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Fuori dall'euro da destra e da sinistra: e bastaaa!


stefanodandrea
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
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Il lavoro ha oggettivamente interesse a distruggere l'Unione europea. Col termine lavoro designo sia il lavoro subordinato che il lavoro autonomo. E nell'ambito del lavoro autonomo, alludo sia al lavoro professionale che a quello imprenditoriale, che si esplica nelle imprese di piccole e talvolta medie dimensioni.

Perché il lavoro ha oggettivamente interesse a distruggere l'Unione europea?

Intanto perché la valorizzazione ideale del lavoro implica l'eliminazione dei mercati concorrenziali e la sottoposizione dei fattori produttivi – capitali, merci, servizi, persone – alla disciplina economico-programmatica, la quale determina e promuove i settori strategici, persegue la piena occupazione, reprime la rendita finanziaria e immobiliare, protegge dalla concorrenza straniera i lavoratori subordinati, protegge dalla concorrenza interna il lavoro autonomo dei commercianti e dei professionisti, evita la soggezione al capitale dei suoi rappresentanti (concessionari, rivenditori, affiliati in reti di franchising), tassa la pubblicità e contempera gli interessi del lavoro e del capitale di rischio.

In secondo luogo, perché anche la specifica programmazione prevista nell'art. 41 della Costituzione – per chi sa leggere in modo sistematico la Costituzione, perfettamente coincidente con quella ideale, testé tratteggiata – è inconcepibile e inapplicabile in un mercato unico concorrenziale nel quale lo Stato italiano ha perso tutti i poteri ed è ostaggio in particolare degli afflussi e deflussi dei capitali, nonché delle minacce di afflussi e deflussi.

Infine, perché, distrutta l'Unione europea, pur immaginando che vadano al potere forze che attuino la Costituzione economica in modo blando e persino contrario al fine della piana occupazione e della tutela del lavoro, i poteri riconquistati dallo Stato, seppur inizialmente non esercitati, proprio perché ormai poteri disponibili, ben presto sarebbero presi in considerazione anche da forze moderate e sarebbero esercitati, come li esercito', alla resa dei conti nemmeno in maniera tanto blanda, la Democrazia Cristiana.

Se l'assunto che precede è esatto, allora non esistono un modo di sinistra e un modo di destra per “uscire dall'euro”. Uscire dal solo euro – salvo che si usi un'espressione ipocrita per designare il recesso dai trattati e la piena riconquista della sovranità – è comunque una scelta filocapitalista, volta a trovare un accordo che eviti l'implosione dei trattati globalisti. Una scelta magari fatta per paura ma pur sempre una scelta filocapitalista.

Pertanto, escluso che esistano due modi di uscire dall'euro, l'uno socialista e l'altro filocapitalista, da un lato esiste la possibilità di uscire dall'Unione europea esercitando l'opzione socialista – non di sinistra, parola priva di significato, o meglio idonea a designare soltanto la sinistra attuale, la quale è sostenitrice di ideologia capitalista allo stato puro; dall'altro, esiste la possibilità di uscire soltanto dall'euro: salvando, in una forma o nell'altra, il predominio tedesco e in generale il potere dei grandi capitali; continuando a sottoporre il lavoro di cittadini e residenti degli stati europei alla concorrenza europea e globale; e quindi mantenendo una situazione nella quale gli Stati non possono elaborare ed eseguire politiche industriali, commeciali, doganali, di piena occupazione, di repressione della rendita, di tassazione progressiva, ecc. ecc. Quest'ultima è la scelta capitalistica. Non di destra, bensì capitalistica o socialiberistica nelle versioni edulcorate o addirittura ipocrite.

Ridotta ai minimi termini, stordita per aver scoperto di essere stata per venti anni globalista e quindi ultra-capitalista, la sinistra radicale si affanna tra la volontà di evitare l'uscita "da destra" dall'euro, il desiderio di un'uscita "da sinistra" (che quando è vera uscita socialista designa il recesso dal mercato unico concorrenziale nel quale gli stati non hanno poteri non dal solo euro) e l'ingenuo innamoramento per varie tesi pavide e di parte, come l'idea dei due euro o quella della moneta comune. Pavidità. Codardia. Testa sotto la sabbia. Volontà di non prendere atto dell'ovvio: ogni prospettiva socialista o anche soltanto di economia sociale e popolare programmata dallo Stato implica una patria socialista, un patriottismo costituzionale, un grande rilievo dei confini, il desiderio di edificare una grande civiltà su questa terra, la nostra terra. Tutto il resto sono chiacchiere da bar. E coloro che continano a dedicarsi ad esse non meritano la qualifica di intellettuali.

Il cosmopolitismo riguarda la cultura: l'economia cosmopolitica va rigettata in blocco. Essa è sempre capitalistica.

http://www.appelloalpopolo.it/?p=9513


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