Chi abbiamo contro ...
 
Notifiche
Cancella tutti

Chi abbiamo contro (due articoli di John Kleeves)


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

Imbattibili nel bombardare, uccidere civili e rovinare economie

Le epidemie venivano provocate vendendo agli indiani coperte infette (il vaiolo era endemico fra i Puritani, facendo però poche vittime: gli indiani invece non avevano anticorpi). Dal 1865 al 1875 furono malignamente sterminati i bisonti, sui quali solo vivevano le tribù delle pianure centrali: gli animali erano sugli 80 milioni nel 1850 e ne furono contati 541 nel 1889.

Appena inventato l'aereo gli americani capirono che era la loro arma: distruzioni da lontano, dall'alto, senza dover combattere sul serio, sino a che l'avversario non dichiarava la resa senza condizioni.

Preparaticisi sin dagli anni Venti misero in pratica tale prassi nella seconda Guerra Mondiale: fu la Guerra Totale propriamente detta. Sotto questa dizione si nascondevano due strategie distinte, benché condotte circa con gli stessi mezzi - i bombardieri - e sinergiche fra loro: io le ho chiamate la strategia della Guerra alle popolazioni Civili e la strategia della Guerra per il Dopoguerra.
La prima era il solito ricatto portato ai governi avversi, ricatto che nella Seconda Guerra portò a tre milioni di civili morti, due in Europa e uno in Giappone. La seconda davvero originale - consisteva in questo: distruggere il tessuto economico dell'avversario allo scopo non di minarne la capacità di condurre la guerra (cosa impossibile coi bombardamenti convenzionali!) ma allo scopo - a guerra finita - che non fosse più per molto tempo un concorrente commerciale sui mercati internazionali.

Per inciso tale strategia fu usata quando possibile anche nei confronti di... Paesi alleati, ad esempio con Francia, Olanda e Belgio, mentre fa bene al cuore osservare che gli Usa non fecero mai nulla di concreto per contrastare i bombardamenti tedeschi sulle industrie inglesi (hai capito Tony Blair, che ti credi tanto furbo?). Naturalmente le bombe nucleari furono viste dagli americani come il loro ordigno d'elezione e appena pronte ne gettarono due su altrettante città giapponesi.

La gente dice: bisognava vincere una guerra giusta e poco importano i mezzi usati: può servire magari con popoli da niente, come gli italiani, ma non con gente tipo i tedeschi e i giapponesi. Il concetto si evidenziò bene nelle due successive guerre americane, in Corea e in Vietnam. Nonostante le stragi di civili dall'aria, che fecero rispettivamente 4 e 6 milioni di morti, gli Usa rimediarono un "pari" in Corea e addirittura una sconfitta gigantesca in Vietnam. In Vietnam gli americani avevano 50 divisioni sul terreno, appoggiate da 800.000 soldati sud vietnamiti; furono battuti da 10 divisioni nord vietnamite di cui solo 2 corazzate, coadiuvate da circa 110.000 fra Viet Cong e guerriglieri sciolti (la versione non concorda con quella di Hollywood che presenta solo una guerriglia nella giungla con schioppi e cerbottane, ma ho già detto che Hollywood è propaganda di Stato).
Anche con l'Iraq nel 1991, nonostante l'enorme dispiegamento di uomini e mezzi, gli americani non vinsero, perché non riuscirono a prendere via terra Bassora: riuscirono solo a fare 300.000 morti fra i civili e a far regredire di decenni l'economia del Paese (per inciso, avete tenuto il conto dei civili assassinati dagli Usa in guerra? Altro che Germania Nazista!). Gli americani dunque non sono in grado di fare la guerra. Possono solo eseguire danni da lontano, con bombardieri e missili, uccidendo civili e rovinando economie; se questo basta ci può essere una vittoria, altrimenti rimangono i danni fatti, per i quali l'America vista la geografia non teme di doverne pagare il giusto fio. L'assenza di virtù militari è poi compensata dalla rabbia, dalla rivalsa sugli inermi. Così ad esempio una prassi consolidata americana è di uccidere gli arresi e di eseguire vendette. Ci sono moltissimi esempi e ricordo solo la meccanica delle vicende di Guadalcanal, di Okinawa e di Iwo Jima: niente prigionieri e stragi nei civili dopo la vittoria. Il film La sottile linea rossa non la dice certo tutta su Guadacanal. A Okinawa migliaia di civili che si erano nascosti nelle tante grotte costiere dell'isola furono spinte negli strapiombi sul mare coi lanciafiamme (la didascalia del filmato americano originale della tragedia - ancora proiettato qua e là, anche in Italia - dice che si trattava di suicidi volontari!) Recentissimi i casi di Panama del 1989, quando i Marines bombardarono il quartiere popolare di El Corrillo a Panama City facendo 2.000 morti solo perché simpatizzava per Noriega, e del Golfo del 1991, quando colonne di soldati iracheni disarmati e in fuga nel deserto furono incenerite col Napalm dai bombardieri. Morale della favola, a tale gente si sono accodati i governi europei nell'aggressione alla Jugoslavia. Cosa vogliono fare, emularli? Aiutarli nelle stragi, nelle infamie? Neanche se fosse una guerra giusta si potrebbe! Inoltre, più in generale, gli Stati Uniti si configurano come una potenza che vuole impadronirsi del mondo allo scopo di sfruttarlo, di succhiargli il sangue anche in senso non figurato (si pensi alle immonde necessità chirurgiche delle cliniche a pagamento americane!) e determinata ad esercitare la sua oppressione col terrore, tramite i suoi bombardieri e i suoi missili in grado di colpire dovunque al minimo cenno di resistenza. E i governi europei vogliono partecipare a questo? Eppure poche sono le voci contrarie, l'indignazione non scuote l'opinione pubblica europea. È davvero un secolo buio per l'Europa.  

