Euro/Fiscal Compact...
 
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Euro/Fiscal Compact. Nessuna "riforma" è possibile


radisol
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La lectio magistralis del costituzionalista - e comunista - Gianni Ferrara: questa Unione Europea non prevede meccanismi di riforma "dal basso". Né nazionali, né tantomento "popolari". E' ora di prenderne atto.

Andare dentro i problemi, analizzare le strutture da ogni angolazione. Per muoversi “contro” il sistema di potere dominante è il minimo della pena. Studiare, capire, ipotizzare, progettare e quindi – obbligatoriamente – muoversi. Ma guai a reagire in modo “pavloviano”, perché “pungolati” da qualche avvenimento, senza avere un quadro almeno realistico e attendibile della scena su cui ci si muove.

Riflessioni metodologiche? In parte, ma vengono in primo piano quando si ascolta uno scienziato descrivere il problema su cui gli è stato chiesto un parere molto informato.

Abbiamo ascoltato con grande attenzione, al seminario sull'Europa e il Fiscal Compact - svoltosi sabato 25, a Roma, su iniziativa del Comitato No Debito - la relazione di Gianni Ferrara. Costituzionalista, professore emerito alla Sapienza, ma anche comunista di vecchia e seria scuola.

Gli era stato chiesto di indagare sulle possibilità – l'”ammissibilità” - di un referendum “di indirizzo” su alcuni trattati costitutivi dell'Unione Europea, tipo il Fiscal Compact, che stanno annientando le capacità produttive del paese, le sue risorse finanziarie, il suo “modello sociale” welfaristico, e ancor più drasticamente lo faranno a partire dal prossimo anno (quando visognerà cominciare a ridurre di almeno 50 miliardi l'anno il debito pubblico, ovvero la spesa statale a qualsiasi titolo, ferma restando solo la “spesa per interessi” sul debito stesso).

La risposta, come da lui premesso, è stata molto negativa.

Ma l'aspetto più interessante della sua lectio magistralis è stato il viaggio dentro l'ingranaggio mortifero che è stato costruito in poco più di 30 anni, nella completa sottovalutazione della classe politica italiana, e dall'ex “sinistra” soprattutto. Un engrènement che non lascia margini per la propria “riformabilità”, tantomeno per quei paesi che stolidamente hanno inserito il “pareggio di bilancio” nella propria Costituzione senza neppure un accenno di discussione politico-parlamentare. Figuriamoci “sociale”...

Riassumiamo, un po' schematicamente, in modo da restituire informazioni “strategiche” sui meccanismo istituzionali che – nell'intera Eurozona – ci governa.

Il Fiscal Compact, in soldoni, precede la cessione di sovranità dall'Italia alla Ue in materia fiscale e di bilancio. Una conseguenza della cosiddetta “legge La Pergola”, che fissava la prevalenza delle norme comunitarie su quelle nazionali prevedendo l'adeguamento di queste ultime. Antonio La Pergola è stata una figura “tipica” di quel personale “tecnico-politico transnazionale” che ha contrinuito a costruire l'”ingranaggio” fatale che ci sta strangolando. Docente di Diritto Costituzionale e Diritto Costituzionale comparato nelle università di Padova, Bologna e Roma,, nonché in numerose istituzioni straniere, basta citarne alcune tra le più prestigiose: Edimburgo, L’Aja, Dublino, Harvard. Quindi presidente della Corte Costituzionale e poi ministro per le Politiche Comunitarie, a chiudere il cerchio tra preparazione teorica, disegno progettuale e realizzazione pratica.

Il Fiscal Compact è un trattato pensato per evitare la “via maestra” dei cambiamenti istituzionali “consensuali”, saltando pressoché completamente la “partecipazione” degli Stati alla sua elaborazione. In altri termini, i Parlamenti non sono stati nemmeno coinvolti (ammesso e non concesso che avessere competenze interne e volontà politica di farlo).

L'Italia – ovvero il Parlamento esautorato dal governo Monti – ha approvato senza discussione, nell'aprile 2012, l'inserimento nell'art. 81 della Costituzione l'obbligo al “pareggio di bilancio”. La maggioranza è stata volutamente tale da impedire qualsiasi possibilità di convocare un referendum abrogativo (molto superiore al 66% necessario).

