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CH: hockey, esperienza e lucidita'


vic
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Illustrious Member
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Mi scuso con quelli che non seguono lo show-business sportivo, il moderno circences. Un po' di circenses fa bene, offre spunti di conversazione leggera, fa emergere ricordi e sensazioni. Se poi e' un circenses locale, ancor meglio, i protagonisti sono una specie di vicini di casa.

Metto l'intervista a J.J. Aeschlimann a suo tempo noto come JeyJey, perche' le sue considerazioni valgono anche fuori dall'ambito hockeystico.

Dello sport agonistico mi piace l'importanza della misura, dei punti fatti.
Anche l'allenamento assiduo va menzionato. In troppe attivita' invece che domina e' l'arbitrio, la conoscenza personale, le cose fatte sotto sotto. Oddio anche gli allenatori non sono perfetti e le loro preferenze ce le hanno. Ma alla fine che conta e' la prestazione, che nello sport vedono tutti se c'e' o se non c'e'. E se non c'e' qualcuno se ne va.

Sentiamo cosa dice Aeschlimann sull'importanza dell'esperiemza e della lucidita'.

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Da:
http://www.gdp.ch/sport/hockey/volte-lesperienza-conta-piu-della-tecnica-id115980.html

Hockey - L'intervista
"A volte l'esperienza conta piu' della tecnica"
Jean-Jacques Aeschlimann e' direttore amministrativo del Lugano. Con l'HCL ha giocato 5 finali. Nel 2001 un suo rigore elimino' il Berna in "semi". Uomo di rigori e di finali, torna sul gesto di Furrer.

di Flavio Maddalena - 30 marzo 2016

Dal ghiaccio e' passato alla scrivania, e da anni ormai (prima ad Ambri' e poi a Lugano)... Ma la sua passione per l'hockey e' rimasta la stessa. Jean-Jacques Aeschlimann, oggi direttore amministrativo dell'HCL, non e' certo diventato immune alle emozioni. E quando in pista sale la tensione, lui non puo' far finta di nulla. D'altra parte la sua barba da playoff di questi giorni non mente. "Di solito devo dire che quando seguo una partita non sono cosi' teso. Lunedi' sera invece e' stato diverso: piu' avanzava la partita e piu' saliva quello che definirei comunque un nervosismo sano, positivo". D'altra parte c'era in ballo una finale - la sua prima finale, fra l'altro nei suoi nuovi panni manageriali - che ora in riva al Ceresio e' una bella realta'. Resa tale dal gesto perfetto del rigorista che non ti aspetti: il difensore Philippe Furrer.

Ripartiamo proprio dall'episodio del rigore. Cos'ha provato JJ Aeschlimann, in quegli attimi?
Beh, ammetto che quando e' stato fischiato quel rigore ero parecchio agitato, in tribuna. Capisci che e' in questi momenti che si puo' fare la differenza. E ho apprezzato molto l'attitudine e le dichiarazioni di Philippe Furrer: nonostante fosse leggermente ferito, ha voluto prendersi la responsabilita' di tirare quel rigore, a costo di stringere i denti. E quando ti presenti sul ghiaccio per tirare un rigore con la sua determinazione e la voglia, una buona parte del lavoro e' gia' fatta.

E Furrer difatti non ha sbagliato.
Trovo che con quel rigore abbia dimostrato tutta la sua esperienza: l'ha tirato davvero con grande maestria, considerando anche che Furrer non e' propriamente uno scorer. Insomma, i suoi punti forti sono altri, di per se'. Ma d'altro canto questa e' la dimostrazione che in certi momenti topici l'esperienza conta piu' dell'abilita' tecnica. Se riesci a rimanere calmo e concentrato come lo e' stato lui, allora il grosso e' fatto. Questo aspetto infatti ha fatto la differenza.

Un altro aspetto importante e' stato il fattore sorpresa: Mayer non conosceva il Furrer rigorista.
Si', e anche sotto questo punto di vista questa per me e' stata una situazione famigliare. All'epoca in cui ho iniziato a tirare con regolarita' i rigori avevo gia' cambiato il mio stile di gioco. Non ero piu' il giocatore da venti reti a stagione: col passare delle stagioni a Lugano sono diventato piu' un uomo da... checker-line. E posso ben immaginare che in occasione dei miei primi rigori a qualche tifoso sia venuto qualche dubbio...

La domanda e' d'obbligo: vero che se fossi stato al posto di Furrer avresti voluto tirarlo quel rigore?
Certo che si'! E se non mi credete potete chiedere a Jacky Marti, che era seduto in tribuna di fianco a me (ride, ndr). Lui stesso mi ha posto questa domanda, e io gli ho risposto: e' proprio in questi momenti, che un giocatore ci tiene ad essere sul ghiaccio. In fondo e' anche una questione di sfide con se stesso. E non riesco ad immaginarmi una sfida sportiva piu' grossa di un rigore decisivo come quello tirato lunedi' da Furrer.

Qual e' il rigore piu' pesante che ha tirato JJ Aeschlimann?
Direi quello che regalo' al Lugano la finale nel 2001. Stavamo disputando una serie contro il Berna, e in gara-6 si anda' ai rigori. Dopo la prima serie segnammo soltanto io e Andreas Johansson. Entrambi ci ripresentammo nella serie ad oltranza: Johansson sbaglio' mentre io segnai di nuovo. Fu il rigore decisivo per il Lugano, come ho detto, ma pure un episodio che mi viene rimproverato ancora oggi: con quel rigore infatti misi fine alla carriera del portiere Renato Tosio, che si sarebbe ritirato proprio al termine di quella stagione.

Sei un uomo di rigori ma anche di finali. L'ultima delle quali proprio contro il Berna (2004)...
Come giocatore, a questo punto della stagione, hai un solo pensiero in testa: andare fino in fondo, vincere. Di quell'ultima finale, decisa nella quinta e decisiva partita da una rete un po' strana, nell'overtime, di Marc Weber - fra l'altro pure lui non proprio un cecchino - ricordo quindi soprattutto quella sensazione di "surreale", quando all'improvviso tutto fini'.

Con il Lugano hai vinto anche due titoli (nel 1999 e 2003). Cosa fece la differenza in quei casi?
Sembrera' un banale cliche', ma tutto si gioco' sui dettagli. Proprio come nel film "Ogni maledetta domenica"... A volte e' una questione di centimetri, o di millimetri anzi. Ad un certo punto, io non credo piu' alla sfortuna o alla fortuna. Si tratta di lucidita'. E chi e' meno lucido nei momenti topici significa che ha sbagliato qualcosa in precedenza. Quando vincemmo quei titoli, ricordo ore e ore dedicate all'analisi video. Ma eravamo ben disposti a fare quelle ore extra di preparazione, e ne valse la pena. Per vincere, una squadra deve passare da qui.

Quanto cambia invece il lavoro di un direttore amministrativo, con una squadra in finale?
Passi ancora piu' tempo al telefono, perche' la mole di aspetti da organizzare e coordinare aumenta ulteriormente. Ma e' anche molto interessante: ti capita ad esempio di fare... nuove amicizie o di ricevere delle telefonate di persone che non sentivo da dieci anni: mi chiedono se per caso non mi avanza qualche biglietto (ride, ndr)!


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