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Grecia: salassi e salvataggi.


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Nel 2014 il debito pubblico greco ha raggiunto il 175% del PIL. E' il secondo più alto tra le economie avanzate dopo quello giapponese. Soprattutto, è il debito pubblico col maggiore incremento dal 2008 (62 punti PIL, un aumento più che doppio rispetto alla media dei paesi avanzati).
Circa sei anni fa, la crisi greca iniziò come crisi acuta di credibilità. Il precipizio cominciò quando il governo Papandreou di centrosinistra, eletto nel 2009, rivelò che il reale rapporto deficit/PIL ereditato era doppio rispetto a quello dichiarato dal precedessore Kostas Karamanlis. Il debito greco fu declassato dalle agenzie di rating e il suo costo decollò.
Il timore di un fallimento contagioso per l'eurozona, che già subiva la recessione partorita dalla crisi di Wall Street, portò alla creazione della troika UE-BCE-FMI e al primo programma di salvataggio della Grecia nel maggio 2010. Atene, lasciata per un semestre sui carboni ardenti, ha avuto un prestito di oltre 160 miliardi, accettando in cambio un fardello di rigore anti-salariale pari a un sesto del PIL. Fu anche l'avvio della corazzatura dell'euro con la creazione del Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) come meccanismo temporaneo.
Il secondo salvataggio, con una nuova grandinata di imposte e tagli contrattuali, si stipulò nel febbraio del 2012, nel mezzo di grandi proteste sociali e passando per la crisi del governo Papandreou e un nuovo esecutivo di collaborazione nazionale guidato dal banchiere centrale Lucas Papademos. Il pacchetto, incluso il "volontario" dimezzamento del valore dei titoli di Stato detenuti dagli investitori privati, apportava risorse per circa 180 miliardi.

I prestiti hanno prioritariamente garantito la ricapitalizzazione delle banche greche e la ritirata ordinata delle banche estere: l'esposizione bancaria internazionale verso la Grecia si è ridotta, tra la fine del 2009 e la fine del 2012, da 236 a 58 miliardi di dollari (dati BRI). Il debito pubblico greco è passato massicciamente dalle mani dei privati a quelle della troika: oggi il 62% è posseduto dall'EFSF e dai paesi europei, l'11% dalla BCE, il 10% dal FMI. Ai privati, greci e stranieri, è rimasto il 17%. L'austerità e la fuga del credito hanno schiacciato il prodotto interno del 24%: questa caduta spiega buona parte dell'ipertrofico rapporto tra debito e PIL della Grecia.

E' falso che l'austerità non abbia prodotto risultati. Secondo il Fiscal Monitor del FMI, la Grecia ha realizzato, tra il 2009 e il 2014, una strabiliante correzione del saldo primario di 12 punti PIL, che diventano 19 se si tiene conto dei fattori ciclici. L'OCDE ("Going for growth",2015) accredita alla Grecia il miglioramento più consistente di produttività (15%) fra tutti i paesi OCDE per le riforme attuate fino al 2012. Nel suo recente discorso a Londra, il capo di Bundesbank Jens Weidmann ha attribuito alla Grecia il migliore recupero di competitività (14%) tra i paesi più colpiti dalla crisi, seguita dall'Irlanda (12), dalla Spagna (9) e dal Portogallo (6).
Ma quando può durare questa lunga terapia d'urto? l'azione della troika prevede un crescendo: nelle proiezioni del FMI, il saldo primario greco deve salire dall'1,5% del PIL nel 2014 al 3 nel 2015, al 4,5 nel 2016 e 2017 per poi calare al 4,2 nel 2020.
Questo diligente esercizio di contabilità, sorretto da una previsione ottimistica di crescita del 3%, è stato bocciato nelle urne elettorali greche al termine di una campagna di contrapposizione frontale che ha portato Alexis Tsipras al governo con la parola d'ordine "Fine della troika, fine del programma" (prima parte)


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Allora.
Il primo semaforo rosso al nuovo corso di Atene è stato acceso dalla BCE alla vigilia delle elezioni greche. Mario Draghi, alla conferenza di lancio del quantitative easing (QE) per 60 milirdi al mese, aveva fissato una linea di demarcazione. La Grecia sarebbe stata inclusa negli acquisti di titoli pubblici, pur non avendo bond di "alta qualità" sulla base di una deroga di cui beneficiava, ma a patto che ci fosse "un programma".
Il nuovo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha annunciato a Londra le rivendicazioni greche ai creditori: la trasformazione del debito greco con l'EFSF (142 miliardi) in titoli indicizzati alla crescita; la trasformazione del debito con la BCE (27miliardi) in titoli perpetui e la consegna ad Atene dei profitti che la BCE aveva tratto da questi titoli; il mantenimento dell'attivo primario greco sull '1-1,5% e non oltre, per lasciare maggiori risorse alle emergenze della popolazione. La richiesta alla BCE di "perpetuare" le obbligazioni greche, ovvero di non chiederne mai il rimborso, viola l'obbligo legale della BCE a non finanziare alcun debito pubblico.

La reazione di Draghi, sommamente politica, si è dispiegata in tre mosse. In primo luogo, ha rifiutato la richiesta di Atene di emettere 10 miliardi di titoli di breve termine. In secondo luogo, dopo l'incontro con Varoufakis, ha ritirato con largo anticipo la deroga che permette l'acquisto di titoli greci, non potendo presumere "una conclusione positiva della revisione del programma". In terzo luogo, di fronte alla fuga dei depositi (circa 22 miardi in due mesi e mezzo) e alla caduta della Borsa, ha autorizzato la Banca di Grecia a fornire a suo rischio, tramite l'Emergengy Liquidity Assistanze (ELA), due piccole tranche di liquidità alle banche greche, tenendole a galla ma sotto minaccia di annegamento, mentre su Atene incombe nel 2015 un servizio del debito di 22 miliardi, fra interessi e rate in scadenza.

Draghi ha esibito in rapida successione le due facce del potere monetario: la faccia benigna, con l'avvio del QE, l'operazione più ampia di erogazione di liquidità della BCE; la faccia arcigna della sottrazione di liquidità, di gran lunga la più politica perché la più discrezionale del potere monetario. Col rifiuto di Francoforte dei bond greci e dei titoli bancari garantiti dallo Stato come collaterali, la BCE ha messo in quarantena Atene tagliandola fuori dai mercati finanziari e togliendole tempo nella trattativa con i partner europei.

La rapidità di azione e l'uso calcolato del rubinetto della liquidità, chiuso ma lasciato gocciolare, agisce in più direzioni. Sfida e neutralizza sul nascere le sponde offerte al governo Tsipras. L'intimazione di Barak Obama a non "continuare a spremere paesi che sono nel mezzo di una depressione" è celermente sfumata nel monito del segretario al Tesoro Jack Lew a Varoufakis che "il mancato raggiungimento di un accordo condurrebbe a difficoltà immediate in Grecia".
L'uso della carta greca da parte di Washington nelle pressioni pro crescita su Berlino, o da parte di Mosca nello scontro in Ucraina, così come l'enfasi su una centralità geotrategica di Atene tra Est Europa, Nord Africa e Medio Oriente vantata dal ministro degli Esteri Nikos Kotzias, hanno avuto vita breve davanti al blitz di Francoforte. L'azione di Draghi ha raffreddato l'euforia con cui i mercati finanziari avevano accolto il piano di Varoufakis e dato un chiaro segno di inconciliabilità verso le aspettative populiste nel resto dell'Europa e di rassicurazione ai governi fedeli alla linea della condizionalità e delle riforme strutturali.

L'esercizio determinato del potere federale di Francoforte ha sfidato lo spetro tremulo del Grexit, impugnato nei reciproci bluff di Atene e Berlino, ma anche quello della versione seria di uno dei padri dell'asse franco-tedesco, Valèry Giscard d'Estaing, secondo il quale un "friendly exit" di Atene è l'unica soluzione, perché "la Grecia può oggi sistemare il suoi problemi solo ritrovando una moneta svalutabile".
La fermezza di Francoforte è stata il primo collante dell'unanime fronte dell'eurogruppo nei confronti dei tentativi ateniesi di allontanare il calice amaro del prolungamento del programma della Troika. Atene ha dovuto constatare che la sperata solidarietà tra paesi debitori, nel caso migliore, non andava oltre la garbata comprensione, dal momento che gli altri debitori erano creditori di Atene attraverso l'EFSF-ESM, il Fondo salva-Stati.

Nell'impari combattimento sostenuto da Varoufakis, Draghi, Jeroen, Dijsselbloem, presidente dell'eurogruppo e Wolfgang Schauble sono apparsi il triunvirato disciplinatore, consapevole che sul caso greco era in gioco l'impalcatura di disciplina fiscale costruita durante la crisi dal pareggio di bilancio al fiscal compact. la postura più interlocutoria del capo della Commissione Jean-Claude Juncker e del suo commissario per l'economia Pierre Moscovici non poteva nè voleva essere più di un lenitivo per l'accettazione greca del proluncamento quadrimestrale della "vigente convenzione"(Il programma) tra Atene e le "istituzioni" (la troika).

La Grecia dovrà avere l'approvazione di queste istituzioni per le riforme che promuoverà; si impegna a non abrogare misure vigenti né adottare misure unilaterali che possano compromettere i risultati di bilancio o le riforme strutturali; si impegna a onorare "interamente e tempestivamente" gli obblighi verso tutti i creditori e "garantire i necessari attivi primari e gli introiti indispensabili".
Uniche concessioni: la promessa di flessibilità per il saldo primario del 2015 e il travestimento lessicale dell'odiata troika e del suo programma.

Appunto il massimalismo l'autoinganno, l'arruffone e patriotico governo greco deluderà molti giovani e salariati.

Sarebbe invece l'ora della riflessione sulla vacuità dei miti democratici della volontà popolare e della sovranità nazionale nel nuovo secolo di ferro dell'imperialismo.

(Analisi dei "quattro gatti di Lotta Comunista" sfido tutti a una migliore!!!)


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(Analisi dei "quattro gatti di Lotta Comunista" sfido tutti a una migliore!!!)

Venghino siori venghino. Si sfida la concorrenza a formulare analisi in grado di competere con quelle dei Circoli Operai dei Gruppi Rivoluzionari Leninisti.
Al vincitore l'Opera completa di Vladimir Il'ič Ul'janov, per gli amici bolscevichi Lenin ed un abbonamento annuale alla stupefacente rivista scientifico-rivoluzionaria dell'organizzazione per la riscossa del proletariato.


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cdcuser
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Qualcuno ha notizie di un team ingaggiato dal governo greco rispetto ad un auditing sul debito greco, sull'esempio del governo dell'Equador di Correa fatto qualche anno fá?

Da quello che so, in questo team é stata coinvolta Maria Lúcia Fattorelli giá facente parte del team di auditing del governo di Correa, come rappresentante del Brasile.


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@oggettivista, invece di fare il reggicoda, perché non ci provi tu.
Lei e quell'altro, vostro malgrado ci state facendo un grosso favore, incuriosite molte persone chiedono nostre pubblicazioni.
Continuate così.
Grazie.


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@babuskin Come ho già avuto modo di scrivere sul forum io stesso ho acquistato alcuni vostri libri e ne ho raccomandato la lettura ad amici e conoscenti. Il problema sono alcuni "diffusori".


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