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Come marciavano i legionari di Roma


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Una foto dalla Romania aiuta a comprendere come marciavano i legionari di Roma (mai rigidi)

Non molti anni fa una persona vetusta e saggia mi ha mostrato la marcia delle legioni romane. A ranghi sciolti, in fila magari ma senza rigidità, come per una escursione in apparenza ludica e spensierata. Deve essere stato quello, mi dicevo io stupefatto, il segreto: un corpo psichico unitario, coeso, compatto, regolato da una specie di orologio impersonale esattissimo, un meccanismo perfetto negli allineamenti dei manipoli, delle centurie, delle coorti, dei reparti più o meno giovani e diversamente armati; insomma Roma quadrata in armi. Ecco, per vincere ogni nemico, per stupire e annientare miriadi di barbari incendiati dall’anima dell’orda, l’Urbe ebbe bisogno di virtù e disciplina, coordinamento e velocità, ardore, sì, eppure controllato in pieno, mai nulla di troppo, come insegna Pitagora. Esiste un passo di Tito Livio nel quale viene descritto il cedimento dei valorosi, coraggiosissimi soldati sanniti di fronte alla pressione implacabile dei legionari romani: i Sanniti colsero infine qualcosa di più che umano nella forza smisurata e nella determinazione dei militi romulei, dice lo storico patavino. Ma per transumanare in battaglia, per diventare Marte vivente, è necessario saper fluidificare la propria realtà interiore e spietrificare quella circostante. Insomma vincere la paralisi dei pensieri inutili (il pensiero rivolto al proprio ego è fra i più paralizzanti) ed essere sciolti, perché la rigidità impettita dei vanagloriosi o di chi non sa prendersi con ilarità è l’esatto contrario di ciò che occorre. Ecco perché i legionari nostri, sorvegliati da centurioni e tribuni sempre desti, non avevano bisogno di marciare a ranghi stretti come un esercito di stoccafissi. Bastava loro un metodo, la certezza di esistere e lottare per un’Idea superiore al proprio io storico, l’appartenenza a una dimensione che trascende la greve temporalità, perfino quella dei Fasti trionfali personalizzati, così cari ai consoli più lontani dalle origini. (Ho l’impressione che anche i cugini Spartani marciassero allo stesso modo, spensierati, se è vero che definivano con noncuranza, come una semplice “potatura”, l’eventuale perdita di un arto in battaglia; quasi si trattasse di rami inessenziali a un albero che non può seccare). Altro che passo dell’oca e altre bellurie parodistiche partorite dalla modernità…

Questo pensavo, anni fa e anche più di recente, quando poi venerdì scorso il mio primo sodale mi ha recapitato un’immagine notevolissima, ricevuta a sua volta da una pupilla d’origini sarde. Viene dal Parco naturale di Vanatori Neamt, fra i ghiacci della Moldavia romena. Nella foto si vedono con nitore venticinque lupi in marcia, uno dietro l’altro, sciolti e sicuri lungo un sentiero innevato. Al di sotto c’è una lunga didascalia firmata da Saverio Giambi, che non conosco ma non è questo il punto. Il punto è il contenuto della didascalia: “I primi 3 lupi sono quelli deboli e malati. Loro danno il ritmo alla camminata di tutto il branco. Se fosse stato il contrario, loro sarebbero rimasti ultimi e sarebbero morti. In caso di attacco loro sono i primi sacrificati. Questi creano il percorso nella neve, per far risparmiare energia a quelli che stanno dietro di loro. Sono seguìti da 5 lupi forti che formano l’avanguardia, invece al centro si trova la ricchezza del branco – 11 lupe. Successivamente gli altri 5 lupi formano la retroguardia. L’ultimo, quasi isolato dal branco, è il leader. Lui deve vedere bene tutto il gruppo per poter controllarlo, dirigerlo, coordinarlo dando i comandi necessari”.

