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Fini - Il diritto di morire


Tao
 Tao
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La vicenda di Piergiorgio Welby, che ha scritto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedendo in pratica la "grazia" di poter morire in santa pace, è stata configurata come un caso di eutanasia. Ma in realtà ci troviamo su un terreno del tutto diverso che non coincide con la questione dell'eutanasia anche se ad essa si intreccia perchè molto spesso ne è all'origine e meglio è all'origine dell'emergere del problema eutanasia. Quello sollevato da Welby è infatti un classico caso di "accanimento terapeutico".

Piergiorgio Welby, sessantenne, malato di distrofia muscolare, una patologia degnerativa, ha passato metà della sua esistenza senza poter camminare, un terzo senza poter parlare e negli ultimi mesi non è più in grado di far assolutamente nulla ed è tenuto in vita da un respiratorie artificiale e da un'alimentazione forzata. Ma è perfettamente lucido ed in grado di comunicare la sua volontà.

E la sua volontà è che sia staccata la spina di questi macchinari eccezionali, che la malattia faccia il suo corso e lo porti alla morte in modo naturale. Rifiutare quei macchinari è un suo diritto. È fuori discussione infatti che nessuno possa essere sottoposto a cura contro la sua volontà. Un malato di tumore, per esempio, può rifiutare la chemioterapia e anche ogni altro tipo di terapia. È significativo che se lo fa e se la fila dall'ospedale dove i medici lo vorrebbero internare la direzione sanitaria gli faccia firmare un documento in cui dichiara di assumersi la responsabilità di questo suo rifiuto proprio per sollevare i medici dalla propria, di non aver cioè sottoposto il malato a tutte le cure che ritenevano opportune (il "diritto alla cura"). Vuol dire che la decisione ultima spetta al malato, non ai medici che devono sottostare alla sua volontà. Come esiste un "diritto alla cura" esiste anche un diritto, a rifiutarla. Diritto superiore al sommo, perchè la vita non è proprietà del medico ma del malato che si affida - o non si affida - alle sue cure. E anche se si ritenesse, come i cattolici, che la vita non appartiene nè all'uno nè all'altro ma a Dio, sarebbe il medico che vuole mantenere artificialmente in vita il malato, con macchinari eccezionali a violare le leggi naturali (il diritto a una morte naturale) e quindi divine in nome di un laicisssimo e modernissimo obbiettivo dell'allungamento della vita a tutti i costi.

Il caso di Welby è quindi semplice. Ed è del tutto arbitrario che i medici lo mantengano in vita contro la sua volontà, imponendogli cure che egli non vuole, o non vuole più, solo perchè Welby non è in grado fisicamente di ribellarsi loro. Come invece potrebbe fare senza che i medici possano opporsi colui cui è stato diagnosticato un cancro. E' un grave abuso quello dei medici perchè scippano Welby del diritto che nemmeno i cattolici possono contestare, di avere una morte secondo natura.

La questione vera si pone quando il malato, a differenza di Welby, non è in grado di manifestare la sua volontà. Fra un malato che non può manifestare la propria volontà e quella dei medici è ovviamente questa a prevalere. Ecco perchè sarebbe quanto mai opportuna l'approvazione di quella proposta di legge presentata tempo fa dall'onorevole Luigi Manconi sul "testamento biologico".Nel testamento biologico, spiega Manconi "ciascuno di noi può dare disposizioni relative a trattamenti sanitari futuri qualora non sia in grado di intendere e di volere e può indicare un fiduciario che prenda decisioni in sua vece". E fin qui siamo sempre fuori dall'eutanasia ma nel campo dell'accanimento terapeutico, cioé del sacrosanto diritto dell'individuo a rifiutare le cure. L'eutanasia, o "diritto alla bella morte" (il termine fu coniato, pare, da Francesco Bacone) è un'altra cosa. È la pretesa del malato che il medico, o chi per lui, accorci "artificialmente" la sua vita (con un'azione, per esempio un'iniezione letale, o con un'omissione, per esempio negandogli il cibo se è ancora in grado di alimentarsi naturalmente). Siamo qui in una posizione speculare a quella dell'accanimento terapeutico. Come nell'accanimento si allunga artificialmente la vita, sottraendo l'individuo alla sua morte naturale in nome di un altrettanto moderno ed edonistico rifiuto della sofferenza e del dolore.

E su questa possibilità oggi vietata dal codice penale perchè rientra nella fattispecie dell'«omicidio del consenziente» che dovrebbe aprirsi oggi il dibattito. Personalmente e per quanto vale la mia opinione, sono contrario. Oltretutto è evidente, come dice l'attuale presidente della Commissione Sanità del Sonato, Ignazio Martini, che se si impedisse l'accanimento terapeutico anche il problema dell'eutanasia avrebbe un minor rilievo: "Spesso si è costretti a interrogarsi sull'eutanasia perchè non si è fermato prima ciò che si configura come accanimento terapeutico".

