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Controrivoluzione internazionale e stalinismo.


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Nel 1944, anno di guerra, a distanza di soli trent'anni dal crollo della Seconda internazionale, il movimento operaio si ritrova in condizioni persino peggiori. Viene dagli anni bui della controrivoluzione internazionale, mentre è in corso una nuova carneficina mondiale in cui il proletariato non avrà alcuna iniziativa autonoma. Gli internazionalisti degli anni Venti sono scomparsi o dispersi in mille rivoli. La reazione della classe dominante al tentativo di dar vita al partito mondiale del proletariato e ad una rivoluzione internazionale era stata violentissima.
Fascismo, vecchia socialdemocrazia, nazismo si abbatterono sul proletariato. In Russia la controrivoluzione poté approfittare dell'isolamento in cui il potere del soviet venne a trovarsi dopo il fallimento della rivoluzione in Germania. Le forze economiche e sociali generate dallo sviluppo del capitalismo di Stato arriveranno con la controrivoluzione staliniana a svuotare lo stesso partito dell'Ottobre.
Fu una lotta aspra e violenta che vide l'eliminazione fisica dei migliori quadri del partito bolscevico, già decimato dalla dura guerra civile. Una decimazione che ne minò la capacità di reazione e di resistenza alla controrivoluzione staliniana ascendente.
Annichilita anche la strategia internazionalista di Lenin che aveva prima tentato l'aggancio con la rivoluzione in Germania e poi con le rivoluzioni nazionali e lo sviluppo asiatico. Al suo posto il feticcio nazionale del "socialismo in un solo paese". Ci furono reazioni e resistenze persino eroiche allo stalinismo, ma purtroppo non riuscirono a poggiare su un solido piedistallo strategico. Le difficoltà sul fronte dell'elaborazione strategica di alcuni tra i migliori esponenti della Terza Internazionale, Leone Trotsky in primo luogo, fecero mancare a quella resistenza l'indispensabile bussola della teoria.

Vedere:
Leone Trotsky, Storia della Rivoluzione russa, 2 volumi,Oscar Mondadori 1969.
Leone Trotsky, Stalin, Garzanti 1962.
Roy A. Medvedev, Lo stalinismo (Origini storia conseguenze) 2 volumi, Oscar Mondadori 1972
Adam B. Ulam, Stalin, Garzanti, 1973.
Adam B. Ulman, Storia della politica estera sovietica 1917-1967 Rizzoli 1970
Paolo Spriano, I comunisti europei e Stalin, Einaudi 1983.
Edward H.Carr, La rivoluzione bolscevica 1917-1923, Einaudi 1964.
Edward H. Carr, la morte di Lenin, L'interregno 1923-1924, Einaudi 1963
Edward H,Carr, Il socialismo in un solo paese. La politica interna 1924-1926 Einaudi 1968.
Edward h.Carr, Le origini della pianificazione sovietica, I partiti comunisti nel mondo capitalistico 1926-1929, Einaudi 1980.
Robert Conquest, Stalin, La biblioteca di Repubblica.
W.H.Chamberlin, Storia della Rivoluzione russa, Il Saggiatore 1967 3 volumi.
Elena Aga-Rossi, Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin, Il Mulino Biblioteca storica 1997.
Giulio Seniga, Togliatti e Stalin, Sugar Editore 1961
I conti con la Storia, Il caso Bukharin, Togliatti, lo stalinismo. Articoli e commenti della stampa italiana. presentazione di Ugo Intini, Argomenti socialisti 1988.
Arturo Peregalli, Stalinismo. Nascita e affermazione di un regime, Graphos storia 1993.
ecc.


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Anonymous
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ciascuno ha la sua storia e nella sua storia c'è anche la sua storia del mondo.
Da qualche parte, però, c'è il mondo con la sua storia.


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Anonymous
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Prima di tutto esiste la realtà ancora prima di essere mediata dal cervello.
I fatti sono fatti e sono la storia con cui dobbiamo farci i "conti"
Sono giuste le opinioni che rispecchiano i fatti.


