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Compro Europa e vendo Usa? Ecco come gli investitori fanno..


ilnatta
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di Vito Lops, 09 luglio 2013

Compro Europa e vendo Usa? Ecco come gli investitori fanno soldi «giocando» con i Paesi

Qualche mese fa Goldman Sachs ha sentenziato in un report: il prezzo dell'oro potrebbe scendere a 1.270 dollari l'oncia nel 2014. Era il 10 aprile e la quotazione del metallo giallo viaggiava a 1.588. Per scendere sotto 1.300 l'oro, però, ha impiegato solo poche sedute inanellando una serie di violenti ribassi.

Adesso la banca d'affari ha emesso una nuova sentenza: l'oggetto questa volta sono i tassi di interesse pagati dagli Stati Uniti per finanziare il debito. Secondo la banca sono destinati inevitabilmente a salire verso il 3% nel 2014 e in area 4% entro il 2016. Come mai? «Il miglioramento delle previsioni sull'economia americana, un calo del rischio sistemico nell'area euro e la riduzione degli acquisti di bond da parte della Fed», spiega Francesco Garzarelli, capo delle ricerche di mercato per l'Eurpopa in Goldman Sachs.

Sarà così? Il trend attuale - con i Treasury a 10 anni in rialzo al 2,7% ai massimi da agosto 2011 - è senz'altro rialzista. Domani, quando parlerà il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke, qualche altro dettaglio - per corroborare o meno questa tendenza - potrebbe emergere.

Ma intanto è evidente che dal 19 giugno - quando la Fed ha annunciato che entro il 2014 porrà fine al piano di stimoli monetari se la disoccupazione Usa si direzionerà verso il target del 6,5% - sono state rotte le uova nel paniere dei tassi sui titoli dei debiti sovrani.

E questo non può che cambiare anche le strategie di carry trade che da sempre trader e investitori istituzionali perseguono. Di cosa si tratta? Molto semplicemente "fare carry trade" significa prendere soldi in prestito in una valuta di un Paese dove il costo del denaro è molto basso per investire in titoli espressi in valute di Paesi che offrono tassi più alti. È un investimento che va a cogliere le differenze dei tassi che presentano le varie economie. Ma, come può apparire evidente, oltre alla differenza dei tassi un aspetto fondamentale lo gioca l'andamento delle valute. Perché ogni operazione di carry trade incorpora il rischio cambio.

Per questo è importante che la valuta del Paese o dell'area in cui si prendono soldi in prestito sia stabile o, meglio ancora, al ribasso. Ad esempio se voglio fare carry trade tra Stati Uniti (dollaro Usa) e Italia (euro) come faccio? Per prima cosa prendo in prestito soldi nel Paese che paga tassi più bassi (dove costa meno quindi ottenere il prestito). Quindi prendo in prestito soldi negli Usa. A quel punto ho dei dollari e voglio acquistare i BTp italiani che rendono il 4,8%. Cosa devo fare? Ho bisogno di vendere dollari e comprare euro (perché i BTp sono quotati in euro). Se però il dollaro si apprezza nei confronti dell'euro l'operazione mi conviene via via meno fino a scivolare potenzialmente anche su un rendimento negativo.

Oltre al tasso di cambio l'altro fattore da considerare è la liquidità. «Prima della crisi del 2007 la valuta preferita dai trader per il carry trade è stata lo yen giapponese, che trattava intorno ai 110-120 yen contro dollaro - spiega Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia di Convictions am -. Durante la crisi, le iniezioni massicce di liquidità della Fed unita alla debolezza del dollaro avevano spostato il carry trade alla zona dollaro e lo yen è crollato fino a 76 contro dollaro. Oggi l'economia statunitense si sta riprendendo, la Fed è entrata in una fase di ritiro della liquidità e il dollaro sta risalendo, per questo il carry trade si sta spostando».

Quindi la meta preferita per compiere operazioni di carry trade è un posto dove c'è ampia liquidità e valuta debole.