Contro la modifica del Fiscal Compact, quindi, esistono in questo paese due ostacoli; il meccanismo interno a quel trattato e l'art. 81 (modificato) della Costituzione.

È possibile aggredire giuridicamente e politicamente queste due norme restando all'interno del quadro giuridico – nazionale e internazionale – esistente? È insomma possibile “riformarli”?

Il primo problema, spiega Ferrara, è insito nel fatto che i trattati internazionali (sottoscritti dai governi nazionali) sono sottratti alla ratifica parlamentare, in rispetto al principio che pacta servanda sunt. Principio peraltro di buon senso, altrimenti ogni trattato – per esempio, sui confini nazionali – potrebbe esser rimeso in discussione ad ogni cambio di governo, provocando una guerra dietro l'altra. Quindi la loro modifica dipende soltanto dalla perdita di efficacia per motivi indicati dai trattati stessi. Ossia:

- quando scadono i termini temporali (nel caso del Fiscal Compact tra almeno 20 anni, quando di questo paese non sarà rimasta pietra su pietra);

- quando viene a mancare l'”oggetto” del trattato stesso; ma in questo caso, purtroppo, l'”oggetto” - le politiche fiscali e di bilancio – esiste, eccome.

- quando siano cambiate le condizioni che avevano giustificato il trattato stesso; e anche questo non appare possibile per il Fiscal Compact (le “condizioni” qui coincidono con una “maggiore integrazione europea”, e quindi non scadono se non a fronte di un rivoluzionamento oppure di una guerra).

Esistono strumenti giuridici per bloccarne o stemperarne l'efficacia?

Anche qui Ferrara non lascia troppi margini all'illusione.

Il “referendum di indirizzo” - ovvero non contenente prescrizioni obbligatorie per il governo e il Parlamento, ovvero nessun “mandato imperativo”. La legge costituzionale del 1989 lo prevede, ma la sua efficacia è praticamente nulla. Si può anche vincere la consultazione con una maggioranza importante, ma l'effetto non si produce.

Neppure il Parlamento europeo ha alcuna sovranità sulla materia dei trattati. E questa è forse la “notizia” o l'informazione meno nota anche tra i praticanti della politica, sia “istituzionale” che “alternativa” o “radicale”. I parlamentari di Starsburgo, infatti, sono privi della fondamentale prerogativa tipica di ogni “onorevole” o senatore che si rispetti, a livello mondiale: non possono infatti proporre leggi. A che serve un Parlamento senza potere legislativo? Nella democrazia occidentale, come teorizzata e costruita da Montesquieu a oggi, non serve assolutamente a nulla, tanto che non ne era mai stato fatto uno in questo modo così bislaco.

Un potere superiore ce l'ha certamente la Commissione Europea (oggi diretta da Barroso). Può infatti elaborare e proporre leggi (“direttive”), ma per statuto deve farlo per “realizzare gli obiettivi” del Trattato di Lisbona. Il cerchio si chiude. A livello europeo non sono previste procedure di “riforma” istituzionale che correggano parti rilevanti del trattato fondamentale, quello costituente. Si può solo andare avanti, senza mai sterzare e tantomeno tornare indietro.

L'insieme dei governi nazionali, insomma, elabora decisioni in modo da nascondere la responsabilità dei singoli Stati. Ne nasce una retorica falsificante, per cui ogni governo nega di esser stato tra coloro che hanno caldeggiato determinate scelte impopolari e si rifugia dietro lo slogan “lo chiede l'Europa”.

Soprattutto, però, viene così meno definitivamente uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto: la responsabilità degli eletti di fronte agli elettori, o più indirettamente la corrispondenza tra mandato e risultato.

In definitiva, per avere la possibilità – i
n quanto italiani – di chiedere una modifica di alcuni trattati occorrerebbe una nuova regola costituzionale. Ma chi è il soggetto o lo schieramento politico che la farebbe passare? E in ogni caso, saremmo vincolati dagli altri 26 Stati che componegono l'Unione.