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pderenz44
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oltre alla ottima replica di Babuskin al grande Stalin descritto da Ancona faccio presente come per i massacri di Hiroshima e Nagasaki ,il comitato etico del progetto Manhatttan aveva avanzato la proposta di una esplosione dimostrativa in spazii non letali delle bombe.non ha quindi il diritto di sdoganare con la solita "si sono risparmiati 1.000.000 di morti "il piu' feroce crimine di tutta la storia umana,altro che olocausto.inoltre e' risaputo che da piu' di un anno il Giappone voleva trattare per la pace tramite il principe Keynote le cui richieste furono sempre rifiutate


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pderenz44
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principe Konoye


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Gran brava persona il signor Bronstein! Lui sì che aveva a cuore il destino dei contadini e degli operai russi, un vero Bolscevico, mica come quel crudele e spietato farabutto di Stalin. Propongo di ricordarlo come “Trotsky il Compassionevole”.
O che dici babuskin, meglio “il Misericordioso”?


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@pderenz44, grazie delle precisazioni, che si possono trovare in parte in questi due ottimi libri:
Robert Jungk,Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici. Scherz & Goverts Verlag, Stuttgart 1958.
Stephane Groueff, Progetto Manhattan, Mondadori 1968.


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Gracco
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Sì, è vero, nel 1944 il "movimento operaio" che albergava nella mente onirica dei trotzkisti-bordighisti e affini si trovava in pessime condizioni. Le armate naziste erano state schiacciate a Stalingrado e a Kursk, l'assedio di Leningrado era rotto e l'armata rossa marciava inesorabile verso ovest. Il sogno di Tukachewski e poi di Trotzky e dei suoi seguaci americani di assistere alla sconfitta dell' Urss (per restaurare il potere proletario, naturalmente) svaniva nel nulla.
La lettura della storia europea dal 1920 al 1940 fatta da loro è una catena di allucinazioni.
Infatti è ben vero che Lenin considerava la rivoluzione d'Ottobre come la scintilla che avrebbe fatto deflagrare la rivoluzione in Europa, ma già ben prima della sua morte (all'inizio del '24) si doveva prendere atto del fatto che la rivoluzione per vari motivi (principalmente per il tradimento della socialdemocrazia in Germania) non era riuscita a varcare le frontiere della Russia. Lenin realisticamente prese atto di ciò, non Trotzky che insisteva con la teoria della rivoluzione permanente. Si poteva tentare di costruire il socialismo in un solo paese? dipende dal paese: se si tratta del Lussemburgo certamente no, ma se si tratta della Russia, paese dotato di immense risorse territoriali e umane, forse si può. Altrimenti tanto vale richiamare Kerenski, chiedergli scusa e restituirgli il potere. Lenin scelse la prima opzione.
Nella Russia stremata da sette anni di guerra era necessario all'inizio del 1921 superare la fase del "comunismo di guerra" caro a Trotzki (ma che non era comunismo in senso proprio, bensì semplice emergenza bellica), per rimettere in moto la produzione e la distribuzione. Lo stato non era in grado di farlo, perciò si diede spazio al mercato. Quanto tempo sarebbe durata la Nep non si poteva prevedere e per qualche anno si navigò "a vista". Se da un lato c'erano risultati positivi in senso macroeconomico, la situazione rischiava degenerare sul fronte sociale grazie alla nascita di una nuova e aggressiva borghesia urbana e rurale, mentre nel partito bolscevico, morto Lenin, crescevano i sintomi di sbandamento politico.
Stalin prese in mano la situazione, con cautela ma con decisione, al contrario dei suoi avversari che si adagiavano sugli allori: oggi diremmo "autoreferenziali". Il partito e la classe operaia stavano con lui al 90% e i congressi si espressero democraticamente in appoggio alla sua linea. Nel 1928 con il varo del I piano quinquennale aveva inizio la seconda ondata rivoluzionaria, che avrebbe cambiato il volto della Russia profonda, ben più che l'assalto al palazzo di Inverno nel 1917!
