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Foreign Policy: La dittatura della BCE deve finire


Rosanna
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Foreign Policy: La dittatura della BCE deve finire

Su Foreign Policy, Philippe Legrain, consulente del presidente della Commissione Europea fino allo scorso anno, fa una critica radicale alla BCE. Questo organismo, che non deve rispondere a nessuno del suo operato, anziché essere di sostegno ai governi dell’eurozona ha invece travalicato i propri limiti, dettando l’agenda ai paesi in crisi, imponendo misure drastiche e rovesciando governi eletti democraticamente. L’autore si aspetta quindi che l’atto dimostrativo di contestazione recentemente avvenuto possa essere solo l’inizio della ribellione democratica che attende la BCE in futuro. Noi rimaniamo sempre della stessa opinione: l’unica BCE buona è quella morta.

di Philippe Legrain, 22 aprile 2015

“Basta con la dittatura della BCE!” ha gridato Josephine Witt mentre saltava sul podio dove Mario Draghi stava tenendo una conferenza stampa il 15 aprile, gettando coriandoli sopra il Presidente della Banca Centrale Europea (BCE). Anche se il “manifesto” della contestatrice solitaria è piuttosto confusionario, ha evidenziato un problema vero: la BCE è la banca centrale più indipendente del mondo e abusa del suo vasto, incontrollabile potere agendo in maniera sfacciatamente politica su questioni ben al di fuori della sua competenza di politica monetaria. Occorre rimetterla al suo posto.

Il potere della BCE è unico al mondo. Le altre banche centrali funzionalmente indipendenti sono in definitiva asservite ai propri governi eletti: anche se i funzionari del dipartimento del tesoro non si immischiano nella condotta quotidiana di politica monetaria, è inconcepibile che la Federal Reserve USA possa rifiutarsi di acquistare le obbligazioni del tesoro durante una crisi, se il governo federale glielo richiede. Ma la BCE, che non viene eletta da nessuno, non ha un padrone politico. Non esiste un governo dell’eurozona. La Banca Centrale galleggia sopra i 19 stati nazionali, paga qualche dazio a Berlino, ma si rifiuta di cooperare con l’eurogruppo, la riunione dei ministri delle finanze dell’eurozona. Quando il panico ha investito l’eurozona a partire dal 2010, Francoforte (la sede della banca) ha ignorato le richieste di fare “whatever it takes” (“qualsiasi cosa sia necessaria”, ndt) per sedare la fuga dalle obbligazioni pubbliche di molti paesi — fino a quando finalmente, nel luglio 2012, Draghi ha pronunciato la frase magica e gli investitori gli hanno creduto.

L’eccessiva indipendenza della BCE è radicata nei trattati UE, che possono essere modificati solo con l’accordo dei governi e dei parlamenti di tutti i 28 paesi dell’Unione Europea e, in alcuni paesi, è necessario anche un voto popolare. Come un monarca assoluto, la BCE è ulteriormente protetta da un tabù politico di ispirazione tedesca che considera un reato di lesa maestà chiedere conto [alla banca centrale] delle sue azioni e dei suoi poteri. Tale immenso potere nelle mani di funzionari non eletti richiede un adeguato grado di accountability, ma la BCE si degna di parlare unicamente con i membri del Parlamento Europeo, ai quali fornisce informazioni insufficienti per controllare accuratamente la sua attività. E il Parlamento non può sanzionare i funzionari della BCE se essi non svolgono le loro funzioni o abusano dei loro poteri.

Come minimo, i banchieri centrali, indipendenti e deresponsabilizzati, dovrebbero “rimanere nel loro orticello,” come dice Willem Buiter, capo economista di Citigroup. Eppure la BCE dà lezioni, intima e detta perfino l’agenda ai governi su questioni fuori dal suo ambito di competenza, in particolare opponendosi alla ristrutturazione dei debiti ed esigendo consolidamento fiscale e riforme strutturali. Per ottenere quello che vuole, in effetti, ha perfino minacciato di privare illegalmente i greci e gli irlandesi — e, per estensione, anche altri — del diritto di utilizzare la propria moneta, l’euro, come moneta a corso legale.

Questo andazzo è iniziato con il predecessore di Draghi, Jean-Claude Trichet. L’ex governatore della Banca di Francia ha combattuto con le unghie e con i denti per evitare una ristrutturazione del debito della Grecia insolvente nel 2010, ristrutturazione che avrebbe imposto pesanti perdite alle banche francesi. Per dare credibilità all’affermazione falsa che la Grecia stava semplicemente attraversando difficoltà temporanee di finanziamento, la BCE ha poi iniziato ad acquistare titoli di stato greci. Ciò ha dato a Francoforte un motivo ulteriore per opporsi alla successiva ristrutturazione del debito emesso sul mercato dalla Grecia nel 2012 — e la minaccia della BCE di seminare il caos sull’eurozona se non si fosse seguita la sua linea ha notevolmente limitato l’alleggerimento del debito che Atene ha ottenuto, come ho ampiamente spiegato nel mio libro Primavera Europea. Sia Trichet sia Draghi hanno minacciato, in effetti, di espellere la Grecia dall’euro se avesse fatto default. Ora, il fatto che la BCE possegga le obbligazioni greche, è un ulteriore ostacolo per la riduzione del debito di cui la Grecia ha bisogno. Francoforte sta anche costringendo le banche greche a fare pressione sul governo perché questo si conformi alle richieste dei suoi creditori dell’eurozona in una maniera palesemente politica.

