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Discutere la Nato intanto. E poi l'Euro


Arcadia
Noble Member
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Discutere la Nato intanto. E poi l'Euro

La campagna referendaria di M5S contro l’euro è partita. Valgono poco le obiezioni di quanti rilevano la non praticabilità di un referendum di questo tipo con le attuali regole costituzionali. Infatti il significato dell’iniziativa è tutto politico ed è legittimo utilizzare una raccolta di firme come pretesto per stimolare un dibattito e far prendere coscienza di un problema.

L’obiezione più consistente è un’altra.

Si promuovono battaglie politiche quando c’è una fondata speranza di vincerle, non quando la sconfitta è certa. Andare incontro a una sconfitta certa significa recare danno a quella stessa causa che si voleva promuovere.

Perché una consultazione popolare largamente partecipata sull’euro sarebbe perdente per chi volesse uscire dalla moneta comune?

Le persone mature o anziane hanno in genere un gruzzoletto in banca, magari modesto ma per loro di vitale importanza. Ai difensori dell’euro sarebbe facile dimostrare che con l’abbandono della moneta comune, o anche solo con l’adozione di un euro dal valore diverso rispetto a quello vigente nel nord Europa, il gruzzoletto sarebbe dimezzato dalla perdita di valore della moneta e dall’inflazione. Economisti come Bagnai avrebbero un bel contestare questo ragionamento, che si imprimerebbe comunque nelle menti dei cittadini con la forza che viene dalla paura.

Quanto ai giovani, che sono generalmente grandi viaggiatori, con l’euro sono cresciuti e ne vedono la comodità nei loro spostamenti. La causa dell’antieuro è presso di loro ben poco popolare.

La decisione di adottare una moneta comune per economie e sistemi giuridici e fiscali profondamente diversi, è stata probabilmente una fesseria, o il frutto di un calcolo da parte di interessi che non sono quelli della grande massa. Tuttavia oggi uscirne non può essere l’obiettivo da porsi da parte di una singola nazione o di un partito. L’euro è stato adottato non per una volontà popolare ma per decisione di potentati politici e finanziari. Saranno loro a dichiarare chiuso l’esperimento della moneta comune, quando la forza delle cose ne mostrerà l’insostenibilità. E la fine dell’euro sarà la fine anche dell’UE, almeno di quella che conosciamo. Questi processi si sono realizzati passando sopra le nostre teste e saranno arrestati e invertiti per decisioni che passeranno sopra le nostre teste.

La battaglia che dovrebbe essere prioritaria è quella per l’uscita dalla NATO e dalle servitù militari. Per la verità, anche la NATO è stata creata senza l’avallo popolare e difficilmente si potrà uscirne con semplici agitazioni delle piazze.

Tuttavia questo è l’obiettivo che può convincere, può mobilitare, può iniziare a smuovere delle coscienze.

L’indifferenza con cui il popolo-gregge va incontro a una guerra di proporzioni tragiche, è qualcosa di angoscioso. Da decenni il dibattito sulla politica internazionale è scomparso dalle prime pagine.

Mentre l’Impero prepara la guerra spostando le sue basi sempre più vicino ai confini russo e cinese, provocando crisi regionali per seminare il caos, utilizzando strumentalmente il fanatismo islamico, manipolando il prezzo delle fonti energetiche per mettere in difficoltà i Paesi antagonisti; mentre Russia e Cina, ben consapevoli delle manovre avversarie, stringono relazioni sempre più vincolanti nonostante le storiche diffidenze reciproche, riarmandosi e costituendo un blocco continentale da opporre alla supremazia aero-navale dell’Impero marittimo, Giulietto Chiesa e pochissimi altri sono rimasti a levare le loro deboli voci contro i rischi di guerra imminente e ad ammonire che una mobilitazione popolare contro il massacro che si profila dovrebbe essere la priorità assoluta.

Ecco, una raccolta di firme per far uscire l’Italia e l’Europa dalla NATO sarebbe un’iniziativa sterile ai fini dei risultati immediati ma significativa per costringere finalmente a discutere la nostra collocazione internazionale.

L’euro finirà per la sua insostenibilità, per decisione di coloro che lo introdussero, non per un referendum popolare che sarebbe sicuramente vinto dagli euristi.

Nemmeno la NATO verrà sciolta per iniziativa popolare, ma una discussione sul suo ruolo oggi sarebbe il veicolo per cominciare a sensibilizzare una massa inebetita che marcia compatta e incosciente verso il macello.

Luciano Fuschini
http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2014/12/15/discutere-la-nato-intanto-e-poi-leuro.html#
15.12.2014


Citazione
marcopa
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 8306
 

Un appello che sta circolando da alcuni giorni.

Marcopa

Perché dobbiamo uscire dalla Nato

L’Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realtà superiore che il Sipri quantifica in 72 milioni di euro al giorno.
Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.
È un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, che potrebbe essere fortemente ridotto se l’Italia uscisse dalla Nato.

L’Alleanza Atlantica persegue una strategia espansionistica e aggressiva.

Dopo la fine della guerra fredda, ha demolito con la guerra la Federazione Jugoslava; ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia; ha occupato militarmente l’Afghanistan; ha demolito con la guerra la Libia e tentato di fare lo stesso con la Siria.
Ha addestrato forze neofasciste e neonaziste ucraine, organizzando il putsch di piazza Maidan che ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo pericoloso confronto con la Russia.

Ha iniziato a proiettare le sue forze militari nell’Oceano Indiano nel quadro di una strategia che mira alla regione Asia-Pacifico, provocando un confronto militare con la Cina.
In tale quadro, le forze armate italiane vengono proiettate in paesi esterni all’area dell’Alleanza, per missioni internazionali che, anche quando vengono definite di «peacekeeping», sono guerre finalizzate alla demolizione di interi Stati (come già avvenuto con la Federazione Jugoslava e la Libia).

Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.
L’appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La più alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi.
La Nato è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.
Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.
L’Italia, uscendo dalla Nato, riacquisterebbe la piena sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO.

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