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Ecco cosa vuole da noi la Germania


Peppe
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
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Continuiamo ad occuparci dei nostri amici tedeschi. Dopo avervi parlato nel precedente post dell'outing della Merkel e di Schauble sulla loro idea circa la sovranità nazionale (da abolire de facto), oggi ci occupiamo del piano operativo con il quale Berlino mette in atto il suo dominio sull'Europa; e sull'Italia in particolare.

Per farlo mi avvalgo dell'eccezionale lavoro di Piero Valerio.

*Qualche settimana fa, un po’ per caso e un po’ per curiosità, sono venuto a conoscenza di una notizia che mi ha parecchio colpito: l’associazione Eures Germania in accordo con quella italiana aveva organizzato un lungo tour in giro per la penisola per reclutare giovani lavoratori qualificati.

Il suggestivo nome di questa selezione a domicilio era “Job of my life” e ha toccato le più importanti città italiane: Roma, Napoli, Milano, Bologna, Torino, Genova, Bari, Lecce, Padova, Verona, Catania. Durante il giro sono state raccolte circa 6.300 candidature, in particolare di ingegneri e tecnici specializzati fra i 18-35 anni, da proporre alle maggiori aziende tedesche.
Il reclutamento non garantiva il posto di lavoro fisso ma solo la promessa che anche in caso di momentanea bocciatura i ragazzi sarebbero stati inseriti in un database, in attesa della fatidica chiamata dalla Germania. Analoghi programmi di selezione di giovani disoccupati di elevata formazione e specializzazione sono stati organizzati pure in Irlanda,Spagna, Portogallo.
Ovvero nei paesi che sono stati più danneggiati dall’atteggiamento competitivo della Germania, che ha saputo meglio sfruttare le dinamiche di squilibrio commerciale e finanziario messe in moto dalla moneta unica.

Intendiamoci, questi progetti di cooperazione internazionale e di scambio di competenze e conoscenze sono molto interessanti ed efficaci, ma solo quando presentano caratteristiche di reciprocità, multilateralità e non sono a senso unico: dai paesi poveri e disastrati verso l’unica nazione ricca e vincente, e mai viceversa.
Perché, allo stesso modo di ciò che accade con lo scambio delle merci e dei capitali, si verrebbe a creare all’interno dell’eurozona uno sbilanciamento di forza lavoro qualificata a vantaggio dell’unico grande paese in surplus e a svantaggio di quelli in deficit. Condannando in pratica questi ultimi alla regressione produttiva e alla marginalizzazione nei settori a scarso valore aggiunto e innovativo.

E questa è solo l’ultima sfaccettatura del saccheggio in corso, che sta avvenendo in tempo reale, sotto i nostri occhi. Mentre noi siamo impegnati ad assistere alla seconda elezione di re Giorgio Napolitano II e all’imminente insediamento del prossimo governo Amato, personaggi cioè che sono stati tra i principali artefici della distruzione del tessuto produttivo e sociale italiano, fin dai tempi dell’ingresso dell’Italia nello SME del 1979, e oggi hanno il compito specifico di difendere e tutelare la classe politica corresponsabile del disastro. Gli italiani sono talmente illusi e imbesuiti da credere che coloro che hanno “scientemente” spinto il paese verso il baratro siano gli stessi a farlo riemergere dagli abissi: misteri della fede. Dove arriva l’idolatria mistica, la ragione per forza di cose deve arretrare.

Grazie ai benefici acquisiti con l’introduzione dell’euro, che annullando la normale fluttuazione dei tassi di cambio ha cancellato di colpo l’unico strumento di difesa delle economie deboli nei confronti di quella forte, la Germania ha di fatto stravolto gli equilibri politici-economici fino ad allora esistenti in Europa, diventando l’unico paese egemone in mezzo ad una serie di paesi cuscinetto o colonie.
E ben consci di questo ruolo, i tedeschi non hanno più alcun imbarazzo e pudore a comportarsi come un paese di conquistatori ed invasori: in attesa di mettere le mani sugli ultimi pezzi pregiati aziendali e patrimoniali dell’Italia, la Germania si porta via le nostre migliori competenze tecniche disponibili, formate grazie ai sacrifici delle famiglie italiane e agli investimenti nel nostro sistema scolastico statale o privato. Noi seminiamo e i tedeschi raccolgono i frutti.

E c’è una ragione precisa che spinge i tedeschi alla ricerca disperata di nuova manodopera qualificata: mentre nell’eurozona continua ad aumentare il numero di persone in età da lavoro, in Germania invece diminuisce progressivamente. Come si può vedere nel grafico sotto, la forza lavoro della Germania fra i 15 e i 64 anni si è ridotta del 2% negli ultimi undici anni, al contrario della media dell’intera zona euro, dove è aumentata del 7%.
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