La conclusione è dunque obbligata: non è un referendum di indirizzo che può realizzare l'obiettivo di invalidare il Fiscal Compact o altri trattati europei. Certo, come sostiene poi Giorgio Cremaschi, in ogni caso una campagna referendaria può esser utile a far diffondere una consapevolezza circa la dannosità di quei trattati e della moneta unica così concepita. Ma a patto di essere ben coscienti che anche l'eventuale svolgimento della consultazione (in ogni caso è altamente probabile che ne venga rifiutata in partenza l'”ammissibilità”) non costituirebbe una soluzione efficace. Propprio per la natura di questo tipo di referendum.

Ma Ferrara è uno scienziato militante. Ha quindi indagato anche il Trattato di Lisbona per vedere se esiste un qualche appiglio giuridico per rimettere in discussione un trattato. Ne ha trovato soltanto uno, in un articolo secondo cui ogni Parlamento nazionale può sottoporre al Consiglio (dei capi di stato e di governo della Ue) una richiesta di mutamento dei trattati.

È possibile, non certo che ci si riesca, Ma in ogni caso occorre avere la maggioranza all'interno di un Parlamento nazionale, e quindi di essere al governo del paese. AL momento, sembra lontana...

Ci sono altri strumenti? A quantopare uno soltanto, previsto dall'art. 11 del Trattato di Lisbona. Una proposta di modifica sottoscritta da almeno un milione di cittadini europei, appartenenti ad almeno un quarto degli Stati membri (quindi almeno sette Stati), secondo quote numeriche minime fissate da tabelle in proporzione alla popolazione.

Una strada certo empiricamente praticabile, ma istituzionalmente di dubbia efficacia. Alla fine questa simil-”legge di iniziativa popolare” finirebbe sul tavolo della Commissione (del governo comunitario, insomma), che ne avvierebbe l'esame e poi deciderebbe come gli pare. Insomma, anche questa utile per una campagna di sensibilizzazione politica, non certo per rovesciare il tavolo.

In ogni caso sorgerebbe anche qui, fin dall'inizio, un problema di ammissibità. Le modifiche propostem infatti, debbono rispondere al principio di “miglioramento” dei trattati secondo i princìpi fondamentali. Non appare un'obiezione insuperabile (per esempio, secondo l'articolo 2, l'Unione deve perseguire tra l'altro la “dignità umana”, ed è molto facile dimostrare come i trattati oggi in vigore la stiamo mettendo in forse in numerosi paesi deboli.

L'obiezione definitiva è quindi un'altra. Anche in caso di accoglimento della “proposta di modifica” popolare da parte della Commissione, questa diventerebbe efficace solo dopo la scadenza del trattato. Che non è nemeno prevista.

L'ingranaggio della costruzione europea, infatti, è incardinato negli art. 119 e 120 del Trattato fondamentale, che riconoscono esplicitamente come principi generali di funzionamento dell'Unione Europea “l'economia di mercato” e la “libera concorrenza”. È qui che origina quel programma di smantellamento del “modello sociale europeo”, fondato sul welfare e lo “Stato sociale” che è in marcia ininterrottamente da oltre 30 anni senza che, in Italia, ci sia mai stata una discussione “di merito” su che cosa voleva dire “facciamo l'Europa” o “ce lo chiede l'Europa”.

Anzi, proprio l'esistenza del “sanfedismo” imprenditoriale – tipicamente e solo italiano – e della sua rappresentanza politica (Berlusconi e soci), ha fatalmente “deviato” il senso comune della “sionistra” verso un europeismo acefalo e disinformato. Una sorta di illusione collettiva per cui, se ci mettevamo agli ordini di questa Unione Europea, ci saremmo anche sbarazzati di Berlusconi, degli imprenditori prendi-e-scappa, di mafia, camorra, ndrangheta e compagnia cantando.

Il quadro ci sembra ora chiaro.

Questa Unione Europea non è riformabile. È stata costruita per non poterlo essere.

Il governo comunitario (la Commissione) e il Consiglio dei capi di stato e di governo hanno un potere assoluto, svoncolato da ogni condizionamento parlamentare – sia continentale che nazionale. Ed è certo significativo che un potere assoluto torni ad avere legittimità e comando, nel Vecchio Continente, a poco più di due secoli dalla Rivoluzione Francese, ad uno da quella Russa.