John Kleeves
(La Padania del 6 maggio 1999)

Capire gli Stati Uniti

Noi non viviamo in un tempo come un altro, in cui ognuno può prendersi il lusso di dedicarsi soltanto alle sue cose personali, al suo lavoro e ai suoi interessi particolari, perché tanto "il mondo va avanti lo stesso". Il mondo ora sta correndo un pericolo e se nessuno fa niente non dico che finirà, ma certamente non andrà più avanti come prima. Il pericolo si chiama Stati Uniti d’America: tale federazione - in realtà un Paese unico e monolitico - è sul punto di ottenere il dominio planetario e questo è un pericolo perché gli USA non vogliono comandare il mondo allo scopo di governarlo, ma allo scopo di sfruttarlo. Gli USA non sono una riedizione dell’Impero Romano, come pure vogliono fare credere con la falsa modestia d’obbligo. Lo fossero qualcuno li potrebbe anche accettare, ma non lo sono : i Romani assoggettarono sì il mondo con la forza ma poi lo governarono, gli diedero cioè qualcosa in cambio, una amministrazione, degli ordinamenti, delle città edificate, delle infrastrutture ad esempio 85.000 chilometri di strade, quasi tutte in contrade che non le avevano mai viste prima); agli Americani invece gli altri popoli interessano solo come fornitori di materie prime e di manodopera, come schiavi. Eventualmente come consumatori.

Il problema è che la gente non si rende conto del pericolo. Non se ne rende conto perché gli USA sono un Paese singolare, di un tipo unico nel suo genere e che non si era mai visto prima; non se ne rende conto perché gli USA, nonostante la notorietà e l’abbondanza delle informazioni, della cronaca e anche dei contatti diretti, sono in verità degli sconosciuti. C’è quindi un compito impellente in questi tempi per gli uomini all’altezza e di buona volontà: contribuire a colmare questa lacuna, informare la gente sulla vera natura degli Stati Uniti.

Gli USA non sono un argomento semplice. Del resto lo fosse stato non saremmo qui a parlarne ora. Gli USA innanzitutto sono un sistema, dove tutte le sue manifestazioni sono collegate e interdipendenti : non si può veramente capirne un solo aspetto se non si è capito il tutto. Il fatto poi che questi aspetti siano tutti negativi, alcuni addirittura micidiali (le vittime delle guerre e delle repressioni per procura, che sono decine di milioni), aggrava l’inconveniente perché la gente stenta a credere a una negatività così completa: sembra p
regiudizio. Quindi gli USA presentano una difficoltà davvero singolare : la costante dicotomia fra ciò che dicono di essere e di fare e ciò che invece effettivamente sono e fanno. Sono un Paese che sembra preda di una ipocrisia congenita e profondissima, si direbbe patologica, dove i fatti contraddicono costantemente le parole e dove la pratica sconfessa sistematicamente la teoria. Le nobili parole della Dichiarazione di Indipendenza nascondevano la ribellione dei grandi mercanti Puritani del New England nei confronti della Corona inglese che li aveva tagliati fuori dal mercato della Cina per favorire la East India Company di Londra.
La Costituzione del 1787 cominciava con le parole WE THE PEOPLE così in maiuscolo ma stabiliva un sistema oligarchico basato sul danaro così ferreo da essere arrivato da allora sino ad oggi assolutamente inalterato. La libertà di stampa e di espressione così decantata e vantata dagli americani è cosa campata per aria, sterile : si può stampare e dire ciò che si vuole a patto che ciò non arrivi davvero al pubblico. Come con gli oppositori: anche se pacifici, possono esistere se non mettono in pericolo davvero il sistema, altrimenti sono incarcerati con pretesti, perseguitati nella vita o anche uccisi dall’FBI per strada. Teoricamente ci possono essere tutti i partiti politici, e difatti ce ne sono attualmente 29 negli USA, compreso un Communist Party USA, ma di fatto per il meccanismo dei finanziamenti e delle liste se ne possono affermare solo due, quelli infatti sulla ribalta da sempre, il Democratico e il Repubblicano, che oltretutto sono un partito solo, o le due facce della medesima medaglia. La politica estera americana è sempre stata un campionario di belle intenzioni e di roboanti slogan dietro cui stavano costantemente obiettivi addirittura sordidi. Si potrebbe continuare per pagine.

Gli USA sono dunque un argomento complesso e difficile. Ma se si vuole fare qualcosa per il mondo, questa è una occasione. Il tempo e le energie che si dedicano alla diffusione della comprensione degli USA non sono buttati via.

John Kleeves
(novembre 2011)

via http://blogghete.altervista.org/joomla/


Citazione
Condividi: