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messo ko Obama,ora Putin deve guardarsi solo dalla Cina


helios
Illustrious Member
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«Vladimir Putin sta vincendo la partita siriana perché ha tutto ciò che manca a Barack Obama»: parola di Ian Bremmer, presidente dell'«Eurasia Group», uno dei centri studi più apprezzati a Washington per le analisi sulla Russia che un'apposita newsletter recapita a membri del Congresso e dell'amministrazione.

Quali sono le carte vincenti del capo del Cremlino?
«Putin ha anzitutto una strategia chiara che sta funzionando perché vuole mantenere Bashar al Assad al potere a Damasco e gli sta riuscendo assai bene, dopo oltre due anni di guerra civile. È verosimile che Assad resti ancora in sella e questo evidenzia il successo di Putin.

In secondo luogo Putin è l'unico leader a poter condizionare le mosse di Assad, che resta l'attore-chiave della crisi, come l'attuale partita sul disarmo chimico sta dimostrando. Infine, ma non per importanza, Putin ha il migliore ministro degli Esteri del G20: Sergei Lavrov è un formidabile conoscitore dei meccanismi delle Nazioni Unite, sa giocare molto duro ma è anche un diplomatico molto raffinato».

Sul fronte opposto quali invece sono le maggiori debolezze di Barack Obama?
«La più decisiva è l'assenza di una vera strategia siriana. Obama ha voluto soprattutto evitare gli sviluppi indesiderati: dall'intervento militare al voto del Congresso. Anziché costruire un percorso in positivo ha avuto come priorità evitare degli ostacoli. Il risultato è stato di apparire in continua contraddizione, ambiguo, incerto. E poi non ha vicino nessun consigliere paragonabile a Lavrov».

Perché Putin ha scritto l'articolo sul «New York Times»?
«Per sottolineare che sta vincendo la partita siriana. È stato come fare il giro della vittoria attorno al campo da gioco dopo aver sconfitto il rivale più importante. Incassando il sì siriano al piano russo sul disarmo Putin ha colto il suo maggiore successo internazionale da presidente e ha pensato di coronare la sconfitta politica inflitta agli Stati Uniti con un'incursione nel territorio di Obama: rivolgendosi direttamente agli americani. È stata una maniera per sottolineare il successo avuto. Uno show di forza».

Quale è il passaggio dell'articolo più rivelatore delle intenzioni di Putin?
«Quello in cui delegittima l'eccezione americana. Putin sa bene che l'Unione Sovietica nel Novecento è stata la vittima più illustre dell'eccezione americana nella politica internazionale. In ultima istanza è l'indispensabilità degli Stati Uniti nel mondo ad aver causato la sconfitta di Mosca nella Guerra Fredda e segnato poi gli anni seguenti, costringendo la Russia ad un ruolo secondario. Dunque il suo intento è cancellare tale eccezione, azzerarla. Giocando, in maniera spregiudicata, la carta del "siamo tutti uguali davanti a Dio"».

Putin è in grado di trasformare il successo politico sulla Siria in una vittoria geopolitica di più ampia portata?
«Non credo, perché guida una nazione debole. L'abilità di un leader conta ma poi a fare la differenza è la forza del proprio Paese. La partita sulla quale si giocano gli equilibri globali in questa fase del XXI secolo è l'energia e la Russia rappresenta il vecchio modello mentre sono gli Stati Uniti, grazie a nuove tecniche di estrazione e nuovi giacimenti trovati in Nordamerica, ad avere il vento a favore».

Eppure al G20 Putin ha fatto quadrato sulla Siria con le economie emergenti contro gli Stati Uniti: può essere la genesi di una nuova alleanza post-sovietica?
«Putin sta tentando di seguire questa strada ma non funzionerà perché i "Brics" sono troppo diversi fra loro: la Cina è autoritaria mentre l'India e il Brasile sono grandi democrazie. Ci possono essere situazioni di convergenza di interessi ma non al punto da diventare un'alleanza stabile a favore della Russia».

Con l'America di Obama sulla difensiva, quale è la maggiore preoccupazione per il capo del Cremlino?
«La Cina di Xi Jinping. In Kazakhstan sta rubando sempre più terreno alla Russia, negli investimenti come nell'influenza politica. Si affaccia perfino in Ucraina. La Cina è il rivale più aggressivo della Russia sull'intero scacchiere euroasiatico ed è per questo che Putin tenta di rafforzare ogni tipo di legame con Pechino, a cominciare da quelli militare. Vuole neutralizzare una minaccia cinese che non riesce a contrastare».

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/vieni-avanti-pechino-dopo-aver-messo-ko-obama-ora-putin-deve-guardarsi-solo-dalla-62690.htm


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