Darwin e il Mercato
 
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Darwin e il Mercato


ManlioContrasti
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Se c’è una cosa che innervosisce da matti chi approfondisce un determinato campo del sapere è osservare la protervia di quelli che pontificano su quella conoscenza senza aver svolto alcuno studio, basandosi sul vago sentito dire o, peggio, proclamando come verità assoluta ciò che invece conviene ad una parte. In politica è questo il caso, ad esempio, del darwinismo applicato all’economia.
“Al mondo sopravvivono i più forti!” No, anzi: “Al mondo sopravvive quello che si adatta meglio”.
Quante volte l’avete sentita dire, eh?
E poi, a seguire, il corollario: la vita nel pianeta subisce un’evoluzione che fa sopravvivere chi si adatta meglio e “noi dobbiamo accettarlo”.

In economia, dunque, bisogna adeguarsi alla realtà del mercato perché, com’è noto, … il Mercato ha sempre ragione.

Quando sento questi discorsi alle cene o tra colleghi, di solito, faccio finta di nulla. Non è con le chiacchere in salotto che si cambia paradigma.
Certo, annichilisce constatare che il vero dramma della Storia sia che non insegni nulla.
Eppure è tutto là, già scritto nelle fonti e nelle opere di ricostruzione degli storici, basterebbe prendersi un banale manuale di storia delle scuole medie per vedere come l’uomo possa condizionare con le sue scelte il pseudodeterminismo dei fatalisti interessati.
Pensiamo all’Umanesimo, ad esempio, quando tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, in Europa, i nostri predecessori riuscirono a dimostrare come si poteva invertire, e in modo netto, il declino demografico e l’appiattimento culturale di un’intera civiltà.

Nella declamazione degli spunti offerti da Charles Darwin si omette sempre di dire che a far salire l’uomo in cima alla catena alimentare non fu lo spirito di adattamento scimmiesco tout court, ma la grande capacità di cooperare che gli uomini affinarono con l’attività politica nel corso dei secoli. Il che, già da solo, dimostra proprio il contrario dell’adattamento al Mercato.

Ma cos’è, di grazia, il Mercato? Inutile trastullarci nell’ozio onanistico delle interpretazioni, il mercato siamo NOI che ci scambiamo beni e servizi.
Tutte le altre considerazioni le lascerei a Priapo e alle sue vanità adolescenziali.
Dunque, se il mercato siamo noi chi ci scambiamo cose, perché questa pratica dovrebbe essere superiore a noi? In fondo, dire che il mercato ha sempre ragione, è come dire che noi abbiamo sempre ragione, ma siccome molti “di noi” sono fortemente insoddisfatti, allora stiamo solo parlando di rapporti di forza, di inganni e di fortuna. Niente di divino, niente di mussoliniano, niente che “abbia sempre ragione”, insomma. Anzi, roba già vista.
Prevedibile, persino.

Invece, cosa viene fatto credere sul “Mercato”? Che esso sia un aggregato di individui isolati! Al fondo di questa nozione di individui c’è una nozione cartesiana del soggetto.
Di un io indipendente e autoctono, cioè generato unicamente da se stesso e che si autodetermina da solo… Un individuo che sa, e che si fa.
Tanti di questi individui, sommati, farebbero la società attuale. La società di mercato, appunto.

Ebbene, questa dottrina dell’individuo che ci hanno spiegato fino alla nausea non è che sia falsa.
Nella storia qualche volta c’è stata e qualche volta no. il punto, semmai, è sapere che non è irreversibile e, soprattutto, che l’individuo in realtà in origine è una somma di voci, di istanze, di pareri e che, quindi, non è affatto UNO, ma un portato, un risultato di incontri con altri soggetti. Per dirla più chiaramente: l’individuo non esiste.
Tu che mi stai leggendo, ad esempio, ti porti dietro tutti quelli che hai conosciuto o con cui ti sei relazionato, e tutti, su di TE, hanno lasciato una traccia.