Del tutto inaccettabile mi pare invece un molto peloso «omicidio per pietà» senza il consenso del malato o dandolo per scontato in assenza di un "testamento biologico" e di un fiduciario autorizzato a decidere in sua vece. Perchè si aprirebbero le strade dell'abisso. Da qui infatti molto breve è il passo verso quella eutanasia "eugenetica" o economica, di hitleriana memoria, che prevede l'eliminazione degli handicappati allo scopo di migliorare la razza o la soppressione degli invalidi e dei vecchi per alleggerire la società da bocche inutili e costose.

Massimo Fini
Fonte: http://gazzettino.quinordest.it
25.09.06


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whyless
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Viva la vida y muera la muerte.


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angela
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Anteprima
Inviato: Mar Set 26, 2006 8:20 am Oggetto: eutanasia
lo so, sto dicendo una stupidata.......ma il suicida ha mai chiesto il permesso a chicchesia?
perchè il suicida del tutto abile può gettarsi sotto un treno e un poveretto inabile deve sottostare alla volontà dei medici e non alla sua?e deve essere costretto a chiedere la grazia di morire?
lo so il discorso è complesso,implica tante considerazioni di carattere deontologico,legale ecc.......però a me piace semplificare....e mi piacerebbe tanto che lo facessero politici e vaticano senza strumentalizzare la cosa!
angela


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FeraLupus
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Pura e semplice IPOCRISIA...
A coloro che si oppongono all'eutanasia paventando una cosidetta "volontà divina" e il fatto che la vita non ci appartenga per tale volontà... io ribatto semplicemente con "libero arbitrio"...
Nessun Dio impedisce all'uomo di peccare... altrimenti intorno all'albero di mele (ma era veramente un albero di mele...?!) avrebbe eretto un muro che al confronto Berlino o la Cina gli facevano un baffo 😉 e poi! uno Stato non dovrebbe essere laico e garantire a tutti, anche a coloro che non condividono la stessa fede religiosa, i diritti fondamentali di libertà ad iniziare proprio dal libero arbitrio...


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Zret
 Zret
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Per l’eutanasia valgono queste considerazioni: delle miopi regole vanificano qualsiasi reale rispetto per la vita. Non è un caso se i cattolici dei due (?) schieramenti politici sono contrari anche solo ad una discussione sul tema. Si sa: i cattolici, ipocriti incorreggibili, rivendicano la sacralità della vita, purché si tratti di embrioni e di malati senza più alcuna speranza, poiché, nelle altre circostanze, essa vale meno di un fico secco. Il “filosofo” cattolico Buttixxglione è stato tra i più determinati nel respingere qualunque ipotesi di dibattito che, ben inteso, sarebbe solo un po’ di fumo negli occhi, perché ai “politici” non interessa alcunché dei problemi veri, badando solo al loro astronomico stipendio. D'altronde la classe dirigente, se si esclude qualche eccezione, è una marmaglia di opportunisti e di incapaci che, non perdono mai l’occasione, tra le altre cose, per dimostrare la loro crassa, volgare ignoranza.

Come sempre i politici sono succubi di sua vanità.


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Tao
 Tao
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Immaginiamoci d’essere a letto per anni. Le gambe immobili, le braccia insensibili, la voce assente, alimentati con sondino gastrico, e respirare con la ventilazione assista mentre attorno a noi tutto è vita, movimento, fuga verso il futuro, desiderio di conoscenza, d’esperienze sociali, d’amore, di sesso. Immaginiamo che tutto questo da progressivamente sparisca, si affievolisca, diventando un sogno irrealizzabile. Davanti sempre lo stesso paesaggio: una camera, una stanza d’ospedale, i suoni della vita che vive, e noi lentamente ci spegnamo come una candela che brucia in modo inesorabilmente lento. Noi siamo quella candela, siamo quella vita che cessa d’avere un senso.

Per un mese, un anno, una decina d’anni la volontà ci sostiene. Si guarda al nuovo giorno, alla speranza che la ricerca scientifica faccia dei passi avanti, che non sia ostacolata, con la speranza illusoria che sia diverso dal giorno passato. Poi la mente, il cuore, gli eventi stessi che si ripetono ci mettono innanzi all’ineluttabilità del vegetare. Eppure la mente è vigile, gli occhi vedono, le emozioni vivono, ma noi ci spegnamo. Ci avviamo a grandi passi verso l’ultimo balzo, verso quell’ignoto della morte che può colpire chiunque ad ogni istante. Siamo immobili e in attesa, da decenni. Quel sottile filo che ci lega alla vita ad un certo punto si spezza, ma la vita continua, l’esistenza fatta di nulla procede, e dentro di noi s’accende l’ultima speranza, l’ultimo sogno, l’ultimo tabù da infrangere: la morte. Il cuore arrestato, il nulla, la fuga della vita dalla vita stessa. Vogliamo fuggire con lei verso l’oblio. Ma non possiamo realizzare questo sogno, non possiamo dare l’ultima sterzata verso il nulla, perchè altri lo impediscono. Lo impedisce la legge, lo impedisce la coscienza sociale, lo impedisce la paura tutti hanno dell’ultimo viaggio. Noi vogliamo quell’ultimo viaggio, vogliamo quel balzo verso quell’unica libertà che vorremmo conquistare. Ma siamo immobili. Alcuni dicono che la vita non ci appartiene, che ci è stata donata, è vero. Forse però la morale cattolica, etica e sociale impedisce di veder oltre quell’illusorio condizionamento, ma noi gli siamo immobili. Assenti ma presenti. Un dead man walking: uomo morto che cammina. Ma non possiamo camminare, non possiamo essere nulla, eppure siamo tutto e bramiamo il nulla. Alcuni affermano che non si può parlare di questi temi vedendoli sotto il punto di vista emozionale, o con l’occhio distorto dell’attimo. È facile predicare e giudicare quando si vive la vita, è facile essere portatori di una buona novella quando il mondo gira attorno a te, e tu giri attorno al mondo. È facile giudicare il bisogno della ricerca del nulla, della morte. Ma essa ti passa a fianco ogni giorno, ad ogni battito di cuore, ad ogni rumore. Ma non ti vede. È cieca, assente, infingarda è bastarda. É facile predicare a distanza di sicurezza. Sicuro non costa nulla. Andiamo a dirlo di persona, andiamo a visitarlo, prendiamoli la mano, stringiamola, osserviamo i suoi occhi che invocano la fine, e abbiamo il coraggio di sentirsi al suo posto. Noi essere lui. Per giorni, per mesi, per anni...e alla fine?

