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Enrico Berlinguer: il profeta dell'Austerità


Jor-el
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Enrico Berlinguer: il profeta dell'Austerità e della Globalizzazione.

Da che cosa è nata, da che cosa nasce l’esigenza di metterci a pensare e a lavorare attorno ad un progetto di trasformazione della società che indichi obiettivi e traguardi tali da poter e dover essere perseguiti e raggiunti nei prossimi tre-quattro anni, ma che si traducano in atti, provvedimenti, misure, che ne segnino subito l’avvio?
Questa esigenza nasce dalla consapevolezza che occorre dare un senso e uno scopo a quella politica di austerità che è una scelta obbligata e duratura, e che, al tempo stesso, è una condizione di salvezza per i popoli dell’occidente, io ritengo, in linea generale, ma, in modo particolare, per il popolo italiano.
L’austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è cosi per noi. Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. L’austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi sì manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata.
Ecco, in base a quale giudizio il movimento operaio può far sua la bandiera dell’austerità?
L’austerità è per i comunisti lotta effettiva contro il dato esistente, contro l’andamento spontaneo delle cose, ed è, al tempo stesso, premessa, condizione materiale per avviare il cambiamento. Cosi concepita l’austerità diventa arma di lotta moderna e aggiornata sia contro i difensori dell’ordine economico e sociale esistente, sia contro coloro che la considerano come l’unica sistemazione possibile di una società destinata organicamente a rimanere arretrata, sottosviluppata e, per giunta, sempre più squilibrata, sempre più carica di ingiustizie, di contraddizioni, di disuguaglianze.
Lungi dall’essere, dunque, una concessione agli interessi dei gruppi dominanti o alle esigenze di sopravvivenza del capitalismo, l’austerità può essere una scelta che ha un avanzato, concreto contenuto di classe, può e deve essere uno dei modi attraverso cui il movimento operaio si fa portatore di un modo diverso del vivere sociale, attraverso cui lotta per affermare, nelle condizioni di oggi, i suoi antichi e sempre validi ideali di liberazione. E infatti, io credo che nelle condizioni di oggi è impensabile lottare realmente ed efficacemente per una società superiore senza muovere dalla necessità imprescindibile dell’austerità.
Ma l’austerità, a seconda dei contenuti che ha e delle forze che ne governano l’attuazione, può essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e solidale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell’assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse, sprecate.
Abbiamo richiamato in altre occasioni e anche di recente le profonde ragioni storiche, certamente non solo italiane, che rendono obbligata, e non congiunturale, una politica di austerità. Sono ragioni varie, ma occorre ricordare sempre che l’evento più importante i cui effetti non sono più reversibili, è stato e rimarrà l’ingresso sulla scena mondiale di popoli e paesi ex coloniali che si vengono liberando dalla soggezione e dal sottosviluppo a cui erano condannati dalla dominazione imperialistica. Si tratta di due terzi dell’umanità, che non tollerano più di vivere in condizioni di fame, di miseria, di emarginazione, di inferiorità rispetto ai popoli e paesi che hanno finora dominato la vita mondiale.
Assai vario e complesso è, certo, questo moto. Grandi sono le differenze storiche, economiche, sociali, culturali, politiche, che esistono tanto all’interno di quel che suole chiamarsi il Terzo mondo, quanto nei suoi rapporti esterni. In particolare, negli ultimi tempi si è venuta precisando una tendenza verso alleanze tra i gruppi dominanti dei paesi capitalisticamente più sviluppati e quelli di certi paesi in via di sviluppo, alleanze che operano a danno di altri paesi più poveri e più deboli, e contro ogni movimento popolare e progressista. Non sono stati e non sono solo i Kissinger, ma anche gli Yamani (avrete visto le recenti dichiarazioni) che hanno perseguito e perseguono una politica di ostilità contro gli Stati e contro le forze politiche che si battono per il rinnovamento del proprio paese, comprese le forze avanzate del movimento operaio dell’occidente.
Ma mentre dobbiamo saper cogliere queste differenze all’interno del Terzo mondo, e tenerne conto, non dobbiamo mai perdere di vista il significato generale del moto grandioso di cui sono stati e sono protagonisti quei popoli: un moto che cambia la rotta della storia mondiale, che sconvolge via via tutti gli equilibri esistiti ed esistenti, e non soltanto quelli relativi ai rapporti di forza su scala mondiale, ma anche gli equilibri all’interno dei singoli paesi capitalistici. È questo moto, o almeno è principalmente questo moto, che, operando nel profondo, fa esplodere le contraddizioni di una intera fase dello sviluppo capitalistico post-bellico, e determina in singoli paesi condizioni di crisi di gravità mai raggiunta. E se può accadere, come ci è dato di constatare, che all’interno del mondo capitalistico alcune economie più forti possono trarre profitto dalla crisi e consolidare la propria posizione di dominio, per altri paesi economicamente più deboli, come l’Italia, la crisi diventa ormai un rotolare più o meno lento verso il precipizio.
Sullo sfondo di questa acuita conflittualità tra i paesi e i gruppi capitalistici, mal celata da fragili solidarietà, avanzano processi di disgregazione e di decadenza che, mentre rendono sempre più insopportabili le condizioni di esistenza di grandi masse popolari, minacciano le basi stesse, non solo dell’economia, ma della nostra stessa civiltà e del suo sviluppo.
Non è necessario descrivere i mille segni in cui si manifesta questa tendenza che ferisce e mortifica così profondamente anche la vita della cultura. Quel che deve essere chiaro a chiunque voglia intendere le ragioni ed i fini della nostra politica, sia all’interno del nostro paese, sia nei rapporti con forze progressiste di altri paesi, è che essa si può tutta ricondurre allo sforzo di mobilitazione e di ricerca per bloccare questa tendenza e per rovesciarla.
Viviamo, io credo, in uno di quei momenti nei quali – come afferma il Manifesto dei comunisti – per alcuni paesi, e in ogni caso per il nostro, o si avvia «una trasformazione rivoluzionaria della società» o si può andare incontro «alla rovina comune delle classi in lotta»; e cioè alla decadenza di una civiltà, alla rovina di un paese.
Ma una trasformazione rivoluzionaria può essere avviata nelle condizioni attuali solo se sa affrontare i problemi nuovi posti all’occidente dal moto di liberazione dei popoli del Terzo mondo. E ciò, secondo noi comunisti, comporta per l’occidente, e soprattutto per il nostro paese, due conseguenze fondamentali: aprirsi ad una piena comprensione delle ragioni di sviluppo e di giustizia di questi paesi e instaurare con essi una politica di c
ooperazione su basi di uguaglianza; abbandonare l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario.