Il trattamento di Trichet di un’altra vittima della crisi, l’Irlanda, è stato altrettanto scandaloso. Nel novembre 2010, egli minacciò di togliere alle banche irlandesi l’accesso ai finanziamenti della BCE— cosa che avrebbe spinto l’Irlanda fuori dall’euro — a meno che il governo non facesse richiesta di un prestito da parte della UE-FMI, non salvasse le banche (spesso tedesche) creditrici e non attuasse riforme strutturali e di austerità.

Quell’abuso di potere ha gravato i contribuenti irlandesi con circa 64 miliardi di euro in debito bancario — 14.000 euro per ogni irlandese.

A prescindere dal giudizio sul consolidamento fiscale e sulle riforme strutturali, non è il ruolo dei banchieri centrali non eletti richiedere queste cose — e tanto meno imporle. Nonostante ciò i funzionari della BCE lo fanno di regola. Trichet ha ripetutamente abbracciato l’austerità, sostenendo (falsamente) che sarebbe stata espansiva. Fino a quando non ha cambiato registro, a Jackson Hole lo scorso agosto, anche Draghi ha chiesto ai governi dell’eurozona di stringere la cinghia. Il Presidente della Bundesbank tedesca, Jens Weidmann, dà regolarmente lezioni ai governi stranieri, in particolare a quello francese, su che cosa dovrebbero fare. Eppure se fossero ufficiali francesi a dare consigli alla Bundesbank, Weidmann griderebbe allo scandalo.

Non stiamo parlando solo di dichiarazioni pubbliche inopportune. Nell’estate del 2011, Trichet e Draghi scrissero all’allora primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, chiedendogli di dare il via all’austerità e alle riforme come condizione perché la BCE comprasse titoli di stato italiani per limitare il panico che minacciava di condurre il paese alla bancarotta. Quando Berlusconi si rifiutò di farlo, la BCE, di fatto, costrinse il primo ministro eletto alle dimissioni, lasciando che tutti sapessero che avrebbe acquistato obbligazioni italiane solo se egli fosse stato sostituito con un tecnocrate più manipolabile.

Nel dicembre 2011, quando sembrava che il panico avrebbe causato il collasso dell’euro nel giro di settimane, Draghi richiese ai governi dell’eurozona di sottoscrivere un “fiscal compact” che avrebbe imposto una disciplina fiscale molto più rigida, suggerendo che questo avrebbe potuto indurre la BCE ad intervenire per sedare il panico. I governi dell’eurozona obbedirono debitamente e ora sono legati in questa nuova camicia di forza fiscale attraverso gli obblighi del trattato recepiti nelle costituzioni nazionali.

La BCE è anche intervenuta direttamente nell’impostazione di politiche fiscali e riforme economiche come facente p
arte della Troika (che comprende anche il FMI e la Commissione Europea), che ha guidato i paesi che hanno ricevuto prestiti UE-FMI – la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e Cipro — quasi come fossero delle colonie.

Il potere corrompe. E un potere deresponsabilizzato corrompe al massimo grado. La BCE dovrebbe smettere di immischiarsi in questioni politiche che sono al di fuori del suo mandato di stabilità finanziaria e politica monetaria. Dovrebbe rinunciare ai suoi poteri appena acquisiti di vigilanza e risoluzione delle banche dell’eurozona e affidarli a un’agenzia che sia indipendente dalle banche e sia correttamente responsabile di fronte ai parlamentari eletti. Dovrebbe essere molto più aperta e trasparente riguardo le proprie attività, in particolare riguardo alle entità con le quali conduce operazioni finanziarie, e in quali termini. I suoi funzionari dovrebbero essere sanzionati — e se necessario licenziati — dal Parlamento Europeo se non ottemperano ai loro doveri o abusano dei loro poteri.

Se la BCE fosse saggia, farebbe tutto questo volontariamente — o chiederebbe che tali cambiamenti divenissero legge. Poiché non vi è alcun segno di tale ravvedimento, alla fine si troverà di fronte a una reazione democratica molto più grande rispetto a una sola contestatrice che getta coriandoli.

http://vocidallestero.it/2015/04/28/foreign-policy-la-dittatura-della-bce-deve-finire/


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