Aristotele diceva che non è l’individuo ad essere originario, ma la comunità, formazione sociale che io – per non sembrare ideologizzato (anche perché non lo sono) – preferirei chiamare una molteplicità. Quindi, noi singoli soggetti siamo in realtà una molteplicità che ci ha fatti essere ciò che siamo.
I filosofi greci questa cosa la sapevano benissimo, e infatti indicavano l’uomo come il risultato di più “anime” e non avevano nemmeno una parola adatta a tradurre la parola “individuo”, che infatti è più recente di quanto possa sembrare.

Il Mercato, quindi, può essere un nostro mero strumento, se ci riconosciamo come esseri viventi razionali e composti da una molteplicità di “altri”; mentre può essere il nostro padrone severo, il nostro perverso tiranno, se preferiamo vederci come atomi individuali.
Ma in ogni caso è una scelta del consorzio umano e non c’è nessun fottuto darwinismo a condizionare questa scelta. O, meglio, c’è, perché è probabile l’estinzione della specie umana, se lasciamo al nostro strumento (il mercato) di realizzarsi come il nostro Dio.
Ciò che i novelli interpreti di Darwin si dimenticano spesso di dire è che le specie si estinguono, e che lo fanno spesso. Non dobbiamo confondere una tendenza con una legge matematica. Il darwinismo è scientifico, ma non è una matematica. Questo, spero, lo sanno tutti.
Vi sono infatti diversi livelli di verità: quella matematica, ad esempio, è imperitura e certa, quella delle altre scienze è, invece, probabile. Possibile.
E’ una verità, ma, come dire, un pochino più debole della matematica. Ed è in questa sottile frattura tra il certo e il probabile che il consorzio umano può infilarsi e “fare la storia”.

Facciamo un esempio.

Sui fondali dei mari più inquinati del Pianeta gli specialisti hanno trovato dei vermi particolarmente adatti alla sopravvivenza. Secondo i darwinisti del mercato, allora, questi saranno i futuri sopravvissuti del mondo? Va bene così? Loro, i vermi, sono ben più adatti di noi a sopravvivere e, a quanto pare, di gran lunga più adatti di tutte le altre specie conosciute ad abitare il pianeta che, per la maggior parte, è composto di acqua.

I fautori del Libero Mercato, del mercato che ha sempre ragione e bla bla bla, cosa dicono, in fondo? Dicono che noi siamo tutti egoisti, individualmente presi. E allora? cosa vorrebbe dire questa constatazione?
Che siccome – individualmente presi – siamo tutti egoisti, questo dato di fatto dovrebbe per natura avere il sopravvento? Razionalmente è una pratica autodistruttiva… e ce lo dice proprio Darwin, che evidentemente qualcuno cita senza conoscere.
Se l’uomo fa prevalere la sua razionalità, egli semmai stempera il suo naturale egoismo verso la cooperazione e batte i vermoni in fondo all’acqua inquinata. Il mercato per alcuni si autoregola, per altri no.
Per me, il mercato non si autoregola. Ma anche se lo facesse, qual è il suo scopo finale? Si autoregola per fare che cosa? Per lasciarmi senza lavoro, senza casa e senza famiglia, ma abbassandomi il prezzo dello smartphone?

La selezione della specie, seguita alla lettera, fotografa quello che accade, ma non ci dice affatto che quello che accade è giusto o preferibile.
Quello tocca a noi dirlo e noi stiamo dicendo oggi, col neoliberismo, che siccome accade, ciò è bello e giusto. L’organismo meglio adattato di cui parla Darwin è adattato a CHE COSA? A sopravvivere!!! …
sopravvive l’organismo più adattato a sopravvivere …, il che, in filosofia si chiama tautologia e non serve a un tubo.
Dunque sopravvive chi è più adatto a sopravvivere, MA NON il più INTELLIGENTE, il più BELLO, il più COMPLESSO, il più LONGEVO. E quindi, per dirla con Platone, sai che me frega?

E se fosse che “facendo il nostro interesse” e imponendolo come legge politica – cioè la legge di mercato – ci facciamo solo fregare dai vermi di cui sopra? E se fosse che il libero mercato di cui tutti si allargano la bocca può anche essere tradotto con l’allegra pratica di tagliarsi le palle da soli?

http://micidial.it/2017/01/darwin-e-il-mercato/


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