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elezioni Arcieri dalle faretre vuote


dana74
Illustrious Member
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Ugo Gaudenzi

Sulla posizione di “Rinascita” rispetto a questa tornata amministrativa dal sapore politico-partitico, abbiamo già espresso un’opinione: o astensione o votare per quei (rari) galantuomini che, per il bene comune delle loro città, si impegnino a denunciare e fuoriuscire dalle strette usuraie della finanza che specula sui bilanci civici.
Niente di più, ma nulla neppure di meno.
Sulle maggiori disfide partitiche in atto non prendiamo posizione, perché un fatto è certo: nessuno di loro lavorerà per cambiare lo stato di totale sottomissione del vivere locale italiano al regime liberal-liberista che governa e sfrutta anche l’aria che respiriamo.
Sfidiamo chiunque a immaginare un Fassino a Torino, un Pisapia a Milano, un Merola a Bologna o un Morcone a Napoli come dei sanculotti anti-capitalisti con un qualche sogno differente dagli avversari Coppola, Moratti, Bernardini e Lettieri. Purtroppo lo stesso cappio penzola anche sui cosiddetti fuori-schema: né il grillino Calise, né il valoriale De Magistris, hanno utili frecce socialiste, nazionali, nelle loro faretre.
Al massimo - ma non sarà certo soltanto l’eventualità un ballottaggio a Milano a consentirlo - le votazioni di questo fine settimana potranno determinare, forse, una qualche spinta per accelerare il tramonto del bipolarismo oligarchico destra-(falsa)sinistra.
Un fatto è comunque palese. Nessuno degli attuali timonieri di partito ha le carte in regola per sopravvivere allo sfascio ormai prossimo della scena su cui si pavoneggia e si agita. Se Berlusconi è al suo tramonto, lo stesso vale per un Bersani o per qualunque suo prossimo sostituto. Sui Di Pietro, Casini, Fini, Rutelli e Vendola non vale nemmeno la pena discutere. Come su Bossi. Tutti commedianti da sceneggiata. E tutti partecipi della tirannia - che chiamano democratica - capitalista.
Quella che riduce l’uomo a suddito, a merce o, e nel migliore dei casi, a “utente” e consumatore di prodotti, veri o virtali, che aumentano la ricchezza di una ristretta casta mondiale di sfruttatori.
Il problema reale è, almeno per noi (Cassandre inascoltate), cosa riserverà mai il futuro al nostro popolo, alla nostra nazione e alla nostra più grande patria, l’Europa.
Con quello che accade in giro per il mondo, con le guerre d’aggressione e le rivolte in corso, con una grande finanza che affila gli artigli per rapinare ogni patrimonio nazionale (ora anche i debiti pubblici, che avrebbero dovuto essere interni a una comunità di popolo e non fonte di profitto altrui), prevedere che la crisi è irreversibile parrebbe un esercizio di semplice dialettica hegeliana.
Tesi: crisi. Antitesi: nessun rimedio. Sintesi: crisi sempre più catastrofica.
A meno che Hegel si sia sbagliato (e con lui tutti gli hegeliani, di destra o di sinistra). E che la storia umana non segua un percorso preordinato all’infinito.
Non siamo hegeliani. Combattere per l’utopia della libertà nazionale e per la giustizia sociale, oltre a un dovere, è anche un atto da uomini liberi, razionali. E con effetti rivoluzionari reali.

13 Maggio 2011 1200 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8284


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