Ma l'impossibilità di riformare la Ue implica l'inutilità del “riformismo progressista”, il suo svuotamento a logorrea fantasiosa quanto impotente (non è insomma un caso che sia emerso un Vendola).

Ma un sistema istituzionale che non si può “riformare” lascia come unica possibilità realistica – ovvero empiricamente efficace, anche se non facile – soltanto quella della rivoluzione.

Non per caso il costituzionalista Gianni Ferrara riconosce che ogni iniziativa di “cambiamento efficace” della struttura istituzionale europea è in queste condizioni “rivoluzionaria”.

Del resto, se è rinato un potere assoluto, significa che sono state eliminate le vie della mediazione. A cominciare da quelle giuridiche e costituzionali. Invece di Luigi XIV c'è un Kaiser "collettivo", un'oligarchia per nulla illuminata.

Dante Barontini

http://www.contropiano.org/archivio-news/documenti/item/16861-referendum-su-euro-e-fiscal-compact-nessuna-riforma-è-possibile


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radisol
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Una intervista all'economista Emiliano Brancaccio smantella i provvedimenti annunciati dal governo Letta e riafferma la prospettiva della fuoriuscita dall'euro come salvifica per l'Italia. Un dibattito aperto che comincia a entrare nel merito.

«Il piano di garanzia europeo per i giovani? Pochi spiccioli, che non bastano per risolvere il dramma del lavoro al Sud». È fortemente critico l’economista Emiliano Brancaccio. Il piano di Giovannini per l’occupazione non lo convince affatto. «Se il governo non riuscirà ad ottenere dall’Europa una vera riforma della politica economica, l’unica prospettiva sarà l’uscita dall’euro» osserva Brancaccio, ricercatore e docente di economia politica all'Università del Sannio e autore di diversi saggi tra cui L’austerità è di destra e sta distruggendo l’Europa.

Professore, il ministro ha confermato ieri che entro giugno arriveranno i provvedimenti sull’occupazione. Come giudica le ipotesi allo studio?

«Sono iniziative al di sotto delle attese. Giovannini si è concentrato sull’esigenza di riformare i servizi all’impiego. I servizi dovrebbero favorire l’incontro tra domanda e offerta, ma il vero nodo è che il lavoro non c’è affatto. Si punta anche sul superamento delle rigidità nella stipula dei contratti a tempo determinato. Eppure non è questo il vero motivo per cui le imprese non assumono. Il problema è la mancanza di ordini e il crollo delle vendite».

Non le sembra positivo, però, il piano che punta a recuperare risorse dall’Europa?

«Complessivamente, il piano europeo di garanzia per i giovani ammonta a 6 miliardi, che significano appena 400 milioni a livello italiano. Se mettiamo a confronto tutte le manovre restrittive che ci ha imposto l’Europa, che hanno un valore di ben 81 miliardi di euro, è evidente che questi 400 milioni sono briciole».

Che cosa servirebbe in particolare per risolvere il nodo dell’occupazione giovanile al Sud?

«L’esecutivo dovrebbe ottenere da Bruxelles una riforma della politica economica. Ma è difficile, perché la crisi oggi è asimmetrica, colpisce soprattutto i cosiddetti Mezzogiorni d’Europa e meno il Nord del Vecchio Continente. Il rischio è che se l’Europa non eroga più risorse per l’occupazione in questa situazione drammatica, la prospettiva di uscita dall’euro diventa prioritaria per l’Italia».

Si è creato un asse tra 4 Regioni per chiedere un allentamento del Patto di stabilità. Mentre Giovannini ha invitato ieri le amministrazioni a concentrare i fondi disponibili sulle azioni più rilevanti…

«È vero che negli anni scorsi una quota di risorse destinate alle Regioni è stata sprecata in prebende clientelari. Quindi, Giovannini fa bene a lanciare questo monito. Ma è anche vero che il taglio dei trasferimenti complessivi dallo Stato agli enti locali è stato pesantissimo, in alcuni casi fino al 40% negli ultimi cinque anni. Con queste politiche di austerità, quindi, serve a poco uno spostamento da una voce di spreco ad una più efficiente»

Cinzia Peluso da Il Mattino del 17 maggio


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haward
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Ed è certo significativo che un potere assoluto torni ad avere legittimità e comando, nel Vecchio Continente, a poco più di due secoli dalla Rivoluzione Francese, ad uno da quella Russa.

