra di Lugano del '73. Le mie sculture sono tutte sbagliate. Era il tempo del successo, delle grandi mostre, dei giudizi lusinghieri da parte dei maggiori intellettuali dell'epoca, ma l'insoddisfazione per il proprio lavoro era convinta e ribadita. Nel'intervista Giacometti e' seduto e risponde mentre con le dita modella una testa.

Cosa vorrebbe fare?
Una testa. L'unica cosa che ho voglia di fare e' la testa, cosi' e cosi'. E' difficile, non ci riesco. Non ci riesco, per niente, non ci riesco. Una testa qualunque, sono incapace.

E quei corpi allungati sono ispirati forse...
No no no, e' involontario, non voglio piu' farli allungati. Diventano allungati malgrado me stesso, non e' volontario. Io vorrei farli... ma non riesco. Fino adesso non ho mai fatto, non un giorno dal 1935 in poi che abbia fatto una cosa come volevo. E' sempre uscita un'altra cosa da quello che volevo, sempre. Io vorrei fare teste normali, figure normali. Insomma, non ci riesco.

Lei come giudica in generale le sue opere?
Male. Beh, sono tutte scadenti.

Questa e' la forza dell'artista, una continua ricerca...
No no, non sono riuscito. Sono delle ricerche mancate, unicamente delle ricerche mancate.

Eppure lei persevera in questa ricerca sempre seguendo una determinata strada...
No no, siccome ho sempre mancato ho voglia di provare, continuare a provare. Vorrei riuscire una volta a fare una testa come vedo, siccome non sono mai riuscito, continuo. Bisogna avere una bella dose di imbecillita' per continuare. In realta', vedendo che non so fare niente, dovrei smettere, con un po' piu' di intelligenza smetterei.

A volte lei non e' tentato di riprendere la sua prima maniera?
No no no per niente, non mi interessa. Come le cose astratte, insomma come chiamano la prima maniera, no perche' ho capito di che si tratta, non mi interessa piu'. Non potrei fare che delle ripetizioni di quello che ho fatto, non c'e' piu' avventura. Un oggetto se lo penso, so cosa dovrei fare prima di cominciare, lo vedo chiaramente finito nella sua materia. Allora non e' altro che un'esecuzione, senza difficolta'. Non farei che copiare quello che immagino, dunque lo faccio per forza. Se voglio fare la sua testa, mentre lei posa non la vedo che provando a farla, e piu' la vedo piu' mi diventa difficile realizzarla. Siccome fino adesso non sono mai riuscito, sono curioso di vedere dove arrivo facendo una testa piu' che tutte le sculture possibili. Anche L'uomo che cammina siccome c'e', non mi interessa piu'. Perche' in realta' e' la proporzione, il movimento, sono cose relativamente facili...

Quindi non le interessa piu' perche' ritiene di essere riuscito in questo settore...
Riuscito... Non mi interessa molto perche' non e' realmente la scultura. L'unica cosa che vorrei arrivare a fare e' una testa, una figura, una figura tutta diritta, cosi'.

Ma queste sue opere riprendono cio' che la sua fantasia, cio' che l'artista vede?
No, fino adesso no. Non vedo cosi', non vedo assolutamente cosi'. Provo a farla larga, vorrei fare una testa normale, per arrivare a fare come voglio diventa cosi', stretta. Provo sempre a darle volume, non riesco. In realta' sono uno scultore mancato.

Uno scultore mancato Alberto Giacometti?
Si', e' certo.

E dei critici, cosa pensa?
Beh, i critici, in che senso?

Siccome lei ha avuto le critiche piu' lusinghiere che un artista possa desiderare, e siccome lei sembra non essere dello stesso parere, che impressione ha dei critici?
Tanto meglio se trovano che c'e' dentro qualche cosa. Ma mi lascia piuttosto indifferente. Non e' per quello che credo di aver fatto qualcosa.

Quindi lei ritiene di non avere raggiunto la perfezione che ricerca?
Non la perfezione ma neppure cominciato. Se arrivassi a fare una sola testa... chissa', magari smetterei. Sarebbe comico che quando arrivassi a fare una testa come voglio, non interessi a nessuno. Ah, e' quella li' che volevi? Potrebbero dire se esce una piccola testa banale qualunque. Si', e' quello che volevo fare. Ah, bravo...

Forse perche' si e' lasciato influenzare da determinate correnti...
No no, e' che oggi e' quasi impossibile per tutti fare semplicemente una testa come si vede. Ci sono pochissimi che provano. E molti non fanno una testa come la vedono ma la fanno come e' stata fatta, in modo convenzionale. Provare oggi a fare una testa come la si vede e' difficile, non so perche', non ho capito ancora perche' sia quasi impossibile. Ma di fatti e' quasi impossibile; anche in pittura, oggi, fare un ritratto che dia una certa soddisfazione e' difficilissimo.

L'11 GENNAIO L'ANNIVERSARIO - Un 2016 ricco di manifestazioni

Per tutto il 2016 la valle svizzera che collega l'Italia con l'Engadina festeggera' il suo figlio piu' illustre con una mostra, tanti eventi e una app innovativa che consentira' al visitatore di "entrare" nelle opere artistiche proprio nei luoghi dove sono state realizzate e di conoscere vita e aneddoti dell'artista attraverso inediti contributi video realizzati dopo un lavoro di ricerca durato tre anni, come gia' avevamo annunciato nell'edizione del GdP del 28 dicembre 2015.

Lunedi', anniversario della morte dell'artista, a Stampa e' prevista una cerimonia commemorativa e alle 20 a Vicosoprano, presso la Sala Polivalente, lo spettacolo teatrale L'Ombra della Sera con la danzatrice Chiara Michelini per la regia di Alessandro Serra. Per partire alla scoperta di Alberto Giacometti e del suo rapporto con la Val Bregaglia c'e' il percorso fotografico Camminare con Giacometti, da Coltura a San Giorgio, che verra' inaugurato il 26 marzo, mentre da giugno alla Ciaesa Granda e nell'Atelier Alberto Giacometti. A casa, una mostra con opere esposte per la prima volta.


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