Certo ci sono i combattenti, ci sono coloro che non si sanno arrendere, che non si vogliono arrendere, e che quella candela, nonostante le sferzate di vento di vita immobile ma viva, non si spegne. Ma loro non rappresentano tutti, e hanno il diritto alla vita, hanno il diritto all’assistenza fino all’esalazione dell’ultimo respiro, ma gli altri? Gli altri sono dimenticati, sono abbandonati a se stessi, sono i signor nessuno pericolosi perchè alternano il presunto delicato equilibrio sociale, le presunte certezze acquisite. C’è un brano dei Metallica: One che nela strofa finale recita: Il buio M’imprigiona Tutto ciò che riesco a vedere È solo orrore Non posso vivere Non posso morire Sono imprigionato in me stesso E’ il mio corpo la mia stessa cellula che m’imprigiona La mina Mi ha rubato la vista Mi ha rubato la voce Mi ha rubato l’udito Mi ha rubato le braccia Mi ha rubato le gambe Mi ha rubato l’anima Ora la vita che mi resta è un inferno (1) Per molti è una semplice canzone, un testo inventato, un testo ispirato anche da un vecchio film in bianco e nero, ma per molti quell’inferno terrestre, quella Genna è qui, ora! Desiderano il loro paradiso, il loro nirvana, il loro nulla, ma non possono raggiungerlo. Si potrebbe obiettare che questo sia un inno alla morte, che sia una negazione alla vita, mentre è solo un bisogno d’una nuova esistenza, libera dai legacci carnali di una carne che vegeta, libera dal sentirsi prigionieri di un corpo che lentamente decade verso il nulla, ma l’inesorabile processo è troppo lento e struggente, che l’inesorabile alchimia verso il ritorno alla terra, è un attesa struggente che non uccide. Viviamo in una società dove l’ipocrisia da caro estitno sofferente abbonda troppe volte in quantità industriale: Ha finalmente finito di soffrire...Ora riposa in un luogo migliore...Lì starà meglio di qui...Ha trovato la pace....

Quante belle parole forse giuste, forse sbagliate, a volte impropriamente usate per lavare la coscienza, usate non per dare un senso alla morte altrui, ma per trovare una giustificazione alla paura della morte stessa, all’orrore del senso di distacco e di repulsa che ancora l’ultimo scoglio della vita stessa. Essere ipocriti è solo un altra forma di falsità. L’uomo non ha paura della morte, l’uomo non ha terrore dell’ultimo viaggio. L’uomo ha paura del dolore, ha paura del senso d’impotenza che la malattia genera nella la psiche. Ha paura del senso di dipendenza, dell’idea d’essere un peso per se stessi e per gli altri. Nell’attimo dell’ultimo viaggio l’uomo è pronto. La pace lo prende, lo sovrasta, lo avvolge e vive l’istante con la certezza che tutto è compiuto, e che nulla riguardante il passato avrà più peso nel nuovo futuro oblio del nulla. Il dibattito deve essere aperto, franco, onesto, ma i nostri rappresentati devono toccare con mano la realtà di chi vuole vedere riconosciuto il diritto di cessar di vivere, altrimenti sarebbe troppo facile teorizzare sul dolore e la sofferenza altrui senza prima averla sfiorata sulla propria pelle, oppure devono aprire un dibattito serio sulla ricerca, senza pregiudizi ideologici, teologici o dogmatici. Dove veramente l’etica della vita sia a favore della vita stessa. Ma è più facile nascondere la testa sotto la sabbia e pontificare, anzichè aprire gli occhi, capire e poi legiferare.

Marco Bazzato
Fonte: http://marco-bazzato.blogspot.com/
26.09.2006

Vedi link: (1) http://lnx.tuttotesti.com/forum/traduzione-one-dei-metallica-vt2581.html Per maggiorni informazioni: http://www.lucacoscioni.it/


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