Ecco, allora, mi sono detto: proprio così marciavano i legionari, come mi hanno insegnato, e cioè con assoluta naturalezza, serena e marziale, pronti ad agire per lo scopo supremo e appunto per questo rilassati nel calmo possesso della propria funzione. Togliete le femmine di lupo e metteteci le salmerie, al posto degli ululati ascoltate bene il richiamo di corni e tube o conchiglie sonore, sostituite il maschio alfa con Caio Giulio Cesare e avrete sotto gli occhi un luminoso frammento delle guerre galliche: la Decima Legio in marcia verso i quartieri invernali. La natura non può sbagliare, ed è sempre innocente. L’uomo che voglia comandarla deve obbedire alle sue leggi, studiarle, imitarle e farle sue. Un vero capo sa tutto questo, osserva i sodali da lontano, semmai occupando addirittura l’ultima posizione, quella che gli stolti, i ciechi e gli illusi attribuiscono a volte agli sconfitti. Al momento opportuno, lui, il lupo alfa, saprà guidare la caccia selvaggia, il corteggio di Marte, lo scatenamento geometrico di una forza che non conosce paura, perché si fonda sul discernimento, sull’esperienza, sul rispetto per la natura delle cose.

La furia incontrollata si addice ai barbari, perché è possessione vile, furto di senno, e prelude quasi sempre alla disfatta o alla carneficina senza onore. E’ assai raro che un lupo uccida più del necessario per sfamarsi. E così dovrebbe essere per gli umani in battaglia: mai infierire senza ragione. Ma dove sono, oggi, non dico i legionari ma anche solo gli umani in battaglia? Vedo soltanto macchine disanimate, animismi criminali sotto forma semiumana. Sicché la vera sfida è questa: divenire se stessi, mantenere il ricordo delle proprie origini, fortificare il proprio cuore e lì issare tenda e insegne. E come si fa? Si comincia imparando a marciare. Come i lupi.
 
Alessandro Giuli
Fonte: www.ilfoglio.it
12.01.2016

Ps. Ringrazio amici e lettori foglianti (da Luca Sofri del Post in giù) che hanno subito segnalato, più o meno indirettamente e con molto garbo (per esempio Carlo), il fatto che la foto in questione ritrarrebbe non lupi romeni, ma canadesi, e con una disposizione differente da quanto indicato nella didascalia da me riportata. Nell’essenza cambia poco (il senso della rubrica è su come marciano i lupi), ma un debito di verità impone la rettifica. Suggerisco però di mantenere una certa riserva anche sulle interpretazioni correnti, poiché la vita dei lupi conserva un che di misterioso anche a dire dei più noti specialisti. Il maschio o la femmina alfa non cedono mai ai personalismi tipici degli umani, possono stare in prima posizione o in coda a seconda delle necessità. E così anche i lupi meno in forma. Infine: un ringraziamento va perfino ai pochi estensori dei commenti invece rabidi, perché magnificano a contrario le virtù del lupo. (ag)


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Primadellesabbie
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...In caso di attacco loro sono i primi sacrificati...

Attacco da chi, da quali nemici? I lupi, da millenni, non hanno nemici. Meglio rivedere le considerazioni relative alla posizione dei primi tre elementi del branco, un po' troppo "evoliana".

...Ecco perché i legionari nostri...

Nostri di chi?
Possibile che, trascorsi 17 secoli di spopolamenti, invasioni, trasmigrazioni, evidenti rimozioni culturali, ecc. ecc., non si sappia rinunciare al delirio di "Roma"="nostri"?

...l’appartenenza a una dimensione che trascende la greve temporalità...

É la stessa idea di Roma come fine supremo che ha svolto questo compito. É stata la "novità" dell'epoca.
Idea incompatibile con il messaggio cristiano.

Per il resto lo trovo un articolo interessante.


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mincuo
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Attacco da chi, da quali nemici? I lupi, da millenni, non hanno nemici. Meglio rivedere le considerazioni relative alla posizione dei primi tre elementi del branco, un po' troppo "evoliana".

Meglio rivedere qualcosetta delle scuole medie prima delle posizioni più o meno "Evoliane".

N.B.
Per il signor Alessandro Giuli.
"Una foto dalla Romania aiuta a comprendere come marciavano i legionari di Roma (mai rigidi)"

Tutti gli eserciti si sono sempre mossi con naturalezza nei trasferimenti.
Il passo dell'oca o altri passi sincroni erano e sono per le parate militari, non certo per fare marce di 10, 20, 30, 40....chilometri al giorno.
Per Giuli era evidentemente un po' troppo difficile come nozione.
Magari studiare qualcosa l'avrebbe "aiutato a comprendere".
E anche a sviluppare un minimo di buon senso, che nel caso sarebbe stato già più che sufficiente.