Come sempre ad un'analisi ottima sulla situazione reale (la sostanziale intangibilità dei trattati europei e la totale opacità democratica degli organismi direttivi dell'UE) segue un corollario infantile quanto inutilmente fuorviante. Quanto tempo dovrà ancora passare prima che si capisca che questo mostro che si chiama Unione Europea non è altro che il coronamento di quel processo messo in moto proprio nel XVIII secolo e che ha conosciuto, come passaggi obbligati, prima la Rivoluzione Francese e, successivamente, quella Sovietica?


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radisol
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Minchia !

Un "complotto" lungo tre secoli !

Se rimanevano il Re Sole e gli Zar, non succedeva niente ... e adesso staremmo tutti una favola !

E adesso che sappiamo questa "verità rivelata", cosa ci cambia ?

E soprattutto, cosa facciamo ? Ripristiniamo le monarchie, l' "ancien regime", il potere temporale dei Papi, il Medioevo ?

Minchia, che soluzione ! Era, così semplice e facile, dietro l'angolo ... e non ci aveva ancora pensato nessuno ....


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Truman
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Mi resta la sensazione che si possa agire contro il fiscal compact per via costituzionale.

Premessa: il fallimento del tentativo di Costituzione europea, ripetutamente bocciata dai popoli che hanno potuto, ha lasciato una costruzione europea monca, dove l'organo supremo resta solitamente la Corte costituzionale nazionale. Insomma, nonostante l'asserita prevalenza delle legislazione europea su quella nazionale, il decisore di ultima istanza è la Corte costituzionale, sulle cui decisioni non è ammesso ricorso (art. 137).

In Italia finora questa strada non è stata praticata, ma in Germania la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte contro le leggi imposte al Parlamento (Bundestag) da quel consorzio di banche solitamente detto Europa.
Un'analoga decisione è stata presa recentemente in Portogallo.

Va poi detto che un articolo della Costituzione può essere incostituzionale, se contrasta con i principi fondamentali esposti all'inizio. Insomma la Costituzione è internamente gerarchica e i principi prevalgono sul resto.

Non sarebbe assurdo che una regione, che si sentisse danneggiata dal fiscal compact (ad esempio a causa di mancati trasferimenti dallo Stato), sollevasse eccezione di incostituzionalità contro l'art. 81. L'eccezione potrebbe anche essere sollevata da altro ente.

Per un costituzionalista credo sia evidente che l'art. 81, il quale privilegia le rendite parassitarie da garantire alle banche, sulla dignità dell'uomo, è fortemente incostituzionale.
1) Non è detto che la Corte si ritrovi d'accordo. La Corte c. è anche un organismo politico, che tiene conto di molti fattori. Notevole la recente decisione favorevole a Napolitano, in cui si è pretesa la cancellazione di prove relative alle trattative tra Stato e mafia.
2) La risposta potrebbe arrivare in tempi eccessivamente lunghi, come sta avvenendo con il Porcellum.
3) Comunque una serie di ricorsi pubblici alla Corte, contro l'art. 81, comincerebbero a sensibilizzare la popolazione e potrebbero aprire qualche spiraglio nei mass media.

In generale la via del ricorso andrebbe seguita, ma andrebbe preferibilmente fatta avendo una maggioranza in Parlamento.