Roma, gennaio 1977 - Discorso di E. Berlinguer al "Convegno degli intellettuali".


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Stodler
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Maledetto.

Il Vendola dei tempi andati.

Il cagnolino da grembo che ha sollazzato la grande finanzia internazionale.


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Stodler
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Ecco in che livido inferno ci ha gettato gentaccia come lui.


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ohmygod
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Berlinguerra:- un moto che cambia la rotta della storia mondiale, che sconvolge via via tutti gli equilibri esistiti ed esistenti, e non soltanto quelli relativi ai rapporti di forza su scala mondiale, ma anche gli equilibri all’interno dei singoli individui.

questo permetterebbe a Castalia di essere lasciata in pace nel mentre gioca con la sua vita, questo permetterebbe a Kiklia di estirpare All'igator e tutti vivebbrero una morte momentanea all'insaputa dii entrambe.

ED.it
naturalmente con tutte le conseguenze dettate dall'algoritmo del violino.


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mincuo
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Il fatto è che molti hanno le idee un po' confuse sul PCI. Che ha passato varie fasi. Ma ha avuto un'impronta iniziale precisa durata vari decenni.
Un'impronta perfettamente stalinista.
E successivamente è comunque rimasto sempre filosovietico, anche per ragioni economiche, dato che era l'intermediario d'affari per tutta Europa.
E lo fu fino alla caduta, nonostante l'Eurocomunismo ecc...
Questo è un aspetto chiarissimo soprattutto in politica estera e in chiave di destabilizzazione interna soft.
In politica interna poi le cose sono state più miste e il PCI ha contribuito, in guisa di shadow-government, allo sviluppo dell'Italia, muovendosi spesso pragmaticamente, in un'ottica anche di Interesse Nazionale, e grazie ad alcuni dirigenti di spessore.