La superiorità Romana era data da 3 cose: dalla specializzazione dell'inquadramento, dall'armamento e dall'addestramento.
E l'inquadramento e i ruoli avevano poco di spensierato....
Oltre a ciò da Gaio Mario in poi (~100 A.C.) fu pienamente un esercito di professionisti, senza servizio di leva e soprattutto senza coscrizione per censo. Che avevano vitto, alloggio, stipendio e pensione, oltre al bottino di guerra. E ottenevano anche la cittadinanza, talvolta.
Pitagora, come tutto il resto di scemenze "filosofiche", non c'entrano molto col salario.

P.S.
Un articolo notevolmente stupido e ignorante con gli usuali paragoni "colti" di chi colto non è e anzi mostra un livello desolante fin dalle prime righe.
Potevano andare bene i lupi tanto quanto le massaie per questo pasticcio di idiozie "psicologico-social-moraleggianti" da terza media appiccicate a sproposito lì per lì.
Non che sia una novità, è la norma.
Il 99% degli articoli è un analogo distillato "intellettuale" di spropositi sconclusionati con alla base incompetenza e/o ignoranza crassa.

Classico prodotto "culturale" della scuola dequalificata post '68.
Zero studio, zero erudizione, divenuta "nozionismo" e trionfo finale dell'analfabeta scansafatiche, ma molto "progressista" e "impegnato".
Con annessi e obbligatori pensierini "originali", "meditati" e "profondi" tipo questi di Alessandro Giuli.
Che non a caso ha fatto carriera come "giornalista".
E nello specifico senza neanche una laurea, pur se altrettanto squalificata specie nelle materie umanistiche e pur se nel 2000 la tiravano dietro a chiunque, compresi quelli che ancora bisticciavano con grammatica e sintassi. Neanche quella fatica.

E' proprio perfetto direi e non sorprendentemente anche interessante.


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Alois
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L'impressionante biografia dell'autore dell'articolo:

• Roma 27 settembre 1975. Giornalista. Vicedirettore del Foglio. Nel 2007 ha pubblicato Il passo delle oche (Einaudi), «saggio caustico» (Corriere della Sera) sulla destra italiana da Almirante a Fini.
• «È cresciuto studiando Julius Evola, il filosofo di Rivolta contro il mondo moderno, e pubblicare il suo libro con la Einaudi è ben più che una provocazione» (Pietrangelo Buttafuoco).
• Romanista sfegatato, sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara cura tra l’altro la rubrica “Ultimo stadio”.
• Pur non credendo nella teoria della reincarnazione, si augura di rinascere un giorno in età Villanoviana come premio per la propria pietas.

Pietas.


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mincuo
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L'impressionante biografia dell'autore dell'articolo:

• Roma 27 settembre 1975. Giornalista. Vicedirettore del Foglio. Nel 2007 ha pubblicato Il passo delle oche (Einaudi), «saggio caustico» (Corriere della Sera) sulla destra italiana da Almirante a Fini.
• «È cresciuto studiando Julius Evola, il filosofo di Rivolta contro il mondo moderno, e pubblicare il suo libro con la Einaudi è ben più che una provocazione» (Pietrangelo Buttafuoco).
• Romanista sfegatato, sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara cura tra l’altro la rubrica “Ultimo stadio”.
• Pur non credendo nella teoria della reincarnazione, si augura di rinascere un giorno in età Villanoviana come premio per la propria pietas.

Pietas.

Anche, dal Foglio:

Alessandro Giuli nasce a Roma il 27 settembre del 1975. Maturità classica e studi filosofici, viene sradicato dall’Università nel 2000 per entrare alla redazione del Foglio rosa del lunedì e istruito nella scrittura giornalistica da Giorgio Dell’Arti.
http://www.ilfoglio.it/alessandro-giuli___3-f-fa-24_c141.htm

Uno scansafatiche raccomandato, sembrerebbe a me in pratica, visto che viene "sradicato dall'Università" quando era già fuori corso da un paio d'anni nei suoi "studi filosofici" a giudicare dalle date, e viene "istruito nella scrittura giornalistica" successivamente ad aver avuto un posto alla redazione.
E soprattutto una mente sopraffina e una cultura che manco la Sora Lella, a giudicare dall'articolo.
Che infatti è perfetto nella sua "intellettuale" ignoranza sconclusionata e presumo perciò che troverà parecchi "meditati" estimatori.