Milioni di contadini si sarebbero associati nei kolkoz, altri milioni sarebbero diventati operai creando le basi dell'industria pesante. L'entusiasmo era alle stelle.
Ma per gli allucinati questa era una controrivoluzione. L'unico ad avere idee chiare e coerenti era Bukarin: nel 1917 stava a sinistra di Lenin, ma dieci anni dopo si era convertito al liberalismo (capita anche oggi, nelle migliori famiglie), perciò era contro il piano e sosteneva il mercato. La modernizzazione e l'industrializzazione potevano aspettare... Gli altri, Trotzky, Kamenev, Zinovieff ecc non avevano alcuna visione di politica economica da opporre a quella di Stalin (o di Bukarin).
Gli epigoni degli sconfitti cominciarono così ad arrampicarsi sui vetri, discettando di "capitalismo di stato", che aveva strozzato il socialismo e la classe operaia aprendo la strada alla controrivoluzione e alla nuova classe dei “burocrati” comunisti, i quali avevano sostituito con ancor maggiore spietatezza la vecchia borghesia.
Si ignora ostinatamente la semplice e fondamentale questione: una volta espropriata la borghesia, chi gestisce le fabbriche e le terre? Chi decide cosa e quanto si produce, nel contesto di uno Stato socialista? “Gli operai e i contadini armati…" rispondono in coro...e tutta l'economia inizia a girare armonicamente e spontaneamente senza attriti: non c'è bisogno dello Stato burocrate, accentratore e autoritario! E’ evidente che all’origine c’è la questione (da loro malintesa) dello Stato e della dittatura, ma ben intesa da Lenin e poi da Stalin. La borghesia esercita la sua dittatura non direttamente, ma tramite lo stato da lei opportunamente assemblato. Siccome le classi sociali non scompaiono per decreto, bisogna sostituire alla dittatura borghese la dittatura operaia, ma anche in tale caso ciò non può avvenire direttamente (operai “armati”) bensì tramite un nuovo stato assemblato appositamente in funzione delle esigenze della classe operaia di quel determinato paese, dal momento che la rivoluzione mondiale sincrona è una semplice chimera.
L’unità politica della classe operaia, indispensabile per l’esercizio della sua dittatura, non si realizza spontaneamente con il “controllo operaio” o con l’autogestione delle fabbriche o con soviet depoliticizzati. Queste cose producono solo l’effetto contrario: ci vuole invece un partito che rappresenti politicamente e ideologicamente la classe operaia e che guidi lo stato nella giusta direzione e non verso l’anarchia. La terra ai contadini? Le fabbriche agli operai? Certo, ma non in modo da creare nuovi “agricoltori” o nuovi “azionisti” che nel prendere le decisioni economiche finirebbero per affidarsi di nuovo alla mano invisibile del mercato…altro che socialismo! Ma gli allucinati (o i traditori, la differenza può risultare quasi impalpabile) arrampicandosi sempre sui vetri chiamano “capitalismo di stato” quello che invece è accumulazione collettiva, cioè la condizione indispensabile per gettare le basi di un’economia socialista che non si nutra solo di slogan e verbosità.
Si noti che ho usato il presente storico per ricostruire con maggiore impatto le fasi di un’epoca ormai lontana, che appartiene alla Storia. Oggi viviamo in epoca che presenta una morfologia sociale molto diversa da quella di allora, ma gli insegnamenti che possiamo trarre dall’esperienza di Lenin e Stalin (e del secondo ancora più che del primo)restano comunque quanto mai preziosi e attuali.


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Anonymous
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Che gli operai stessero con Stalin al 90% questa poi...
Dietro i miracoli economici c'era uno sfruttamento bestiale e disumano inimmaginabile.
La guerra esterna e interna aveva prosciugato quelle poche risorse, la NEP di Lenin era una misura provvisoria per far ripartire un po di economia...su basi semi-capitalistiche. ( Per Lenin era importante il controllo dello stato operaio).
Morto Lenin con l'apertura ai nuovi iscritti al partito si aprirono le porte a ogni genere di arrivisti, intriganti e alla stessa piccola borghesia che trasformò il potere sovietico in un enorme apparato burocratico, e in capitalismo di stato.
Questa trasformazione non fu indolore per i primi militanti bolscevichi, furono fatti sparire, uccisi con processi farsa, assassinati come lo stesso Trotskj.


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