Il fatto è che i documenti ci sono tutti.
Sia fino a una certa epoca che dopo.
Qua semplicemente hanno raccontato alla gente un storia differente.
E non hanno mai pubblicato nulla.
Ad esempio non ieri ma 11 anni fa usciva "Italian Communism and Soviet Terror" con una raccolta impressionante di documenti originali Sovietici. Qui silenzio assoluto.
http://www.mitpressjournals.org/doi/abs/10.1162/152039704773254768#.VkHWGl5GSL8
Questo l'estratto:
The declassification of materials from the Russian archives has provided a good deal of new evidence about the relationship between the Italian Communist Party (PCI) and the Soviet U nion both before and after World War II. Two newly published collections of documents leave no doubt that, contrary to arguments made by supporters of the PCI, the Italian party was in fact strictly subservient to the dictates of Josif Stalin. The documents reveal the unsavory role of the PCI leader, Palmiro Togliatti, in the destruction of large sections of the Italian Communist movement and in the tragic fate of Italian prisoners of war who were held in the Soviet U nion during and after World War II. Togliatti's legacy, as these documents make clear, was one of terror and the Stalinization of the PCI.
Traduzione:
La declassificazione di documenti dagli archivi Russi ha fornito una buona dose di nuove prove circa il rapporto tra il Partito Comunista Italiano (PCI) e l'Unione Sovietica prima e dopo la seconda guerra mondiale. Due collezioni appena pubblicate di documenti non lasciano dubbi sul fatto che, contrariamente a quanto sostenuto da parte dei sostenitori del Pci, il Partito Italiano era di fatto strettamente asservito ai dettami di Josif Stalin. I documenti rivelano il ruolo sgradevole del leader del PCI, Palmiro Togliatti, nella distruzione di ampi settori del movimento Comunista Italiano e il tragico destino dei prigionieri di guerra Italiani, detenuti in Unione Sovietica durante e dopo la seconda guerra mondiale. L'eredità di Togliatti, come questi documenti chiariscono, è stata quella del terrore e della Stalinizzazione del PCI."

Come questo ce ne sono tanti altri. Quindi di dubbi proprio nessuno...
Ma qui tra Corriere, Repubblica, Unità, Manifesto... per non parlare di docenti, storici (si fa per dire...) e intellettuali "organici" ancora in servizio permanente effettivo...dopo 25 anni dalla caduta del muro...
Silenzio assoluto.

Parlare di Berlinguer fuori dalla sua collocazione e dal suo tempo è un po' fuorviante. La stessa parola austerity non è perfettamente sovrapponibile a quella odierna. La matrice ideologica poi riguardo ai consumi era di quel tipo, cioè non distingueva. Erano tutti cattivi. E il pauperismo virtuoso era una componente, sempre all'epoca. Non di tutti i dirigenti PCI, ma Berlinguer non capiva una mazza di economia.
Nel 1977, pur in un clima politico acceso, l'Italia faceva bene e si era ripresa alla grande dalla crisi petrolifera del 74-75.
Era il momento meno adatto per invocare austerity...semmai era quello di invocare il contrario e in parallelo aumenti salariali. Ancora i tassi erano relativamente bassi. L'inflazione venne alcuni anni dopo.
Ma erano alri tempi....


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MarioG
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Il fatto è che molti hanno le idee un po' confuse sul PCI.
[...]
The documents reveal the unsavory role of the PCI leader, Palmiro Togliatti, in the destruction of large sections of the Italian Communist movement and in the tragic fate of Italian prisoners of war who were held in the Soviet U nion during and after World War II.

In effetti, a sentire la storiografa di questo sito, la peggior azione di Togliatti pare essere la cosiddetta "amnistia Togliatti"...


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Stodler
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Il fatto è che molti hanno le idee un po' confuse sul PCI. Che ha passato varie fasi. Ma ha avuto un'impronta iniziale precisa durata vari decenni.
Un'impronta perfettamente stalinista.
E successivamente è comunque rimasto sempre filosovietico, anche per ragioni economiche, dato che era l'intermediario d'affari per tutta Europa.
E lo fu fino alla caduta, nonostante l'Eurocomunismo ecc...
Questo è un aspetto chiarissimo soprattutto in politica estera e in chiave di destabilizzazione interna soft.
In politica interna poi le cose sono state più miste e il PCI ha contribuito, in guisa di shadow-government, allo sviluppo dell'Italia.

Il fatto è che i documenti ci sono tutti. Sia fino a una certa epoca che dopo.
Qua semplicemente hanno raccontato alla gente un storia differente.
E non hanno mai pubblicato nulla.
Ad esempio 11 anni fa usciva "Italian Communism and Soviet Terror" con una raccolta impressionante di documenti originali Sovietici. Qui silenzio assoluto.
http://www.mitpressjournals.org/doi/abs/10.1162/152039704773254768#.VkHWGl5GSL8
Questo l'estratto:
The declassification of materials from the Russian archives has provided a good deal of new evidence about the relationship between the Italian Communist Party (PCI) and the Soviet U nion both before and after World War II. Two newly published collections of documents leave no doubt that, contrary to arguments made by supporters of the PCI, the Italian party was in fact strictly subservient to the dictates of Josif Stalin. The documents reveal the unsavory role of the PCI leader, Palmiro Togliatti, in the destruction of large sections of the Italian Communist movement and in the tragic fate of Italian prisoners of war who were held in the Soviet U nion during and after World War II. Togliatti's legacy, as these documents make clear, was one of terror and the Stalinization of the PCI.