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MarioG
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Un articolo notevolmente stupido e ignorante con gli usuali paragoni "colti" di chi colto non è e anzi mostra un livello desolante fin dalle prime righe.
Potevano andare bene i lupi tanto quanto le massaie per questo pasticcio di idiozie "psicologico-social-moraleggianti" da terza media appiccicate a sproposito lì per lì.

Ma cosa va a pensare! Quali massaie...
Lo spunto delle riflessioni e' ineludibile: i lupi rumeni.
Quindi, prima di tutto, se sono lupi sono campidogliescamente figli della Lupa, poi, se si dice 'rumeno', si dice 'Roma', non si scappa.
I circuiti mentali non sono acqua!
Io, al contrario di lei, troverei interessante stimolare ulteriormente l'autore con altre foto, tipo tigri (gurka nepalesi), elefanti (Annibale), dromedari (Lawrence d'Arabia) ...


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mincuo
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Anche la foto di Francesco Totti, visto che apprendiamo dal prestigioso curriculum che il vicedirettore Giuli è un tifoso sfegatato della Roma.
Come cultura generale tanto siamo circa lì.
Totti però sa giocare bene a pallone....


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Primadellesabbie
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...Meglio rivedere qualcosetta delle scuole medie...

Concordo.

Nessun animale, tranne un uomo ben armato o una malattia, si sognerebbe di attaccare un branco di lupi in caccia come quello descritto.

Non certo un orso, non un leone di montagna, non una volpe rossa, non un bobcat, non una lince, non un tasso, non un coyote, non un ghiottone, peraltro temibilissimo, non un'aquila, non un gufo reale.

Alcuni di questi animali non sono presenti in Romania nella nostra epoca.

...Tutti gli eserciti si sono sempre mossi con naturalezza nei trasferimenti. ...

Mi pare che il raffronto proposto sia con l'orda barbarica.

Mi limito alla materia proposta dall'articolo, e quello commento.

PS - La "disinteressata" inchiesta sull'autore dell'articolo é opera dei volonterosi segugi, sicuramente stinchi di santi, che da qualche tempo si sono impegnati a dare prova di sé su CdC che, a questo punto, credo, avrebbe qualche interesse a prendere posizione su questa oramai prolungata e poco lusinghiera gazzarra, sulla quale non intendo perdere del tempo, sistematicamente corredata di ricorrenti considerazioni, accuse, insinuazioni al limite dell'insulto che, a ben guardare, si attagliano a pennello su chi le formula.


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ohmygod
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Giuli:- La furia incontrollata si addice ai barbari, perché è possessione vile, furto di senno, e prelude quasi sempre alla disfatta o alla carneficina senza onore.

dato il presente sarebbe stato interessante chiedere al Giuli: chi sono i barbari di cui l'accenno? questi barbari in che modo manifestano furia incontrollata?
cos'ì almeno per comprendere cosa volesse trasmettere l'impaginato scompaginato Foglio.


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mincuo
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Si chiama competizione interspecie. In ecologia. Forse in "certi ambienti" che frequenti tu, quelli del "patrimonio culturale" dell'Occidente non hanno fatto le scuole medie o sono abituati a fare i furbi. O entrambe le cose.

Intanto hai scritto testuale "i lupi non hanno nemici da migliaia di anni."
Non "i branchi in caccia". E non i "lupi Rumeni". Dove peraltro ci sono gli orsi che anche lì attaccano il lupo se c'è scarsità di cibo.
Se non lo hai mai sentito in "certi ambienti" è un altro discorso, non stupefacente peraltro.

N.B.
"Mi pare che il raffronto proposto sia con l'orda barbarica."
Ti pare male.
Basta leggere il testo. Anzi basta anche solo il titolo.
"Una foto dalla Romania aiuta a comprendere come marciavano i legionari di Roma (mai rigidi)".
Non "in raffronto ai barbari" che certo non marciavano "rigidi."
Ma in raffronto agli altri eserciti e in particolare citando il passo dell'oca che evidentemente secondo questo analfabeta i Tedeschi usavano per marciare.

P.S.
A me va meno ancora di perdere tempo con certe persone.
Ma rispondo sempre a quelli.
Mi hanno insegnato così.
Desolato.


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