Carry trade che vanno...
Questo spiega perché sta adesso perdendo peso uno dei carry trade più di moda negli ultimi mesi, quello tra Australia e Usa/area euro. «La combinazione più comune di carry trade è sicuramente quella col dollaro australiano che consente di sfruttare l'ampio differenziale di tassi di interesse ancora attualmente presente, 2,75% a fronte di tassi Usa allo 0-0,25% ed europei allo 0,50%. Operazione che tuttavia nelle ultime settimane è diventata meno profittevole soprattutto in seguito al forte deprezzamento della moneta australiana nei confronti sia della divisa americana che di quella europea», sottolinea Marco Dall'Ava, head of research di Xtb Italia.

Ma il vento del carry trade sta cambiando anche su altri fronti, con altre combinazioni che stanno saltando. «Vi sono state molte operazioni di carry trade a inizio anno. Molti investitori hanno deciso di prendere a prestito yen a tassi bassissimi, cambiarli in moneta esotica e poi reinvestire in obbligazioni high yield in valuta locale. Possiamo ricordare tra le operazioni principali i carry trade tra yen e peso messicano, yen e real brasiliano e yen e lira turca - spiega Filippo Diodovich, analista di Ig -. Nei primi quattro mesi dell'anno il carry trade valutario su peso messicano e yen ha fruttato un rendimento superiore al 20%, quello su real brasiliano e yen del 17% e quello su lira turca e yen del 15%. Tutto è cambiato da metà maggio in poi, quando lo yen è tornato ad apprezzarsi sulle principali valute internazionali e la curva dei tassi del mercato nipponico ha mostrato forti oscillazioni. Questo ha portato gran parte degli investitori a chiudere velocemente le posizioni di carry trade, vendendo le obbligazioni in valuta locale. Si è, infatti, assistito a un forte deflusso di capitali dai Paesi emergenti».

Carry trade che vengono...
Bene, ma adesso? Quali sono/saranno i carry trade più "trendy"? Come detto per individuare il Paese attrattivo per prendere soldi in prestito servono due caratteristiche: valuta stabile o in discesa e ampia liquidità. Gli Stati Uniti, in questo momento, non hanno queste caratteristiche: perché il dollaro si sta apprezzando sulle principali valute (come sintetizzato dal Wall Street Journal Dollar Index che è salito del 3% dal 22 maggio) e perché, appunto, la Fed ha deciso la exit strategy, cioè di ritirare pian piano la liquidità finora immessa a palate (85 miliardi di dollari al mese fresca di stampa).

Gli analisti vedono, invece, di buon occhio il Giappone. «Oggi un Paese che risponde perfettamente alle caratteristiche per diventare il paese prediletto per far partire il carry trade è di nuovo il Giappone - argomenta Millelire -. La valuta è improntata al ribasso, spinta da un programma di bilancio e soprattutto da iniezioni di liquidità massicce e mai sperimentate prima da nessuna banca centrale. Per questo pensiamo che lo yen resterà ancora debole e restiamo investiti sulle altre classi di attività con un rapporto rischio/rendimento interessante: obbligazioni paesi periferici, high yield, etc».

Se salgono i tassi negli Usa, come indica Goldman Sachs, può aver senso indebitarsi in euro (dove il costo del denaro è allo 0,5% e secondo le ultime indicazioni di Mario Draghi potrebbe scendere ancora) e acquistare titoli Usa? Oppure far spola tra i differenti tassi tra titoli statunitensi e tedeschi? «La combinazione Usa/Germania(euro) potrà sicuramente rivelarsi interessante nei mesi a venire, con una crescita dei tassi Usa a fronte di un Bund che, anche se si è allontanto dai massimi storici, offre rendimenti ancora molto ridotti, essendo la Germania considerata come sempre il paese "rifugio" e più solido in Europa - conclude Dall'Ava . Dovremo però ovviamente considerare anche il tasso di cambio Eur/$ che a seguito del cambiamento della politica monetaria americana potrà risentirne portandosi su livelli inferiori agli attuali, anche in area 1.24 dove successivamente l'inizio di una ripresa economia nell'area euro, nella seconda parte dell'anno, potrà far tornare i compratori in favore della nostra moneta locale».

http://www.ilsole24ore.com/art/fin
anza-e-mercati/2013-07-09/compro-vendo-dollari-oppure-113054.shtml?uuid=AbuAXeCI


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