Come questo ce ne sono tanti altri. Quindi dubbi proprio nessuno...
Ma qui tra Corriere, Repubblica, Unità, Manifesto... per non arlare di docenti, storici (si fa per dire...) e intellettuali "organici" ancora in servizio permanente effettivo...dopo 25 anni dalla caduta del muro...

Ciao Mincuo, un giorno ci dirai in pochi punti la tua visione delle cose?

Per favore niente rimandi, poche frasi semplici che chiariscano le tue posizioni generali sulle cose.


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mincuo
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Caro Stodler, io non ho "visioni". Penso che le avrai tu forse quelle.
Sul resto mi pare una domanda un po' generica. "Posizioni generali sulle cose".
Quali cose?


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Stodler
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Caro Stodler, io non ho "visioni". Penso che le avrai tu forse quelle.

Quindi ti va bene come le cose stanno.

Mhmmm in effetti c'è logica in questo.

Insieme a Nat insomma, l'uomo è fatto per l'economia o per certa economia.


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mincuo
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Il fatto è che molti hanno le idee un po' confuse sul PCI.
[...]
The documents reveal the unsavory role of the PCI leader, Palmiro Togliatti, in the destruction of large sections of the Italian Communist movement and in the tragic fate of Italian prisoners of war who were held in the Soviet U nion during and after World War II.

In effetti, a sentire la storiografa di questo sito, la peggior azione di Togliatti pare essere la cosiddetta "amnistia Togliatti"...

L'"amnistia Togliatti", pure quella, non l'hanno mica raccontata giusta.
Neanche quella.
Lì ci sono i documenti usciti nei volumi degli atti e sedute del Governo.


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mincuo
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Caro Stodler, io non ho "visioni". Penso che le avrai tu forse quelle.

Quindi ti va bene come le cose stanno.

Mhmmm in effetti c'è logica in questo.

Insieme a Nat insomma, l'uomo è fatto per l'economia o per certa economia.

Scusa Stodler ma io delle cose che cosano cosando il coso non è che...
Sull'uomo fatto "per l' economia" anzi "una certa economia" non commento nemmeno...
Auguri.

Per il resto cosa penso l'ho detto 100 volte. Poi se non rientra nei paradigmi comuni mi dispiace tanto. Io non chiedo mica niente a nessuno. Sono gli altri che mi ficcano sempre nei loro schemi. Si vede che altrimenti gli viene l'ansia. Infatti "da liberista" a "politico sinistroide" giusto ieri mi sono preso entrambi. Oggi homo oeconomicus "aridus".
Sono abituato. Pure mi diverte, a dire il vero.
De minimis non curat praetor.


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Stodler
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Basta saperlo, lo farò presente volta per volta. Poi ognuno farà le sue considerazioni.

Il comunismo è finito 25 anni fa, quindi quello che stiamo vivendo ora ha un colpevole con nome e cognome e non si chiama di certo Carl Marx.

Il resto sono chiacchere per gestire il rischio, non certo per mandare avanti la baracca.


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Jor-el
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E' vero, l'austerità di cui parlava Berlinguer non era esattamente l'austerità della Troika, che non era ancora stata inventata, era, diciamo, la sua nonna. Per chi ha vissuto quegli anni, l'austerità, detta anche "politica dei sacrifici", però, aveva stranamente lo stesso sapore di quella moderna: compressione salariale, disoccupazione, precarietà. C'era poi tutta la questione morale, con la classe operaia che doveva dare l'esempio, la diversità dei comunisti e palle varie. Quella era la nonna di tangentopoli.


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mincuo
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Basta saperlo, lo farò presente volta per volta. Poi ognuno farà le sue considerazioni.

Il comunismo è finito 25 anni fa, quindi quello che stiamo vivendo ora ha un colpevole con nome e cognome e non si chiama di certo Carl Marx.

Il resto sono chiacchere per gestire il rischio, non certo per mandare avanti la baracca.

Infatti è la parodia di Karl Marx. Considerato che per alcuni versi (opinione personale) e cioè economia, storia e sociologia, era una parodia già il titolare, trattasi della parodia di una parodia.


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