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haward
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@Radisol
Anche se a prima vista la mia affermazione può farti sorridere, dammi pure del paranoico complottista, le cose stanno così. La Storia ufficiale racconta lo scorrere degli eventi ponendo in luce certi aspetti ed occultandone altri. Non è questa la sede per approfondire il tema e non voglio certo convincerti di aver ragione, ci mancherebbe. Un rapidissimo accenno. Sul ruolo giocato dalle logge massoniche nella preparazione della Rivoluzione Francese e della nascita degli USA tutti gli storici concordano: il trinomio Libertè, Egalitè, Fraternitè da tempo già ornava i templi delle officine dei Liberi Muratori. Mazzini, Garibaldi e Cavour erano dei Fratelli (pensa a come inizia l'inno di Mameli). Le idee rivoluzionarie libertarie ed egualitarie che sono alla base del Socialismo e del Comunismo si sono diffuse in Europa grazie alla rete massonica. Se vai a vederti gli ambienti che hanno finanziato e sostenuto il Bolscevismo troverai sempre le stesse "impronte". L'idea stessa di Europa Unita è profondamente massonica.


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clack
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Come sempre è solo una questione di volontà politica.
Che evidentemente non alligna presso gli ex comunisti, anche quelli che potrebbero non aver rinnegato.
La via d'uscita c'è: è scritta nella nostra Costituzione e negli stessi trattati fondativi della UE.
Difficilmente però si potrà trovare qualcuno nel mondo politico che si arrischi non dico a percorrerla, ma almeno a evitare di fingere di non rendersi conto della sua esistenza.

Maggiori informazioni qui
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/05/la-grande-trappola-delleuro-la-germania.html


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radisol
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@Radisol
Anche se a prima vista la mia affermazione può farti sorridere, dammi pure del paranoico complottista, le cose stanno così. La Storia ufficiale racconta lo scorrere degli eventi ponendo in luce certi aspetti ed occultandone altri. Non è questa la sede per approfondire il tema e non voglio certo convincerti di aver ragione, ci mancherebbe. Un rapidissimo accenno. Sul ruolo giocato dalle logge massoniche nella preparazione della Rivoluzione Francese e della nascita degli USA tutti gli storici concordano: il trinomio Libertè, Egalitè, Fraternitè da tempo già ornava i templi delle officine dei Liberi Muratori. Mazzini, Garibaldi e Cavour erano dei Fratelli (pensa a come inizia l'inno di Mameli). Le idee rivoluzionarie libertarie ed egualitarie che sono alla base del Socialismo e del Comunismo si sono diffuse in Europa grazie alla rete massonica. Se vai a vederti gli ambienti che hanno finanziato e sostenuto il Bolscevismo troverai sempre le stesse "impronte". L'idea stessa di Europa Unita è profondamente massonica.

Non lo metto in dubbio, ma mi sembra folle, oltre che difficilmente praticabile, solo l'idea di tornare a prima dei "lumi" ....

Mentre invece qui stiamo discutendo come opporci OGGI alla dittatura finanziaria europea ...


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haward
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@Radisol

E' ovviamente impossibile ed anacronistico tornare indietro ed io, meno che mai, volevo dire questo. Dico solo che, se si vuole realmente compiere delle azioni è necessario avere ben chiara quella che è la situazione, quali forze sono in campo e di cosa sono capaci di fare.
Come uscire? Uscire FUORI dall'Unione Europea e dall'Euro. Migliorare la situazione rispettando i trattati ed i vincoli normativi continuando a rimanere DENTRO l'UE è impossibile proprio perchè il meccanismo creato da questa gente è tale da impedirti ogni possibilità. Tu vedi qualche forza politica di qualche consistenza, all'orizzonte, che abbia il coraggio di affrontare di petto la situazione, sfidando il vangelo europeista che il catechismo dei media ci fa ripassare tutti i giorni?


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radisol
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"Tu vedi qualche forza politica di qualche consistenza, all'orizzonte, che abbia il coraggio di affrontare di petto la situazione, sfidando il vangelo europeista che il catechismo dei media ci fa ripassare tutti i giorni?"

Non la vedo ... ma vorrei provarci .... senza correre dietro a fantasticherie e "complottismi" deteriori e soprattutto oggi inutili e fuorvianti ...

Può darsi che certe rivoluzioni del passato possano essere lette, almeno in parte, anche nel modo che fai tu.

Non credo proprio invece che, senza quelle rivoluzioni, oggi l'umanità starebbe meglio.

Prima c'era solo il potere dell'aristocrazia e, in misura minore, quello dei vari cleri ....

