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ciarlando di economia


GioCo
Noble Member
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Sto studiando con interesse organizzazione aziendale. L'interesse al solito però non sta nelle splendide parole dei testi che sto seguendo, che parlano di auspicabile organizzazione virtuosa e fanno delle ellissi ideologiche capitaliste il vanto di una "organizzazione aziendale che assicura profitti e soddisfazione", arrivando a postulare che l'azienda si deve occupare dei problemi politici e ambientali oltre che di quelli economici.

Ma in una serie di assunti che ai miei occhi rimangono del tutto ridicoli. Non mi occuperò qui di quelli più grossolani, ma di uno in particolare che è centrale sia per i discorsi ampollosi e un po' grotteschi delle "aziende virtuose auspicabili per tutti", sia dell'economia in generale: il profitto.
Quante volte ci sentiamo dire che "un azienda ha il fine primo di fare profitto"? Quanti discorsi sono spesi su questo principio? Non voglio qui ricordare Goebbels, ma è indubbio che se un principio "naturale" e "indiscubilite" come il profitto è ripetuto a pappagallo in questo modo, dovremmo quanto meno drizzare le antenne e iniziare a chiederci se sia una realtà o un dogma.

In effetti la questione è sottile ma non difficile da esporre. Partiamo dal contratto. Il contratto è un accordo tra le parti (scritto o sottointeso) realizzato da uno scambio, generalmente beni e servizi in cambio di denaro. Per essere più ampollosi wikicoipiedi ci dice "Un contratto è un istituto giuridico che vincola due o più parti tra di loro". Se siete attenti, notate che "profitto" non compare e in effetti l'accordo, il patto, i vincoli sottesi di un contratto, in altre parole "il contenuto" è indefinito finchè non c'è accordo tra le parti. Ad esempio mi accordo con uno che sarà il mio schiavo e dovrà lavorare finché non arriveremo alla cifra di 1000 €. Naturalmente ci si chiederà perchè diamine il tizio dovrebbe accettare un patto scellerato di questo tipo con un contraccambio così assurdo. Ma ce ne occuperemo tra un attimo, adesso ci stavamo occupando del profitto. Qual'è con un contratto di questo tipo il primo problema che posso immaginare di incontrare se sono il "venditore"? Convincere il mio acquirente, ovviamente.
Ho posto in forte squilibrio il significato del contratto di compravendita per indicare una questione mai affrontata nel disctutere liberismo. Cioè che se si perde di vista che il profitto è solo un possibile vincolo, poi non si capisce più niente di politica aziendale, dato che l'azienda prima di tutto è una associazione nata e gestita per tramite di contratti.
Ma perché mai una azienda non dovrebbe fare profitto? Non si capisce, perchè il problema va posto in termini differenti, cioé: "perché mai l'azienda dovrebbe preoccuparsi del profitto"! Non deve infatti, dato che il risultato di un patto qualsiasi tra le parti è stabilito unicamente dalla forza contrattuale dei singoli contraenti. Banale, no?

Se ti punto la pistola sulla tempia e siamo nel far west e tu non hai armi per difenderti, ne sgherri della tua parte ed io sono di fatto il proprietario unico di tutta la sciancata cittadina nonché dell'unico pozzo d'acqua in mezzo a un deserto per centinaia di chilometri, ecco che il mio potere contrattuale è sufficiente a farti accettare un patto come quello che dicevamo sopra: quale diamine sarebbe la mia preoccupazione di fare profitto? Evidentemente le mie aziende potranno tranquillamente vendere i loro prodotti al costo di maestranze salariate artificiosamente manipolato, al punto che se vendessi il prodotto a prezzo di costo, avrei comunque un mare di schiavi con cui imporre le mie leggi ... un momento leggi? Vuoi dire che stabiliresti il diritto che preferisci? Ovvio Watson! A quel punto a che mi serve il profitto? A niente, tanto i patti liberi dai vincoli mi rendono del tutto assurdo stabilire contratti "per profitto" i cui contenuto posso stabilire liberamente.

