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Tao
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LO SCIOPERO DEGLI AVVOCATI CONTRO IL MINISTRO CANCELLIERI

(ANSA) – ROMA, 20 GIU – ”Io non commento mai, le sentenze non si commentano”: così il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha risposto a chi le chiedeva di esprimersi sulla decisione della Consulta di ieri sul legittimo impedimento per il processo Mediaset.

Orbene, niente di più giuridicamente erroneo di questa affermazione del ministro: la legge stabilisce che le sentenze debbano potersi commentare. L’art. 111 c. 6 della Costituzione stabilisce infatti “Tutte le sentenze devono essere motivate”. L’art. 101, 2° c., stabilisce che i giudici sono soggetti alla legge. I codici di procedura stabiliscono che le sentenze, le ordinanze e i provvedimenti equivalenti sono nulli se privi di motivazione. La mancanza o l’illogicità della motivazione sono motivi per l’impugnazione della sentenza avanti alla Corte di Cassazione. Se la sentenza non rispetta le norme di legge, inoltre, è annullabile dalla Corte di Cassazione: quindi bisogna che sia commentabile, appunto per accertare se sia o non sia conforme alla legge. La giurisprudenza della medesima Corte ha statuito che la motivazione deve essere formulata in modo tale da consentire di capire il ragionamento del giudice per verificarne la correttezza logica e giuridica. La legge, dunque, stabilisce espressamente che le sentenze debbano essere motivate, proprio affinché siano interpretabili, commentabili, spiegabili, criticabili, applicabili ad altri casi per analogia. Senza commento e critica delle sentenze, non ci potrebbe essere controllo di legalità né impugnazione delle sentenze stesse. Inoltre, buona parte dello studio del diritto consiste proprio nell’analisi, nell’interpretazione, nel confronto delle sentenze, nella loro critica anche demolitiva, nell’applicazione a casi simili. Anzi, si può dire che questa attività sia stata fondamentale per la nascita del diritto, della giurisprudenza, nell’antica Roma, e per la sua costante evoluzione. La critica delle sentenze era praticata persino sotto il regime fascista. Inibire il commento delle sentenze, imporre ciò un atteggiamento devozionale verso il potere giudiziario, va molto al di là del fascismo in fatto di dittatura.

Quindi il ministro della Giustizia, quello che si vuole “togliere dai piedi” gli avvocati, ha detto una cosa assurda e contraria ai principi del diritto, una cosa che ti farebbe bocciare a qualsiasi esame di giurisprudenza. Ma l’ha detta per ignoranza di un principio fondamentale del diritto – ignoranza che sarebbe incompatibile col suo incarico – oppure la ha detta, come talvolta la dicono i politici di sinistra, per compiacere il potere sempre più vasto e politicamente condizionante delle lobby dei magistrati? In ambo i casi, dovrebbe essere mandata a raggiungere la sua collega Idem.

Il ministro, poco dopo, se l’è presa con le (altre) lobby, che a suo dire intralciano le riforme e l’efficientamento del processo e di tutto il Paese. Ma quali lobby intende? Una lobby degli avvocati non esiste (esistono avvocati inseriti in lobby altrui, imprenditoriali, burocratiche, sindacali, politiche, imprenditoriali, bancarie, etc.). Vi sono solo alcuni deboli e poco compatti sindacati di categoria. Esistono invece fortissime e compattissime lobby di magistrati, che, per calcoli di potere, non permettono che si colmi la carenza di magistrati rispetto alla pianta organica. Questa è una causa decisiva per la lungaggine dei processi.

Esistono lobby che vogliono mantenere per i dipendenti degli uffici giudiziari un orario assurdo, tutto concentrato nella mattinata, ma con gli sportelli aperti poche ore, e le code interminabili per compiere gli atti più banali. Perché mai gli impiegati dei tribunali non fanno, come gli altri, 8 ore al giorno, 4 al mattino tutte a disposizione del pubblico, e poi 4 al pomeriggio, chiusi al pubblico, per le faccende interne? Perché si deve perdere, a causa delle code, una mattinata per fare due o tre operazioni di sportello da tre minuti l’una? Perché un assurdo staff ministeriale impegna gran parte del tempo del personale con la compilazione di moduli statistici, talora impossibile perché il software in dotazione non è compatibile con le ricerche ordinate da incompetenti burocrati romani? Perché il ministero pretende che il personale faccia ogni pratica in forma doppia – una cartacee e una informatica – trasformando così il beneficio dell’informatizzazione in un sovraccarico di lavoro?

E perché il ministro Cancellieri non ci parla delle lobby degli alti burocrati, pagati a centinaia di migliaia di euro l’anno mentre il Paese affonda e la gente si suicida per debiti? E della lobby della partitocrazia, dei parlamentari, dei consiglieri regionali, di tutti quegli eletti che, quando i PM scavano, si scopre che mangiano a tutto spiano, trasversalmente, da destra a sinistra, da Napoli a Milano? E della lobby delle decine di migliaia di consiglieri delle società partecipate, perlopiù inutili se non ai partiti che li hanno messi lì a raccogliere soldi? E della lobby dei banchieri, che si fanno riempire dal governo coi soldi pubblici i buchi scavati con le loro marachelle? E della lobby degli assicuratori, che hanno le tariffe più alte di Europa, grazie alla compiacenza della partitocrazia? Queste lobby non si possono nemmeno nominare perché troppo collegate al potere politico? Bisogna prendersela solo con quella dei taxisti, degli avvocati, dei notai e dei farmacisti? Bene, quindi, l’astensione dalle udienze fino al 16.07.13 proclamata dalle associazioni degli avvocati contro questa impostazione.

Il premier Letta, presentando il decreto “Fare”, ha detto che sinora si sono fatte molte riforme del processo penale, ma nessuna di quello civile, e che è ora di provvedere. Ditegli che, in 20 anni, sono state fatte 21 riforme del processo civile, prima della sua, tutte risultate inutili o disutili, perché irrealistiche, progettate da burocrati incompetenti, privi di effettiva conoscenza dei problemi degli uffici giudiziari, o forse eseguite solo per poter dire che le riforme si fanno, a mo’ di specchietto per le allodole da sventagliare soprattutto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che continua a condannare l’Italia per la sua malagiustizia. Ma quelle riforme non hanno migliorato, bensì peggiorato le cose, aumentato i ritardi e le ingiustizie, creando una moltitudine di riti speciali, diversi, intricati, poco chiari, buoni solo a far perdere tempo.

Le riforme vengono fatte, eccome, ma falliscono perché sono fatte male, da incompetenti. Se c’è una lobby che blocca tutto, insomma, è quella degli asini. Si trovi qualcuno che li porti a brucare dove non possano far altro danno.

Avv. Marco Della Luna
Fonte: www.marcodellaluna.com
8,.07.2013


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