Cose che non mi sembra fossero sinonimo di "progresso", in nessun senso ...

E comunque oggi quel tipo di analisi non serve a nulla .... se non addirittura serve a fuorviare la gente che è già bella confusa di suo ....


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haward
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@Radisol

Forse non ci siamo capiti: io non sto affatto rimpiangendo i bei tempi andati, sto dicendo che non si è arrivati ad oggi per casualità. Se sei medico e vuoi guarire o, per lo meno, curare una persona, per prima cosa devi essere in grado di fare una diagnosi corretta. Per fare una diagnosi corretta devi analizzare in profondità tutti i particolari, l'anamnesi completa, i sintomi descritti ed gli eventuali segni di malattia che andrai a cercare. Se ti fermi ad un'analisi superficiale o trascuri dettagli importanti non riuscirai ad avere un quadro d'insieme sufficientemente chiaro e, quindi, la tua diagnosi sarà o incompleta o sbagliata. Sarà durissima, a quel punto, trovare la giusta terapia per il tuo paziente. La gente è già confusa, e lo è proprio perchè il sistema educativo ed informativo opera, volutamente, in modo che l'individuo non sia in grado di ragionare autonomamente riuscendo a collegare aspetti ed elementi apparentemente distanti e non correlati.


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StefyMorleo
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parole di un economista italiano (Luigi Guiso) sull'euro:

L'Italia senza l’Euro l’abbiamo vista e abbiamo visto i problemi a cui andava incontro: inflazione a due cifre ed enorme incertezza. Con l’euro abbiamo guadagnato in termini di stabilità, mobilità geografica, volumi di commercio. Il paese deve trovare il coraggio e la forza di fare quelle riforme che l’adesione alla moneta unica richiedono per darle competitività senza sognare illusorie svalutazioni.


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Truman
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parole di un economista italiano (Luigi Guiso) sull'euro:

...

Luigi Guiso: Luigi Guiso è professore di Economia allo European University Institute, Firenze. Ha lavorato come economista per molti anni al Servizio Studi della Banca d'Italia occupandosi di macroeconomia, politica economica e analisi della congiuntura. E' fellow del CEPR e direttore del Finance Program, e fellows del Luigi Einaudi Institute for Economics and Finance. Gli interessi correnti di studio e di ricerca vertono sui campi dell'economia finanziaria, delle scelte finanziarie delle famiglie, della macroeconomia, dei legami tra economia e istituzioni. temi recenti di ricerca includono l'effetto della cultura sull'economia e le origini del capitale sociale.

Insomma Guiso fa parte del sistema che ha creato un disastro per i cittadini italiani, a vantaggio delle banche.


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Detrollatore
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Scusate se mi permetto ragazzi, ma noto moltissimi interventi "avventati" da parte di utenti nuovi. Sembra proprio che leggono questo blog per un paio di giorni e poi si iscrivono per postare immediatamente.
Questo forum ospita una miriade di discussioni su un'infinità di argomenti.
Sull'uscita dall'euro da parte dell'Italia è stato scritto tanto e non si possono leggere commenti come quello dell'economista Luigi Guiso quassù (chiunque egli sia).
Consiglierei, senza ironìa e con il massimo rispetto, di leggere CDC per un anno almeno prima di postare o, almeno, di consultare le precedenti discussioni sul tema di volta in volta in questione. Io, ad esempio, seguo il blog con molta attenzione dal 2008, ma ho cominciato a scrivere solo qualche mese fa.
Se non si fa così, si rischia di sembrare troll in malafede...


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radisol
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Si .... quello che dice il commento precedente è assolutamente vero ...

Curioso poi il fatto che quasi nessuno dei commentatori abbia capito il senso dell'intervento di Gianni Ferrara ...

Il quale dice che .... non essendo il sistema dell'euro assolutamente "riformabile" ... l'unica soluzione è appunto uscire dall'euro ...

Il fatto che esprima qualche perplessità "tecnica" sulla soluzione referendaria al problema, non cambia il senso politico del suo discorso ... chiarissimo sin dal titolo ....

E invece, non pochi .... hanno capito .... o hanno voluto capire .... "fischi per fiaschi" ....


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