Ho liberalizzato le mie performance per stabilire accordi con chicchessia, in quanto ho addestrato gli individui a dipendere dai miei patti che posso di fatto imporre dato che sul tavolo delle trattavie mi siedo sempre con uno sbilancio netto a mio favore, per ciò posso imporre la mia volontà meglio del faraone dell'antico Egitto: non importa se concedo tutto quello che la controparte vuole, ciò che conta è che il peso, la forza della mia volontà, sia conservata al di sopra delle parti e dei patti e in palese conflitto di interessi, in questo modo ogni concessione apparirà magniloquente generosità. L'unico ostacolo sulla mia strata saranno quelle tutele che le Nazioni hanno dovuto costruire nel tempo per convincere gli individui ad accettare contratti come mediatori di accordi, quando l'unità era possibile per tramite delle tradizioni contadine che cementificavano le ragioni collettive a dispetto delle volontà individuali. Il cosidetto "patto sociale", che diventa un peso, un ostacolo da rimuovere, una volta rimosse quelle tradizioni e sotituite dall'attributo di "monade virtuosa", in ogni modo promossa, dalla scuola alla casa.

Quindi, per riassumere questo primo passaggio, il cruccio di un azienda, dove per azienda qui si intende una organizzazione di individui legati da impegni reciproci volti a fornire beni o serivizi alla comunità, non è "fare profitto", quello al massimo è un vincolo apparente "di principio", quando il potere contrattuale è troppo basso, ma convincere, cercando di far pendere a proprio favore l'equilibrio minimo necessario obbligatorio perché il patto sia o meno il risultato di un accordo piuttosto che pura vessazione.

Ora vediamo un caso piuttosto interessante quello della Nike, importante multinazionale di prodotti sportivi e facciamo uno sforzo creativo: a cosa serve un prodotto sportivo?
La Nike in questi anni si è spesa molto per recuperare la propria immagine, dopo la denuncia dell'abuso di manovalanza sfruttata e sottopagata in paesi del terzo mondo. Tralasciamo per un attimo la goliardica veduta aziendale del "rispetto dei collaboratori al primo posto" e facciamo finta che l'integralismo della mission aziendale sbandierato sia pari a un dogma religioso per i dirigenti, che per ciò sono rimasti "costernati" nello scoprire come venivano ingiustamente sfruttati i loro dipendenti del terzo mondo. Facciamo finta e andiamo avanti.
Conoscete i Tarahumara? No? Dovreste perché stanno letteralmente ridefinendo i termini fisici con cui noi abbiamo costruito il mito dell'altleta. I Tarahumara, sono persone perfettamente normali, a parte il fatto che per loro correre 300 Km in un giorno è parte della loro "normale" funzione quotidiana: nascono imparando a correre e corrono per vivere. E non stiamo parlando di titani della corsa ma donne, uomini, bambini e vecchi, cioè l'intera comunità ha quelle performance che confrontate a un qualunque atleta olimpionico lo fanno apparire un disabile. Questioni di genetica?
No, se si calcola l'altro fattore che rende ancora più controintuitiva la loro performance: la eseguono scalzi.
Ma cosa centra questa storia con la Nike? Beh, se le scarpe non servono a migliorare le prestazioni sportive, a cosa serve l'abbigliamento della Nike? Ad abbassarle, ovvio. Diciamolo però meglio, così si capisce: se ti convinco che tu non puoi fare a meno delle scarpe sportive per correre al meglio, è evidente che quando vedi uno senza scarpe che corre meglio per te il mondo va alla rovescia. Ti ho reso disabile per renderti dipendente.

Da questa storiella ricaviamo in sostanza il potere della convizione che si radica sulla credenza individuale. Cosa fa quindi l'azienda? Deve prima di tutto convicere, affinche possa radicare nell'individuo la credenza che essa rappresenta qualcosa di indispensabile e lo deve fare creando un
o squilibrio psicofisico individuale di qualche tipo che serve a generare l'esigenza. Poi fornirà la soluzione (sua) per quella esigenza che rappresenterà un nuovo livello di verità destinato a diventare dogma silente. Che questa verità sia poi solo l'esigenza di qualcuno imposta ai danni del resto dei suoi simili, che ca%%o importa? Tutti saremo contenti felici.


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lanzo
Honorable Member
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Si fanno di corsa 300 km al giorno ? Il record e' sui 44 km h. MA sui cento metri, di certo non sostenibile per piu' dei cento metri. Qui l'amico parla di 300 Km. - Mettiamo pure - e non ci credo - che corrano a 20 km/ora e NON su una bella pista ma su terreni ostici - si dovranno fermare per cagare, pisciare, mangiare. Vabbe' magari se mastichi foglie di coca... Per arrivare a 3cento chilomentri - mmm. ma da dove le pescano ste' notizie ?
Sti poveracci - se fosse vero - sarebbero miliardari - altro che Usain Bolt, vincerebbero tutte le maratone e via dicendo.
La storia del correre a piedi scalzi, chi e' da sempre abituato a camminare a piedi scalzi e decide di correre e' in realta' avvantaggiato rispetto a chi corre - fatto scientificamente appurato da anni - con le Nike - Bekila lo dimostro' alle olimpiadi di Roma e tutti ad inneggiare al fenomeno - il bovero negro che non aveva le scarpe e via dicendo. Sia ben chiaro, chapeau per Abebe Bekila grandissimo atleta! Ma non era stato affatto svantaggiato a correre a piedi nudi. Qui esagero, ma lo faccio per rimarcare una certa ignoranza, e' come se si prendesse un pugilatore dell'800 - e allora se menavano a mani nude, contro un pugilatore odierno con i guantoni - chi vincerebbe ? Eppure tanti direbbero, guarda che bravo, ha vinto contro quello che pure aveva i guantoni. OK ho esagerato.


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PietroGE
Famed Member
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L'azienda necessita di profitto per gli investimenti propri e se ha una denominazione giuridica di SpA deve ripagare gli azionisti che hanno investito acquistando "parti" della proprietà. Gli investimenti propri sono assolutamente necessari per il mantenimento e il rinnovo del parco macchine e per la ricerca e sviluppo. In poche parole per riuscire a sopravvivere.
Una azienda ha anche una funzione sociale in un Paese. Questa però è andata persa con la globalizzazione e la finanziarizzazione dell'economia. Una azienda manufatturiera non deve mai essere considerata in isolamento, occorre sempre tener conto anche dell'indotto. Ecco perché lo spostamento della manifattura verso altri Paesi ha causato una disoccupazione enorme in Europa.


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spadaccinonero
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la smania di fare profitto può essere fermata solo con le aziende di Stato ovvero le uniche che possono detenere la proprietà delle principali attività e con un limite alla ricchezza accumulabile, non si può permettere quindi ad un singolo o ad un gruppo di diventare troppo ricchi e potenti...

non so se questo è un concetto comunista o fascista

😆 😆 😆


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GioCo
Noble Member
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Si fanno di corsa 300 km al giorno ? Il record e' sui 44 km h. MA sui cento metri, di certo non sostenibile per piu' dei cento metri.

Correggo e mi scuso, sono 150 al giorno, ma 300 in una sola sessione (cioè senza fermarsi).
fonte: http://www.correrenaturale.com/blog/tarahumara-correre-oltre-300-km/

Oppure qui (se preferisci le fonti "ufficiali"): http://www.corriere.it/sport/14_aprile_07/uomo-nato-correre-veloce-lungo-parola-tarahumara-c1b5a360-be72-11e3-955c-9b992d9cbe5b.shtml


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